Culi e dintorni.

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Pochi giorni fa, durante una delle ormai rarissime occasioni mondane, mi è stata fatta la fatidica domanda: "Ehi Oblo, ma com'è la tua donna ideale?"
Stanco di cercare una risposta articolata a domanda tanto banale, ho fatto una velocissima carrellata mentale in questo thread e ho risposto di getto, spontaneo e sincero come poche volte lo sono stato nella mia vita:
"Deve avere il punto vita!"
Schifati dalla risposta mi hanno mollato tutti col bicchiere in mano e la bottiglia di Laphroaig accanto.
Stupidi bifolchi, gli uomini non hanno capito un cazzo e le donne si sono sentite mortalmente offese.
Porca puttana ragazzi è vero, guardatevi intorno. Aprite gli occhi.
Tempo fa lessi un articolo dove si sosteneva che ormai solamente l'otto percento delle donne possieda il punto vita; pare che sia un elemento principalmente culturale che si riflette nell'aspetto fisico.
Guardate ad esempio la pagina precedente a questa, la 255. È pieno di bellissime donne e di bellissimi corpi e, presi separatamente, di culi fantastici. Ma il mio occhio, e non solo lui, percepisce nella maggior parte di quelle ragazze l'assenza di qualcosa, come se mancasse il dettaglio in grado di dare armonia, femminilità ed erotismo all'intera figura.
Manca il punto vita, cazzo!
Se la pensate anche voi così, aiutatemi a combattere questa battaglia, coinvolgiamo le nostre amiche, sorelle, compagne.
Presto lancerò una petizione online su Change.org.
Aiutatemi e condividete!
 
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Queste due tipe posseggono un più che discreto punto vita e non solo quello... o il Principe desidera addirittura il "vitino di vespa"?

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.............amico mi potresti far vedere una con punto vita che dici tu?

p.s. sei esigente se è sempre così mi sa che poche volte uscirai soddisfatto da un incontro............:whistle3:
 
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così?

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Ma anche così, basta che fianchi e punto vita abbiano un po' di differenza.
 
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Comunque il mio è solo cazzeggio, però è vero che lo stile acciughina non mi stimola particolarmente le gonadi sebbene quasi tutte le mie ex tendessero a quella corporatura. Invece tra le donnine allegre qualcuna degna di nota l'ho trovata.
Questo invece era l'articoletto di cui parlavo, l'ho trovato.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=37754

La scomparsa del punto vita è il segno visibile di una distruzione della femminilità?

di Francesco Lamendola


Dove è andato a finire il punto vita delle donne, quel restringimento della figura all’altezza della vita, che, unito allo sviluppo del seno e dei fianchi, conferisce al corpo femminile quella tipica figura ”a clessidra”?
Nel corso delle ultime due generazioni pare che il girovita delle donne sia scomparso; dalle ultime statistiche, risulterebbe che appena l’8% di esse lo possieda ancora. Le star del cinema e del piccolo schermo non esibiscono più il vitino di vespa di Sofia Loren; i fianchi si sono stretti, come quelli dell’uomo; e anche il seno sembra diminuito di volume, ovviamente al netto degli interventi chirurgici, più o meno ben dissimulati.
Si direbbe che una nuova geometria del corpo femminile si sia sostituita a quella tradizionale, una geometria basata non sulla forma a clessidra, ma su quella a parallelepipedo: frutto delle pratiche sportive, della scarsa fertilità, di tutte le abitudini della vita moderna; al punto che, se per caso il vitino sottile non scompare naturalmente, vi sono anche delle ragazze - lo hanno rivelato alcune “veline” nel corso di un programma televisivo - che si affidano alla chirurgia estetica pur di sopprimere tale sgradito retaggio di tempi ormai passati.
La cosa si fa sempre più evidente anche per i nuovi indirizzi della moda, che tendono a esibire sempre più il corpo seminudo: pantaloni a vita bassa, ombelico sparato in faccia ai passanti, possibilmente mutandine a vista e striscia interna del perizoma che fa capolino al minimo movimento verso il basso, magari in ufficio, con buona pace della concentrazione sul lavoro dei colleghi maschi e fatta la tara degli atteggiamenti offesi delle donzelle, quando si vedono osservate con occhi famelici.
Persino nello sport, non lesinano certo l’esibizione del proprio corpo le maratonete e le atlete del salto in alto, senza dimenticare, ovviamente, le giocatrici di beach volley, amatissime dal pubblico (maschile) e non solo per le loro prestazioni agonistiche, come le brasiliane Ana Paula e Sandra Pires o le americane Mysty May e Kerri Walsh, i cui tuffi acrobatici per “salvare” la palla non destano certo minore ammirazione delle loro forme scultoree, generosamente esposte grazie alla minuscola superficie della tenuta di gara.
Insomma, per dirla un po’ brutalmente, il corpo della donna si va mascolinizzando, pur non rinunciando ad ostentare la propria nudità con un intento che vorrebbe essere sexy, anche se non sempre riesce effettivamente tale o, almeno, anche se non sempre incontra l’incondizionata ammirazione altrui. Perché un fisico ben modellato dalla pratica sportiva non è mai uno spettacolo sgradevole alla vista, ma entro certi limiti che, per quanto soggettivi, tuttavia esistono; e, quando li si oltrepassa, come fanno certe professioniste del body-building, l’effetto è tutt’altro che erotico, per non dire che può risultare decisamente repulsivo.
Ma questa mascolinizzazione del corpo femminile è un fatto puramente esteriore ed estemporaneo, dovuto a una serie di attività e ritmi di vita radicalmente cambiati (per quanto non si venga a dire che le donne di due o tre generazioni fa, specialmente in ambiente rurale, non conducessero un vita fisicamente attiva!), oppure è il segno visibile di un cambiamento più profondo, che non riguarda solo l’aspetto, ma anche la psicologia e la dimensione più intima della donna?
La donna, psicologicamente e spiritualmente, si è irrimediabilmente mascolinizzata, nel senso che tende a rifiutare la propria immagine ed il proprio ruolo tradizionali e che ambisce, consapevolmente o inconsapevolmente, ad eguagliare e, magari, a soppiantare l’immagine ed il ruolo maschili, sul terreno stesso dell’uomo?
C’è ancora posto per la donna totalmente femminile, senza con ciò intendere una donna tutta chiusa nel cerchio della casa e della famiglia, quanto - piuttosto - una donna che sente e pensa interamente e irriducibilmente da donna, e non da uomo?
Che non vuole competere con l’uomo per strappargli lo scettro, per dimostrargli che vale più di lui, per fargli ingoiare secoli o millenni di supposta sudditanza; ma che vede nell’uomo il suo naturale compagno, il suo naturale complemento, il suo naturale interlocutore nel campo affettivo e sentimentale?
Che, pur non nascondendosi i difetti di una certa psicologia maschile, e pur non accettando più certe anacronistiche costrizioni del ruolo femminile, non sente alcun desiderio di interpretare il ruolo dell’uomo, a cominciare dal modo (sboccato) di esprimersi, e finendo con il modo (sfacciato) di andare a caccia di membri del sesso opposto, in stile apertamente usa-e-getta?
Sono domande alle quali è difficile dare una risposta, perché il fenomeno in questione, ossia la mascolinizzazione della donna e la speculare femminilizzazione dell’uomo, è tuttora in pieno svolgimento e, al presente, non si capisce se sui tratti di una moda passeggera, destinata a spegnersi nel giro di una o due generazioni, come già tante altre, oppure se preluda ad una vera e propria mutazione antropologica, a un cambiamento definitivo.
Innanzitutto, riteniamo sia sbagliato e fuorviante parlare della “donna” come di una costellazione sostanzialmente omogenea, avvalorando stereotipi di facile presa, ma lontanissimi dalla infinita varietà che esiste nella realtà concreta.
Pur ammettendo che una psicologia femminile esiste, e così pure esiste una anatomia specificamente femminile, da ciò non consegue che sia lecito parlare di esse come di qualcosa di uniforme o che ammette solo poche eccezioni: la realtà concreta è data dagli individui, in questo caso dalle singole donne - qualcosa come tre miliardi e più di persone che, in questo momento, abitano il nostro pianeta; mentre la “donna” è un concetto teorico- esattamente come lo è, dall’altra parte, quello di “uomo”.
Bisogna distinguere, pertanto, fra le donne che hanno maggiormente introiettato - anche se, magari, inconsapevolmente - la “Weltanschauung” femminista, e quelle che ne sono rimaste in gran parte estranee, tranne che per quanto riguarda il concetto della pariteticità dei diritti e dei doveri, ormai patrimonio pressoché universale dei membri della società moderna (patrimonio ideale, s’intende: il che non vuol dire affatto che trovi sempre pratica applicazione).
Tra questi due estremi, esiste tutta una gamma di posizioni intermedie, il più delle volte basate su di un sentire istintivo e assai più raramente, invece, fondate su una ideologia ben definita, in seguito a specifiche letture, alla frequentazione di gruppi o di circoli, all’influenza esercitata da amiche o, più raramente, da amici, soprattutto mediante comportamenti pratici e non già per effetto di argomenti di carattere astratto.
Esiste un naturale sentire che modella i comportamenti e gli stili di vita delle persone e che è la risultante dell’interazione fra temperamento, carattere e fattori culturali: sia imposti, specie nell’infanzia e nella prima adolescenza, sia più o meno liberamente cercati, vagliati, selezionati e adottati, nel corso della giovinezza e dell’età adulta.
È quasi inutile dire che, oggi, la principale agenzia educativa essendo la televisione, e specialmente ciò che non è programma televisivo, ma pubblicità (sia quella mirata ed esplicita, sia quella generica ed implicita, sottesa a molti programmi in apparenza destinati all’intrattenimento e persino all’informazione), è molto più facile che la scala di valori, le scelte comportamentali e la stessa personalità, specialmente nei giovai e nei giovanissimi, vengano modellate più da essa, oltre che dal cinema e, in genere, dall’industria del consumo, compreso il “consumo” del tempo libero, che non dalle agenzie educative tradizionali, dalla famiglia alla scuola.
Ebbene, l’impressione generale che si ricava dai comportamenti e dagli stili di vita delle donne, negli ultimi anni, è quella di una sempre più decisa tendenza alla mascolinizzazione, la quale si intreccia, creando invero dei curiosi effetti “sincretistici”, con l’ossessione della potenza seduttiva e, quindi, con una esasperata erotizzazione di tutti i comportamenti e di tutti gli stili, anche di quelli in apparenza più lontani dalla sfera sessuale.
Dal momento che tale tendenza si incontra, per così dire, con la tendenza, ad essa speculare e complementare, verso la femminilizzazione dell’uomo, si potrebbe più esattamente affermare che sia la donna, che l’uomo stanno attraversando una fase di “ermafroditismo” culturale che sta diventando, anche, psicologico e fisiologico.
Ma che cosa significa, per una donna, essere veramente femminile?
Naturalmente, non si tratta di avere necessariamente un corpo simile a quello di Sofia Loren, con le “classiche” misure 90 x 60 x 90 (seni, vita, fianchi); anche perché le caratteristiche del proprio corpo sono in primo luogo un dato che l’individuo riceve dal patrimonio genetico dei genitori e solo in seconda istanza, mediante un certo tipo di alimentazione, lo sport, la cosmesi, l’abbigliamento ed, eventualmente, la chirurgia estetica (il caso limite è quello delle persone che decidono di cambiare sesso con l’aiuto delle moderne tecniche chirurgiche) è il risultato delle scelte consapevoli e dei comportamenti liberamente assunti.
D’altra parte, vi è un fondo di verità nell’affermazione che i nostri comportamenti e i nostri stili di vita tendono a modellare il nostro corpo, il nostro volto, il nostro modo di camminare e, in genere, la nostra fisicità.
Così come è certo che una abitudine alla sedentarietà contribuisce, a parità di fattori genetici, ad una tendenza verso il sovrappeso, se non addirittura verso l’obesità; e che un eccessivo sfruttamento della vista, specialmente in condizioni di luce non ottimali (luce artificiale piuttosto che naturale; schermo del computer piuttosto che tavolo di lavoro), contribuisce all’insorgere della miopia e di altre patologie; allo steso modo è innegabile che l’espressione del viso, la postura delle spalle, della schiena, dei fianchi e molti altri aspetti dell’attitudine fisica, sono in stretta relazione con la filosofia di vita delle persone e rispecchiano, in sostanza, ciò che esse pensano di se stesse, degli altri e del mondo.
Ora, una tendenza alla mascolinizzazione della donna era già riscontrabile nella moda di alcuni decenni fa: le spalle ampie delle giacche o delle maglie, eventualmente rinforzate mediante cuscinetti di materiale sintetico, sono solo uno degli esempi che si potrebbero fare in proposito.
Ciò significa che esisteva già una tendenza ad abbattere la specificità estetica e fisiologica della femminilità, per costruire idealmente un nuovo tipo di donna, fortemente mascolina, aggressiva e determinata, secondo i modelli propositi dal cinema, dalla televisione e dalla letteratura di consumo, specialmente del genere giallo.
Anche lo studio di pannolini sempre più funzionali e sempre più piccoli, per consentire alle donne di svolgere qualunque attività fisica e professionale e qualsiasi pratica sportiva, anche nei giorni del ciclo mestruale, va in questa direzione, soprattutto ad opera delle pubblicità dedicate a tale articolo igienico, tutte incentrate sul dinamismo, sul culto della perfetta efficienza fisica e sul disprezzo “virile” di una femminilità piagnucolosa e rinunciataria.
Il risultato di cento e cento piccole modificazioni del costume quotidiano, collegate dal comune denominatore dell’atletismo mascolino, della prestanza fisica e della intrepidezza aggressiva, continuamente esaltati e veicolati dai programmi televisivi (si pensi a serial di notevole successo internazionale, come «Xena, principessa guerriera»), hanno finito per legittimare una idea della femminilità che, di femminile, ha conservato soltanto la smania di poter sedurre chiunque e in qualsiasi momento (altro discorso è, poi, se tale capacità di seduzione sfoci in un rapporto affettivo, o almeno in un rapporto sessuale, o se rimanga allo stato “virtuale”, come semplice elemento di auto-gratificazione narcisista).
D’alta parte, non si può dire che la perdita della femminilità “tradizionale” sia approdata, sempre e comunque, in una distruzione della femminilità “tout-court”. Accanto ad esiti di dubbio o di pessimo gusto, anche nelle discipline sportive che richiedono lo sviluppo di forti masse muscolari, come il già citato beach-volley (a causa dell’effetto anelastico della sabbia), si sono viste delle atlete dal fisico e dalle movenze squisitamente femminili, come le campionesse italiane Daniela Gattelli e Lucilla Perrotta.
Bisogna evitare, perciò, le generalizzazioni eccessive e i giudizi troppo categorici e frettolosi: la femminilità è un “quid” pressoché indefinibile a parole e la si può trovare, magari, più sviluppata in una donna che di mestiere fa la camionista, piuttosto che in una famosa e strapagata modella dell’alta moda.
Chi vivrà, assisterà alla ulteriore evoluzione di tali dinamiche e potrà vedere, forse, verso quali esiti sfocerà l’odierna trasformazione dell’immagine ideale della donna, così come quella della concreta figura e della personalità femminili.
 
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Guardate ad esempio la pagina precedente a questa, la 255. È pieno di bellissime donne e di bellissimi corpi e, presi separatamente, di culi fantastici. Ma il mio occhio, e non solo lui, percepisce nella maggior parte di quelle ragazze l'assenza di qualcosa, come se mancasse il dettaglio in grado di dare armonia, femminilità ed erotismo all'intera figura.
Manca il punto vita, cazzo!
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Finalmente!
non se ne può più di ste donne senza fianchi!
giuro, mi fanno veramente cagare!
spesso, amici colleghi e/o conoscenti, mi mandano o mi fanno vedere le solite foto di donne nude che girano tra wazzap etc. dicendo "guarda qua che figa..."
l'ultima l'altro giorno, guardate:
e me la spacciavano come figa pazzesca. questa è un mostro! non è una donna, è una bambina con le tette, oppure è un uomo con le tette e la parrucca!
se la metto a novanta, è come se mi inculassi il mio migliore amico dopo che si è fatto la ceretta al culo!
Ma dove cazzo stiamo andando a finire?
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