Un Amore. di Dino Buzzati, Mondadori Milano, 1963.
Ho letto Un Amore.
Era meglio averlo invece l'ho letto, piuttosto di niente.
Duecentoventinove pagine di banalità, mezzo chilo di carta o poco meno per descrivere il luogo comune di una ragazzina che si prende gioco di un uomo innamorato di lei. E nulla conta in fondo che l'uomo sia molto più anziano e che la paghi; fin qui questi sembrano solo particolari aggiunti ad un intreccio misero per dare una parvenza di interesse al racconto, per poter dire che parla di un tema scottante ma Antonio Dorigo soffrirebbe forse meno se avesse conosciuto Adelaide al Due? Qualche altro lettore se l'era chiesto prima?
Ma la ragazzina fa la puttana e questo aggiunge altre occasioni per scrivere altre cose che il lettore conosce già e per ben duecentoventinove pagine il cattivo Dino ci costringe ad avere la netta impressione di perdere tempo a rinsaldare la convinzione, che era già salda, che una puttana è capace dei peggiori inganni e non sarà mai in grado di ricambiare un amore, essendo nata per profittare del prossimo e delle opportunità.
Ma per fortuna il libro pesa più di mezzo chilo e consta di duecentoquarantotto pagine e a pagina centrotrenta l'autore ci regala la Piera, una puttana saggia. Sì perché ci sono anche quelle che non sono sagge, come in tutte le categorie, invece lei ha saputo spiegare al personaggio come mai è infelice e che cosa ha fatto di male per meritarsi questo:
Perché con tutta la tua intelligenza tu sei l'uomo più stupido che io abbia mai incontrato. E come credevi a tutte le cose che ti raccontava la Laide adesso credi a tutto quello che ti racconto io ...
Bene sul serio? Semplicemente ne eri ammalato, ne avevi bisogno, hai fatto di tutto per averla, in modo bestiale ma l'hai fatto. Ma la consideravi una disgrazia, è vero o no che la consideravi una disgrazia? E questo lo chiami amore? Ma l'hai fatta entrare nella tua vita? L'hai ammessa in casa tua? L'hai fatta conoscere alla tua famiglia?
Mi mancano cinque pagine alla fine di questo romanzo, si svolge un epilogo dove nonostante tutto non mancano luoghi comuni e buonismo, la sincera comprensione si confonde con il perdono, la ragazza diventa borghese e si ricompongono con assoluta ovvietà i criteri di migliore e peggiore, di buono e cattivo, di sano e di malato. Ho voluto comunque mettervi a parte della mia felicità nel leggere le parole della Piera, provvidenziali quando la mia stima dell'autore era oramai a terra ed assicurare a chi non lo ha ancora letto che quelle due pagine da sole valgono una giornata di lettura.
Ho letto Un Amore.
Era meglio averlo invece l'ho letto, piuttosto di niente.
Duecentoventinove pagine di banalità, mezzo chilo di carta o poco meno per descrivere il luogo comune di una ragazzina che si prende gioco di un uomo innamorato di lei. E nulla conta in fondo che l'uomo sia molto più anziano e che la paghi; fin qui questi sembrano solo particolari aggiunti ad un intreccio misero per dare una parvenza di interesse al racconto, per poter dire che parla di un tema scottante ma Antonio Dorigo soffrirebbe forse meno se avesse conosciuto Adelaide al Due? Qualche altro lettore se l'era chiesto prima?
Ma la ragazzina fa la puttana e questo aggiunge altre occasioni per scrivere altre cose che il lettore conosce già e per ben duecentoventinove pagine il cattivo Dino ci costringe ad avere la netta impressione di perdere tempo a rinsaldare la convinzione, che era già salda, che una puttana è capace dei peggiori inganni e non sarà mai in grado di ricambiare un amore, essendo nata per profittare del prossimo e delle opportunità.
Ma per fortuna il libro pesa più di mezzo chilo e consta di duecentoquarantotto pagine e a pagina centrotrenta l'autore ci regala la Piera, una puttana saggia. Sì perché ci sono anche quelle che non sono sagge, come in tutte le categorie, invece lei ha saputo spiegare al personaggio come mai è infelice e che cosa ha fatto di male per meritarsi questo:
Perché con tutta la tua intelligenza tu sei l'uomo più stupido che io abbia mai incontrato. E come credevi a tutte le cose che ti raccontava la Laide adesso credi a tutto quello che ti racconto io ...
Bene sul serio? Semplicemente ne eri ammalato, ne avevi bisogno, hai fatto di tutto per averla, in modo bestiale ma l'hai fatto. Ma la consideravi una disgrazia, è vero o no che la consideravi una disgrazia? E questo lo chiami amore? Ma l'hai fatta entrare nella tua vita? L'hai ammessa in casa tua? L'hai fatta conoscere alla tua famiglia?
Mi mancano cinque pagine alla fine di questo romanzo, si svolge un epilogo dove nonostante tutto non mancano luoghi comuni e buonismo, la sincera comprensione si confonde con il perdono, la ragazza diventa borghese e si ricompongono con assoluta ovvietà i criteri di migliore e peggiore, di buono e cattivo, di sano e di malato. Ho voluto comunque mettervi a parte della mia felicità nel leggere le parole della Piera, provvidenziali quando la mia stima dell'autore era oramai a terra ed assicurare a chi non lo ha ancora letto che quelle due pagine da sole valgono una giornata di lettura.