Pochi minuti di pellicola.

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Ricordando Alberto Arbasino :
La bella di Lodi di Mario Missiroli ( 1963)Sceneggiatura di Arbasino e Missiroli da un racconto omonimo di Alberto Arbasino, divenuto romanzo nel 1972 - film completo https://www.youtube.com/watch?v=kkumyuTbKxI
Ambientato in Versilia con la bellissima e viareggina Stefania Sandrelli, diciassettenne. Chi non ama la passeggiata di Viareggio ? Di giorno, di notte, d'estate, d'inverno, da giovani e da vecchi ?
 
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Ai fini della riflessione sulla deperibilità degli oggetti di larga diffusione cercavo la scena dell'autobus crivellato di colpi, ma ho trovato solo quella della casa prefabbricata abbattuta a raffiche: ecco dunque a voi un estratto da L'Uomo Nel Mirino di C.Eastwood ( titolo originale: The Gauntlet).
L'allegoria della caducità della società dei consumi è comunque ben presente anche in questa sequenza, così come giustamente notato da fior di critici cinematografici e da allievi che poi si sono ad essa molto ispirati ( i Fratelli Coen di Arizona Junior, ad esempio).
Rivisto oggi, a ben 43 anni dalla sua uscita nel 1977, appare chiaro l'intento del buon Clint: la trama poliziesca è solo un pretesto, l'iperrealismo della fotografia - che purtroppo si perde nella bassa definizione video di questo frammento - si unisce al voluto ed esagerato paradosso dei colpi sparati, tanto che se ne calcolarono almeno diecimila in tutto il film.
 
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Segnalo questo film “Pensione paura” di cui allego il trailer.





Visto l’altra sera sul canale televisivo 34. ‘Thriller ambientato in una pensione sul lago dove trova rifugio un’umanità in fuga dai pericoli del mondo e da sé stessa.
Anni ’40, tempo di guerra, cibo scarso, ambiente decadente, senso di precarietà della vita. Le immagini che scorrono lente sullo schermo sono di notevole bellezza e fortemente evocative. Brava e bella la protagonista Leonora Fani. Purtroppo la trama è sgangherata.
Film del ’77 è stato un totale fallimento commerciale.
 
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Da Tutti Gli Uomini Del Presidente di A.J.Pakula, la breve sequenza sulla prima crepa nell'impenetrabilità del sistema che ha portato al caso Watergate.
Un assegno di finanziamento consegnato da un ignaro sostenitore del Partito Repubblicano nelle mani di Maurice Stans - tesoriere della campagna per la rielezione di Nixon - è finito non si sa come sul conto di uno degli scassinatori sorpresi dalla Polizia nella sede del Partito Democratico di Washington.
La telefonata tra quell'ignaro sostenitore e Bob Woodward ( interpretato da Robert Redford) , ove emerge una conferma del fatto, e la successiva telefonata di aggiornamento tra Woodward ed il collega Bernstein ( interpretato da Dustin Hoffman) sono girate con un primo piano continuo che non fa mai calare l'attenzione.
 
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Ed ora passatemi un aneddoto personale; magari poi ne aggiungerò altri, ma intanto vado con questo di ormai vent'anni fa.
Seguii alcune proiezioni del Festival di Venezia del settembre 2000: tra i biglietti rimediati al momento della prenotazione per vedere alcune pellicole in concorso ( all'epoca si andava ancora a caso, su alcuni registi o film non c'era praticamente alcuna scheda) mi capitò questo Freedom di Šarūnas Bartas, regista lituano considerato all'epoca una sorta di poco conosciuto ma fondamentale guru del cinema baltico.
Il film fu un terrificante polpettone, un'ora e trentasei minuti di sofferenza.
La sequenza di vento e sabbia che vedete qui sopra, posta circa a metà film, può fare supporre che ci sia uno sviluppo: in realtà non c'è, il film è una roba assurda tutta così.
Un gran rumore di vento, gran scene di sabbia del deserto e di mare, con tre sparuti personaggi quasi afasici ed afoni che sbarcano e deambulano senza senso in Marocco, in attesa di una partenza per non si sa dove né perché ( solo dopo la proiezione trovai una scheda stampa che spiegava confusamente che era la storia di tre uomini in fuga per la droga e/o dalla droga).
Me lo sorbii alla proiezione pomeridiana in Sala Grande unitamente alla mia ex signora, la quale a un tratto mi mollò pure una tremenda gomitata: un produttore tedesco seduto di fianco a me non solo dormiva, ma si era pure messo a russare, e lei pensava che a russare fossi io, che comunque ero senz'altro assopito in catalessi.
Manco potevamo uscire, la sala era gremita ( potenza della suggestione: la nomea di un guru sconosciuto attira sempre) e noi due eravamo bloccati a mezza fila, perché una delle ragazze della biglietteria, tutta festosa, ci aveva dato " dei posti ottimi, centralissimi, visibilità perfetta! ".
Era pure carina: mai maledetta così tanto una donna carina della biglietteria.
All'uscita, dopo che il film venne sorprendentemente applaudito da tutta la sala in piedi per un paio di minuti ( non ci volevamo credere) furono necessari un paio di caffè per riprenderci, anche perché poi tra resto del pomeriggio e sera ci aspettavano altri film.
Per fortuna migliori di questo.
 
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Non sono riuscito a vedere i due minuti di clip per intero, non oso immaginare due ore. Forse meglio una sessione di ball busting :prankster2:
 
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Fosse stato più corto (tipo 30 sec) l'avrei preso per uno spot dell'Idrolitina per far venir sete!
 
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Altra e precedente edizione del Festival del Cinema di Venezia (la 51esima, anno 1994), ed altro aneddoto, cui si lega il trailer qui sopra.
A settembre 1994 trascinai la mia ex signora, all'epoca solo fidanzata, a vedere in una pomeridiana alla Sala Grande del Lido questo Giorni di Sole Cocente ( o Giorni Solatii, come risultava dal programma) di Wen Jiang, regista pressoché esordiente che aveva ben figurato anni prima come attore in Sorgo Rosso, film del più noto e celebrato Zhang Yimou, suo maestro.
Grande era l'attesa della platea ( stranamente però non pienissima) , vista la presenza in sala non solo del giovane regista con l'intero cast, ma pure del maestro.
Il film risultò un pedante affrescone di due ore e un quarto su come era bella la rivoluzione di Mao vista con gli occhi di un ragazzotto di belle speranze, il quale in pratica bighellonava per Pechino assieme ad amici ed amichetta senza nulla fare, salvo far finta di seguire le scuole politiche, visto che i genitori di tutti i gggiovani cinesi dell'epoca erano stato deportati a zappare nei campi per volontà rieducativa del grande timoniere.
Perfino imbarazzante nel suo essere celebrativo, il film mi parve noioso, mal montato, con un protagonista verboso e straripante ( tale Xia Yu) .
Alla fine, abbastanza stanchi, la ex signora ed io decidemmo di non restare per le proiezioni serali e ci infilammo in un taxi, diretti al traghetto che ci avrebbe riportato al parcheggio del Tronchetto ( peccato di inesperienza: non avevo ancora imparato a recarmi al Lido direttamente dal Tronchetto con l'auto imbarcata sul Ferry-Boat, che costa di più ma è molto più comodo, anche perché una volta sbarcato con l'auto e al Lido trovi parcheggio senza problemi).
In taxi, mentre discutevamo della ciofeca appena vista, mi lanciai in un'improvvida scommessa: " se questa schifezza vince un qualche premio, l'anno prossimo prenotiamo la peggiore prima visione in programma e all'uscita la dichiariamo un capolavoro. "
Ovviamente il protagonista della ciofeca, quello Xia Yu che a me era parso solo un invadente cialtrone mal diretto, si aggiudicò la Coppa Volpi come migliore attore.
Sicché al Festival di Venezia del 1995 io ed ex signora, sotto un diluvio d'acqua, facemmo la coda per vedere Nestore l'Ultima Corsa di Sordi, in prima visione assoluta fuori concorso, ed all'uscita facemmo gli entusiasti ( credo ci abbiano preso per due dementi).
Ah, per la cronaca: il cialtrone Xia Yu lo avete forse visto di recente in qualche film sulla vita di Bruce Lee, ed il tremendo film Giorni di Sole Cocente è oggi considerato un vero capolavoro della storia cinese, sicché è stato restaurato e proiettato in tutto l'oriente.
 
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il ted

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Ed ora passatemi un aneddoto personale; magari poi ne aggiungerò altri, ma intanto vado con questo di ormai vent'anni fa.
Seguii alcune proiezioni del Festival di Venezia del settembre 2000: tra i biglietti rimediati al momento della prenotazione per vedere alcune pellicole in concorso ( all'epoca si andava ancora a caso, su alcuni registi o film non c'era praticamente alcuna scheda) mi capitò questo Freedom di Šarūnas Bartas, regista lituano considerato all'epoca una sorta di poco conosciuto ma fondamentale guru del cinema baltico...








Šarūnas Bartas in effetti è un po' ostico come regista.
Il fatto è che hai visto il film meno bartasiano che ha fatto. Tutti gli altri (nonostante siano tutti incredibilmente lenti e quasi pressocché muti - i dialoghi sono ridotti al minimo) hanno un loro senso, per dirla alla Aldo, Giovanni e Giacomo, nell'ottica del «Mattone polacco minimalista di scrittore morto suicida giovanissimo! Copie vendute: 2.»
Io ho visto due suoi film: "Tre giorni" e "Few of us" (tradotto in italiano col titolo, a mio avviso bellissimo, "Lontano da Dio e dagli uomini"). Sono film indubbiamente strani (e letali nella loro lentezza) ma hanno un loro ché. Ha partecipato pure a un film collettivo, ad episodi. Il suo episodio era questo qui sopra.
 
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https://www.youtube.com/watch?v=2OXz756-MJc
"Xolo" di Giuseppe Valentino (2017) ci racconta una storia che si svolge in Puglia. La narrazione procede senza nulla concedere allo spettatore e i personaggi sono tutti delineati con pochi tratti essenziali ma molto significativi : è la vita in un mondo duro, spietato e dove, alla fine ci si chiede se il cane assassino e combattente non sia quello dotato di maggior umanità, come il presunto killer senza vittime. Molto affascinante la colonna sonora e la fotografia. Il film mi è stato suggerito da Fabio Ferzetti nella rubrica “Scritti al buio”, su “L''Espresso” del 12 04 2020 p. 97. Visibile su Amazon Prime.
 
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Ed ora andiamo davvero indietro nel tempo, fino al 1952: ecco una sequenza da "The Card" di Ronald Neame ( titolo tradotto in Italia come "Asso Pigliatutto") .
E' la storia di Denry - interpretato da un grande Alec Guinness - un arrampicatore sociale che, partito da condizioni umilissime, diviene in poco tempo un brillante uomo d'affari ed un politico di successo: egli ottiene tutto con grande serenità, sostituendo la prevaricazione con l'ironia e con il tempismo non scorretto.
Uno dei film più ottimisti, frenetici e divertenti che mi capitò di vedere quando ero piccolo in tv: la sequenza che allego qua sopra in lingua originale, è quella nella quale Denry, durante una riunione pubblica, informa il consiglio direttivo della squadra di calcio della sua città ( Bursley) di avere ingaggiato a sue spese Callear , il migliore centravanti in circolazione in Inghilterra che proprio a Bursley è nato, e di presentarlo ed offrirlo al club per cominciare a vincere nella prossima stagione.
Particolare molto carino: nel film ha un ruolo importante l'appena ventenne cantante Petula Clark, divenuta poi famosa un po' ovunque con la canzone Downtown ( in Italia tradotta come Ciao Ciao ).
 
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Black Kite di Tarique Qayumi 2017
https://www.youtube.com/watch?v=qpoWStXcjzQ
Si tratta di un film afgano che parla della passione per gli aquiloni e spiega cosa sia. L'aquilone ci porta a guardare in alto e quindi ad elevarci.al di sopra della meschinità che ci circonda e che alberga anche in noi. Il film ha bellissime inquadrature di persone che volgono il viso verso il cielo seguendo il volo dell'aquilone e io ho sentito che era anche la mia anima che volava in alto e un groppo alla gola davvero inspiegabile. Il rapporto del padre con la bambina ha vette di dolcezza infinita che mi ha coinvolto e mi ha fatto pensare a quando nel passato ho costruito un aquilone per una persona cara e mi fatto venir voglia di rifarlo per un'altra persona della mia famiglia. Non ho la capacità critica di stilare un commento ma ho cercato di comunicare l'emozione che questo film mi ha dato. Visibile su “Amazon Prime”.
 
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Come era Il Disprezzo di Jean-Luc Godard ?
La produzione di Ponti fu fastosa con gran spreco di mezzi, il romanzo di Moravia che ne costituì la base era un best seller dell'epoca, il cast si manifestò quasi stellare, le pretese culturali erano altissime ( alcuni dialoghi sono talmente "densi" da risultare degli esercizi di retorica) , Godard era pieno di voglia di fare, la Bardot era meravigliosa e Michel Piccoli apparve molto preso dal ruolo.
Però Jack Palance arrivava sempre ubriaco sul set ( e qui continuava a bere, come si vede nella breve sequenza qui sopra) , la sceneggiatura venne scritta in quattro lingue diverse, BB e Godard si detestavano, Friz Lang si chiedeva che ci stava a fare quasi muto in scena, Giorgia Moll si lamentava del suo ruolo troppo verboso e poco inquadrato ma spesso impallato, Raoul Coutard era frustrato perché nessuno apprezzava il suo grande sforzo per fotografare bene i continui e nevrotici cambi scena che la regia imponeva .
Per giunta, finito il film, Godard trovò pure il modo di litigare con Ponti, perché questi aveva fatto completamente rimontare il film per l'Italia.
Sicché oggi Il Disprezzo risulta un film più citato a sproposito che visto, specie per i nudi e seminudi di una Bardot fisicamente nel suo massimo splendore.
Prova ne sia che io oggi posto questo frammento solo per ricordare l'appena scomparso Michel Piccoli.
 
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Me and you and everyone we know - Miranda July
La scena del pesce rosso.

 
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“The Invasion of the Body Snatchers” di Don Siegel (1956)
https://www.youtube.com/watch?v=Q720FXl_Mfw
Non sapevi di avere un “Assistente Civico” in cantina, con esattamente le tue sembianze, pronto ad entrare in azione. L'applicazione “Immuni” porta a compimento in processo, in modo indolore.
 
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O i primi sintomi dell’età? :sarcastic_hand: :on_the_quiet: :punish:
 
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Da Zodiac di David Fincher, una sequenza che in pochissimi minuti e con una gran brano di Marvin Gaye in sottofondo sottolinea - attraverso la metafora visiva della costruzione di un grattacielo a San Francisco - il passaggio di altri anni infruttuosi nella caccia al serial killer che dà il titolo alla pellicola.
La didascalia all'inizio della clip parla di un solo anno, nella realtà la costruzione del bel grattacielo Transamerica Pyramid - quello che si vede nella sequenza - fu molto complessa e tanto contestata, e richiese ben tre anni dal 1969 al 1972: una riflessione più filologica fa intendere dunque che Fincher volesse significare per l'indagine un periodo ben più lungo e ben più aspro, come in effetti fu.
 
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