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Ospite
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Premessa
Racconto lungo e noioso. Se non siete pronti alle mie velleità letterarie, lasciate stare e amici come prima.
Prologo
Chi ricorda le avventure che ho condiviso sul web negli ultimi 15 anni può facilmente immaginare che il vostro affezionato e ormai latitante Jul non sia più esattamente un pischello. Ma un uomo fatto… Forse anche po’ sfatto. Ormai attempato, direi.
E il fatto che non abbia più partecipato attivamente al forum da un bel po’ lo potete ritenere sintomatico che, alla fine, dopo tanto scopare e trasgredire, Jul si sia anche un po’ annoiato di andare a puttane –pizzute e non–.
E tutto questo, senza menzionare il mio ricordo di quelle ragazze (Milla, Alec Cat, Tizzi, Stefania…) che, nel corso di questi tre lustri, hanno lasciato questo mondo, vittime delle conseguenze una vita improbabile e viziata, quasi sempre priva del tutto di una visione di una qualsiasi forma di futuro. Hanno lascito piccole tacche nella mia anima. Come macchie di triste realtà nell’illusione di un gioco infinito. Retaggio ormai acquisito che poi, bah, è tutto inutile, effimero, privo di senso.
Cazzo si. Per anni ho cercato tra le braccia di queste signorine, e soprattutto tra le loro gambe, non si sa bene cosa e perché. Probabilmente l’illusione del riconoscimento della capacità di piacere e dare piacere. Una improbabile conferma di autostima in un ambito fuori dal quotidiano. O, chissà, semplicemente, il potersi accompagnare, anche solo in un letto sfatto e per qualche mezz’ora, con una creatura da sogno. Il bisogno impellente di soddisfare la propria libido, che nel tempo si è rivelata sempre più complicata, meno pervasiva, ma sempre presente, ancorché certo non più assillante come un tempo…
O forse, solo, il tentativo –mai del tutto riuscito– di uccidere la noia.
Certo, in tanti anni di inutili puttanate, qualche storia è rimasta dentro. Qualche ricordo da tirare fuori di fronte a un bicchiere di vino. Qualche immagine più dolce da coccolare nella propria mente. Testimonianza che alla fine, forse è stato anche un bel gioco e non sono stati solo soldi buttati e tempo sottratto ad attività più edificanti. Scampoli di una seconda vita. Piccoli trailer di film mai realmente vissuti. Come se per qualche ora, o qualche giorno, si possa davvero essere James Bond…
Ma la sindrome di Peter Pan, così attentamente monitorata nel tempo, e via via regredita, non si è mai del tutto sopita. E ogni tanto si manifesta in tutta la sua ineluttabile pericolosità. Picchiando, forte, in testa.
Sicché, dopo tanti anni, succede che hai la chance di fare una vacanza da solo per una decina di giorni. E invece della crociera sub in Sudan, o del trekking in Tibet, guarda caso, scegli piuttosto un comodo albergo in un’isola della Thailandia.
Vecchio porco.
Scelta questionabile, a otto anni dall’ultima volta. Di tempo ne è passato. E non è affatto detto che i bei ricordi dell’ultimo viaggio possano essere replicati. Ma un tentativo va fatto.
Cronaca
Ed eccomi qua. Phuket, Patong Beach, Bangla Rd. ultima decade di novembre…
C’ero stato 12 anni fa, a Bangla Road. L’anno prima dello Tzunami.
Era diverso. Non moltissimo. Ma lo era.
La zona calda della cittadina di Patong. Oggi, ormai, quasi una vera città.
Allora era meno caotica. Meno concentrata in pochi isolati. Meno smaccatamente luna park per adulti.
Le ragazze erano sempre giovani. Ma non così tanto. Ora sembrano proprio minorenni. Le loro forme sembrano acerbe. Le loro espressioni tutte uguali.
Una volta erano più allegre e parecchio meno annoiate. Credo proprio fossero più belle.
Questa strada la ricordavo un luogo più umano.
Non una dependance di quel gran bordello che è Pattaya. Qui era più naive. Più tropicale. Mi pareva un luogo unico.
Ora mi pare una specie di Amsterdam a luci rosse, ma col riscaldamento a palla.
Penso che, come già allora, la soluzione per fuggire dal caos, dalla musica pulsante a migliaia di watt nelle orecchie, farsi una chiacchiera con qualche altro “farang” solitario e sociale e farsi un drink, possa essere poggiare le chiappe su uno sgabello a Soi Crocrodile. La strada dei katoey, o ladyboys, dove le trans ballano al centro del vicolo e tu puoi berti una cosa senza l’assillo di essere abbordato da qualche bargirl che vuole solo spillarti qualche baht, farsi offrire il ladydrink e possibilmente farsi portare in hotel a scopare, short-time, svoltando una serata in cui la concorrenza è sin troppo agguerrita.
Il guaio è che… Soi Crocrodile non c’è più. Al suo posto, c’è un baratro nell’asfalto e lavori in corso, credo ancora per molto tempo. L’ingresso della stradina è chiusa da un telo di quelli per i lavori in corso. Davanti ci hanno messo qualche bancarella di merce dozzinale. E se non sai dove fosse, nemmeno puoi accorgerti che sia mai esistita. Time goes by.
Allora vado al Rock Hard. Me lo ricordo il miglior go go bar di quella vacanza di 12 anni fa. Anche quello abbastanza tranquillo. Aperto alle coppie. Dove potevi anche bere una cosa senza necessariamente caricare una puttana.
Il Rock Hard c’è ancora. Proprio dov’era allora. Ma non è più la stessa cosa. E’ stato ricostruito ed è diventato un bar con i pali come tutti gli altri. E attaccate ai pali ci sono delle giovanette annoiate, non belle, forse appena passabili… Come in tutti gli altri bar di Bangla Rd.
Nel bordello della walking street chiedo da accendere a un ragazzone australiano decisamente ubriaco, ma di ottimo umore. Si complimenta per la mia maglietta che indica che sono un appassionato di diving, mi dice che anche (?) lui è un atleta e che ha smesso l’attività agonistica per colpa del vizio del bere, che partirà presto e si raccomanda calorosamente: “Fuck one for me, please!!!!”. Spero di poterlo accontentare e glielo prometto, ma con riserva mentale.
Comincio invece a pensare che me ne tornerò in albergo da solo. Pianificherò le mie immersioni, le mie gite in spiaggia, magari un volo per la più tranquilla Samui… E se dovrò avere una avventura –diciamo– galante, magari l’avrò con qualche ragazza conosciuta in disco, o al ristorante… Magari una MILF… Una cosa più confacente a un gentleman di mezza età poco incline a stonarsi sino all’incoscienza tra shottini e birrozzi a prezzo di saldo, condizione in cui qualsiasi cazzata è in grado di farti contento. Se sei abbastanza giovane, ingenuo o inconsapevole.
Ma, mentre percorro l’ultimo vicolo prima di sganciarmi dal caos di Bangla, mi corre incontro una brunetta sinuosa. Due dolcissimi occhi a mandorla che si piantano nei miei. Un sorriso invitante, disarmante, mi invita a bere una cosa con lei.
E’ una creatura troppo bella per non fermarsi a scambiare due parole.
Ma non c’è modo di fermare il suo agitarsi. Capire. Ragionare. Conversare, come sarebbe normale con chi vedi per la prima volta in vita tua.
A mala pena riesco a sapere come si chiama che mi abbraccia forte, mi bacia, mi infila la lingua nelle orecchie, e mi comunica chiaramente che se resto con lei difficilmente potrò pentirmene. Tenta di portarmi in un angolo buio del vicolo… Ho un attimo di timore.
Sono troppo schifato dal contesto e da ciò che ho visto nel resto della serata per potermi rilassare e accettare quel che il destino ha messo sulla mia strada.
Quindi mi congedo con un sorriso e una carezza, cercando di essere gentile, promettendo di tornare più tardi. E vado via per la mia strada.
Ma quegli occhi… Quello sguardo… Quel sorriso… Quell’odore. Mi si piantano nella mente come un pugnale.
Mi allontano dal vicolo dove l’ho incontrata e mi chiedo perché dovrei negarmi il piacere di affondare il mio viso in quel seno invitante. Baciare quelle labbra. Lasciare che quel sorriso, che sembra così genuino, mi disarmi completamente.
L’unico vero motivo che riesco a trovare per lasciar perdere, mentre sto già tornando sui miei passi, è che lei ha forse la metà della mia età… Una sorta di richiamo etico alla dignità. Alla salvaguardia di un senso di civiltà mai davvero interiorizzato e troppo spesso dimenticato.
Ma mi convinco alla fine che lei è lì per lavorare. Che lei potrebbe ben chiudere la serata, e con minor entusiasmo, con qualche vecchio bavoso, ben meno decente di me, per presenza o per disponibilità, e che in fondo se mi ha fermato con tanta insistenza, forse l’ha fatto, oltre che potenzialità di reddito elargibile, anche per simpatia…
Dopo una decina di minuti sono di nuovo da lei. E beviamo una cosa insieme.
E’ di una bellezza e sensualità disarmanti.
Ann, si chiama.
I suoi modi, le sue espressioni, i suoi sorrisi, il suo inglese stentato… Quella cantilena Thai…
Ricambio presto, inebetito, ma cercando di mantenere il controllo, le sue avances.
Eh si. L’arte Thai di ammaliare. La conosco bene. Eppure, dopo anni, mi stupisco di come sia facile cascarci di nuovo.
La sua perfezione e femminilità mi fanno sorgere il dubbio che non sia una donna genetica. E che ancora una volta il destino mi abbia fatto incontrare una trans.
E ancora una volta. Semplicemente. Me ne frego.
Mi dice di aver capito da subito che tra noi c’è feeling. Mi dice che c’è sintonia. Che lei lo sente. Mi dice di piacergli. Mi chiede se mi piace anche lei. Impossibile negare l’evidenza. Dice che lei questa notte ha scelto me. Che io non c’entro. Che se cercavo qualcuno, quel qualcuno era lei. Che era destino.
Io… Io credo che non saprò mai se tutto questo è vero. Se ciò che mi dice ha un fondo di verità. Ma il bello del gioco è tutto qui. Lo so dalla prima volta che sono stato con una Thai incontrata in uno di quei bar… Puoi facilmente avere conferma che è solo un rapporto a pagamento. Te ne accorgi subito quando la cosa è rapida, meccanica. Ma se quella conferma non ce l’hai, perché hai passato qualche ora di sogno… Beh. Non saprai mai se era solo professionalità o passione di una notte.
Ed è ciò che accade.
Una notte di sogno. Una GFE come non ricordo di aver mai provato. Certo non di recente. Nemmeno con chi, da manuale e per contratto, dovrebbe amarti e adorarti.
E poco conta che, quando inevitabilmente la mia mano corre tra le sue gambe, prima ancora di pagare il Bar Fine (il compenso al bar per poter portergli via una delle sue girlz) ho la conferma che Ann è nata uomo, e che il retaggio di quella nascita è ancora lì… E, beh, non certo come ormai inutile orpello.
Sono un vecchio phinokkyo, e in tutta probabilità la mia carriera di puttaniere ha contemplato molte più trans che girls. Inevitabile conseguenza dell’inclinazione a rapporti carnali più estremi e selvaggi.
Mi diverte alla reception dell’albergo il warning accorato del portiere di notte. Ingiunge ad Ann di avvertirmi di essere un ladyboy… Ann lo fa maliziosamente. E io apro le braccia con rassegnazione al cospetto del receptionist: “nobody’s perfect”… La frase finale di “A qualcuno piace caldo”.
Dopo tutto questo parlare, perché tediarvi ora con i particolari, le misure, le posizioni… Mi sembra quasi di rovinare la storia.
Ma posso dirvi che dal primo bacio dolcissimo e appassionato, sino alla più intima pratica trasgressiva, nulla resta dimenticato quella notte. Nessuna posizione resta intentata. Nessuna sigla è abbastanza improbabile.
E, si, alla fine, stanco, provato, felice, imbrattato, docciato e di nuovo imbrattato, con la scatola dei condoms formato famiglia ormai semivuota, le concedo anche le mie terga.
Lei è giovane. Entusiasta. Vigorosa. Potente.
E anche iperdotata per essere una Thai.
Non lo farei se non vedessi quanto lo desidera…
Temo per me. Non l’ho mai fatto spesso. Mai troppo volentieri. E, da tanto, mai più fatto.
Ma dolcemente, quasi senza dolore, come fosse la cosa più naturale del mondo, lei mi è dentro.
Non è vero che non provo dolore. Anzi. Ma per lei lo faccio senza vergogna e senza esitazione. E, stranamente, senza alcuna conseguenza postuma.
E… Si. Se non è esattamente ciò che volevo, la mia fantasia però lo desiderava. Essere posseduto da questa creatura incredibile di cui mi piace tutto. Dalle sue mani affusolate, le sue labbra, il suo sguardo, il suo seno, che sembra naturale, le sue lunghe gambe, il suo scettro nervoso e palpitante, improbabile attributo su un corpo che non dovrebbe contemplarlo.
Per la prima volta nella mia vita dormo una notte intera abbracciato a una trans, provando sentimenti di tenerezza e sensualità mai provati prima, e svegliandomi con lei eccitato tanto e quanto lei…. Replicando alle prime luci del mattino, le fantastiche sensazioni della notte più profonda.
Strano rileggere quel che ho scritto alla mia età.
Strano riscoprirsi curioso e quasi innamorato, dopo trent’anni di fruizione della nobile arte.
Strano scriverlo qui, da dove manco da così tanto tempo.
Se non a voi. A chi raccontarlo?
Se non con voi, con chi condividerlo?
Epilogo
Eh… Si. Non è finita quella notte.
Ci siamo visti ancora, e ancora in quei giorni.
E abbiamo litigato. E fatto pace. E fatto ancora l’amore senza regole e senza tregua.
E mia ha aiutato a fare la valigia, il giorno del mio ritorno, tra le lacrime.
E abbiamo la nostra canzone, ascoltata sul cellulare e sussurrata insieme nel cuore della notte nella mia camera d’albergo.
E, anche se molto probabilmente non ci incontreremo mai più, nessuno dei due dimenticherà l’altro…
… O almeno, non io.
Per lei… Chi può dirlo davvero?
Illusione.
Non costa nulla.
Come amare.
… Scampoli di una seconda vita. Piccoli trailer di film mai realmente vissuti. Come se per qualche ora, o qualche giorno, si possa davvero essere James Bond…
____________jul
Racconto lungo e noioso. Se non siete pronti alle mie velleità letterarie, lasciate stare e amici come prima.
Prologo
Chi ricorda le avventure che ho condiviso sul web negli ultimi 15 anni può facilmente immaginare che il vostro affezionato e ormai latitante Jul non sia più esattamente un pischello. Ma un uomo fatto… Forse anche po’ sfatto. Ormai attempato, direi.
E il fatto che non abbia più partecipato attivamente al forum da un bel po’ lo potete ritenere sintomatico che, alla fine, dopo tanto scopare e trasgredire, Jul si sia anche un po’ annoiato di andare a puttane –pizzute e non–.
E tutto questo, senza menzionare il mio ricordo di quelle ragazze (Milla, Alec Cat, Tizzi, Stefania…) che, nel corso di questi tre lustri, hanno lasciato questo mondo, vittime delle conseguenze una vita improbabile e viziata, quasi sempre priva del tutto di una visione di una qualsiasi forma di futuro. Hanno lascito piccole tacche nella mia anima. Come macchie di triste realtà nell’illusione di un gioco infinito. Retaggio ormai acquisito che poi, bah, è tutto inutile, effimero, privo di senso.
Cazzo si. Per anni ho cercato tra le braccia di queste signorine, e soprattutto tra le loro gambe, non si sa bene cosa e perché. Probabilmente l’illusione del riconoscimento della capacità di piacere e dare piacere. Una improbabile conferma di autostima in un ambito fuori dal quotidiano. O, chissà, semplicemente, il potersi accompagnare, anche solo in un letto sfatto e per qualche mezz’ora, con una creatura da sogno. Il bisogno impellente di soddisfare la propria libido, che nel tempo si è rivelata sempre più complicata, meno pervasiva, ma sempre presente, ancorché certo non più assillante come un tempo…
O forse, solo, il tentativo –mai del tutto riuscito– di uccidere la noia.
Certo, in tanti anni di inutili puttanate, qualche storia è rimasta dentro. Qualche ricordo da tirare fuori di fronte a un bicchiere di vino. Qualche immagine più dolce da coccolare nella propria mente. Testimonianza che alla fine, forse è stato anche un bel gioco e non sono stati solo soldi buttati e tempo sottratto ad attività più edificanti. Scampoli di una seconda vita. Piccoli trailer di film mai realmente vissuti. Come se per qualche ora, o qualche giorno, si possa davvero essere James Bond…
Ma la sindrome di Peter Pan, così attentamente monitorata nel tempo, e via via regredita, non si è mai del tutto sopita. E ogni tanto si manifesta in tutta la sua ineluttabile pericolosità. Picchiando, forte, in testa.
Sicché, dopo tanti anni, succede che hai la chance di fare una vacanza da solo per una decina di giorni. E invece della crociera sub in Sudan, o del trekking in Tibet, guarda caso, scegli piuttosto un comodo albergo in un’isola della Thailandia.
Vecchio porco.
Scelta questionabile, a otto anni dall’ultima volta. Di tempo ne è passato. E non è affatto detto che i bei ricordi dell’ultimo viaggio possano essere replicati. Ma un tentativo va fatto.
Cronaca
Ed eccomi qua. Phuket, Patong Beach, Bangla Rd. ultima decade di novembre…
C’ero stato 12 anni fa, a Bangla Road. L’anno prima dello Tzunami.
Era diverso. Non moltissimo. Ma lo era.
La zona calda della cittadina di Patong. Oggi, ormai, quasi una vera città.
Allora era meno caotica. Meno concentrata in pochi isolati. Meno smaccatamente luna park per adulti.
Le ragazze erano sempre giovani. Ma non così tanto. Ora sembrano proprio minorenni. Le loro forme sembrano acerbe. Le loro espressioni tutte uguali.
Una volta erano più allegre e parecchio meno annoiate. Credo proprio fossero più belle.
Questa strada la ricordavo un luogo più umano.
Non una dependance di quel gran bordello che è Pattaya. Qui era più naive. Più tropicale. Mi pareva un luogo unico.
Ora mi pare una specie di Amsterdam a luci rosse, ma col riscaldamento a palla.
Penso che, come già allora, la soluzione per fuggire dal caos, dalla musica pulsante a migliaia di watt nelle orecchie, farsi una chiacchiera con qualche altro “farang” solitario e sociale e farsi un drink, possa essere poggiare le chiappe su uno sgabello a Soi Crocrodile. La strada dei katoey, o ladyboys, dove le trans ballano al centro del vicolo e tu puoi berti una cosa senza l’assillo di essere abbordato da qualche bargirl che vuole solo spillarti qualche baht, farsi offrire il ladydrink e possibilmente farsi portare in hotel a scopare, short-time, svoltando una serata in cui la concorrenza è sin troppo agguerrita.
Il guaio è che… Soi Crocrodile non c’è più. Al suo posto, c’è un baratro nell’asfalto e lavori in corso, credo ancora per molto tempo. L’ingresso della stradina è chiusa da un telo di quelli per i lavori in corso. Davanti ci hanno messo qualche bancarella di merce dozzinale. E se non sai dove fosse, nemmeno puoi accorgerti che sia mai esistita. Time goes by.
Allora vado al Rock Hard. Me lo ricordo il miglior go go bar di quella vacanza di 12 anni fa. Anche quello abbastanza tranquillo. Aperto alle coppie. Dove potevi anche bere una cosa senza necessariamente caricare una puttana.
Il Rock Hard c’è ancora. Proprio dov’era allora. Ma non è più la stessa cosa. E’ stato ricostruito ed è diventato un bar con i pali come tutti gli altri. E attaccate ai pali ci sono delle giovanette annoiate, non belle, forse appena passabili… Come in tutti gli altri bar di Bangla Rd.
Nel bordello della walking street chiedo da accendere a un ragazzone australiano decisamente ubriaco, ma di ottimo umore. Si complimenta per la mia maglietta che indica che sono un appassionato di diving, mi dice che anche (?) lui è un atleta e che ha smesso l’attività agonistica per colpa del vizio del bere, che partirà presto e si raccomanda calorosamente: “Fuck one for me, please!!!!”. Spero di poterlo accontentare e glielo prometto, ma con riserva mentale.
Comincio invece a pensare che me ne tornerò in albergo da solo. Pianificherò le mie immersioni, le mie gite in spiaggia, magari un volo per la più tranquilla Samui… E se dovrò avere una avventura –diciamo– galante, magari l’avrò con qualche ragazza conosciuta in disco, o al ristorante… Magari una MILF… Una cosa più confacente a un gentleman di mezza età poco incline a stonarsi sino all’incoscienza tra shottini e birrozzi a prezzo di saldo, condizione in cui qualsiasi cazzata è in grado di farti contento. Se sei abbastanza giovane, ingenuo o inconsapevole.
Ma, mentre percorro l’ultimo vicolo prima di sganciarmi dal caos di Bangla, mi corre incontro una brunetta sinuosa. Due dolcissimi occhi a mandorla che si piantano nei miei. Un sorriso invitante, disarmante, mi invita a bere una cosa con lei.
E’ una creatura troppo bella per non fermarsi a scambiare due parole.
Ma non c’è modo di fermare il suo agitarsi. Capire. Ragionare. Conversare, come sarebbe normale con chi vedi per la prima volta in vita tua.
A mala pena riesco a sapere come si chiama che mi abbraccia forte, mi bacia, mi infila la lingua nelle orecchie, e mi comunica chiaramente che se resto con lei difficilmente potrò pentirmene. Tenta di portarmi in un angolo buio del vicolo… Ho un attimo di timore.
Sono troppo schifato dal contesto e da ciò che ho visto nel resto della serata per potermi rilassare e accettare quel che il destino ha messo sulla mia strada.
Quindi mi congedo con un sorriso e una carezza, cercando di essere gentile, promettendo di tornare più tardi. E vado via per la mia strada.
Ma quegli occhi… Quello sguardo… Quel sorriso… Quell’odore. Mi si piantano nella mente come un pugnale.
Mi allontano dal vicolo dove l’ho incontrata e mi chiedo perché dovrei negarmi il piacere di affondare il mio viso in quel seno invitante. Baciare quelle labbra. Lasciare che quel sorriso, che sembra così genuino, mi disarmi completamente.
L’unico vero motivo che riesco a trovare per lasciar perdere, mentre sto già tornando sui miei passi, è che lei ha forse la metà della mia età… Una sorta di richiamo etico alla dignità. Alla salvaguardia di un senso di civiltà mai davvero interiorizzato e troppo spesso dimenticato.
Ma mi convinco alla fine che lei è lì per lavorare. Che lei potrebbe ben chiudere la serata, e con minor entusiasmo, con qualche vecchio bavoso, ben meno decente di me, per presenza o per disponibilità, e che in fondo se mi ha fermato con tanta insistenza, forse l’ha fatto, oltre che potenzialità di reddito elargibile, anche per simpatia…
Dopo una decina di minuti sono di nuovo da lei. E beviamo una cosa insieme.
E’ di una bellezza e sensualità disarmanti.
Ann, si chiama.
I suoi modi, le sue espressioni, i suoi sorrisi, il suo inglese stentato… Quella cantilena Thai…
Ricambio presto, inebetito, ma cercando di mantenere il controllo, le sue avances.
Eh si. L’arte Thai di ammaliare. La conosco bene. Eppure, dopo anni, mi stupisco di come sia facile cascarci di nuovo.
La sua perfezione e femminilità mi fanno sorgere il dubbio che non sia una donna genetica. E che ancora una volta il destino mi abbia fatto incontrare una trans.
E ancora una volta. Semplicemente. Me ne frego.
Mi dice di aver capito da subito che tra noi c’è feeling. Mi dice che c’è sintonia. Che lei lo sente. Mi dice di piacergli. Mi chiede se mi piace anche lei. Impossibile negare l’evidenza. Dice che lei questa notte ha scelto me. Che io non c’entro. Che se cercavo qualcuno, quel qualcuno era lei. Che era destino.
Io… Io credo che non saprò mai se tutto questo è vero. Se ciò che mi dice ha un fondo di verità. Ma il bello del gioco è tutto qui. Lo so dalla prima volta che sono stato con una Thai incontrata in uno di quei bar… Puoi facilmente avere conferma che è solo un rapporto a pagamento. Te ne accorgi subito quando la cosa è rapida, meccanica. Ma se quella conferma non ce l’hai, perché hai passato qualche ora di sogno… Beh. Non saprai mai se era solo professionalità o passione di una notte.
Ed è ciò che accade.
Una notte di sogno. Una GFE come non ricordo di aver mai provato. Certo non di recente. Nemmeno con chi, da manuale e per contratto, dovrebbe amarti e adorarti.
E poco conta che, quando inevitabilmente la mia mano corre tra le sue gambe, prima ancora di pagare il Bar Fine (il compenso al bar per poter portergli via una delle sue girlz) ho la conferma che Ann è nata uomo, e che il retaggio di quella nascita è ancora lì… E, beh, non certo come ormai inutile orpello.
Sono un vecchio phinokkyo, e in tutta probabilità la mia carriera di puttaniere ha contemplato molte più trans che girls. Inevitabile conseguenza dell’inclinazione a rapporti carnali più estremi e selvaggi.
Mi diverte alla reception dell’albergo il warning accorato del portiere di notte. Ingiunge ad Ann di avvertirmi di essere un ladyboy… Ann lo fa maliziosamente. E io apro le braccia con rassegnazione al cospetto del receptionist: “nobody’s perfect”… La frase finale di “A qualcuno piace caldo”.
Dopo tutto questo parlare, perché tediarvi ora con i particolari, le misure, le posizioni… Mi sembra quasi di rovinare la storia.
Ma posso dirvi che dal primo bacio dolcissimo e appassionato, sino alla più intima pratica trasgressiva, nulla resta dimenticato quella notte. Nessuna posizione resta intentata. Nessuna sigla è abbastanza improbabile.
E, si, alla fine, stanco, provato, felice, imbrattato, docciato e di nuovo imbrattato, con la scatola dei condoms formato famiglia ormai semivuota, le concedo anche le mie terga.
Lei è giovane. Entusiasta. Vigorosa. Potente.
E anche iperdotata per essere una Thai.
Non lo farei se non vedessi quanto lo desidera…
Temo per me. Non l’ho mai fatto spesso. Mai troppo volentieri. E, da tanto, mai più fatto.
Ma dolcemente, quasi senza dolore, come fosse la cosa più naturale del mondo, lei mi è dentro.
Non è vero che non provo dolore. Anzi. Ma per lei lo faccio senza vergogna e senza esitazione. E, stranamente, senza alcuna conseguenza postuma.
E… Si. Se non è esattamente ciò che volevo, la mia fantasia però lo desiderava. Essere posseduto da questa creatura incredibile di cui mi piace tutto. Dalle sue mani affusolate, le sue labbra, il suo sguardo, il suo seno, che sembra naturale, le sue lunghe gambe, il suo scettro nervoso e palpitante, improbabile attributo su un corpo che non dovrebbe contemplarlo.
Per la prima volta nella mia vita dormo una notte intera abbracciato a una trans, provando sentimenti di tenerezza e sensualità mai provati prima, e svegliandomi con lei eccitato tanto e quanto lei…. Replicando alle prime luci del mattino, le fantastiche sensazioni della notte più profonda.
Strano rileggere quel che ho scritto alla mia età.
Strano riscoprirsi curioso e quasi innamorato, dopo trent’anni di fruizione della nobile arte.
Strano scriverlo qui, da dove manco da così tanto tempo.
Se non a voi. A chi raccontarlo?
Se non con voi, con chi condividerlo?
Epilogo
Eh… Si. Non è finita quella notte.
Ci siamo visti ancora, e ancora in quei giorni.
E abbiamo litigato. E fatto pace. E fatto ancora l’amore senza regole e senza tregua.
E mia ha aiutato a fare la valigia, il giorno del mio ritorno, tra le lacrime.
E abbiamo la nostra canzone, ascoltata sul cellulare e sussurrata insieme nel cuore della notte nella mia camera d’albergo.
E, anche se molto probabilmente non ci incontreremo mai più, nessuno dei due dimenticherà l’altro…
… O almeno, non io.
Per lei… Chi può dirlo davvero?
Illusione.
Non costa nulla.
Come amare.
… Scampoli di una seconda vita. Piccoli trailer di film mai realmente vissuti. Come se per qualche ora, o qualche giorno, si possa davvero essere James Bond…
____________jul