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CARATTERISTICHE GENERALI
NOME INSERZIONISTA: Anna
RIFERIMENTO INTERNET: http://roma.bakecaincontrii.com/donna-cerca-uomo/anna-3278447802-cg95103669484
http://www.sexsites1.com/annuncio/3278447802-Centocelle_Anna 32784.html
CITTA DELL'INCONTRO: Roma zona Centocelle
NAZIONALITA': rumena
ETA': 20 anni
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: foto vere al 100%
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bj, rai1
SERVIZI USUFRUITI: bj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 50
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 20'
DESCRIZIONE FISICA: piccolina di statura, forme tondeggianti ma corpo dal tenore molto sodo
ATTITUDINE: gentile, sorridente ma a tratti restia
REPERIBILITA': semplice
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: sì
INDEX RICERCHE (numero telefonico nel formato 1234567xx): 32784478xx
LA MIA RECENSIONE:
Sandro passeggia per Centocelle, dalle parti del Forte Prenestino.
Gettando uno sguardo a quelle muraglie ricoperte di erbacce, l'occhio gli si fa triste ripensando a quand'era pischello e cogli amici c'andava a sfondarsi quando in giro non c'era niente da fare o da vedere, quando alle mignotte che sbucano la notte tutt'attorno neanche ci pensava.
A Sandro gli ha detto culo di chiamarsi Sandro e ancora ringrazia lo scrupolo dell'impiegato dell'anagrafe che il nome gliel'ha iscritto così sui documenti perché sua madre, botanica fallita, Palissandro voleva chiamare quel figlio e suo padre, falegname cassamortaro, non aveva il cuore o il pensiero di negarglielo a quella donna.
E quando gli capitava di rimorchiare qualcuna e, fra un discorso e una birra, questa gli chiedeva se il suo era il diminutivo di Alessandro, soltanto allora raccontava la storia del nome assurdo che volevano appioppargli e si faceva grande del fatto che, per quanto strano, sarebbe stato comunque un nome appropriato perché nelle mutande lui un tronco ce l'aveva davvero.
Rideva sempre di quella sua battuta. Rideva sempre da solo di quella sua battuta e presto si ritrovava solo perché Sandro non ci sapeva fare con le ragazze. È anche per questo che, col tempo, Sandro ha preso interesse per le mignotte e adesso passeggia svelto per Centocelle: ha un appuntamento con una di quelle.
Traversando rapido un pezzetto di quartiere si scopre a riflettere su quanti cazzo di bull terrier ci siano in zona: uno, anziano, caca sereno lungo tutto il marciapiede; un altro guarda il bicchiere di stravecchio del padrone; un cucciolo, fuori da un supermercato, coadiuva la questua di un punkabbestia con tanto di cartoncino scritto (si fa per dire, scritto): "1 monetina 1 croccantino x → ".
Sandro pensa a quello che starà pensando il punkabbestia, a quanto gli manca per comprarsi una bottiglia da 75 cl. Pensa anche ai bull terrier che sono il contrario di quello che è lui, che con quegli occhietti minuscoli e quel muso a tubero sembrano fessacchiotti ma in realtà sono cani cattivi, che t'aggrediscono pure, mentre lui di fuori pare truce ma invece è un bambacione inoffensivo.
Pensa anche che ad averci un muso come quello ne verrebbero fuori delle mangiate di fica da paura e che ci si infilerebbe dentro fino alle orecchie, fino ad averci i capelli impomatati di gel di fica, perché la forma glielo consentirebbe, eccome. E allora smette di pensare al cane come ad un cane e lo vede come un grosso vibratore con le zampe sporche. E allora gli viene da ripensare alla mignotta da cui sta andando e gli viene duro e accelera di nuovo il passo.
C'è sul ciglio della strada una vecchia porticina in ferro, di quelle che tengono chiuse le cantine dove ci si mettevano una volta le damigiane e gli attrezzi e tutte le cose inutili e vecchie. Crede Sandro di trovarsi alle prese col vecchio trucchetto del civico sbagliato e guarda in alto, finestra per finestra, per vedere da dove lo stanno osservando e dove deve andare ma non ci si raccapezza più di tanto 'chè tutte le finestre di tutti i palazzi gli paiono uguali.
Il telefono la ragazza glielo riattacca in faccia senza che sia riuscito a capire una parola di quello che gli ha detto malamente. Sta là, impalato, a rifare il numero quando sente da dietro il rumore gracchiante di vecchi cardini arruzzuniti che stridono e giratosi di scatto la vede, in pigiama, venir fuori per quella porticina come dal fondo stesso della terra, con le manine stropicciandosi gli occhi e arruffandosi i capelli.
I capelli, proprio quei capelli corti da maschiaccio avevano convinto Sandro a chiamarla, magari perché alle serate al Forte le punkabbestie con quei capelli non se l'erano mai filato, preferendogli certi ragnetti zozzi e dinoccolati ma con le tasche piene di fumo; magari perché s'immagina, come si fa coi cagnolini, di tenerla per la collottola mentre gli fa un succoso pompino e sentirsene padrone.
La segue giù per quegli scalini malconci fino ad un cucinino dove trova un'altra inquilina, forse una sua amica, sicuramente una sua collega perché l'ha già vista in foto e come in foto gli si presenta: brutta, brutta e grassa e trasandata. Col mocio, fatica a raccogliere in un secchiello, a forza di gomiti e di strizzate, un centimetro d'acqua che invade tutto il pavimento sbeccato. Non è l'improvvida rottura di una tubazione ma l'umidità che, trasudando dal terreno, gli fa visita ogni notte e ogni mattina.
Passa a fatica per quello spazio angusto, per buona parte occupato dall'asciugatrice umana, tentando di sfiorarla il meno possibile. Un po' gli ripugna, un po' gli fa pena. S'infila con Anna in una stanzuccia che a chiamarla stanzuccia le si fa un favore non da poco: per un terzo, la occupa uno stendino con due panni appesi, mutande e calzettoni; due terzi se li tiene il letto, un lettone senza spalliera e senza nulla, un materasso con due cuscini lerci e tante coperte buttate sopra contro il freddo che l'apatia o la sua venuta improvvisa hanno impedito loro di rassettare.
Ci dormono in due, forse in tre, e difatti l'aria odora di umano e odora di stantio. Lungo tutte le pareti, per l'altezza di un metro ed oltre, l'intonaco si gonfia e casca a pezzi per l'umidità e le muffe che ci si trovano tanto bene da proliferare come meglio non potrebbero. Gli pare a Sandro di starsene dentro una fetta di gorgonzola, ma una fetta bella grossa, con lo stesso puzzo e la stessa vista di quelle venature marmorizzate che marmo non sono ma batteri e funghi e altre minuscole popolazioni.
Pende dal soffitto una lampadina fioca. Anna non se ne dà pace perché vuole scopare al buio ma il buio è troppo buio anche per lei quindi tira fuori una lucetta da scrivania sperando che funzioni; salta sopra il letto (perché attorno non c'è spazio per passarci) e va ad armeggiare in un angoletto con un accrocco altro più di lei di cavi e di fili e di doppie prese che tengono in vita una vecchia TV, un paio di lettori dvd e vhs, decoder nazionali e ricettori internazionali, che sposta e prova e spegne e riaccende senza esito.
Sandro guarda i muri, guarda le prese elettriche, pensa al pavimento bagnato e alle coperte umide e al materasso macchiato e si rattrista. Vorrebbe parlarle ma Anna è imperativa e due, tre, quattro volte gli fa "shhhhh" col ditino impettito di fronte al naso per farlo stare zitto perché non si deve parlare, non si deve far rumore, che lì in casa non si può, che altrimenti si disturba qualcuno che non deve sentire e non deve essere disturbato. Rizompa sul letto e tira di poco su una persiana, quel tanto che basta a vedercisi.
Sandro guarda la finestrella, guarda la tendina trasparente che fa da velo con l'esterno, e vede gli stinchi e i calcagni di quelli che passano per strada e gli pare di essere Nanni Moretti che rimira le scarpe dei pedoni dal basso di un seminterrato di polizia pensando di poter giudicare dalle calzature l'animo, i pensieri e le emozioni delle persone. Ma come si fa? non riesce a capire neanche quelli della ragazza che gli è ad un palmo di distanza e che pure gli sorride.
Capisce due cose, anzi una perché che tocca far piano l'ha già capito: che di qualcosa si vergogna. Vorrebbe il buio e non vorrebbe neanche togliersi i panni di dosso. Lo copre col profilattico e lo comincia a ciucciare ancora tutta vestita. Sandro avrebbe voluto farsi ciucciare senza gomma, per sentire che effetto fanno le sue papille sulla punta del cazzo, ed ha pure trovato il coraggio di dirglielo ma Anna si è imposta con un perentorio "no" accompagnato dallo scuotimento violento di quella testolina nera.
A metà del ciuccio (o almeno a metà di quella che Sandro immaginava dovesse essere la durata del ciuccio) si mette di buzzo buono a farle togliere il pigiama. Anna afferra il concetto per metà e, sfilatesi le maniche, si cala la maglia a giro-pancia mettendo a nudo i seni, le sue due tonde e rosee perette. A Sandro questo non basta, chiaro che non può bastare, e allora via i pantaloni e via le mutande e via anche tutta la maglia che Anna si sfila passando tutto il corpo dall'apertura per la testa, divincolandosi come un pescetto o un'anguilla o un vermetto o un altro animaletto che si divincoli. I calzini rosa no, quelli non c'è verso di portarglieli via ad Anna.
Vede allora Sandro che da nascondere non c'era nulla ed il suo corpicino tondeggiante non difetta in nulla: il sederotto è un bel sederotto, le perette son perette, la pelle bianchissima e liscia e la fica senza peli. Per esser tonda, è tonda, ma gli piace così perchè a toccarla è soda soda e tosta e gli piace di toccarla. Gli piaceva di toccarla finché Anna, vinta dal freddo, non s'è infilata sotto una di quelle sozze coperte tirandogliela sopra pure a lui e s'è rimessa a ciucciarlo scostando più volte quella lordura che più la spostava, più tornava a coprire le palle a lui e a dar fastidio a lei che il cazzo gli ciucciava.
Stesa a pancia in su, Anna si fa finalmente scopare. Sandro le si muove sopra a due centimetri dalla faccia cosicché non può fare a meno di sorridergli, vergognosa, combattendo con le mani una futile guerra contro la frangetta che le solletica la fronte. Magari così riesce ad allontanarlo. Il suo viso, tondo, punteggiato di brufoletti rossi, sembra una mappa stellare cui abbiano mischiato e confuso i colori. Ad ogni respiro, via via più affannoso, Sandro sente invece crescergli in gola non sa quale fungo o colonia batterica e gli sembra che stiano a mettergli radici nella trachea e che una lanugine cresca e s'infittisca di lì fino al profondo dei polmoni.
Prova a riprender fiato ma crede ormai che ad ogni suo respiro l'aria pesante lo avveleni sempre più. La prende a pecora ansimando ansioso, ansioso di finire e andare via e togliersi di dosso le muffe e le spore e già si sente e già si vede come una balla di sterco e di paglia impacchettata al buio di una fungaia sotterranea. Schizza quello che ha da schizzare, pulisce quello che ha da pulire e veste quello che ha da vestirsi. Guarda Anna. Anna fa le faccette buffe e gli intima, ancora una volta, il silenzio.
Di là dalla porta, nel cucinino, sfrittellano sui fornelli cibi speziati. Il loro odore appunzato altre volte gli avrebbe dato noia; non ora, perché copre quello peggiore che sprigionano le calcine marce e cadenti. Nello stretto, ritrova sulla destra il pentolame sfrigolante e sulla sinistra due alti sgabelli: dal primo straborda il culo della ragazzona che aveva visto prima; il secondo serve da trespolo ad una femminuccia smunta smunta che fuma col viso torvo, la faccia rincagnata sul pugno, e pare che la sigaretta la consumi più di quanto lei consumi la sigaretta che tiene stretta fra dita lunghissime e marroni come due rametti secchi che la vita ha abbandonato.
Sapori d'India in salsa rumena prendono Sandro alle narici, che prova a stringerle per non respirare altro, per non respirare oltre. Ritrova il pavimento umido, le scalette sdrucite, la porta ruzzinosa che tampona l'inferno di Anna. Ritrova finalmente il marciapiede, costellato di merda di cane ma splendente sotto un bel sole, e l'aria fumosa di combustioni cittadine. Ma gli pare aria buona, aria fina, un'aerosol benefica che gli schiarisce la voce mentre piglia a canticchiare, neanche lui sa cosa.
Calcutta a casa nostra, a due passi dalla Roma umbertina.
figurelle:
NOME INSERZIONISTA: Anna
RIFERIMENTO INTERNET: http://roma.bakecaincontrii.com/donna-cerca-uomo/anna-3278447802-cg95103669484
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CITTA DELL'INCONTRO: Roma zona Centocelle
NAZIONALITA': rumena
ETA': 20 anni
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: foto vere al 100%
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bj, rai1
SERVIZI USUFRUITI: bj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 50
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 20'
DESCRIZIONE FISICA: piccolina di statura, forme tondeggianti ma corpo dal tenore molto sodo
ATTITUDINE: gentile, sorridente ma a tratti restia
REPERIBILITA': semplice
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: sì
INDEX RICERCHE (numero telefonico nel formato 1234567xx): 32784478xx
LA MIA RECENSIONE:
Sandro passeggia per Centocelle, dalle parti del Forte Prenestino.
Gettando uno sguardo a quelle muraglie ricoperte di erbacce, l'occhio gli si fa triste ripensando a quand'era pischello e cogli amici c'andava a sfondarsi quando in giro non c'era niente da fare o da vedere, quando alle mignotte che sbucano la notte tutt'attorno neanche ci pensava.
A Sandro gli ha detto culo di chiamarsi Sandro e ancora ringrazia lo scrupolo dell'impiegato dell'anagrafe che il nome gliel'ha iscritto così sui documenti perché sua madre, botanica fallita, Palissandro voleva chiamare quel figlio e suo padre, falegname cassamortaro, non aveva il cuore o il pensiero di negarglielo a quella donna.
E quando gli capitava di rimorchiare qualcuna e, fra un discorso e una birra, questa gli chiedeva se il suo era il diminutivo di Alessandro, soltanto allora raccontava la storia del nome assurdo che volevano appioppargli e si faceva grande del fatto che, per quanto strano, sarebbe stato comunque un nome appropriato perché nelle mutande lui un tronco ce l'aveva davvero.
Rideva sempre di quella sua battuta. Rideva sempre da solo di quella sua battuta e presto si ritrovava solo perché Sandro non ci sapeva fare con le ragazze. È anche per questo che, col tempo, Sandro ha preso interesse per le mignotte e adesso passeggia svelto per Centocelle: ha un appuntamento con una di quelle.
Traversando rapido un pezzetto di quartiere si scopre a riflettere su quanti cazzo di bull terrier ci siano in zona: uno, anziano, caca sereno lungo tutto il marciapiede; un altro guarda il bicchiere di stravecchio del padrone; un cucciolo, fuori da un supermercato, coadiuva la questua di un punkabbestia con tanto di cartoncino scritto (si fa per dire, scritto): "1 monetina 1 croccantino x → ".
Sandro pensa a quello che starà pensando il punkabbestia, a quanto gli manca per comprarsi una bottiglia da 75 cl. Pensa anche ai bull terrier che sono il contrario di quello che è lui, che con quegli occhietti minuscoli e quel muso a tubero sembrano fessacchiotti ma in realtà sono cani cattivi, che t'aggrediscono pure, mentre lui di fuori pare truce ma invece è un bambacione inoffensivo.
Pensa anche che ad averci un muso come quello ne verrebbero fuori delle mangiate di fica da paura e che ci si infilerebbe dentro fino alle orecchie, fino ad averci i capelli impomatati di gel di fica, perché la forma glielo consentirebbe, eccome. E allora smette di pensare al cane come ad un cane e lo vede come un grosso vibratore con le zampe sporche. E allora gli viene da ripensare alla mignotta da cui sta andando e gli viene duro e accelera di nuovo il passo.
C'è sul ciglio della strada una vecchia porticina in ferro, di quelle che tengono chiuse le cantine dove ci si mettevano una volta le damigiane e gli attrezzi e tutte le cose inutili e vecchie. Crede Sandro di trovarsi alle prese col vecchio trucchetto del civico sbagliato e guarda in alto, finestra per finestra, per vedere da dove lo stanno osservando e dove deve andare ma non ci si raccapezza più di tanto 'chè tutte le finestre di tutti i palazzi gli paiono uguali.
Il telefono la ragazza glielo riattacca in faccia senza che sia riuscito a capire una parola di quello che gli ha detto malamente. Sta là, impalato, a rifare il numero quando sente da dietro il rumore gracchiante di vecchi cardini arruzzuniti che stridono e giratosi di scatto la vede, in pigiama, venir fuori per quella porticina come dal fondo stesso della terra, con le manine stropicciandosi gli occhi e arruffandosi i capelli.
I capelli, proprio quei capelli corti da maschiaccio avevano convinto Sandro a chiamarla, magari perché alle serate al Forte le punkabbestie con quei capelli non se l'erano mai filato, preferendogli certi ragnetti zozzi e dinoccolati ma con le tasche piene di fumo; magari perché s'immagina, come si fa coi cagnolini, di tenerla per la collottola mentre gli fa un succoso pompino e sentirsene padrone.
La segue giù per quegli scalini malconci fino ad un cucinino dove trova un'altra inquilina, forse una sua amica, sicuramente una sua collega perché l'ha già vista in foto e come in foto gli si presenta: brutta, brutta e grassa e trasandata. Col mocio, fatica a raccogliere in un secchiello, a forza di gomiti e di strizzate, un centimetro d'acqua che invade tutto il pavimento sbeccato. Non è l'improvvida rottura di una tubazione ma l'umidità che, trasudando dal terreno, gli fa visita ogni notte e ogni mattina.
Passa a fatica per quello spazio angusto, per buona parte occupato dall'asciugatrice umana, tentando di sfiorarla il meno possibile. Un po' gli ripugna, un po' gli fa pena. S'infila con Anna in una stanzuccia che a chiamarla stanzuccia le si fa un favore non da poco: per un terzo, la occupa uno stendino con due panni appesi, mutande e calzettoni; due terzi se li tiene il letto, un lettone senza spalliera e senza nulla, un materasso con due cuscini lerci e tante coperte buttate sopra contro il freddo che l'apatia o la sua venuta improvvisa hanno impedito loro di rassettare.
Ci dormono in due, forse in tre, e difatti l'aria odora di umano e odora di stantio. Lungo tutte le pareti, per l'altezza di un metro ed oltre, l'intonaco si gonfia e casca a pezzi per l'umidità e le muffe che ci si trovano tanto bene da proliferare come meglio non potrebbero. Gli pare a Sandro di starsene dentro una fetta di gorgonzola, ma una fetta bella grossa, con lo stesso puzzo e la stessa vista di quelle venature marmorizzate che marmo non sono ma batteri e funghi e altre minuscole popolazioni.
Pende dal soffitto una lampadina fioca. Anna non se ne dà pace perché vuole scopare al buio ma il buio è troppo buio anche per lei quindi tira fuori una lucetta da scrivania sperando che funzioni; salta sopra il letto (perché attorno non c'è spazio per passarci) e va ad armeggiare in un angoletto con un accrocco altro più di lei di cavi e di fili e di doppie prese che tengono in vita una vecchia TV, un paio di lettori dvd e vhs, decoder nazionali e ricettori internazionali, che sposta e prova e spegne e riaccende senza esito.
Sandro guarda i muri, guarda le prese elettriche, pensa al pavimento bagnato e alle coperte umide e al materasso macchiato e si rattrista. Vorrebbe parlarle ma Anna è imperativa e due, tre, quattro volte gli fa "shhhhh" col ditino impettito di fronte al naso per farlo stare zitto perché non si deve parlare, non si deve far rumore, che lì in casa non si può, che altrimenti si disturba qualcuno che non deve sentire e non deve essere disturbato. Rizompa sul letto e tira di poco su una persiana, quel tanto che basta a vedercisi.
Sandro guarda la finestrella, guarda la tendina trasparente che fa da velo con l'esterno, e vede gli stinchi e i calcagni di quelli che passano per strada e gli pare di essere Nanni Moretti che rimira le scarpe dei pedoni dal basso di un seminterrato di polizia pensando di poter giudicare dalle calzature l'animo, i pensieri e le emozioni delle persone. Ma come si fa? non riesce a capire neanche quelli della ragazza che gli è ad un palmo di distanza e che pure gli sorride.
Capisce due cose, anzi una perché che tocca far piano l'ha già capito: che di qualcosa si vergogna. Vorrebbe il buio e non vorrebbe neanche togliersi i panni di dosso. Lo copre col profilattico e lo comincia a ciucciare ancora tutta vestita. Sandro avrebbe voluto farsi ciucciare senza gomma, per sentire che effetto fanno le sue papille sulla punta del cazzo, ed ha pure trovato il coraggio di dirglielo ma Anna si è imposta con un perentorio "no" accompagnato dallo scuotimento violento di quella testolina nera.
A metà del ciuccio (o almeno a metà di quella che Sandro immaginava dovesse essere la durata del ciuccio) si mette di buzzo buono a farle togliere il pigiama. Anna afferra il concetto per metà e, sfilatesi le maniche, si cala la maglia a giro-pancia mettendo a nudo i seni, le sue due tonde e rosee perette. A Sandro questo non basta, chiaro che non può bastare, e allora via i pantaloni e via le mutande e via anche tutta la maglia che Anna si sfila passando tutto il corpo dall'apertura per la testa, divincolandosi come un pescetto o un'anguilla o un vermetto o un altro animaletto che si divincoli. I calzini rosa no, quelli non c'è verso di portarglieli via ad Anna.
Vede allora Sandro che da nascondere non c'era nulla ed il suo corpicino tondeggiante non difetta in nulla: il sederotto è un bel sederotto, le perette son perette, la pelle bianchissima e liscia e la fica senza peli. Per esser tonda, è tonda, ma gli piace così perchè a toccarla è soda soda e tosta e gli piace di toccarla. Gli piaceva di toccarla finché Anna, vinta dal freddo, non s'è infilata sotto una di quelle sozze coperte tirandogliela sopra pure a lui e s'è rimessa a ciucciarlo scostando più volte quella lordura che più la spostava, più tornava a coprire le palle a lui e a dar fastidio a lei che il cazzo gli ciucciava.
Stesa a pancia in su, Anna si fa finalmente scopare. Sandro le si muove sopra a due centimetri dalla faccia cosicché non può fare a meno di sorridergli, vergognosa, combattendo con le mani una futile guerra contro la frangetta che le solletica la fronte. Magari così riesce ad allontanarlo. Il suo viso, tondo, punteggiato di brufoletti rossi, sembra una mappa stellare cui abbiano mischiato e confuso i colori. Ad ogni respiro, via via più affannoso, Sandro sente invece crescergli in gola non sa quale fungo o colonia batterica e gli sembra che stiano a mettergli radici nella trachea e che una lanugine cresca e s'infittisca di lì fino al profondo dei polmoni.
Prova a riprender fiato ma crede ormai che ad ogni suo respiro l'aria pesante lo avveleni sempre più. La prende a pecora ansimando ansioso, ansioso di finire e andare via e togliersi di dosso le muffe e le spore e già si sente e già si vede come una balla di sterco e di paglia impacchettata al buio di una fungaia sotterranea. Schizza quello che ha da schizzare, pulisce quello che ha da pulire e veste quello che ha da vestirsi. Guarda Anna. Anna fa le faccette buffe e gli intima, ancora una volta, il silenzio.
Di là dalla porta, nel cucinino, sfrittellano sui fornelli cibi speziati. Il loro odore appunzato altre volte gli avrebbe dato noia; non ora, perché copre quello peggiore che sprigionano le calcine marce e cadenti. Nello stretto, ritrova sulla destra il pentolame sfrigolante e sulla sinistra due alti sgabelli: dal primo straborda il culo della ragazzona che aveva visto prima; il secondo serve da trespolo ad una femminuccia smunta smunta che fuma col viso torvo, la faccia rincagnata sul pugno, e pare che la sigaretta la consumi più di quanto lei consumi la sigaretta che tiene stretta fra dita lunghissime e marroni come due rametti secchi che la vita ha abbandonato.
Sapori d'India in salsa rumena prendono Sandro alle narici, che prova a stringerle per non respirare altro, per non respirare oltre. Ritrova il pavimento umido, le scalette sdrucite, la porta ruzzinosa che tampona l'inferno di Anna. Ritrova finalmente il marciapiede, costellato di merda di cane ma splendente sotto un bel sole, e l'aria fumosa di combustioni cittadine. Ma gli pare aria buona, aria fina, un'aerosol benefica che gli schiarisce la voce mentre piglia a canticchiare, neanche lui sa cosa.
Calcutta a casa nostra, a due passi dalla Roma umbertina.
figurelle: