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NOME: Sophia
CITTA DELL'INCONTRO: Valle Caia (RM)
ZONA: davanti questo cancello
NAZIONALITA': subsahariana
ETA': venti e qualche cosa
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 20
COMPENSO CONCORDATO: 10
DURATA DELL'INCONTRO: 15'
DESCRIZIONE FISICA: sinuosa, atletica, seno prospero (almeno per i miei standard) e sedere tosto, bel bel viso
ATTITUDINE: accomodante
LA MIA RECENSIONE:
Ho aggiunto un'altra Sophia alla mia nutrita collezione di Sophie.
Quest'ultima Sophia fa parte di un gruppetto di black (variabile fra l'ambo e la quaterna) che occupa assiduamente l'unico slargo lungo via di Valle Caia degno di questo nome, il cui lato rivolto alla marana era fino a non molto tempo fa impreziosito da un vasto canneto che offriva ricovero ai roditori e riparo ai puttanieri.
Con una stretta d'afflizione al cuore mi è toccato constatare come la barbara mano dell'uomo abbia fatto tabula rasa di quanto la preveggenza di madre natura aveva faticosamente e saggiamente edificato a beneficio di quanti amano scopare all'aria aperta: alberelli frondosi e canne ondeggianti hanno lasciato il posto ad un praticello sassoso e stentato.
Spariti i viottoli ritagliati nel verde, spariti gli spiazzi riservati, spariti i materassi lerci, spariti i sacchetti per la raccolta indifferenziata dello sperma attaccati ai rami perché spariti i rami anch'essi. Soltanto le prostitute non sono sparite: una giovanissima balla sull'asfalto ed un'altra, maggiormente affaticata dalla vita, seduta guarda in terra come se la terra le stesse parlando.
Sophia se ne tiene lontana per fare mercato a sé.
Non essendo abituato alla presenza di una mestierante nell'angolino preciso in cui Sophia ha stimato conveniente mettersi, la passo in velocità finché il mio cervello non elabora l'immagine estemporanea che per un millisecondo mi si era impressa nella retina. Dribblo le accolite di Sophia che tentano di adescarmi con larghi gesti e torno sui miei passi.
Alta alta, nera nera, somma ad un fisico atletico e rifinito due poppe rilevanti e ben fatte. Tutto il suo popò di corpo – perché è un signor corpo – lo mette in mostra attraverso un vestitino rosso a maglie larghe che somiglia più ad una rete da pesca che ad un vestitino. Unica fra le mille e mille black della campagna romana, porta i tacchi alti.
Vien da sé che porta i tacchi alti perché non ha più sentieri fangosi da percorrere. I suoi tacchi è come se dicessero "io scopo solo in macchina". Ha un viso che trovo interessante oltre che bello perché dalle fattezze anomale per un'africana per via del naso appuntito, leggermente all'insù, tanto diverso da quelli schiacciati e dalle larghe froge cui sono abituato.
Il naso e solo il naso le dà un non so che di indiano.
La carico – perché non posso fare a meno di caricarla – sull'altro lato della strada e mi faccio direzionare verso il peggior imbosco della zona, dove già un paio di puttanieri motorizzati stanno consumando rapporti fugaci a misura d'abitacolo. Se me la scopassi sulla scalinata di Piazza di Spagna un sabato pomeriggio godrei forse di maggiore riservatezza.
Sophia non parla una parola d'italiano che sia una, una soltanto; sembra anche conoscere poco l'inglese o forse è abituata ad un inglese differente da quello che io conosco (ed io lo conosco pochissimo). Afferra tuttavia il concetto che il luogo non è di mio gradimento e si offre di condurmi altrove, ma tanto tanto e ancora tanto altrove.
Questo altrove non è che l'ombra proiettata da uno scatolone di cemento che racchiude al suo interno chissà quali apparecchiature di controllo o di trasmutazione elettrica che si trova all'apice di un cucuzzolo per raggiungere il quale occorre scartare un paio di chilometri di fossi di scolo scavati dalle acque meteoriche da un lato all'altro di una strada sterrata che sembra non finire mai.
La strada è comunque un bel pezzo di archeologia medievale, credo.
Dopo aver sobbalzato al limite della sua tenuta strutturale, alla mia macchina tocca sobbalzare ancora sotto la sollecitazione delle mie contrazioni anali dal momento che mi ritrovo a scopare con Sophia in ottima sintonia: è accogliente, naturalmente lubrificata il giusto, di dimensioni che si confanno alle mie e il calore del suo interno-cosce contro le mie spine iliache coadiuva l'atto.
Sophia si fa prendere e penetrare senza ritrosie, allarga anzi le gambe quanto più può per consentirmi di arrivare fin dove voglio arrivare e di muovermi con piena libertà. Fra un gemito, un sospiro ed un acuto mi accarezza in alternanza la nuca e i fianchi, mi stringe le natiche o mi solletica i pettorali striminziti che mi ritrovo.
Ci ripuliamo come possiamo, nella pace agreste di un paesaggio che ha smesso di essere agreste, e la riaccompagno alla vetrina invisibile dalla quale si vende. Le uniche parole non susseguenti ad una domanda che le ho sentito dire sono state "fica?" quando, spezzando il ritmo del suo bocchino astringente, ha voluto sincerarsi delle mie intenzioni in favore di un rapporto completo.
CITTA DELL'INCONTRO: Valle Caia (RM)
ZONA: davanti questo cancello
NAZIONALITA': subsahariana
ETA': venti e qualche cosa
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 20
COMPENSO CONCORDATO: 10
DURATA DELL'INCONTRO: 15'
DESCRIZIONE FISICA: sinuosa, atletica, seno prospero (almeno per i miei standard) e sedere tosto, bel bel viso
ATTITUDINE: accomodante
LA MIA RECENSIONE:
Ho aggiunto un'altra Sophia alla mia nutrita collezione di Sophie.
Quest'ultima Sophia fa parte di un gruppetto di black (variabile fra l'ambo e la quaterna) che occupa assiduamente l'unico slargo lungo via di Valle Caia degno di questo nome, il cui lato rivolto alla marana era fino a non molto tempo fa impreziosito da un vasto canneto che offriva ricovero ai roditori e riparo ai puttanieri.
Con una stretta d'afflizione al cuore mi è toccato constatare come la barbara mano dell'uomo abbia fatto tabula rasa di quanto la preveggenza di madre natura aveva faticosamente e saggiamente edificato a beneficio di quanti amano scopare all'aria aperta: alberelli frondosi e canne ondeggianti hanno lasciato il posto ad un praticello sassoso e stentato.
Spariti i viottoli ritagliati nel verde, spariti gli spiazzi riservati, spariti i materassi lerci, spariti i sacchetti per la raccolta indifferenziata dello sperma attaccati ai rami perché spariti i rami anch'essi. Soltanto le prostitute non sono sparite: una giovanissima balla sull'asfalto ed un'altra, maggiormente affaticata dalla vita, seduta guarda in terra come se la terra le stesse parlando.
Sophia se ne tiene lontana per fare mercato a sé.
Non essendo abituato alla presenza di una mestierante nell'angolino preciso in cui Sophia ha stimato conveniente mettersi, la passo in velocità finché il mio cervello non elabora l'immagine estemporanea che per un millisecondo mi si era impressa nella retina. Dribblo le accolite di Sophia che tentano di adescarmi con larghi gesti e torno sui miei passi.
Alta alta, nera nera, somma ad un fisico atletico e rifinito due poppe rilevanti e ben fatte. Tutto il suo popò di corpo – perché è un signor corpo – lo mette in mostra attraverso un vestitino rosso a maglie larghe che somiglia più ad una rete da pesca che ad un vestitino. Unica fra le mille e mille black della campagna romana, porta i tacchi alti.
Vien da sé che porta i tacchi alti perché non ha più sentieri fangosi da percorrere. I suoi tacchi è come se dicessero "io scopo solo in macchina". Ha un viso che trovo interessante oltre che bello perché dalle fattezze anomale per un'africana per via del naso appuntito, leggermente all'insù, tanto diverso da quelli schiacciati e dalle larghe froge cui sono abituato.
Il naso e solo il naso le dà un non so che di indiano.
La carico – perché non posso fare a meno di caricarla – sull'altro lato della strada e mi faccio direzionare verso il peggior imbosco della zona, dove già un paio di puttanieri motorizzati stanno consumando rapporti fugaci a misura d'abitacolo. Se me la scopassi sulla scalinata di Piazza di Spagna un sabato pomeriggio godrei forse di maggiore riservatezza.
Sophia non parla una parola d'italiano che sia una, una soltanto; sembra anche conoscere poco l'inglese o forse è abituata ad un inglese differente da quello che io conosco (ed io lo conosco pochissimo). Afferra tuttavia il concetto che il luogo non è di mio gradimento e si offre di condurmi altrove, ma tanto tanto e ancora tanto altrove.
Questo altrove non è che l'ombra proiettata da uno scatolone di cemento che racchiude al suo interno chissà quali apparecchiature di controllo o di trasmutazione elettrica che si trova all'apice di un cucuzzolo per raggiungere il quale occorre scartare un paio di chilometri di fossi di scolo scavati dalle acque meteoriche da un lato all'altro di una strada sterrata che sembra non finire mai.
La strada è comunque un bel pezzo di archeologia medievale, credo.
Dopo aver sobbalzato al limite della sua tenuta strutturale, alla mia macchina tocca sobbalzare ancora sotto la sollecitazione delle mie contrazioni anali dal momento che mi ritrovo a scopare con Sophia in ottima sintonia: è accogliente, naturalmente lubrificata il giusto, di dimensioni che si confanno alle mie e il calore del suo interno-cosce contro le mie spine iliache coadiuva l'atto.
Sophia si fa prendere e penetrare senza ritrosie, allarga anzi le gambe quanto più può per consentirmi di arrivare fin dove voglio arrivare e di muovermi con piena libertà. Fra un gemito, un sospiro ed un acuto mi accarezza in alternanza la nuca e i fianchi, mi stringe le natiche o mi solletica i pettorali striminziti che mi ritrovo.
Ci ripuliamo come possiamo, nella pace agreste di un paesaggio che ha smesso di essere agreste, e la riaccompagno alla vetrina invisibile dalla quale si vende. Le uniche parole non susseguenti ad una domanda che le ho sentito dire sono state "fica?" quando, spezzando il ritmo del suo bocchino astringente, ha voluto sincerarsi delle mie intenzioni in favore di un rapporto completo.