Karla

il ted

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CARATTERISTICHE GENERALI

NOME INSERZIONISTA: Karla
RIFERIMENTO INTERNET: http://www.escortforumit.xxx/accompagnatrici/KARLA-60849?from=regular_list
RIFERIMENTO INTERNET: http://catania.bakecaincontrii.com/donna-cerca-uomo/prima-volta-in-italia-uajb138249846
CITTA' DELL'INCONTRO: Catania
NAZIONALITA': Ungherese
ETA': Sulla ventina passata
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: Parzialemente conforme
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): BJ e Rai1 (80), BBJ e Rai1 (100), FK e DATY (50 cucuzze in più)
SERVIZI USUFRUITI: BBJ e Rai1
COMPENSO RICHIESTO: 100
COMPENSO CONCORDATO: 100
DURATA DELL'INCONTRO: Una mezz'ora scarsa
DESCRIZIONE FISICA: Normalissima ragazza, bassina, di aspetto simpatico, corpo più robusto rispetto le foto dell'annuncio
ATTITUDINE: Scarsa
REPERIBILITA': Facile
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: Una rampa di scale (per il soppalco)
TELEFONO: 3933956766 (39339567xx) - 3312671170 (33126711xx)

NOTE DEL PUNTER: La recensione è scritta come fosse un racconto. I tre avvenimenti (la checca, l'incontro e il ragazzo incestuoso) sono davvero avvenuti, ma in giorni diversi. Il primo e il terzo qualche giorno fa, l'incontro ieri. Per esigenze narrative ho ritenuto migliore unirli, per dare un che di trama. Per chi non è interessato alla storia, la recensione vera e propria è tutto il secondo paragrafo fino a metà del terzo (da Senza saperlo... a ...bicchiere di plastica). Fate voi.

LA MIA RECENSIONE, ALLA MANIERA DI UN RACCONTO DI CARVER (SENZA TROPPE PRETESE): Era la prima volta che veniva abbordato da una checca, pensò. La cosa lo stupì, lasciandolo indifferente. Non che avesse qualcosa contro gli omosessuali, non era il tipo. Ognuno era libero di fare quel che voleva, pensava, senza che qualche stronzo dovesse sentirsi in dovere di imporre cosa fare o cosa non fare in nome di qualche meraviglioso amico immaginario o ducetto incappucciato. A volte, però, gli capitava di pensarci, e vedeva nel concetto un qualcosa di sbagliato. Di triste. Vedeva il gesto, il comportarsi da donna pur non essendolo, e il vestirsi, l’atteggiarsi, come un accontentarsi. Uno scendere a patti. Voler recitare a tutti i costi una parte che la vita non aveva dato. L’alternativa sarebbe stata l’odio, e lo capiva. Ma lui avrebbe preferito l’odio al compromesso, di questo ne era certo.
Era in auto, solo, la musica alla radio, diretto agli uffici della ditta per cui lavorava, quando una macchina l’aveva incrociato e il tizio al volante gli aveva fatto un cenno col capo, una mossa che, in un primo momento non c’aveva fatto caso, sembrava uno scrocchiare della bocca. Il tizio gli sembrava un suo vecchio collega, un altro lavoro in un altro posto, un posto che detestava con tutto l’odio possibile. Rallentò. Dallo specchietto vide l’auto fermarsi, fece lo stesso anche lui. Fece inversione e lo raggiunse.
Non era il suo collega, anche se ci somigliava, un po’ alla lontana. Era più robusto, però, ugualmente vecchio. Con pochi capelli e la pelle che gli pendeva sul collo. In un primo momento non capì perché l’avesse chiamato o cosa volesse, nessuno dei due parlava, quindi gli fece un cenno, attraverso i finestrini aperti delle due auto. «Allora, che c’è?» disse.
«Ti piace?»
«Mi piace cosa?» Enfatizzò la frase con una smorfia del volto.
«Lo vuoi un pompino?» disse allora il vecchio.
Lui lo mandò a quel paese, fece di nuovo inversione, e andò via.
Qualche minuto dopo, dalla grande vetrata della sala d’attesa, poteva ancora vedere l’auto della checca andare avanti e indietro, lontano sul cavalcavia. Trovò la cosa squallida, pensò. E anche triste. Questo disperato bisogno che tutti hanno di trovare qualcuno, chiunque, per non restare semplicemente soli. La pianta, messa in un angolo, stava cominciando ad appassire. C’era un mucchio di foglie ingiallite, per terra, sul pavimento lucido. Le riviste sul tavolino. Il muro aveva una crepa, poco sopra la linea del marmo.
Quando andò via non l’incontrò. Forse aveva trovato qualcuno, e adesso si trovava rannicchiato da qualche parte con un cazzo piantato in gola. Prima di tornare a casa si fermò a comprare un libro di Cheever, fece la spesa per il pranzo. Ma non andò subito a casa.
Guidare lo rilassava, l’aiutava a pensare. La pioggia cadeva ora forte ora piano sul parabrezza della automobile. Il getto d’aria calda dello spannavetri riscaldava tutto l’abitacolo, rendendo l’aria quasi irrespirabile. Guidava piano.
Era ancora presto, da poco passate le dieci. Il giorno prima aveva discusso con C., un amico, a proposito di una certa ragazza che riceveva in un certo posto, e decise di andarci. Si sentì ipocrita, mentre telefonava. Non era poi tanto diverso da fermare un auto e proporre un pompino, ma cercò di non pensarci più di tanto.

Senza saperlo si fermò proprio davanti la casa di lei, la richiamò. Lei rispose al secondo squillo, dandogli il numero esatto e dicendogli di suonare. Aprì nascondendosi dietro la grande porta dell’appartamento. Lui sapeva che le foto erano patinate, e vedendola ne ebbe la conferma. Era bassina, i capelli castani e il volto pieno. La seguì su per la scala che portava al soppalco sopra il grande open-space del soggiorno, dove si trovava il letto. La televisione, di sotto, trasmetteva un film comico, lei indossava una vestaglia leggera, i tacchi alti. I capelli raccolti in una treccia molto larga. Fu quando si spogliò che vide che anche il corpo era diverso da quello delle foto. I fianchi troppo larghi, un abbondante filo di pancia sformava la linea della silhouette. Neanche la fascia del reggicalze riusciva a renderla sexy, pensò.

Quando uscì vide che aveva ricominciato a piovere. Il muricciolo dall’altro lato della strada era fracido d’acqua. Andò via, soppesando il tutto per tutta la strada. Il pompino più che mediocre, con lei che se ne stava inginocchiata al suo fianco, sul letto, accompagnandosi con la mano. Finito il pompino l’aveva incappucciato e s’era sdraiata. Per tutto il tempo non aveva quasi respirato, mosso un muscolo. Se ne stava lì ferma, voltata. Gli fece pensare a se stesso, le volte che dal dentista focalizzava un punto per isolarsi dal qui e ora. Un braccio del lampadario, un quadro, un suppellettile sulla mensola, mentre se ne stava con la bocca aperta e in bocca dita, specchietti, specilli, aspiratori, sonde paradontali, curettes, ablatori, pinze. Gli sembrò quasi di sentire il bruciore dell’anestesia, il dolore del dente devitalizzato. Il disinfettante rosa nel bicchiere di plastica.
«Che bella inculata!» si disse, cinico. Era giunto a casa, e fu lì che vide il ragazzo. Camminava in mezzo la strada, sotto l’acqua. Il volto arrossato e un giubbotto grigio, i capelli biondi tagliati corti. Erano anni che non lo vedeva. Avevano frequentato la stessa scuola, vent’anni prima, ma in classi diverse. Avevano la stessa età, o si sbagliavano di un anno. Già allora si diceva che lui e il fratellastro scopassero con la sorella. Tutta la famiglia aveva un che di miserabile, aveva sentito dire, anche se lui conosceva solo i due fratelli. Dopo la scuola l’aveva visto solo una volta, anni dopo. Camminava da solo, parlando ad alta voce. Quando s’incrociarono il ragazzo l’aveva fermato, gli aveva dato a parlare. La vita, il lavoro. Qualcosa in testa si era spezzato, ed era diventato un mezzo scemo. Quando si erano salutati, il ragazzo era andato via, continuando a parlare solo.
Aspettò che voltasse l’angolo poi scese dall’auto, s’alzo il bavero del parka. Per strada, le ruote delle automobili stridevano sull’asfalto bagnato. Oltre una ringhiera una borsa da donna rosa era buttata per terra, in mezzo le erbacce.
 

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Oh mamma Ted,:mega_shok:
mi sembra di leggere un racconto di Chuck Palahniuk, hai una capacità di descrivere lo squallore esistenziale non comune e le tue recensioni sono davvero qualcosa di più del "fotte bene, fotte male".
E' davvero questo il mondo che ci circonda? Immagino di si, o almeno a volte.
Grazie, anche per il gusto amarognolo che lasciano e mi spiace per lo scaldabagno beccato:lol:, probabilmente come personaggio del tuo racconto le hai dato un lustro che non raggiungerà mai più.
 
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Scrivi veramente bene complimenti, alla faccia di chi dice che i punter sono tutte persone ignoranti con un basso ceto sociale.
Comunque qui hai toppato.
In questo lavoro la bellezza è fondamentale ed una tozza, con culo e cosce grosse non può chiedere quanto una modella strafiga e tu non dovevi darglieli.
Dalle foto inoltre per quanto ritoccate si capisce che non aveva un fisico "slanciato."
 
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il ted

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  • #8
Comunque qui hai toppato.
In questo lavoro la bellezza è fondamentale ed una tozza, con culo e cosce grosse non può chiedere quanto una modella strafiga e tu non dovevi darglieli.
Dalle foto inoltre per quanto ritoccate si capisce che non aveva un fisico "slanciato."
Non sono mai stato uno che mercanteggia sul prezzo. Non l'ho mai fatto con gli ambulanti quindi meno che mai con le ragazze. La vestaglia se l'è levata quando già avevo versato il cucuzzario e, comunque, anche se l'avesse fatto prima non avrei lo stesso trattato, al limite sarei andato via. Diciamo che speravo nelle prestazioni, ma è andata male. Capita!
 
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