I cubi di cemento

CarloDircel

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Sono stato bambino e ragazzo in un piccolo posto di campagna. Un posto dove le sere d'estate si stava fuori a sentire gli anziani raccontare della millenaria civiltà rurale, piuttosto che del ritorno a piedi dalla campagna di Russia. Dove è stato ancora possibile (appena in tempo, prima che irrimediabilmente fosse per sempre tardi) imparare le donne calpestando l'erba tenera, o fare l'amore in mezzo al bosco in un giorno di neve.

Intendo dire che per mia buona sorte, ho avuto modo di crescere lontano dalle strisce interminabili d'asfalto di cui a perdita d'occhio non vedi la fine, lontano dalle periferie cittadine nelle quali la terra ed il verde sono stati mangiati dai cubi di cemento. Per questo mantengo dentro una specie di sacralità della vita, e non sopporterò mai il disastro che ha rovinato per l'eterno le nostre città, che erano belle come noi, la nostra immagine, la nostra storia, la memoria.

Nei cubi ci ho vissuto; ci ho lavorato; ci sono andato a donne, e continuo ad andarci. Ma non chiedetemi di voler bene ai cubi.

Ci succedono tante cose, dentro e fuori dai cubi. A volerle raccontare, ne uscirebbe una collana di romanzi. A volte, mosso dalla mia insopprimibile curiosità di conoscenza della vita umana, mi sono messo davanti a qualcuno di questi, a distanza adeguata perché tutta l'immensa facciata mi entrasse nello sguardo, ed allo stesso tempo tale da farmi mantenere il giusto distacco. Guardando lungamente tutte le finestre, tutti i minuscoli appartamenti, le loro luci accese, le storie che si sviluppavano dentro.
Le famiglie litigiose. Le donne amorose. Le cenette sul terrazzino. I panni stesi in faccia all'inquilino di sotto, e relative imprecazioni a salire al piano sopra. I piccioni sulle ringhiere. La luce blu del televisore. La luce spenta per risparmiare. Gli stranieri dell'est. Gli stranieri del sud. Gli stranieri italiani. Le grida in tutte le lingue, e spesso non in una delle nostre. Il falso ed il similvero delle nostre splendide non-vite moderne.

Ci succedono tante cose, dentro e fuori dai cubi. Che nemmeno mi stupisco più, eppure dovrei gridare forte il mio senso di straniamento in mezzo a tutto questo.
Ma chissà se la voce mi esce. Da sotto la lingua muta.

Sere fa, in un tardo pomeriggio di un piovoso gennaio, in un raro momento di pace da un lavoro sempre più insensatamente massacrante, in un raro giorno in cui ce l’ho fatta ad uscirne almeno alle sette di sera, preso da improvvisa euforia, telefono ad una delle mie fedeli intrattenitrici, amiche ormai, più che fogli da timbrare, e chiedo ed ottengo un appuntamento.
Salgo così a Perugia zona Bellocchio, lato Camera del Lavoro. Cubi su cubi. Rovine su rovine.
In quei palazzi, particolarmente in quei portoni, sarò entrato perlomeno cinquanta volte. Il senso di squallore di fronte alla scalinata culminante nella larga porta a vetri sporchi non mi ha mai abbandonato negli anni. Mi mette freddo anche d'agosto. Luoghi senz'anima né nome, e infatti anonimi sono i proprietari degli appartamenti, anonimi gli inquilini, anonimi i visitatori.

Ecco, egoisticamente il punto di vantaggio è l'anonimato del visitatore.
Anzi... era.

Parcheggio davanti alla scalinata, a muso rivolto al palazzo. A quell'ora, le strisce blu non si pagano più. Spengo i fari con la sinistra, prendo il telefono con la destra e faccio per avvisare dell'arrivo. A questo punto noto la figura.
Una specie di militare, massiccio e a gambe divaricate, piantato a braccia conserte, nel buio che c'è, proprio davanti la porta a vetri sporchi.

Attendo un minuto. Magari è solo uno che ha portato il cane a spasso. Ma resta fermo come una guardia.

Non ci ho mai visto nessuno, così sistemato. Non mi va di salire passandogli a lato, e dunque faccio il numero e telefono all'amica.
Mi dice di spostare la macchina nel parcheggio sotterraneo, che intanto lei scende per aprirmi dall'interno la porta dell'interrato.

Così faccio. Allora scendo sotto, chiudo la portiera e mi avvio al punto stabilito.

Quando sono a sei metri, dall'angolo il tizio sbuca, sempre massiccio ed a braccia conserte. Largo come Hulk, vestito con un double-face impermeabile, calzoni della tuta e scarponi anfibi di un tipo che nessuno indossa più.

Nonchalante arrivo alla porta dell'interrato. Faccio per aprirla, ma è chiusa. L'amica tarda a scendere. Non l'ho ancora guardato in faccia. Ma lui ha il tempo di apostrofarmi.

"Che fa lei qui?".

Accento, manco a dirlo, esteuropeo-rumeno.

"Perchè lo chiede?"
Devo sembrare imperturbabile. E recitare mi riesce abbastanza bene, in tutte le vite che vivo. In realtà, la sagoma e i modi mi fanno paura. E' un estraneo. Uno straniero. Uno che non si conosce, e che non sta a casa sua, quindi non c'ha nulla da perdere. Quel che aveva da perdere è rimasto in Romania.

"Sono io che faccio domande a lei. Che fa lei qui, ho detto?"

A 'sto punto, l'ho da guarda'. Non avrei voluto dargli il vantaggio.
Non ha cucite o stampate addosso etichette di qualche società di vigilanza, né ovviamente può essere uno sbirro.

"Sto salendo. Mi pare che sia chiaro."
"Lei non abita qua. Non può salire".

In quel momento sento arrivare colei che attendo. E dunque rapidamente riesco a dire "Passo a prendere una persona"

"Che persona? Qui non ci sono persone".

Sarebbe da manicomio. Ma la ragazza apre la porta, finalmente, e faccio per allargare il braccio destro ad abbracciarla nel gesto di un affettuoso e convincente saluto.
Sfortunatamente, 'sta cretina è scesa in ciabatte e perizoma, come se il parcheggio avesse la vasca idromassaggio in mezzo.

Il tipo comincia a fumare dagli orecchi. "NON SI SALE QUA!!!"
Guardo lei, cercando di mantenere lo sguardo dell'abbraccio mancato, e dico "Ciao, piccolina, perché non sei ancora pronta? ma non hai freddo così?" E mi sfilo il giaccone passandoglielo sulle spalle. "Dai, andiamo su, che ti finisci di preparare per la cena".

Col cazzo che quello molla. "NON SI SALE QUA!!".

"Posso sapere intanto con chi ho il piacere (...) di parlare?" E intanto guardo lei... che almeno intervenga dalla mia parte.

"Io mi chiamo M... Sono il portiere. Non ti ho mai visto qua. Quindi non puoi salire".

E' passato al tu, e questo è imperdonabile. Ma anche segnale di pericolo. Devo giocare, allora.

"Se è per questo 'n t'ho mai visto neanch'io. E sono qua molto spesso".

"No, io lavoro qua e non ti ho mai visto. Quella porta tu non la sali".

"Perché, sennò chiami la polizia?"

Gioco e rischio. R., l'amica, decide di intervenire tra i brividi. Dice che sono un suo amico e la sono venuto a trovare. Quell'altro insiste di non conoscermi. R. alzicchia la voce e dice che a casa sua fa entrare chi le pare, o è lui che paga l'affitto?, e Hulk ripete che non è con lei che ce l'ha, e le domande le fa lui e le risposte le devo dare io da me.

Per fortuna non sta passando nessuno, ma la commedia va avanti da troppo e senza via di fuga. Faccio a lei, risolutivo : " In tanto tempo che vengo qua, io lui mai visto. Ma alla fine, tu almeno lo conosci?".

Brillantemente, invece di rispondere a domanda, attacca a strillargli in rumeno. Capisco poche cose, anche della risposte di Hulk, ma grossomodo lei gli dice di farsi gli affari suoi, con altri termini, e lui le consiglia di non darla via agli italiani, con altri termini.

La storia trascende. Perchè il buttafuori è razzista al contrario, probabilmente prende soldi da qualche pappone concorrenziale, è gasato sopra soglia e mi è arrivato a tre centimetri, con fare ormai minaccioso. Ma davanti a uno straniero che alza la voce nei miei posti, non indietreggio.

Prendo R. e la sospingo all'interno, cercando di richiudere velocemente la porta, che lui da fuori non potrebbe riaprire. Per un nulla fallisco, ha messo in mezzo la punta di un anfibio. Apre quasi a svellerla, la porta, e mi afferra il bavero.

La scena, a fotografarla, sarebbe anche comica. Lei mezza nuda che batte i denti e si attacca a me, a cui si è attaccato Hulk per la collottola e che ha l'altra mano a contrappeso sulla maniglia. Una specie di tiro alla fune senza fune.

E mo'... la saprò recitare ancora?

"Mi lasci, per favore?". Tengo la mano libera a posto, per evitarmi guai.

"Guai a te se ti ripresenti", mi urla lasciando la presa e avvicinando la mano a pugno a filo del mio naso.

Mi sposto con lei verso l'interno. Entriamo verso l'ascensore. Lui guarda. Ha raggiunto lo scopo. Quello di imporre il comando identitario di un pezzo di territorio.

"Da quanto succede? Da quanto per salire quassù ti fanno le analisi? Me lo spieghi, per dio? Che cazzo vuole 'sta gente? Il pizzo?"
"Stai calmo. Ho freddo. Riscaldami."
"Voleva impaurirmi. Perché? Perché non vuole italiani qua?
“Ho freddo. Stringimi”.

Mi dovrei rispondere da solo. <Italiani qua> non ne vivono più. Il palazzo e i suoi otto piani e cinquanta appartamenti ospitano rumeni, albanesi, bulgari, moldavi, africani neri, maghrebini. Quasi tutti border line. Quasi tutti avventurieri.
Conquistati dagli invasori. Conquistati nei cubi di cemento. E sotto il nostro naso, senza che ci volessimo accorgere.

Inutile dire che, una volta sbollita la prima schiuma di rabbia, ho salutato R., dicendole che sarebbe stato per un'altra volta... (ma forse mai più, anche con dispiacere).

Per la cronaca, Hulk sotto non c'era più, e nemmeno il mio specchietto sinistro era al suo posto.

[Parentesi che non c'entra niente : la ragazza del bosco innevato è già una foto su una lapide. Il destino l'ha rubata presto, e VERAMENTE resta non più del ricordo di un odore di carne sudata in un giorno di gennaio che avevamo per gioco fatto diventare estate. Venti e più anni fa.
Addio C. Nei miei ricordi non potrai morire mai, se non con me.]
 
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tempo fa in un forum che tratta di tutt'altro argomento, apparve questo messaggio:

-------------------------

"Sta storia del sublimare, sinceramente non la capisco.

Il business del dolore, e' un triste artigianato, fatto tristemente, imparato tristemente, applicato tristemente. Personalmente, mi ci sono dedicato per due motivi, primo perche' in gioventu' (quasi infanzia) le ho pigliate un po' troppe, e la cosa non m'è piaciuta. Questo e' lo spartiaque, imho, ci sono due categorie di individui, quelli che nel confronto con la violenza, cercano un autorita' superiore (Dio, patria, famiglia, divisa, stato, provvidenza, fato, fortuna)e ci sottostanno, e quelli che pigliano la faccenda in mano, pur sapendo che costera' sforzo. Siccome mi ritengo un liberista, ho deciso per la seconda.

Il secondo motivo, e' un po' piu' oscuro, ci sono poche pochissime cose che destano uno stato di profonda soddisfazione, quanto la sopraffazione, pura e semplice, e' un retaggio atavico imbullonato nel nostro DNA e che ci permette di fottere o comunque schiavizzare, sopraffare, disintegrare un essere piu' debole, a nostro vantaggio.

Vale per le zanzare d'estate o per le mosche sul tavolo, vale pure nei confronti degli uomini. Tutto il resto e' sovrastruttura e condizionamento civilizzante attuato allo scopo di farci vivere in un gruppo esteso.

Cattivo?..ma no, umano, troppo umano.

Cosicche' nei confronti dello scontro si adotta un atteggiamento che e' comune ai picchiatori da strada, ai banditi, agli stupratori, ai criminali in generale, ovvero, se posso, ti fotto, se non posso, cerco di evitarti il piu' possibile.

E si arriva a un livello non verbale di "aura" proiettata intorno, che e' perfettamente avvertibile dagli umani, in special modo quelli cattivi o malevoli, che infatti fiutano chi possono fottere e chi no, e spesso, una volta iniziata a piovere merda, battono indietro consapevoli di un fatto, talvolta di fronte si trovano qualcuno a cui la violenza proprio piace, anche costo di farsi molto male, e a cui non importa granche' il dolore, perche' tanto, ne ha provato gia' parecchio e ha una scala di confronto su cui basarsi, e che e' talmente elevata, che forse e' il caso di tirarsi indietro, perche' e' piu' alta del medio coglione in strada.

Qual'è la differenza fra un umano e un criminale? L'umano, tiene sotto controllo la parte nera perche' qualcosa da perdere a lasciarla libera ce l'ha, e quindi tutto sommato vive, il criminale, altra vita non ha.

L'umano, durante lo scontro, si lascia andare, felice, perche'..durante lo scontro, qualunque esso sia, non c'è tempo di pensare, non c'è tempo di ragionare sulle merde di bollette, dipendenti, tasse, famiglia, dio o patria.

Perdio, ci si rilassa. Si VIVE.

Questo, signori, fa' un sacco di paura..ed e' la chiave di tutto.

Altro che arti marziali..

Salutoni!"
--------------------------------

Le bollette, l'ICI, il femminicidio, i matrimoni gay, i termovalorizzatori, il mondialismo, le pari opportunita'. la TAV, tangentopoli e le marce della pace.

Noi eravamo troppo occupati a pensare alle stronzate; "loro" sanno come si sopravvive in questo mondo di merda.
 
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Mi sono emozionato e sono tornato bambino, nel paese di mia nonna. Lontano dai cubi, come li chiami tu. Credevo, iniziando a leggere, che fosse un storia relativa al cemento ed ai palazzinari. Che hanno distrutto e continuano a farlo, questo bellissimo paese. Invece ho scoperto un racconto di vita. Difficile che io legga dei post così lunghi, ma il tuo merita davvero e l'ho letto tutto d'un fiato.
 
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queste storie le vivevamo prima solamente nei film di quentin tarantino .. era l'america .. un'america lontana .. da film ..
ora quell'america è arrivata anche qui da noi .. così non siamo più padroni in casa nostra ..
un grazie sentito a chi ci comanda .. a tutto l'arco costituzionale ..
 
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Mi sono immedesimato nella tua storia, anzi e' anche la mia, visto che so di che parli. Conosco il palazzo, i portoni, i guardiani prezzolati
pagati dai condomini, ai tempi di Suellen o della Sissi, l'argentina....Ora non vado piu' li': anch'io sostavo per ore davanti al piazzale a vedere
la fauna che vi abitava, testimone dell'abisso in cui stava cadendo la nostra bella citta', fascino perverso, a me colpivano anche gli odori
che uscivano dai termitai nelle afose giornate estive. Sono stato testimone ed anche responsabile di questo degrado violento, oramai la
sensualita' e' volata in altri lidi, come le menti migliori.
Ultima scopata otr warrior selvaggia fatta con una bella romena raccattata un'estate davanti al "Duelire" e scopatona smorzacandela nel piazzale
Usl di Madonna Alta, li' a due passi. Pazzo furioso, lei puzzava di selvatico e di fica abusata.
Il mio portone preferito era il 33
 
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CarloDircel

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Ora non vado piu' li': anch'io sostavo per ore davanti al piazzale a vedere
la fauna che vi abitava, testimone dell'abisso in cui stava cadendo la nostra bella citta', fascino perverso, a me colpivano anche gli odori
che uscivano dai termitai nelle afose giornate estive. Sono stato testimone ed anche responsabile di questo degrado violento, oramai la
sensualita' e' volata in altri lidi, come le menti migliori.
Ultima scopata otr warrior selvaggia fatta con una bella romena raccattata un'estate davanti al "Duelire" e scopatona smorzacandela nel piazzale
Usl di Madonna Alta, li' a due passi. Pazzo furioso, lei puzzava di selvatico e di fica abusata.
Il mio portone preferito era il 33

Prima, i complimenti. Scrivi come Bukowski.
Ed hai capito in pieno.
La fauna. L'abisso. E gli odori. Gli odori...
Odori di pelle straniera. Odori di friggiticcio appesi ai panni. Odori di promiscuità.
Odore di scale di condominio. Di ascensore. Odori sui capelli.
Chiunque diventerebbe una cosa informe, vivendo nei cubi. Non è naturale. E' una vita malata e che infetta tutti noi. Che infatti, infetti e accecati, ci abbiamo messo decenni a capire, e abbiamo capito (in non molti) quando ormai era irrimediabile.
Devastati dalla follia consumista, comprati a poco prezzo da quella stampa di benessere di cui appena siamo stati capaci di odorare il culo (gli odori, sempre), nemmeno ci siamo non dico ribellati, ma almeno accorti, che - nell'illusione di aver tutto - non ci era rimasto più nulla.
Neppure la nostra terra. La nostra casa. Non siamo stati capaci di difendere casa.

La "puzza di selvatico e di fica abusata", in ogni caso, è una poesia animale che non ti esce più dall'anima.
 
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CarloDircel

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Mi sono emozionato e sono tornato bambino, nel paese di mia nonna. Lontano dai cubi, come li chiami tu. Credevo, iniziando a leggere, che fosse un storia relativa al cemento ed ai palazzinari. Che hanno distrutto e continuano a farlo, questo bellissimo paese. Invece ho scoperto un racconto di vita. Difficile che io legga dei post così lunghi, ma il tuo merita davvero e l'ho letto tutto d'un fiato.

Caro Fibonacci... intanto complimenti per la passione matematica...

Quello che ho iniziato a scrivere sopra è ANCHE una storia sui palazzinari.

Ho lavorato in edillizia. Per anni. Mi pagavano bene, mi hanno fatto un uomo. E nell'esplosione di me stesso, ero il dio bello come il sole e sicuro per sempre di se stesso che tutto si permetteva. Anche di andare a trovare le loft negli appartamenti di cui sapevo i proprietari e la storia.
Ma appunto è questo : abbiamo riempito ogni metro quadro coi cubi. Ma non ci servivano tutti questi cubi. Non siamo così tanti, noi.
E allora abbiamo chiamato gente da fuori. Da est. Da sud. Tutti individui sradicati dalle origini e dalle abitudini. Tutti abbagliati dall'idea di vincere la roulette della vita con poco sforzo. Servivano a riempire tutti i cubi, per costruirne di nuovi all'infinito.

Lo dovevamo sapere, che la speculazione edilizia avrebbe avuto bisogno di spacciatori (e perciò di tossici), di manovalanza del lavoro nero (e perciò di nostra gente disoccupata o sottooccupata) e di puttane (e perciò di clienti delle puttane).

Della razza non me ne importa niente. Non è un fatto di razza, di DNA, queste sono sciocchezze per farci smettere di ragionare.

E' un fatto di identità. Se non abbiamo un'identità, se non ci riconosciamo, siamo il nulla.
 
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Mi viene da piangere quando penso al cemento che si sta mangiando il mondo. Ho un senso di nausea unito ad impotenza (non erettile). Ovvio che poi, come dici tu, i cubi vanno riempiti. E diventa anche una questione di razza. Perché molti non li riempiono gli stranieri laureati, né le brave persone. Ma gli spostati, emarginati e delinquenti. Ma il discorso si amplierebbe troppo, non voglio andare O.T. Solo un ultimo pensiero. Stavamo tutti meglio quando c'era il Muro, che non è un cubo ma aveva una sua forma precisa. Vabbè, ti saluto Carlo. Piacere di averti letto. :wink:
 
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Mi viene da piangere quando penso al cemento che si sta mangiando il mondo. Ho un senso di nausea unito ad impotenza (non erettile). Ovvio che poi, come dici tu, i cubi vanno riempiti. E diventa anche una questione di razza. Perché molti non li riempiono gli stranieri laureati, né le brave persone. Ma gli spostati, emarginati e delinquenti. Ma il discorso si amplierebbe troppo, non voglio andare O.T. Solo un ultimo pensiero. Stavamo tutti meglio quando c'era il Muro, che non è un cubo ma aveva una sua forma precisa. Vabbè, ti saluto Carlo. Piacere di averti letto. :wink:
...gia' perche' noi stavamo aldiquà del muro....vallo a chiedere a chi stava aldila' ?
 
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Vuoi non vuoi, noi sicuramente stavamo benissimo. Ma anche chi stava al di là della barricata non stava poi messo peggio di oggi. In Russia, a parte qualche straricco amico di Putin, so tutti poveracci. Nei paesi dell'Est ancora regna la povertà, fra un po' neanche mangiano più. Noi se puzzamo tutti dalla fame, cerchiamo di campare con 1000 euro al mese facendo i finti benestanti. Vuoi parlare di libertà personale, di stampa, di polizie segrete? Ti senti davvero così libero? Poi negli States neanche te lo dico, ma loro non c'entrano con noi. Vedi, non volevo ma per forza di cose il discorso si amplia e si dovrebbe parlare delle banche, del signoraggio bancario ecc. ecc. Ripeto: era meglio quando c'era il Comunismo contrapposto allo Zio Sam.
 
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OTR again
tutte le volte che sono andato nei cubi, a volte in tuguri inimmaginabili, non ero a disagio, anzi spesso mi piaceva osservare l'umanità varia che vi passava, ma solo perchè sapevo che poi me ne sarei andato..

ps personalmente trovo altrettanto inquietanti le villette con i giardini geometrici e le statue e la piscina gonfiabile ecc..ecc.. non me ne voglia chi ci vive.. :)
 
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E poi,dopo quei cubi...... quel paesaggio cittadino sfregiato,in contemporanea, o un po' dopo, sono arrivate le sex workers,
non piu' puttane, deformate dal silicone che le rendeva tutte uguali.
laggiu' sui cubi una delle ultime genuine era un 'ucraina che riceveva al 6, in autoreggenti nere, aveva il
complesso dei polpacci grossi, di viso molto carina. Dopo il sesso rimanevamo avvinghiati anche un'ora,
parlando di tutto, ma specialmente dei rapporti tra uomini e donne.
Aveva biglietti da visita vergati a mano, su foglio quadrettato.....che tenerezza, altro che netbook, photoshop.!!!
L'esercito delle siliconate (non ho mai capito se si storpiano per loro o per i clienti?),ha t rovato il suo giusto
contrappunto in punters che si presentano agli appuntamenti in pantaloncini ed infradito, sudaticci,
oppure in inverno in felpa o tuta da ginnastica, subito dopo la palestra, tanto sempre di
movimento si tratta.
Li ho osservati mentre entravano sui cubi; alle volte facevo una scommessa con me stesso,
calcolavo il tempo che mettevano a ridiscendere.
Il maschio italico ha fama usurpata, il dna cattolico fa fare queste cose con vergogna e quindi velocemente.
Poi ho smesso di osservare, troppa la tristezza che mi dava.
Oramai manca al meccanismo la cosa piu' importante: la curiosita'.
Questo mondo si adegua a quello che e' la nostra societa' oggi.
Per me era una festa, conoscenza , scambio,e penso di non essere stato il solo a sentirlo.
Cambiano i paesaggi e le teste delle persone.
 
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Vuoi non vuoi, noi sicuramente stavamo benissimo. Ma anche chi stava al di là della barricata non stava poi messo peggio di oggi. In Russia, a parte qualche straricco amico di Putin, so tutti poveracci. Nei paesi dell'Est ancora regna la povertà, fra un po' neanche mangiano più. Noi se puzzamo tutti dalla fame, cerchiamo di campare con 1000 euro al mese facendo i finti benestanti. Vuoi parlare di libertà personale, di stampa, di polizie segrete? Ti senti davvero così libero? Poi negli States neanche te lo dico, ma loro non c'entrano con noi. Vedi, non volevo ma per forza di cose il discorso si amplia e si dovrebbe parlare delle banche, del signoraggio bancario ecc. ecc. Ripeto: era meglio quando c'era il Comunismo contrapposto allo Zio Sam.
Si anche verso gli anta sono rimasto legato a quel sogno...di vedere la tirannia finita...di qualsiasi colore e pensare ad un Europa unita veramente...non sotto una moneta ma sotto un valore assoluto...liberta' anche fittizia certe volte ma sempre liberta'....scusa ma io ancora sogno....
 
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