Napilandia 2.0

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@ sodo è sempre bello ri-leggerti. Ora da zio, ancora di più.
Come ti capisco. Nei mesi che non sono passato da qui, non sono sempre stato via.
Vero ho viaggiato anche fino ad HongKong. Ma un collegamento lo si trova sempre.
Mi mancava la voglia. Ci sono momenti che non hai proprio voglia di scrivere, pensare, condividere pensieri, confrontarti. A volte devi solo guardare il tratto di strada che hai di fronte e percorrerlo senza distrazioni. Perchè l'unica protezione di cui disponi nel percorso, è la tua vista, il tuo istinto.
Ma è poi sempre bello ritrovare amici, anche se virtuali.
Noi di qui, in fondo, virtuali lo siamo si e no. Magari non conosciamo i nostri lineamenti, l'altezza, il colore degli occhi o dei capelli. Ma conosciamo i pensieri e non è poca cosa.
Un abbraccio e buon ziato.
:pleasantry:
 
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Urge precisare che io non sdogano affatto l'illegalità. Io sono contario al concetto moralistico di "vittima".

Villa o non villa al mare, se non ci fosse l'usuraio naturalmente il fornaio che ha la ditta in fallimento fallirebbe e basta. Invece l'usuraio c'è e il fornaio si convince che andando dall'usuraio risolverà il problema.

Io lo so che lo sfruttamento della prostituzione è illegale e so che è illegale pure il favoreggiamento. Lo so che l'usura è illegale. Quello che non condivido è dividere questo mondo dell'illegalità, sic et simpliciter, in povere vittime e carnefici.

La "vittima" per me, per definizione, è un essere inconsapevole, che subisce l'arroganza altrui. E' vittima chi subisce un furto, una rapina, una estorsione. Non è "vittima" chi va a cercare l'usuraio.

E' la prostituta che va a cercare il protettore, è la persona che non ha più credito in banca che va a cercare l'usuraio, è il clandestino che va a cercare il traghettatore. A prescindere quindi da quanto "carnefice" sia il carnefice, constesto il concetto che l'altro sia semplicemente e aprioristicamente "vittima".

Sulla questione dei bisogni dovuti a debolezze psicologiche, il discorso è ampio. E' carnefice il barista che ha la sala giochi dove persone con poco controllo del proprio cervello vanno a buttare fortune con stupide macchinette? E' carnefice il supermercato che vende il gin a una persona che poi ci si ubriaca e picchia la moglie? E' carnefice il ciarlatano che si fa pagare cifre elevate per scongiuri e formule magiche, cui si rivolge la madre di un bambino con una malattia incurabile?

Forse questi per voi sono pure tutti carnefici (anche quelli legali). Ma dall'altro lato abbiamo veramente la "vittima"? Io dico no. Io dico che se tu vai dal ciarlatano a farti fare un malocchio per far fallire il tuo concorrente (e c'è gente che lo fa) poi moralmente non puoi andare dal giudice a reclamare indietro i soldi perché sei stato raggirato dallo stregone. Moralmente, per me siete colpevoli entrambi.

Invece la nostra società fa finta di credere che, se c'è un "carnefice" (il protettore) allora dall'altro lato deve esserci la "vittima" (la prostituta). La prostituta non è vittima! E' esercente! E proprio come certi esercizi devono avere la protezione armata, così in certe zone deve averla la prostituta.

Naturalmente un giorno sappiate che la società giudicherà carnefici noi! E avremo poco da dire "ma la prostituta voleva" "eravamo d'accordo" "non l'ho mica violentata". Ti diranno che la prostituta era in stato di bisogno, e tu ti meriteresti di andare in galera, perché la tua condotta è abbietta e sarà presto illegale.

Dobbiamo imparare a ribellarci alle etichette imposte dai moralisti. Quando si appioppa una etichetta di "vittima" a qualcuno, si cerca di colpire qualcun altro, e quel qualcun altro siamo noi.

En passant: l'immigrazione illegale in Italia è reato. Quindi l'immigrato illegale non è incentivato a collaborare con la giustizia. Ma se invece si parte dal presupposto che sia un povero schiavo costretto a salire sulla barca con la violenza, come ci voglono far credere le ONG e come fanno finta di credere gli inquirenti, allora egli diventa vittima e può collaborare alla individuazione degli scafisti senza rischi per sé. Si assolve l'immigrato per poter condannare lo scafista. Si considera vittima il clandestino per rendere più pericolosa l'attività dello scafista. Ma sono costruzioni ipocrite e/o strumentali: in realtà l'immigrato non è affatto "vittima" anche se può essere strumentale far finta di credere che lo sia. TV e giornali dipingeranno il clandestino come una povera vittima ma la persona senziente capisce qual'è il gioco. Il gioco è colpire l'immigrazione clandestina nel suo "anello debole" cioè lo scafista. Per rompere quell'anello debole si garantisce immunità al clandestino (che è il vero acquirente - motore di tutta la faccenda) anche se la Legge identifica chiaramente ANCHE il suo comportamento come reato.

Identificare il clandestino-pagante come vittima serve a colpire lo scafista. Identificare la prostituta come vittima serve a colpire noi.

Se la legge lo consentisse e avessi il capitale io potrei gestire un casino senza il minimo complesso di colpa, e penso che questo valga per tutti noi.
 
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E' la prostituta che va a cercare il protettore, è la persona che non ha più credito in banca che va a cercare l'usuraio, è il clandestino che va a cercare il traghettatore. A prescindere quindi da quanto "carnefice" sia il carnefice, constesto il concetto che l'altro sia semplicemente e aprioristicamente "vittima".

Quindi, secondo la tua logica, se ti si presentasse un'occasione di un lauto guadagno, con l'assoluta certezza di non incappare nelle magie della giustizia, tu saresti disponibile e fare il pappone, o l'usuraio, o lo scafista?
 
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RobyPG, continui a spostare la discussione sul concetto di morale, cioè ciò che è moralmente lecito, e dunque ti sfugge il mio discorso.

Il mio discorso è: "lo scafista è uno i cui servigi vengono richiesti, e pagati, dal clandestino" e la tua risposta è "dunque tu faresti lo scafista?". A me sfugge il nesso tra le due domande.

Io non so se farei la prostituta, se fossi una donna (e non lo escludo a priori). Ma so che la prostituta non è vittima del cliente. Quello che io ti sto dicendo è che essere cliente non significa essere carnefice. Questo non ha nulla a che fare con la domanda "farei io la prostituta?" quanto piuttosto con la domanda: "se fossi prostituta, mi sentirei vittima?"

Per essere chiari, io non farei lo scafista, ma se fossi scafista, non mi sentirei certo carnefice.
Io non farei il protettore, ma se lo facessi, non mi sentirei carnefice.
Io non farei il ricettatore, ma se lo facessi, non mi sentirei sfruttatore del ladro. Se fossi ladro, non mi sentirei sfruttato dal ricettatore. Se fossi chiavaro non mi sentirei sfruttato dal ladro, se fossi ladro non mi sentirei sfruttato dal chiavaro.

Siccome sono ONESTO, io non rubo, né ricetto, né faccio chiavi. Ma se rubassi, non mi riterrei derubato dal ricettatore, perché lui partecipa, come me, in modo necessario per me, alla mia filiera.

Fosse per me, metterei in galera ladri e ricettatori, scafisti e clandestini, tutti dal primo all'ultimo. Siete voi che dividete il mondo in vittime e carnefici. Se ti è più chiaro, ti posso dire che sono tutti carnefici.

Il protettore invece non è carnefice. E' uno che fa servizio di sorveglianza/protezione ma non può farlo lecitamente. Non è diverso, per me, da un metronotte. Magari guadagna di più, ma rischia di più. Quello che è sbagliato, in questa filiera, è il vietarne l'esercizio razionale in forma d'azienda per cacciarla in un sordido mercato dove la violenza può generare necessità di protezione. Se la prostituzione potesse essere esercitata in forma d'azienda (casini), non ci sarebbe la necessità del protettore (o, se preferisci, il "protettore" sarebbe appunto il casino) e il problema non si porrebbe. Come detto, io il gestore di casino lo farei senza il minimo senso di colpa.

Sono convinto che il maniaco, il rapinatore, il violentatore sono i veri rischi per la prostituta di strada, non certo il protettore. E sono pure convinto che a Roma le prostitute lavorano normalmente senza protettore (Infatti a fine turno ti chiedono il passaggio per tornare a casa, che naturalmente sta a un'ora di macchina. Se avessero il protettore, questo non succederebbe). Alcune però il protettore ce l'hanno, per indizi vari, ma sono ormai in via di sparizione. Mi capitò millanta anni fa di caricare una bella gnocca ma, incredibilmente, arrivato al benzinaio dove abbiamo parcheggiato ho scoperto che non avevo più soldi (veramente non me l'aspettavo). La tizia ha subito preso il telefono e ha telefonato a qualcuno per dire, in una lingua dell'Europa orientale, una lingua slava, una cosa che sicuramente significava "il cretino è rimasto senza soldi, mi riaccompagna alla postazione". Il protettore stava forse nascosto dal benzinaio (che confinava con un buio imperscrutabile) o comunque era a vista, e si sarebbe stupito di vederla arrivare e ripartire, e forse anche preoccupato. E naturalmente la tizia forse gli stava anche dicendo "non sto guadagnando, quindi non fare troppi calcoli". Ma parliamo di più di 20 anni fa. In altri casi ho avuto la sensazione che ci fosse sempre, guarda caso, un furgone parcheggiato vicino al luogo di meretricio. Ho sempre avuto la sensazione, in ogni caso, che la presenza del protettore fosse invisibile ma, come dire, che potesse saltare fuori dal nulla in caso di necessità.

Tu, Roby, piuttosto, fatti questa domanda: se fossi donna e prostituta di strada, preferiresti avere un protettore, oppure sperare che non arrivino quattro delinquenti che ti violentano, ti derubano, e ti pestano? Se avere protezione ti consente di lavorare un po' più serenamente, non preferiresti rinunciare, che so, a metà dei proventi ma stare più serena?
 
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Ovunque c'è profumo di donna
...La "vittima" per me, per definizione, è un essere inconsapevole, che subisce l'arroganza altrui. E' vittima chi subisce un furto, una rapina, una estorsione. Non è "vittima" chi va a cercare l'usuraio.
Quoto questa parte perché secondo me è la più interessante riguardo alla tua "logica".
Secondo te tutto è, o solo nero o solo bianco.
Tu pensi che tutti i clandestini siano consapevoli di quello a cui vanno incontro.
Che tutte le prostitute sfruttate dal pappone lo facciano perché richiedono il suo servizio di protezione.
Quindi l'emotività di un individuo non è minimamente da prendere in considerazione.
La vittima dell'usuraio non è un essere umano che in un momento di debolezza si è fatto trascinare dalla speranza di riuscire a risollevarsi, e per questo si è venduto al demonio. È un fallito, uno che approfitta della generosità e della benevolenza, della magnanimità del povero usuraio.

Non è che io sposto la discussione sul concetto della morale. È che non concepisco l'assolutismo dei tuoi concetti.
Vuoi che ti dica una cosa...
Per me uno che subisce un furto non è una vittima, dipende dalle circostanze.
Se io vado in giro con al polso un Rolex d'oro e al collo un collana da 10.000€, in una favela di Rio De Janeiro, e vengo derubato, non sono una vittima... sono un imbecille!
Per me non è vittima chi subisce una furto se il ladro è uno che muore di fame.
Dal mio punto di vista, seguendo la tua logica, anche i tuoi concetti di "vittima" sono frutto di moralismo.
Tra i più grandi rapinatori della storia ci sono i fazendeiros dell'America latina, i quali hanno portato via le terre con l'inganno e la violenza alle popolazioni locali. Ma oggi, se un Indios che muore di fame si azzarda ad entrare nel recinto di una fazenda per rubare una banana, lo ammazzano come un cane e lo sotterrano, e lo fanno diventare concime. E la legge sta dalla parte del fazendeiros, perché l'indios vìola una proprietà privata con l'intenzione di rubare.
L'indios sa che rischia la vita e, tenuto conto anche del fatto che lo fa per rubare, non è una vittima. Guarda caso, questa è la tua logica, la stessa logica delle leggi di Stati che hanno permesso, anzi favorito, la rapina delle terre agli Indios.
 
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Ma allora, usando la tua stessa logica, ovunque vi è un bisogno materiale o emotivo si è davanti ad una "vittima".
Quindi il rapinatore di banca che ha bisogno di soldi perché vuole mandare la figlia al Conservatorio è "vittima", oppure quello che va a 130 km/h sulla statale e ammazza qualcuno in un incidente stradale perché stava correndo in ospedale dove suo padre stava morendo è "vittima" e via così.

Tutti noi siamo sottoposti, nella vita, e enormi stati di stress emotivo o economico. Questo però non annulla, a mio avviso, e parlando in generale, il fatto che ognuno alla fine è responsabile delle proprie azioni, non solo di fronte alla legge ma proprio di fronte a quel "tribunale morale" dove si distribuiscono le patenti di vittima e di carnefice. Ciò che distingue un adulto da un bambino è proprio il fatto che nel bambino può prevalere la giustificazione della scusante emotiva, nell'adulto no. "Tu" volevi tanto che tua figlia studiasse al conservatorio, ma alla fine sei rapinatore e hai scelto di esserlo. E s.t. non sei la vittima della banca che hai rapinato! Tu eri emotivamente sconvolto dall'avere tuo padre morente in ospedale ma, da adulto, devi sapere che ciò non ti autorizza a correre per strada mettendo a rischio l'incolumità altrui. Gli stati emotivi non sono esimenti delle colpe.

Non per nulla non è più considerato attenuante, nell'omicidio, l'avere sorpreso la propria donna con un amante e l'averla uccisa nell'impulso emotivo (c.d. "delitto d'onore"). Anche di fronte alla tragedia di scoprire il tradimento, anche di fronte allo sconvolgimento emotivo del momento, nel fondo della tua mente devi sapere che se uccidi sei responsabile di omicidio.

Allo stesso modo l'imprenditore che vive una tragedia personale perché non vuole deludere la propria famiglia e rivelare che il benessere goduto fin'allora è andato in fumo, pur essendo sottoposto - e capisco che lo sia - ad una sorta di tritacarne emotivo, purtuttavia deve sapere che nessuno gli fa più credito e se va dallo strozzino, quei soldi li deve restituire senza se e senza ma. In questo senso NON è vittima dello strozzino. E ripeto - se lo strozzino non avesse mezzi coercitivi violenti per ottenere indietro i suoi soldi, NON li presterebbe e la sua "vittima" lo sa. Sai di andare da un delinquente e sai che potresti anche affrontare la realtà, per quanto amara, da adulto, gettare la spugna e non andare dallo strozzino. Se lo fai è colpa tua.

[Non penso c'entri il caso della persona nei "bassi" col Rolex, o con la minigonna ascellare, che subisce un furto o uno stupro e che, pur imprudente, è sicuramente vittima. Infatti quella persona non SA cosa lo aspetta, non se lo raffigura se non come un rischio non è una certezza. Invece il clandestino sa con certezza che sta pagando lo scafista per venire in Italia, il fallito sa con certezza che sta chiedendo una anticipazione allo strozzino garantita da un suo bene. Inoltre la persona col Rolex o con la minigonna ascellare, pur imprudente, ha una sorta di legittima aspettativa morale a non essere derubata o stuprata, mentre chi paga i 4000 Euro per essere illegalmente sbarcato non ha una aspettativa morale ad essere giudicato vittima].

Se io sono una prostituta africana e mi faccio prestare da un'organizzazione 5000 Euro per venire clandestinamente in Europa, e quelli ci mettono soldi e rischio di galera per portarmi in Europa, e poi arrivata in Italia io vado dai CC e denuncio i miei "sfruttatori", per me, dal punto di vista morale, lo sfruttatore è la prostituta e la vittima - in questo rapporto bilaterale - è l'organizzazione. (Che poi vadano giuridicamente e socialmente repressi entrambi i comportamenti è separata faccenda). La prostituta sa che quelli mettono i 5000 Euro e il rischio di galera. Non è vittima, è parte di un sodalizio delinquenziale e avuta la sua parte di utilità fa la "vittima".

Tra l'altro vorrei farti osservare come stai ancora una volta capovolgendo il mio discorso. Il fatto che il migrante sia spinto da motivi razionali e di convenienza personale a mio avviso, semplicemente, non ne fa una "vittima" dello scafista. Non sto facendo discorsi sui massimi sistemi sulle disuguaglianze nel mondo. Non rileva in questo momento se la prostituta viene in Italia perché ha la mamma malata. Sto dicendo che quel migrante se non pagasse i 4000 Euro allo scafista magari li pagherebbe al funzionario del consolato per avere un documento d'ingresso valido. Lui sa cosa vuole e ciò non fa di lui una "vittima della scafista" né farebbe di lui una "vittima del funzionario" che sta corrompendo. Sta pagando una cifra per compiere un atto illegale che gli torna utile, quali che siano le sue motivazioni o, nel tuo ragionamento, le sue "giustificazioni", e quindi NON è vittima della sua controparte, e se lo è, allora qualsiasi rapinatore di banca o ricettatore di merce rubata è "vittima" perché ha qualche conto da saldare con la vita.

Se anche, facendo un ragionamento che potrebbe essere tuo, pagare 4000 Euro per venire in Italia illegalmente ti rende "vittima" perché, in ipotesi, devi guadagnare soldi per la mamma malata, allora il tuo scafista è un benemerito, che ti consente di venire in Italia, rischiando la galera al posto tuo, per farti trovare i soldi per la mamma malata. Comunque la metti la metti, lo scafista è la controparte di un contratto con il clandestino, non ne è il carnefice.
 
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Ora mi è molto più chiaro. Dire che entrambi sono "parte di un sodalizio delinquenziale", mi pare peraltro una definizione particolarmente azzeccata e soddisfa anche il mio pensiero contorto.
Credo fermamente che le categorie vittima e carnefice non siano genericamente eliminabili, sicuramente non nascono da una visione solo moralistica. Le due categorie esistono eccome in moltissimi casi.
Però penso di aver compreso in quali ambiti tu non le vedi, e posso anche abbastanza concordare adesso che è stato sancito comunque il contorno della illegalità.
 
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Tra l'altro vorrei farti osservare come stai ancora una volta capovolgendo il mio discorso. Il fatto che il migrante sia spinto da motivi razionali e di convenienza personale a mio avviso, semplicemente, non ne fa una "vittima" dello scafista.


Sono partito dicendo che, a naso, il 50% delle donne che si prostituiscono sono sfruttate, e, in teoria, molto in teoria, sono delle vittime.
Logicamente ogni singolo caso andrebbe analizzato per capire veramente se quella donna è sfruttata o meno.
Stesso discorso vale per il pappone e tutto il resto.
Siamo d'accordo sul fatto che il problema è dovuto all'assenza dello Stato... (Almeno su questo siamo d'accordo entrambi?)

Ciò che non mi trova assolutamente d'accordo con il tuo discorso è il tuo affermare che non esistono vittime o carnefici ma che, anzi, a volte è il carnefice la vittima, e la nostra visione (non la tua, perché tu dici di non essere un moralista) è solo moralista.
Ora, a parte il fatto che avere una morale e un'etica non significa essere dei bigotti ma significa condividere dei comportamenti che, a seconda delle epoche, possono essere ritenuti giusti o sbagliati.
Tutti abbiamo una morale. Anche tu ce l'hai, lo hai dimostrato con il tuo concetto di vittima.
Siccome il tuo concetto di vittima non coincide con il mio, non possiamo stare qui tutte le notti a discutere su questo argomento.
A me non farai mai cambiare idea, perché io ho un'etica e una morale diversa dalla tua, non dico più giusta, (anche se lo penso). E sopratutto non mi farai cambiare idea perché alle tue tesi io contrappongo delle antitesi che tu non prendi mai in considerazione ma cerchi di banalizzare con degli esempi strampalati. (Vedi il rapinatore che vuole mandare la figlia al conservatorio, mentre io ti ho fatto l'esempio dell'Indios che muore di fame e che ruba una banana in una terra che una volta era la sua. Non sto facendo un discorso sopra i massimi sistemi, cerco di andare alla radice del problema che, nel caso dell'Indios, e anche e sopratutto in quello del clandestino, la radice del problema è la povertà.)
Dunque, è chiaro che non troveremo mai una sintesi.

Termino qui la discussione ma voglio, per completezza delle mie tesi, allegare un link ad un reportage, (molto vecchio, di 15 anni fa ma che riassume molto bene la tragedia dei clandestini).

https://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2003/12_Dicembre/23/gatti_reportage.shtml

Concludo con un commento....
Il reddito medio di un nigeriano oggi, ad esempio, è circa 3000€/anno, e parliamo di reddito medio, il che significa che la stragrande maggioranza vive con molto meno. E la Nigeria è uno dei paesi più ricchi dell'Africa.
Per non morire di fame molti vivono nelle discariche delle grosse città.
Credono, o credevano, che per avere una vita migliore devono venire in Europa. Questa vita migliore costa tra i 2500 e i 4000€. Si fanno prestare soldi, magari da parenti che vivono già in Europa; soldi che restituiranno a rate, quando e se raggiungono l'Europa; soldi che restituiranno facendo le prostitute, o lavorando a 2 euro l'ora nei campi di pomodori.
Quello che subiscono in questi viaggi della speranza è atroce. Se queste persone fossero completamente consapevoli dei rischi che corrono, forse, continuerebbero a viver nelle discariche; o forse no, perché a volte la morte diventa migliore di una vita di merda.
Io considero questi poveri esseri umani delle vittime, e tutti coloro che se ne approfittano, o che fanno loro del male, dei carnefici.
 
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Io non nego in assoluto il concetto di vittima e carnefice, ma ho detto che lo circoscrivo ai casi di riduzione in schiavitù, estorsione ecc.

Per intenderci, la bambina di 12 anni prostituita dalla madre, o la persona handicappata e in stato di bisogno costretta a prostituirsi dal "tutore" e cose di questo genere.

Qui sul forum venne pubblicato un articolo tempo fa: sgominata banda di sfruttatori che costringevano alla prostituzione 12 giovani nigeriane, pronto intervento della Polizia che ha sottratto le poverette dalle grinfie degli aguzzini. Risultato: le poverette si prostituivano tutte pochi chilometri più avanti, ma s'erano liberate dei debiti nei confronti di quelli che le avevano fatte venire in Italia.

Quanto allo "stato di necessità", capisco il ragionamento ma lo restringo enormemente. Altrimenti ogni nigeriano che viene qui, essendo nigeriano, sarebbe "in stato di necessità" in quanto "povero". Ma la povertà è un concetto inventato da noi per confronto tra soddisfazione di bisogni "relativi", non per mancanza di soddisfazione di bisogni assoluti. Se l'Europa fosse più povera dell'Africa, o se non vi fosse contatto tra Europa e Africa, il tenore di vita dell'africano sarebbe normale. Mi pare fuori di dubbio che gli africani di oggi, anche quelli poveri, stanno molto meglio di quanto siano mai stati nel corso dell'umanità, quando si moriva di fame e i bisogni assoluti non erano soddisfatti. Fra tre secoli l'Italia del XX secolo apparirà agli storici molto povera perché stiamo cominciando a definire la povertà in base a una scala di bisogni non essenziali per la sopravvivenza (istruzione, svago, vacanze).

Oggi la povertà ha contorni diversi pure in Africa, dove di pura e semplice fame non si muore più. Oggi hai la migrazione dalle campagne povere (spiazzate dall'aumento di valore della valuta portato dal petrolio, nel caso della Nigeria) e le città ricche. Hai città dove hanno il bagno in casa, l'ADSL, il wi-fi e campagne povere che riversano la loro popolazione in bidonville ai margini delle grandi città: in Africa, in Brasile, in Cina. Ma non hai più la morte per fame o per freddo di una volta (ora si tende ad attribuire a "malnutrizione cronica" molte morti, ma un tempo si moriva di fame, proprio di inedia). L'africano di oggi sta meglio di come stava il mio trisnonno, il quale pure poteva scegliere di emigrare per stare meglio oppure no, e la fame lui ogni tanto la pativa.

Chi viene qui fa una scelta non diversa da quella che faceva chi partecipava alle corse all'oro, insegue un sogno di prosperità e rischia anche la vita per questo. Anche nel 1890 uno poteva scegliere se continuare fare il bracciante oppure rischiare la pelle in Alaska. Chi sceglieva la corsa all'oro era spinto da una necessità materiale, ma non era "costretto". Parlare di "fuga dalla povertà" è un espediente retorico. E' una corsa verso un sogno di prosperità. L'emigrato che viene qui ha lo smartphone qui come lo aveva in Africa. Non stiamo parlando di affamati. Stiamo parlando di gente che vuole stare meglio: vale per il clandestino, e vale per la prostituta immigrata, e vale per la prostituta europea.

Io sono per il controllo delle frontiere rigoroso, ma non condanno "moralmente" il clandestino, semplicemente non considero lo scafista il suo sfruttatore. Lo scafista rischia la pelle quanto il clandestino in caso di affondamento, e in più rischia la galera e ci mette pure i soldi (perché lui la barca da sacrificare la compra, non gliela regalano, e così pure deve pagare i giubbotti di salvataggio, il telefono satellitare, le mazzette a qualche poliziotto). Dico che è comodo considerarlo sfruttatore perché diventa il bersaglio da colpire, l'anello debole della catena (cioè l'anello che si può spezzare per rompere la catena. Non potendo mettere in prigione i 300.000 clandestini l'anno, si cerca di mettere in prigione gli scafisti, affondare le navi e quindi interrompere il fenomeno).
 
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Parlare di "fuga dalla povertà" è un espediente retorico. E' una corsa verso un sogno di prosperità. L'emigrato che viene qui ha lo smartphone qui come lo aveva in Africa. Non stiamo parlando di affamati. Stiamo parlando di gente che vuole stare meglio: vale per il clandestino, e vale per la prostituta immigrata, e vale per la prostituta europea.


Non sto più neanche a perdere tempo...

https://www.leggo.it/news/esteri/migranti_smartphone_cellulare-1233243.html
 
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Bravo non perdere tempo con queste cretinate.
Indispensabile o non indispensabile, se lo avevi nel paese da dove sei partito non avevi fame.
E Internet esiste anche negli internet point e il denaro lo puoi spostare anche nelle tabaccherie.

Semplicemente, sono persone di livello economico alto nella media africana, e probabilmente anche di livello culturale medio-elevato, che vengono qui a cercare fortuna e non scappano "dalla fame".
 
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Semplicemente, sono persone di livello economico alto nella media africana, e probabilmente anche di livello culturale medio-elevato, che vengono qui a cercare fortuna e non scappano "dalla fame".


Ma a chi ti riferisci?
A quelli che sono fuggiti dalla Siria, forse. O a quelli che scappano dalle guerre.

Non puoi racchiudere il fenomeno dell'immigrazione in un unico contesto: l'immigrato che va in cerca di fortuna.
Lo so, sarebbe facile pulirsi la coscienza pensando che gli immigrati non sono delle vittime, ma solo dei "cerca fortuna". Purtroppo non è così, e lavarsene le mani non serve a niente, serve solo a spostare un problema epocale sulle spalle dei nostri figli e nipoti.
Sicuramente c'è anche l'avventuriero, ma nella stragrande maggioranza dei casi, chi strappa il proprio cuore dalla propria terra, dal paese in cui è nato e cresciuto, dalla casa in cui ha tutti i suoi affetti, se non lo fa per fame, lo fa per disperazione... (Casa?... Baracca! ... Una catapecchia fatta di cellophane e cartone, che per lo standard africano, e a quanto pare anche per quello di qualche nobiluomo europeo, è una casa... :pleasantry:) .

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(Kibera, Nairobi. Ci vive i 60% della popolazione della città. Solo il 20% delle abitazioni ha la corrente elettrica)

(Altro esempio: Lagos, Nigeria, 16,5 milioni di abitanti; il 60% vive nelle baraccopoli.
Non voglio abusare della disponibilità di PFI e quindi non incollo altre immagini. Basta googlare "Baraccopoli Nigeria " (o Africa) e cliccare su immagini, e si vedranno quante belle abitazioni hanno il bagno dentro casa... :prankster2:)

Ho avuto modo di frequentare una pay nigeriana (ora fa la badante), che con il suo lavoro manteneva un padre, una madre, una figlia e due fratelli più piccoli che, se non facevano la fame, era grazie ai soldi che la loro parente guadagnava in Europa facendo la prostituta.
L'ho conosciuta molto bene perché ho continuato a frequentarla anche quando aveva smesso di fare la pay. Qualche volta mi mostrava le immagini che i suoi parenti le inviavano sul telefonino.
Sì, i suoi parenti in Africa avevano lo smarphone, l'avevano comperato con i soldi che gli aveva mandato lei. Vivevano in una baracca ma avevano lo smartphone; e per fortuna che ce l'avevano quel mezzo tecnologico, era l'unico modo in cui lei riusciva a vedere crescere sua figlia.
In sette anni che l'ho frequentata, questa ex pay, non è mai tornata in Nigeria, era clandestina e non sarebbe più potuta tornare in Italia e, anche non fosse stata clandestina, non poteva prendere le ferie perché lavorava in nero. (Se avesse fatto la "vittima" e avesse denunciato il suo datore di lavoro, avrebbe avuto modo di avere il permesso di soggiorno, e lo sapeva di avere questa possibilità, perché glie ne avevano parlato, ma non lo ha fatto. Ha continuato a lavorare in nero, non per sua volontà, e a veder crescere sua figlia sulle foto dello smartphone. Quella sua figlia che frequentava la scuola a pagamento. Perché in Nigeria la scuola è a pagamento.)
Questa ragazza nigeriana, quando è arrivata in Italia, non solo non sapeva scrivere una parola d'italiano, ma neanche scriveva in lingua inglese, era analfabeta. Eppure aveva imparato ad usare il cellulare perché, oltre che per il lavoro, il cellulare era l'unico modo che aveva per comunicare con i parenti in Nigeria e con le sue poche amiche qui in Italia.
La sua più grande soddisfazione era quella di vedere sua figlia con il grembiulino della scuola. Quella scuola che lei non aveva potuto frequentare.

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Ed ora basta per davvero!
 
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Ognuno di noi fa le sue esperienze. Da esse perviene un sapere, che è diverso da quello delle nozioni acquisite, degli studi fatti, dei libri letti, ma deve necessariamente integrarsi, perché si formi il bagaglio della nostra cultura personale.
Il sapere non è abbastanza, come non lo sono le sole esperienze. Lo stesso vale per le informazioni. Non ci deve poter bastare informarci, per dire che sappiamo. Ci è indispensabile, oggi più che mai, nel tempo di un’informazione sempre più socializzata, raccogliere il maggior numero di informazioni. Che poi misceleremo con il sapere accumulato negli anni, con le esperienze vissute o acquisite. E forse, senza nemmeno una certezza assoluta, potremo disporre dell’embrione di un pensiero su cui fare affidamento.
Senza questo continuo e faticoso processo, il rischio è quello di limitarsi alla visione superficiale dei fenomeni, andando a costruire le nostre convinzioni sui modelli che ci propongono altri, generalmente interessati a vario titolo.
Sicché troppo spesso, cadiamo nell’errore di generalizzare, accontentandoci di accettare lo stereotipo di tipo A o di tipo B, che più ci conviene o meglio si allinea al nostro pensiero.
Ciò che sta accadendo sul fenomeno migrazione, più o meno rispecchia questo modo affrettato di aggregarci ad un pensiero, scartando le altre opzioni.
Abbiamo da tempo ormai solo due schieramenti opposti, che perseguono i loro obbiettivi, chi con freddo e determinato cinismo, chi con apparente disponibilità all'aspetto umanitario del problema. Entrambi senza però la capacità di andare all'origine, per risolverlo. O forse, semplicemente, perchè risolverlo, non conviene a nessuno.
Così c'è chi si è convinto non muoiano di fame, ma siano avventurieri in cerca di fortuna, perlopiù palestrati con lo smartphone, in perfetta salute, che migrano solo per cercare un benessere maggiore di quello che potrebbero avere nei loro paesi, senza peraltro faticare più di tanto.
Sull’opposta riva di pensiero, i migranti sono tutti solo vittime, che scappano da guerre o miserie e vanno accolti, perché è giusto così.
Su queste due opposte visioni del fenomeno, hanno costruito le loro fortune cinici politici e spregiudicati speculatori, dall’una e dall’altra parte.
Io credo che su ogni sacrosanto barcone che prende il largo verso un incerto viaggio ci sia una donna che farà la prostituta per mandare soldi alla famiglia, partita con le lacrime agli occhi e l'anima a pezzi. Accanto a lei è seduto un bambino segnato per sempre dalla sofferenza, dalle bombe e dalla morte di un padre o di un fratello. Quel bambino farà tutto il viaggio accanto a un criminale evaso, o fatto evadere, e a un terrorista. Che a loro volta stanno gomito a gomito con un uomo o una donna disperati, che hanno perso tutto e non gli importa nemmeno di rischiare di morire in una notte di burrasca, piuttosto che ritornare agli orrori che hanno negli occhi e nell’anima. E quell’uomo e quella donna, stanno attraversando quel mare buio e pericoloso, accanto a uno dei tanti avventurieri palestrati che pretenderanno solo diritti, sim e wifi libero, che probabilmente delinqueranno per fare soldi facili. Che a loro volta attraversano il mare accanto a un giovane, anch’egli dotato di buoni muscoli, ma che invece finirà a raccogliere pomodori, sedici ore al giorno, sotto il sole, per due euro all’ora, in nero, senza diritti e senza dignità. E forse, senza mai raggiungere il sogno che lo aveva fatto salire sulla barca della speranza.
Su ogni barcone c’è inevitabilmente uno di tutti. Ma noi, per comodità, abbiamo accettato di non volerli più riconoscere, identificare, separare.
Già, molto più facile e sbrigativo, per certa politica e per certa informazione, convincere che se hai lo smartphone vuol dire che tanto male non stai. In questo modo avrai individuato il nemico delle nostre crisi, del nostro benessere che si estingue. Potrai dare la colpa a qualcuno e salire nei consensi, al grido “la pacchia è finita”.
Sul versante opposto, fa peraltro molto comodo, sostenere la necessità di accoglienza e integrazione di tutti, senza verifiche e senza distinzioni tra le vittime e glii approfittatori. Così possano passare inosservati i business sporchi, che stanno alle spalle dell’immigrazione e le speculazioni sulla solidarietà. Che è sempre sulle spalle di altri poveri disgraziati, che stanchi di non poter più garantire un futuro ai loro figli, inizieranno a individuare un nemico. Pazienza se non è quello che ti ha causato realmente la perdita del benessere.
Purtroppo ci stiamo abituando a prendere per buona l’una o l’altra tesi. Senza più aver tempo ne voglia di non confondere il palestrato migrante che si piazza con furbizia sulle spalle dello stato che accoglie, palesando lo smartphone senza vergogna, con la mamma che si umilia prostituendosi e che invece usa la tecnologia solo per vedere la foto di suo figlio che cresce lontano da lei.
Per dei veri delinquenti che un fenomeno così massiccio si trascina inevitabilmente dietro, rischiamo di non provare più affetto, comprensione e amore per le vere vittime.
Noi, sì soprattutto noi italiani, che abbiamo l’immigrazione nel dna, nel nostro sangue, nei cassetti delle foto di famiglia ingiallite dal tempo e dal sudore di molti nostri antenati migranti, abbiamo una sola via d’uscita. Smettere di schierarci da una parte o dall’altra, riprendendoci la nostra capacità di pensiero libero. La capacità di riconoscere le vittime dagli impostori e approfittatori.
Perché poi, una volta fatto questo passaggio, inizia la parte più difficile. Comprendere perché succede tutto questo e identificare i veri carnefici. Che alle spalle di questa guerra tra poveri del terzo millennio, stanno facendo affari d’oro.
 
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Non volevo buttarla troppo "in politica" perché in questo sito un argomento di stretta attualità politica potrebbe essere non indicato.

Però io penso questo, che l'accoglienza del clandestino sia sbagliata a prescindere, proprio perché clandestino. Abbiamo delle leggi e delle procedure per l'immigrazione. Esiste un modo legale di immigrare qui. Ormai ci siamo abituati all'illegalità come fatto normale.

Sembra che per alcuni in Italia esista il diritto all'illegalità. Possiamo discutere di leggi sull'immigrazione, di gestione dei flussi, ma è inutile fare le leggi se poi chi viene qui ha "diritto" a starci per il solo fatto che è arrivato.

Abbiamo delle leggi sulla richiesta di asilo e sullo status di rifugiato, ma ci siamo inventati pure, unico paese in Europa, la "protezione internazionale", che significa sostanzialmente che siamo sia politicamente che praticamente incapaci di espellere qui, arrivato qui clandestinamente, non ha diritto a rimanere. Abbiamo inventato un "diritto" non riconosciuto da nessuna convenzione internazionale proprio per poter accogliere sostanzialmente chiunque.

L'Africa ha una popolazione di 1,2 miliardi di persone (per ora, ma aumentano a ritmo vertiginoso) e una densità di 36,4 abitanti per kmq, secondo Wikipedia.
L'Europa ha una popolazione di 60 milioni di abitanti e una densità di 200 ab kmq.

Non mi pare che siamo in piena occupazione e in boom economico. Non abbiamo nulla a che fare con paesi come gli Stati Uniti, il Canada, il Venezuela o l'Argentina di un secolo fa, che avevano enormi possibilità di espansione economica, un territorio enorme e sostanzialmente disabitato, una grandissima fame di manodopera. Siamo nella situazione opposta. La retorica sull'italiano che è stato migrante mi pare totalmente fuori luogo.

A quelli che dicono "apriamo i porti" pongo la domanda: fino a quando? Quand'è che gli immigrati saranno troppi? Quando avremo importato 2 milioni di disoccupati, o 5 milioni, o 20 milioni? Quando è che si renderanno conto che l'immigrazione dall'Africa "non è sostenibile"? Se "apri i porti" ne possono arrivare pure 500 milioni! Qual'è il limite? Chiuderemo i porti quando sarà troppo tardi? Non si rendono conto che avremo gli scontri di piazza, i pogrom, le pulizie etniche domani se non avessimo il buonsenso di chiudere i porti oggi?

E infine: dove vogliono che arrivi la paga oraria per il raccoglitore di pomodori? Ora gli africani vengono a fare i braccianti a 4 Euro l'ora, espellendo gli italiani da questo mercato. Fra 2 milioni di clandestini, a quanto sarà arrivata la paga oraria?
Sarà arrivata a 3 Euro l'ora e i nuovi clandestini avranno "espulso" dal mercato i vecchi, che si dedicheranno allo spaccio di droga, alla rapina e al furto pure loro. Né li potremo espellere, perché avranno figli piccoli e un microfono da Formigli.

Il buonista si può permettere il lusso di sentirsi buono perché il suo lavoro di insegnante, di dentista, di avvocato non è minacciato. Chi è muratore, o bracciante, o pastore, o vive di lavoretti come la consegna di volantini o il lavaggio automobili vede invece il suo tenore di vita continuamente minacciato ed eroso dalla grande massa di immigrati che quel segmento occupano nel mercato del lavoro.

E questo senza neanche considerare che stiamo preparando ora gli scontri etnici e religiosi di domani. Stiamo facendo venire gente che voterà il "Partito di Dio", e nel programma elettorale ci metterà la clitoridectomia, la lapidazione dell'adultera, il diritto di andare in giro in Burqa e il divieto di servire vino di Ramadan e roba così. Voteranno e qualcosa otterranno.

Se vengono 20.000 africani l'anno, li "integri", li assorbi culturalmente (e così pure 20.000 cinesi l'anno ecc.). E va benissimo.

Se ne vengono 300.000 l'anno per 50 anni di fila non li potrai integrare. Formeranno le loro comunità, e saranno loro ad africanizzare noi.

Ci ritroveremo con le banlieu a fuoco, gli scontri interetnici, la caccia al bianco o al nero, al cristiano o al musulmano, Nigerizzeremo l'Italia. Avremo paura a comprare i nostri giornali perché non pubblicano le vignette giuste, avremo paura a far uscire le nostre figlie vestite come vogliono loro perché per buona parte della popolazione "le puttane sono violentabili" ("fa male solo all'inizio").

Il bello è che è proprio la sinistra, quella che monta un pippone ogni volta che una moglie riceve uno schiaffo dal marito, che vogliono importare centinaia di migliaia di persone da paesi dove lo strupro non è neanche perseguito tanto è normale. E arrivano in massa, saranno loro ad imporre a noi la loro normalità.

[E insisto: quelli che vengono qui dall'Africa subsahariana sono in linea di massima o borghesi o delinquenti]
 
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Uno dei tanti video che mostra immagini da Nairobi:

https://www.youtube.com/watch?v=Rjol7VN6TCs

L'Africa oggi è questa. Non siamo più ai tempi di Orzowei e del Dr. Kildare. I poveri naturalmente ci sono, e sono quelli che non hanno l'auto né lo smartphone. Quelli che arrivano qui sono in buona parte quelli che vedete in questi video. E' gente che spesso ha studiato, ha fatto l'Università. Non sono i "poveracci", sono i "borghesi" di questa realtà in crescita. Poi naturalmente ci sono anche i poveracci veri, che lavorano due anni in Libia per pagarsi il viaggio.

Ma dopo che hanno lavorato per 2 anni a pane e acqua in Libia per pagarsi il viaggio, sembrerà loro ottimo venire qui a lavorare a 4 Euro l'ora!

Semplicemente basta coi clandestini, basta con la protezione umanitaria. Ricchi o poveri, borghesi o disperati, qui non è il loro posto.

Lagos vista dal drone:
https://www.youtube.com/watch?v=IPGp8se48mw

C'è tanta crescita in Africa e non c'è nessun bisogno né alcun imperativo morale per cui mezza Africa debba venire qui con la "protezione internazionale".
 
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Nigerizzeremo l'Italia [...].

Eh la peppa, mi sembri Houellebecq.

Se, come è ben possibile che avvenga, lo scenario che ci aspetta è quello che descrivi, non ci saranno leggi, né politici, né muri, non ci saranno razzisti o buonisti che potranno impedirlo.
Qualcuno più furbo o più cattivo se la caverà con profitto, ma in massa saremo travolti.
E pazienza. Il pianeta non ci appartiene, noi apparteniamo a lui.

Ma prima di andare metaforicamente a puttane, andiamoci realmente, e con goduria.
 
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maremma
Manco da un bel po',ho letto qualche pagina delle ultime specialmente quelle che riguardano la prostituzione.Argomento complesso reso maggiormente complesso dalla nostra educazione clericale.
Nazioni come la Germania l'Austria l'Olanda hanno cercato di risolverlo con logica e razionalità credo che ci siano riuscite almeno in gran parte,ma sono popoli che che non hanno la ns educazione clericale,infatti la Francia,molto simile a noi,ha le ns.stesse difficoltà.
Si parla di leggi e di condanne,tutto giusto in uno stato giusto e ben amministrato,ma è logico parlarne in Italia dove leggi e condanne sono ad personam?I politici categoria quasi immune da tutto ed in casi estremi si ricorre alla barzelletta degli arresti domiciliari,i ricchi che possono permettersi avvocati di grido molto vicini ai politici,poi ci sono i cittadini comuni e quelli devono implementare le statistiche quindi leggi e condanne applicate alla lettera,a meno che...............
In questa caotica Italia prima di parlare di una qualsiasi regolamentazione in ogni campo dovremo cercare di ricostruire una qualche parvenza di serietà disciplinare applicata a tutti i cittadini di questo disgraziatissimo stato abolendo privilegi ed applicando semplicemente e regolarmente le leggi esistenti.
Ma diamo una grande lucentezza agli occhi,va!!!:lol:


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