Coito ergo sum

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Riflessioni in una domenica uggiosa di un sodomizzatore eterosessuale reduce da una discussione causata da un rifiuto di una avance sessuale.


Coito ergo sum.

Il ragazzetto mitragliò il noto calembour dal fondo dell'aula e la classe dopo qualche secondo di apnea esplose in una risata sguaiata. Tutti infatti avevamo pensato la stessa battuta ma nessuno fino a quel momento aveva avuto il coraggio di pronunciarla.

Questa scenetta va avanti ormai da alcuni secoli in ogni scuola d'Europa, eppure alunni e professori mai avrebbero pensato che al posto di un innocente lazzo fosse stata appena enunciata una premonizione destinata ad avverarsi.
Oh mio Dio, ci stiamo dunque arrivando?
Quella che sembrava una battuta da liceali sta diventando un principio socialmente riconosciuto, universalmente accettato.
Io fotto dunque sono.
Pare che ormai siamo giunti a questo punto: le preferenze sessuali esauriscono il discorso sull'identità

Una società sessocentrica come la nostra tende infatti a fare dell'identità sessuale una questione di orgoglio, alle volte si spinge perfino ad equipararla all'identità stessa, come se fosse la medesima cosa: identità sessuale uguale identità. Ma non è proprio così, è deprimente doverlo sottolineare.
Il logos sessuale è ormai talmente invasivo che la percezione di sè stessi e degli altri ha una connotazione erotica esagerata. Va da sè che rifiutare sessualmente un individuo o una determinata categoria di individui tenda ad essere assimilato ad un rifiuto della persona e in alcuni casi viene letto come rifiuto del diverso. Ma ovviamente non è così.
Io non sono ciò che fotto, non sono definito solamente dalle mie scelte sessuali. Non sono ad esempio conservatore o mentalmente aperto in relazione a chi mi porto a letto o in relazione a ciò che trovo eroticamente attraente e ripugnante.
Sarebbe come affermare che siccome non mi inculo il mio Beagle sia a favore della vivisezione.
E nemmeno sono determinato come individuo da chi decide di venire a letto con me, cioè la mia identità non dipende dalle scelte sessuali altrui. E non deve!
Invece per alcune persone esistere spesso significa non solo avere un riconoscimento sociale della propria identità sessuale ma essere considerati perfino un'opzione sessuale, cosa che a differenza dei diritti non può essere garantita a nessuno. Chi fa della propria sessualità, delle proprie caratteristiche sessuali l'unica ragione di vita e la bandierina da sventolare per indicare la propria posizione nel mondo corre il rischio di vedere ostilità ovunque solo per il fatto di non rientrare nella categoria sessualmente più trendy e quindi di non essere considerato eroticamente/esteticamente gradevole dagli altri individui. Individui che di conseguenza verranno sovente accusati di essere affetti da qualche forma di fobia.
L'identità è composta dall'orientamento sessuale e da ciò che esso comporta ma non si esaurisce lì, per fortuna. Eppure per molti è tutto lì: esistere sessualmente equivale ad esistere. Tristezza, vero?!
Allo stesso modo capita che subire un rifiuto sessuale possa far cadere quelle poche certezze faticosamente costruite sia dal punto di vista individuale che da quello sociale, che possa quindi significare il ritorno nel ghetto e perciò viene considerato come una attestazione di non esistenza: essere rifiutati sessualmente può essere inteso come un rifiuto della persona tout court. E coloro che manifestano preferenze sessuali diverse ovvero gli autori del rifiuto, mamma mia, sono trogloditi.
Ma non è così, almeno per me non è così.
Quanti siamo a pensarla in questo modo?
Non lo so, ma so che alcuni, i mentalmente aperti, chiamiamoli così, tendono a rinchiudere in una categoria concettuale gli altri, i conservatori, commettendo così lo stesso peccato di cui spesso questi ultimi sono accusati. È la logica dei muretti a secco, mi diverto a chiamarla in questo modo.
In definitiva una società sessocentrica come la nostra ha un'inclinazione congenita all'uso dell'identità sessuale come biglietto da visita. In un mondo dove la libertà sessuale è stata barattata col consumo di massa - nel senso letterale del termine - di sesso, si assiste impotenti al triste declino dell'identità tout court a favore di un singolo aspetto di essa. Noi siamo quello che consumiamo, anche sessualmente.
Ancora più desolante è la tendenza a creare nuove equazioni, nuovi luoghi comuni, perfino in questo forum: puttana uguale persona speciale, puttaniere ipocrita e così via. Come se la sensibilità se non addirittura il valore di un individuo dipendesse in modo proporzionale, direttamente o inversamente a seconda dei casi, dalla quantità di cazzo preso o dato.
Purtroppo succede.
Viene naturale pensare che una società che spettacolarizza il sesso e le preferenze sessuali relegando spesso gli omosessuali o i sessualmente "diversi" a fenomeni da baraccone con tanto di parrucca in testa, non sia una società libera e tanto meno evoluta. Bisogna augurarsi un salto di paradigma per arrivare finalmente a considerare un individuo senza sbilanciamenti sul "chi" o il "come" scopa e senza idolatria per la propria bandiera sessuale.
Forse solo allora riusciremo ad abbandonare quel moralismo che, volenti o nolenti, coinvolge tutti.


maggior mi sento. A scherno
ho gli umani giudizi; e il vario volgo
a' bei pensieri infesto,
e degno tuo disprezzator, calpesto.


Che Leopardi mi perdoni.
 
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Riflessioni in una domenica uggiosa di un sodomizzatore eterosessuale reduce da una discussione causata da un rifiuto di una avance sessuale.


Coito ergo sum.

Il ragazzetto mitragliò il noto calembour dal fondo dell'aula e la classe dopo qualche secondo di apnea esplose in una risata sguaiata. Tutti infatti avevamo pensato la stessa battuta ma nessuno fino a quel momento aveva avuto il coraggio di pronunciarla.

Questa scenetta va avanti ormai da alcuni secoli in ogni scuola d'Europa, eppure alunni e professori mai avrebbero pensato che al posto di un innocente lazzo fosse stata appena enunciata una premonizione destinata ad avverarsi.
Oh mio Dio, ci stiamo dunque arrivando?
Quella che sembrava una battuta da liceali sta diventando un principio socialmente riconosciuto, universalmente accettato.
Io fotto dunque sono.
Pare che ormai siamo giunti a questo punto: le preferenze sessuali esauriscono il discorso sull'identità

Una società sessocentrica come la nostra tende infatti a fare dell'identità sessuale una questione di orgoglio, alle volte si spinge perfino ad equipararla all'identità stessa, come se fosse la medesima cosa: identità sessuale uguale identità. Ma non è proprio così, è deprimente doverlo sottolineare.
Il logos sessuale è ormai talmente invasivo che la percezione di sè stessi e degli altri ha una connotazione erotica esagerata. Va da sè che rifiutare sessualmente un individuo o una determinata categoria di individui tenda ad essere assimilato ad un rifiuto della persona e in alcuni casi viene letto come rifiuto del diverso. Ma ovviamente non è così.
Io non sono ciò che fotto, non sono definito solamente dalle mie scelte sessuali. Non sono ad esempio conservatore o mentalmente aperto in relazione a chi mi porto a letto o in relazione a ciò che trovo eroticamente attraente e ripugnante.
Sarebbe come affermare che siccome non mi inculo il mio Beagle sia a favore della vivisezione.
E nemmeno sono determinato come individuo da chi decide di venire a letto con me, cioè la mia identità non dipende dalle scelte sessuali altrui. E non deve!
Invece per alcune persone esistere spesso significa non solo avere un riconoscimento sociale della propria identità sessuale ma essere considerati perfino un'opzione sessuale, cosa che a differenza dei diritti non può essere garantita a nessuno. Chi fa della propria sessualità, delle proprie caratteristiche sessuali l'unica ragione di vita e la bandierina da sventolare per indicare la propria posizione nel mondo corre il rischio di vedere ostilità ovunque solo per il fatto di non rientrare nella categoria sessualmente più trendy e quindi di non essere considerato eroticamente/esteticamente gradevole dagli altri individui. Individui che di conseguenza verranno sovente accusati di essere affetti da qualche forma di fobia.
L'identità è composta dall'orientamento sessuale e da ciò che esso comporta ma non si esaurisce lì, per fortuna. Eppure per molti è tutto lì: esistere sessualmente equivale ad esistere. Tristezza, vero?!
Allo stesso modo capita che subire un rifiuto sessuale possa far cadere quelle poche certezze faticosamente costruite sia dal punto di vista individuale che da quello sociale, che possa quindi significare il ritorno nel ghetto e perciò viene considerato come una attestazione di non esistenza: essere rifiutati sessualmente può essere inteso come un rifiuto della persona tout court. E coloro che manifestano preferenze sessuali diverse ovvero gli autori del rifiuto, mamma mia, sono trogloditi.
Ma non è così, almeno per me non è così.
Quanti siamo a pensarla in questo modo?
Non lo so, ma so che alcuni, i mentalmente aperti, chiamiamoli così, tendono a rinchiudere in una categoria concettuale gli altri, i conservatori, commettendo così lo stesso peccato di cui spesso questi ultimi sono accusati. È la logica dei muretti a secco, mi diverto a chiamarla in questo modo.
In definitiva una società sessocentrica come la nostra ha un'inclinazione congenita all'uso dell'identità sessuale come biglietto da visita. In un mondo dove la libertà sessuale è stata barattata col consumo di massa - nel senso letterale del termine - di sesso, si assiste impotenti al triste declino dell'identità tout court a favore di un singolo aspetto di essa. Noi siamo quello che consumiamo, anche sessualmente.
Ancora più desolante è la tendenza a creare nuove equazioni, nuovi luoghi comuni, perfino in questo forum: puttana uguale persona speciale, puttaniere ipocrita e così via. Come se la sensibilità se non addirittura il valore di un individuo dipendesse in modo proporzionale, direttamente o inversamente a seconda dei casi, dalla quantità di cazzo preso o dato.
Purtroppo succede.
Viene naturale pensare che una società che spettacolarizza il sesso e le preferenze sessuali relegando spesso gli omosessuali o i sessualmente "diversi" a fenomeni da baraccone con tanto di parrucca in testa, non sia una società libera e tanto meno evoluta. Bisogna augurarsi un salto di paradigma per arrivare finalmente a considerare un individuo senza sbilanciamenti sul "chi" o il "come" scopa e senza idolatria per la propria bandiera sessuale.
Forse solo allora riusciremo ad abbandonare quel moralismo che, volenti o nolenti, coinvolge tutti.


maggior mi sento. A scherno
ho gli umani giudizi; e il vario volgo
a' bei pensieri infesto,
e degno tuo disprezzator, calpesto.


Che Leopardi mi perdoni.


Profonda riflessione oblomov. Me ne congratulo. Il tuo punto di vista sul valore delle preferenze e delle scelte sessuali è sostanzialmente “identico” al mio. Ma la risposta su cosa definisca la nostra identità sessuale passa proprio dal definire il concetto di identico che è un concetto dal fascino ammaliante. Identico è sentire che non sei solo ad avere determinate pulsioni sessuali, (ma il discorso non cambia se si considera qualunque altro aspetto del vivere in società) e quindi credere che sia più facile sapersi accettato e trovare una affinità di giudizio in un mondo così parcellizzato. E’ indubbiamente un sollievo perché i nostri timori sono stemperati dalla consapevolezza che sono gli stessi di altri. Allora la nostra preoccupazione principale diventa trovare qualcuno che metta i “grazie” ed i “mi piace” a sigillo dei nostri pensieri. Abbiamo terribilmente bisogni di trovare l’accettazione sociale che ce ne facciamo condizionare al punto che il nostro cervello è indotto quasi istintivamente ad esprimere concetti conformistici, che rispondano più ad esigenze di adeguamento alla volontà della massa che ad esprimere un pensiero veramente autentico. Marcuse lo definì l’uomo ad una dimensione. La diversità delle scelte è determinata solo dagli errori nell’interpretazione degli orientamenti prevalenti e non da elaborazioni. E’ sempre la paura a condizionare le nostre scelte.
Mi piace riportare un pensiero di un grande uomo del passato che ha pagato cara la sua fede alla libertà di pensiero e che fa il paio con i sublimi versi da te citati del Leopardi (che non si rivolterà nella tomba per questo) e che non a caso sono contenuti in un poema dal titolo emblematico “Il pensiero dominante”

Gli uomini temono il pensiero più di ogni altra cosa al mondo più della rovina e persino più della morte. Il pensiero è sovversivo e rivoluzionario, distruttivo e terribile; il pensiero è spietato nei confronti del privilegio, delle istituzioni e delle comode abitudini; il pensiero è anarchico e senza legge, indifferente verso le autorità, incurante dell'ormai collaudata saggezza dei secoli passati. Il pensiero guarda nella voragine dell'inferno, ma non ha paura... Il pensiero è grande, acuto e libero, la luce del mondo, e la più grande gloria dell'uomo. Se il pensiero non è bene di molti, ma soltanto privilegio di pochi, lo dobbiamo alla paura. E' la paura che limita gli uomini -paura che le loro amate credenze si rivelino delle illusioni, paura che le istituzioni con cui vivono si dimostrino dannose, paura di dimostrarsi essi stessi meno degni di rispetto di quanto avessero supposto di essere
 
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