LA TV SERIA(LE)

nautilus 70

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Ringrazio il collega Puntlander per aver segnalato la serie Fauda, che comprende tre stagioni e tratta del perenne conflitto israeliano-palestinese in maniera cruda e realistica, ambientata nei luoghi originali e con bravissimi attori locali. I dialoghi sono doppiati in italiano per la parte ebraica e mantenuti in originale sottotitolato per la parte in arabo. E visto che non siamo in area recensioni escort, consigliatissima!!
 
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L’ho iniziata ieri. :wink:
Una mia amica me l’aveva consigliata. Come ha saputo che ho finito Califfato ieri mi ha chiamato e mi ha detto: “Guardala, ti piacerà. E poi è pieno di figa.”
Nonostante non le abbia creduto, mi ha convinto ed ho visto la prima puntata.
 
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PUNTLANDER

Espulso
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LOMBARDIA
Sto procedendo nella visione di Prison Break;ad oggi sono alla 20ima puntata della 4a stagione ,e ce n'e' una quinta.
Come al solito,man mano che si va avanti con le stagioni,si rileva un decrescere della qualita';non perche' manchino l'azione o i colpi di scena,per carita',anzi,ce ne sono anche troppi,ma perche' la trama sta diventando talmente improbabile da rasentare l'inverosimiglianza,e,almeno a me,piace vedere vicende verosimili,anche se con un tocco di eccezionalita',come del resto e' indispensabile nei racconti avventurosi.Domani continuero' a vedere come si evolve la vicenda,per oggi mi ha saturato.
 
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il ted

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FLEABAG
L’inizio è uno dei più belli di sempre. È notte, lei, leggermente brilla, riceve in casa il suo amante. I due trombano, lei capisce che lui vuole il suo bucostretto e lo lascia fare. «...dopo un po’ di su e giù piacevole e ordinario, realizzate che ciò che desidera è il vostro didietro, ma voi siete ubriache e lui ha fatto lo sforzo di venire quindi glielo concedete...».Il giorno dopo lui la osserva svegliarsi, le confessa che il bucostretto è da sempre stato una sua fantasia ma che nessuna l’aveva mai accontentato per via dell’attrezzo di notevoli dimensioni (il che fa dedurre che per lei non era un problema). Lei per tutta la scena anticipa e commenta ogni mossa, parlando col pubblico attraverso la quarta parete. Lui se ne va, «...e voi passate il resto della giornata domandandovi: il mio buco del culo è smisuratamente largo?».

Le ultime serie tv che ho visto sono tutte britanniche. Oltre FLEABAG, appunto, che consiglio a tutti quanti, ho visto AFTER LIFE di Ricky Gervais, BODYGUARD con Richard Madden (l’attore che interpretava Robb Stark nel “Trono di spade”) e BROADCHURCH, che sto ancora vedendo (sono arrivato alla seconda serie).

AFTER LIFE è una commedia non nera, come alcuni dicono, ma amara. Parla di un giornalista di un piccolo paesino inglese (che si occupa di notizie del tipo ‘La donna che parla coi gatti’ o ‘la macchia di umido sul muro che somiglia alla madonna’ eccetera) che cade in depressione dopo la morte della moglie. L’aver perso l’unica ragione di vita diventa per lui il motivo per fare e dire tutto quello che vuole, come una sorta di superpotere, tanto, alla fine, se le cose vanno ancora peggio, può sempre uccidersi...
Le sei puntate di ogni serie parlano di lui che cerca di andare avanti nella ripetitività quotidiana, in mezzo gli amici che cercano di sollevarlo e di renderlo meno cinico e più felice. È una serie tv senza una grande trama, ma è davvero bella.

BODYGUARD non è una genialata come serie, ma è piacevole da vedere. Diciamo che è un’americanata! Ex soldato traumatizzato dalla guerra in Afghanistan diventa la guardia del corpo del Segretario di Stato inglese, tra attacchi terroristici, sparatorie e complotti.
BROADCHURCH invece è un bel thriller. In un tranquillo paesino inglese viene trovato il cadavere di un ragazzino di undici anni. La polizia indaga. Nonostante ci sia David Tennant (attore che ha interpretato uno degli ultimi ‘Doctor Who’ e che sinceramente detesto) la serie è fatta schifosamente bene. Per intenderci: non ha nulla a che fare con telefilm del tipo “L’ispettore Barnaby” e simili...
 
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tramite nowtv ho scoperto una vecchia serie in due stagioni,carnivale.lotta tra bene e male,esoterismo,circo che viaggia nell'america depressa e povera degli anni trenta.c'è il nano di twin peaks.personaggi freaks e belle ballerine.
 
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Spoiler Fleabag

Nulla di più femminile di una crisi emotiva, un momento di introspezione ad alta voce, condiviso con una persona di cui sa poco e nulla, ma che in qualche modo è riuscita a fare breccia tanto da indurla a sputare il rospo. Non tutta la verità, per carità. Solo ciò che si conviene. I traumi inconfessabili vengono obnubilati dalla rimozione più profonda.
E cosa si fa in un momento simile? Come interagire con una persona annichilita da un improvviso momento di debolezza? Cosa rispondere ad una resa incondizionata?
Qualsiasi parola di conforto sarebbe inopportuna, nonché inefficace. Quindi?
“Inginocchiati”.
Come suona bene. In maniera persuasiva, esortativa, poi perentoria. Tre volte.
“Inginocchiati”.
Spiazza, confonde. Forse si fa così. Ci sono circostanze in cui una donna in crisi non va consolata a parole, ma in maniera concreta. Va fatta inginocchiare, per poi aprire di scatto la tenda (la tenda, non la patta, maiali) dietro cui si nasconde e coglierla di sorpresa. La miglior soluzione può essere insita nella fame e nella bramosia che ella stessa suscita, quella che ci spinge a fissarla con fare predatorio, a penetrarla con lo sguardo e a spalmarla su un muro facendola sentire di nuovo entusiasta, viva, donna.


https://youtu.be/S4EXuxK-ahs
 
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nautilus 70

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Su Amazon Prime segnalo Little fires everywhere, serie in otto puntate che vertono sugli intrecci di drammi famigliari ambientati in una cittadina modello nell'area di Cleveland, U.S.A. Trama avvincente e cast strepitoso, da non perdere.
 
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Anche this is us non è niente male. Storia di 2 gemelli e un terzo adottato, ho visto la prima stagione e gira molto bene. Vado domani con la seconda. Sempre su Amazon Prime.
 
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Beth Harmon è una bambina orfana, il padre si è dato alla fuga a causa delle eccentricità della madre, la genitrice è morta in un controverso incidente stradale al quale la piccola, di soli nove anni, è miracolosamente scampata. L’America degli anni 50 è lo sfondo di questa avvincente storia incentrata sul gioco degli scacchi. “Che palle!” direte. E invece no. Non serve essere appassionati di un gioco così astruso e di nicchia per rimanere incollati alla tv fino alle quattro del mattino al ritmo di “l’ultima puntata e poi spengo”.

Le scenografie sono curate nei minimi dettagli così come sorprendente è la scelta dei costumi, dei colori e della musica.
La narrazione parte dalla prima infanzia di una bambina prodigio che, nell’istituto a cui è stata affidata, familiarizza con il gioco di strategia grazie ad un vecchio e taciturno custode. Come tutte le menti eccelse manifesta disagio per la realtà circostante sviluppando una sorta di escapismo nelle 64 caselle. “Perché lì la realtà può essere prevedibile, puoi dominarla”. Disagio che si manifesta però, come spesso accade, con tendenze autolesioniste e autodistruttive, sviluppando dipendenza da farmaci e alcool.


Il titolo originale si traduce letteralmente con “Gambetto di donna” che è l’apertura con cui si dà spazio alla regina e si imposta così un gioco sfrontato e aggressivo. Per quanto la donna fosse relegata a ruoli marginali nella società del tempo e il gioco fosse feudo del mondo maschile, la serie non ha eccessive pretese femministe e propagandiste.
Non è nemmeno la solitudine e la dipendenza l’argomento principe, non è quello il messaggio che vuole trasmettere il romanzo da cui la serie è tratta. Così come non è il reale fulcro la finale mozzafiato contro il temutissimo player russo.

“La Regina degli Scacchi” narra della partita contro la vita, quella che è necessario vincere per riemergere da una condizione di disagio. Descrive la difficoltà che deve affrontare ogni individuo che si trova in un baratro, per ascendere e normalizzarsi. Difficoltà scaturita dal fatto che nella maggior parte dei casi è proprio l’individuo a remare contro se stesso. Beth Harmon non gioca contro il proprio avversario, ella gioca con il proprio avversario ma contro se stessa. È quella la sua sfida finale. Il premio, la posta in palio, è l’equilibrio e pertanto la sopravvivenza. Vinta l’ultima partita subentra l’armonia dovuta al fatto di non avere più alcun opponente. La scacchiera dunque come elemento di congiunzione e non di separazione, come mezzo per raggiungere uno status trascendentale e non solo il plauso del pubblico. Nel gioco, così come la vita, disciplina, tecnica, attitudine, visione di gioco, sono qualità indispensabili. Ma ciò che determina il successo o la sconfitta è l’istinto, l’adattarsi, l’evolversi grazie alla capacità di saper osservare i fenomeni da diverse prospettive per evitare le scelte sbagliate. (Rivisitazione di un insegnamento di vita impartitomi da @ariace persona che stimo molto)

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Ps piccolo appunto: la Beth Harmon (interpretata da Anya Josephine Marie Taylor-Joy) che abbiamo già visto in “Peaky Blinders”, è dotata di una bellezza fuori dai canoni ordinari, è “particolare”. È un po’ nerd, ha un’espressione meditativa e assorta, indossa eleganti outfit anni ‘50, è appassionata di giochi di ruolo, ha un bel culo, tette giuste, curiosità saffiche ed è anche rossa. In pratica incarna l’ideale di donna per la quale @Matbeo non si accontenterebbe di sganciare cifre folli. Per una così farebbe quanto di più ardito: la trascinerebbe all’altare. Poi magari mi sbaglio...​
 
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ma su questo forum c'è una varietà di argomenti davvero notevole!

vista la descrizione della fanciulla fatta da @submale mi sa di si!

ma in peaky blinders sono ancora alla 4°, non farmi spoiler ?

lato serie, sono combattuto su barbarians, pare che sia storicamente accurato, ma o mi promettono una seconda serie su Germanico che arriva e vendica Varone, recupera le aquile e sconfigge i germani o mi sa che la skippo... qualcuno per caso ha già visto?
vorrei film o serie sensate, ma sopratutto sul piano della storia militare, sono talmente stufo di vedere cariche insensate, nessuna formazione, nessun ufficiale che comanda, nessuna considerazione di terreno, nessuna valutazione tattica, chepppalle hollywood...
 
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“Barbari” invece non mi è piaciuto per niente. Da una produzione teutonica cosa ci si poteva aspettare? Innanzitutto la narrazione della sconfitta di quel coglione di Varo e quindi il trionfo germanico. Il cast è davvero penoso, recitazione e interpretazioni da imbianchini. Latino recitato come se fossero stati immigrati egizi e non di certo legioni romane. Le ambientazioni lasciano trasparire tutto il lavoro digitale con cui sono stati creati gli scenari. La trama scontata, lineare e banale. Un piattume avvilente, un susseguirsi di vicende monotono e scocciante. Patetiche le scene di guerra e non nel senso di “pathos” nell’accezione greca che, ahimè, manca del tutto. Una così complessa storia che in base alla sterile ricostruzione viene ridotta a ruotare attorno a soli quattro personaggi chiave e una millata di comparse. In definitiva, in una sola parola: dozzinale.​
 
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Oktoberfest - Beer & Blood

Curt è un ricco e vedovo proveniente dalle remote regioni settentrionali tetesche. Si è trasferito in compagnia della dolce figliola nella Monaco dei primi del novecento. Personaggio dal passato torbido e burrascoso, lo stereotipo del parvenu saltato fuori da un tombino che pur di ascendere alla conquista del successo in nome di un improbabile e inesorabile progresso, calpesta con leggerezza la dignità delle persone, i loro sacrifici, finanche il sangue e i loro cadaveri. Il suo intento è quello di primeggiare nella fiera delle birra e di introdursi nella società cittadina al fine di maritare la rampolla che tutto sommato si rivelerà un po’ zoccola inside soprattutto per quei tempi. La trama per quanto esasperata tra intrighi, faide, crudeltà e vendette risulta essere scontata sin dal primo episodio. Tutto il tessuto narrativo risulta prevedibile già alla seconda puntata. Persino ad uno stolto verrebbe in mente l’intero copione per quanto è scontato. Al punto che la scritta in sovrimpressione “basato su vicende realmente accadute” pare quasi una giustificazione alla banalità di questa serie. Come se le dispendiose scenografie e i ricchi costumi servano più che altro a dare un valore storico e cronistico ad una serie che altrimenti non avrebbe altro senso se non quello di fare volume nei titoli di Netflix.

I sei episodi di Oktoberfest sono paragonabili ai sessanta minuti che un cliente ignaro trascorre in compagnia un missile. Una serie di una lentezza ammorbante. Talmente scontata che al termine si percepisce soltanto l’angoscia di essersi tediati con una storia che è un continuo susseguirsi di circostanze negative. Si procede per inerzia aspettando il riscatto un po’ come ci si illude che un missile possa improvvisamente avere uno slancio vitale e dal pompino con la faccia storta si possa passare per magia allo “sfondami porco, oggi aspettavo proprio te per farmi trapanare il culo”. Quella sorta di lieto fine si avrà solo negli ultimi dieci minuti finali, un po’ come il sorriso dell’operatrice disonesta poco prima che il cliente si tolga dai coglioni. Temo che avrà un sequel di cui raccomando la visione, a qualcun altro.

 
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Ethos su Netflix, appena finita di guardare e mi è piaciuta molto.
Qua un'ottima recensione
 
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SKY ROJO

Coral è una donna colta e affascinante che ha deposto le armi e si è abbandonata alla droga. Wendy è una bionda da sballo, ma che non prova attrazione alcuna per gli uomini, ai quali predilige il gentil sesso. Gina è una tenera sentimentale venduta dalla famiglia come un capo di bestiame. In comune hanno l’impiego: prostitute al Novias Club di Tenerife.

La trama di “Sky Rojo” è incentrata sulle peripezie che le tre protagoniste dovranno affrontare a seguito della loro ribellione/fuga da Romeo (il pappa) e dai suoi due scagnozzi. L’impronta è delle peggiori: un disgustoso mix tra exploitation ed empowerment dovuto alla condizione di sfruttamento in cui le tre sciagurate imperversano. Un marasma di luoghi comuni in salsa latina della putaria, popolato da clienti dipinti a tinte stereotipate. Di tanto in tanto qualche spunto di riflessione dettato da una quarta parete che talvolta è apprezzabile e condivisibile, altre volte strumentale e fastidiosa. E non lo dico perché dica ciò che un consumatore medio non voglia sentirsi dire. Sti gran cazzy! Ma dai creatori della Casa di Carta ci si sarebbe aspettati una sorta di salto di qualità che per certi aspetti avviene ma il risultato delude comunque le aspettative. Certo, viene a mancare quell’eccessiva teatralità della prima serie che fa posto ad un’atmosfera surreale, talvolta ironica, sicuramente sexy. Le protagoniste non sono mai veramente in pericolo, anzi quasi si prova empatia con i loro goffi e sventurati aguzzìni. La trama è fitta e la narrazione veloce, i continui colpi di scena, fanno sì che lo spettatore continui nella visione. Ha tenuto incollato persino il puttaniere incallito che alberga in una delle mie personalità, puttaniere che però guarda la serie senza la morbosa e torbida curiosità del “non addetto ai lavori”. Bensì con la consapevolezza di ascoltare un messaggio difforme, frutto della velleità narrativa di autori poco o per nulla addentrati nell’argomento trattato. Difforme e semplicistico sia rispetto alla rappresentazione vero, sia rispetto alle crociate femministe di cui non è sufficientemente saturo per potersi dire una “serie impegnata”. Forse è anche questa mancanza di efficacia che rende la serie sopportabile. Certo che in periodo di covid, con i fuorimano fermi da ottobre scorso, non è proprio quella che si direbbe una visione terapeutica. Ma guardatela lo stesso, fosse solo per il gran culo di Wendy e per le magnifiche tette della Gina e per lo charme di Coral. In ultimo, aspetto più importante della serie:

tutte e tre fanno anale!?

“The internet is killing our civilization and our small businesses, it's killing reading and worse, it's killing imagination.” Romeo

Buona visione:


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nautilus 70

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Veramente notevole, l'ho apprezzata tantissimo, ma mi chiedo come mai non sia disponibile con il doppiaggio italiano, considerando la marea di stronzate che invece vengono puntualmente doppiate.
 
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Le serie coreane non le doppiano mai perché ritenute prodotti troppo di nicchia, il che sarà anche vero perché hanno modo di misurare in maniera puntuale l’audience di ogni singola puntata sulla piattaforma.
Forse adesso però cambierà qualcosa perché la Corea del Sud è diventata molto trendy (vedi anche Parasite due anni fa).
 
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Iniziata a vedere la mini serie Alias Grace su Netflix, una figata. Basato su una storia vera, è un thriller psicologico ricco di tensione, anche erotica. Meravigliosi i dialoghi.
Tratto da un romanzo della Atwood, prolifica scrittrice che diede lo spunto per un'altra fortunata serie, Il racconto dell'ancella.
Anche se non si può fare, io ve la consiglio ugualmente.
?
 
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