- Espulso
- #1
La Maria.
La Maria era la “morosa” dei coscritti. Quasi ogni sera, la Maria era davanti al Distretto Militare. E per i coscritti che andavano alla visita di leva, la Maria costituiva, talvolta, una sorta di iniziazione alla vita. Lei, la sera, si appartava, in auto, nei giardinetti bui posti sul retro dell’antico convento che ospitava il Distretto Militare. Al pomeriggio, riceveva i coscritti a casa sua. Fu così che un pomeriggio, su pressione di un amico, andai a trovare la Maria. Sottrarmi a quell'obbligo significava venir meno allo spirito goliardico che contrassegnava i tre giorni della visita militare. Stavo fumando, nervosamente, l’ennesima NAPOLEON. Noi studenti liceali, per darci tono e contegno chiamavamo, in tal modo, le sigarette “Nazionali”, quelle col pacchetto bianco con una grande N azzurra. Erano sigarette introvabili che non aumentavano mai di prezzo perché inserite nel paniere della contingenza e, di conseguenza, secondo l’ISTAT, l’inflazione non aumentava più di tanto. Mi sentii battere sulla spalla.
“Vai - mi disse il mio amico – che la Maria ti aspetta”. Andai nel vicolo appartato, lontano da occhi indiscreti. Salii, in punta di piedi, la ripida scala di legno con scricchiolanti gradini che conduceva all'abitazione della Maria. Si accedeva direttamente al salotto arredato con mobili poveri e sobri. Al centro della stanza vi era un tavolo coperto, integralmente, da un grande centro realizzato all'uncinetto. Il bagno era rifatto, con sanitari nuovi. In un angolo del bagno, una brocca per l’acqua ed un catino smaltato ricordavano tempi passati. Sullo stesso treppiede erano appoggiati degli asciugamani di bianco cotone orlati di pizzo. Tutta la casa, ordinata e pulita, rispecchiava la dignità della Maria. Lei era una donna ancora belloccia nonostante non fosse più nel fiore degli anni. I suoi occhi, scuri ed intensi, catturavano l’attenzione. I lineamenti del viso esprimevano una certa dolcezza. Il suo corpo, leggermente appesantito, presentava forme rotondeggianti. Donna affabile e spontanea, la Maria cercò di mettermi subito a mio agio.
Ritornai ancora due o tre volte a trovare la Maria.
Un giorno notai sul suo comodino una foto sfuocata, ingiallita dal tempo. Mi raccontò che era la foto della sua bambina, frutto di un amore giovanile, nascosto ed impossibile. Lei, figlia di poveri mezzadri veneti, per sfuggire allo scandalo e alle maldicenze del piccolo paese ma, soprattutto per sfamare se stessa e la sua bambina, era andata a prestar servizio in una agiata famiglia bolognese. Successivamente, anche a causa delle sue condizioni economiche, era stata convinta a cambiar vita, a mettere a frutto la sua bellezza. Un rapido e continuo peregrinare tra le varie case in Italia, da Roma a Torino, da Milano a Genova. Di tutte queste città, la Maria mi disse di aver visto ben poco. Ricordava i viaggi in treno, effettuati talvolta in prima classe coi Signori, quando i treni avevano ancora la terza classe, ricordava i tragitti dalla stazione alla casa dove avrebbe donato il proprio corpo ai nuovi avventori. Con un filo di emozione, mi raccontò d’aver visto una domenica il Papa, in Piazza San Pietro, all'Angelus. Poi, un giorno, mentre era a Napoli, le giunse la notizia che il suo angioletto, a due anni, era volato in cielo. Un dolore, un dolore forte e straziante. Questa vita, breve ed intensa, durò poco. La Senatrice Merlin chiuse tutte le case.
La Maria decise di ritornare nella sua regione e di aprire il suo ufficio sul marciapiede antistante il Distretto Militare. Divenne, così, la “morosa” dei coscritti.
Qualche tempo dopo, una sera d’inverno passai, senza accorgermene, davanti al Distretto Militare. Avevo parcheggiato la mia 500 nelle vicinanze. Era una serata umida con una nebbia fitta che non permetteva, quasi, di vedere due lampioni di seguito. Camminavo a testa bassa, assorto nei miei pensieri. Sentivo il fardello della vita pesarmi, enormemente, sulle spalle. Stavo attraversando un triste momento, uno di quei periodi che segnano, per sempre, la vita di una persona. Mia madre era morente nell'ospedale della città.
“Biondino – mi sentii apostrofare – cosa c’è che non va?...Dai raccontami tutto... andiamo al bar a bere un caffè”.
Era la Maria. Non so perché accettai il suo invito. Andammo al vicino bar dove mi accorsi che la Maria era una donna pronta alla battuta e benvoluta da tutti. Le offrii un caffè. “Corretto grappa perché là fuori fa freddo...“ mi disse. E poi soggiunse: “Sai, stasera non c’è nessuno in giro, possiamo anche stare tranquillamente qua al caldo”. Rimasi a parlare con la Maria, quasi un’ora. Lei che aveva fatto la quinta elementare, possedeva una straordinaria capacità di leggerti dentro. Le sue parole, quella sera, mi distrassero dai miei pensieri, mi sollevarono un po’.
Fu l’ultima volta che parlai con la Maria.
Una decina d’anni dopo, un giorno, lessi sulla cronaca locale di un giornale che i vicini della Maria non la videro uscire di casa per qualche giorno. Chiamarono la polizia. La Maria se n’era andata, improvvisamente, in silenzio. Era sola, senza alcuno accanto, lei che aveva donato tanti momenti di compagnia, lei che aveva detto parole nate dal cuore.
“La chiamavano Bocca di rosa metteva l'amore, metteva l'amore
la chiamavano Bocca di rosa metteva l'amore sopra ogni cosa.
...............
C'è chi l'amore lo fa per noia chi se lo sceglie per professione
Bocca di rosa né l'uno né l'altro lei lo faceva per passione.
...............
Addio Bocca di rosa
con te se ne parte la primavera".
...............
La Maria era la “morosa” dei coscritti. Quasi ogni sera, la Maria era davanti al Distretto Militare. E per i coscritti che andavano alla visita di leva, la Maria costituiva, talvolta, una sorta di iniziazione alla vita. Lei, la sera, si appartava, in auto, nei giardinetti bui posti sul retro dell’antico convento che ospitava il Distretto Militare. Al pomeriggio, riceveva i coscritti a casa sua. Fu così che un pomeriggio, su pressione di un amico, andai a trovare la Maria. Sottrarmi a quell'obbligo significava venir meno allo spirito goliardico che contrassegnava i tre giorni della visita militare. Stavo fumando, nervosamente, l’ennesima NAPOLEON. Noi studenti liceali, per darci tono e contegno chiamavamo, in tal modo, le sigarette “Nazionali”, quelle col pacchetto bianco con una grande N azzurra. Erano sigarette introvabili che non aumentavano mai di prezzo perché inserite nel paniere della contingenza e, di conseguenza, secondo l’ISTAT, l’inflazione non aumentava più di tanto. Mi sentii battere sulla spalla.
“Vai - mi disse il mio amico – che la Maria ti aspetta”. Andai nel vicolo appartato, lontano da occhi indiscreti. Salii, in punta di piedi, la ripida scala di legno con scricchiolanti gradini che conduceva all'abitazione della Maria. Si accedeva direttamente al salotto arredato con mobili poveri e sobri. Al centro della stanza vi era un tavolo coperto, integralmente, da un grande centro realizzato all'uncinetto. Il bagno era rifatto, con sanitari nuovi. In un angolo del bagno, una brocca per l’acqua ed un catino smaltato ricordavano tempi passati. Sullo stesso treppiede erano appoggiati degli asciugamani di bianco cotone orlati di pizzo. Tutta la casa, ordinata e pulita, rispecchiava la dignità della Maria. Lei era una donna ancora belloccia nonostante non fosse più nel fiore degli anni. I suoi occhi, scuri ed intensi, catturavano l’attenzione. I lineamenti del viso esprimevano una certa dolcezza. Il suo corpo, leggermente appesantito, presentava forme rotondeggianti. Donna affabile e spontanea, la Maria cercò di mettermi subito a mio agio.
Ritornai ancora due o tre volte a trovare la Maria.
Un giorno notai sul suo comodino una foto sfuocata, ingiallita dal tempo. Mi raccontò che era la foto della sua bambina, frutto di un amore giovanile, nascosto ed impossibile. Lei, figlia di poveri mezzadri veneti, per sfuggire allo scandalo e alle maldicenze del piccolo paese ma, soprattutto per sfamare se stessa e la sua bambina, era andata a prestar servizio in una agiata famiglia bolognese. Successivamente, anche a causa delle sue condizioni economiche, era stata convinta a cambiar vita, a mettere a frutto la sua bellezza. Un rapido e continuo peregrinare tra le varie case in Italia, da Roma a Torino, da Milano a Genova. Di tutte queste città, la Maria mi disse di aver visto ben poco. Ricordava i viaggi in treno, effettuati talvolta in prima classe coi Signori, quando i treni avevano ancora la terza classe, ricordava i tragitti dalla stazione alla casa dove avrebbe donato il proprio corpo ai nuovi avventori. Con un filo di emozione, mi raccontò d’aver visto una domenica il Papa, in Piazza San Pietro, all'Angelus. Poi, un giorno, mentre era a Napoli, le giunse la notizia che il suo angioletto, a due anni, era volato in cielo. Un dolore, un dolore forte e straziante. Questa vita, breve ed intensa, durò poco. La Senatrice Merlin chiuse tutte le case.
La Maria decise di ritornare nella sua regione e di aprire il suo ufficio sul marciapiede antistante il Distretto Militare. Divenne, così, la “morosa” dei coscritti.
Qualche tempo dopo, una sera d’inverno passai, senza accorgermene, davanti al Distretto Militare. Avevo parcheggiato la mia 500 nelle vicinanze. Era una serata umida con una nebbia fitta che non permetteva, quasi, di vedere due lampioni di seguito. Camminavo a testa bassa, assorto nei miei pensieri. Sentivo il fardello della vita pesarmi, enormemente, sulle spalle. Stavo attraversando un triste momento, uno di quei periodi che segnano, per sempre, la vita di una persona. Mia madre era morente nell'ospedale della città.
“Biondino – mi sentii apostrofare – cosa c’è che non va?...Dai raccontami tutto... andiamo al bar a bere un caffè”.
Era la Maria. Non so perché accettai il suo invito. Andammo al vicino bar dove mi accorsi che la Maria era una donna pronta alla battuta e benvoluta da tutti. Le offrii un caffè. “Corretto grappa perché là fuori fa freddo...“ mi disse. E poi soggiunse: “Sai, stasera non c’è nessuno in giro, possiamo anche stare tranquillamente qua al caldo”. Rimasi a parlare con la Maria, quasi un’ora. Lei che aveva fatto la quinta elementare, possedeva una straordinaria capacità di leggerti dentro. Le sue parole, quella sera, mi distrassero dai miei pensieri, mi sollevarono un po’.
Fu l’ultima volta che parlai con la Maria.
Una decina d’anni dopo, un giorno, lessi sulla cronaca locale di un giornale che i vicini della Maria non la videro uscire di casa per qualche giorno. Chiamarono la polizia. La Maria se n’era andata, improvvisamente, in silenzio. Era sola, senza alcuno accanto, lei che aveva donato tanti momenti di compagnia, lei che aveva detto parole nate dal cuore.
“La chiamavano Bocca di rosa metteva l'amore, metteva l'amore
la chiamavano Bocca di rosa metteva l'amore sopra ogni cosa.
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C'è chi l'amore lo fa per noia chi se lo sceglie per professione
Bocca di rosa né l'uno né l'altro lei lo faceva per passione.
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Addio Bocca di rosa
con te se ne parte la primavera".
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