Michela - Perugia - Ellera, Pam e dintorni

CarloDircel

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Soggetti smarriti n. 4 - “Michela”

Periodo per me carico di passioni, nel senso drammatico e pertanto farsesco; vita fagocitante, che acceca. Difficile anche solo trovare il tempo di scambiare un sorriso con la persona amata. Cambierà, forse, e intanto fugge il tempo, il futuro davanti a me e a tutti noi si allontana : come potremo mai tornare a desiderarlo?

E allora, un tuffo nel ricordo, perché il passato è noto e quindi si può amare. E perché non sempre i nostri sono gli unici drammi possibili.

Tre anni fa, bighellonando in una sera estiva su e giù per la Trasimeno bis, feci salire una ragazzina magra che pareva Olivia di Braccio di Ferro, fosse solo stata ancora un po’ più alta, e le chiesi di portarmi nel suo labirinto fatato, che poi era il residence di Via dell’Alabastro, a Ellera.

A metà dell’opera, un’opera da men di tre soldi, il normale dai-dai da esercizio scolastico in una camera con una luce ghiacciata e sul cui pavimento non sembrava mai essere passato uno strofinaccio bagnato, lei - lasciandomi impalato sospeso a mezz’aria e mezza spinta pelvica - si sfilò da me per accovacciarsi su quel pavimento, lercio ad e suo modo memorabile, in posizione uovo, piantandosi quattro dita ricurve della mano sinistra nella fessura madre del mondo e dei sui vizi ( e virtù), per cavarne a più riprese manciate di sangue scuro e mestruo, che restò sgocciolato in terra a rapidamente rapprendersi.

Sinceramente divertito dalla scena, mirando la punta della mia asta incappucciata imbrattata di rosso e lei che stava risparmiando sui Lines Seta, non seppi rifiutare le sue scuse nemmeno troppo timide, e la promessa di recuperare la serata ed il tempo perso alla prima volta utile.
Pensai che nelle estreme campagne dell’est Europa la minima e pudica raffinatezza doveva essere un lusso che non sempre era consentito imparare. E comunque, di tutti i modi possibili per interrompere il coito, mi ero imbattuto di certo in quello più colorato.

Passò del tempo, ed a farmi mantenere la promessa non avevo poi più posto la mente. Verso settembre, in caccia serale di un lato b da suonare per la prima volta con la mia puntina gracchiante (il piacere, ludico, egocentrico e sadico di essere il primo, il primo ed il solo, a passare in teneri solchi mai esplorati), dopo una serie di contrattazioni non perfezionate, ritrovai sul marciapiede la mia vecchia fiamma “Karyna”, pelle scura di zingara, voce stridula e corpo perfetto, che sapendo delle mie voglie, ma non essendo da tempo più disposta a soffrire per levarmele, mi indicò una delle sue compagne di strada di quella notte.

“Chiedi a questa ragazza, lei lo fa, se paghi il giusto”.

Era la mestrua Michela.

Accostai. Certo almeno da dietro, in teoria, non si sanguina, salvo efferatezze. Lei corpo magro, quindi cavità stretta, quindi sicuramente spettacolo assicurato.

“Ma… hai cazzo grosso?”
“Dovresti ricordarti. Siamo stati insieme, e ancora sto aspettando di finire”.

Mi spara trecento euro. Io le faccio segno di calare, ed accenno al buono sconto a suo tempo maturato. Chiudiamo per la metà.
Così torniamo nel labirinto delle fate, sotto la stessa luce freddo-bluastra, mentre lei si spoglia ballando al ritmo dell’I-Pod con cui si intrattiene nell’attesa stradale dei clienti.
“Questa è musica aràba”. Mette l’accento sulla seconda a. Un accento rumeno.

E' magra con le gambe lunghe, leggermente troppo lunghe, ma in realtà ben fatta e visibilmente molto giovane. Non sembra né intimidita né incerta. Recupera un tubetto di crema dall’armadietto del bagno. L’anale è nel suo repertorio.

Mi prende tra le labbra. Non ricordavo che fosse così soffice e capace. I mesi non sono trascorsi vanamente, si è fatta un’esperienza. Poiché la cosa è molto piacevole, passo la mano destra tra le sue natiche e mi accingo a deflorarle il buco nero col dito medio. Entra bene. Ed ovviamente il viaggio del dito mi eccita.

“Prendi la crema. Spalmati bene”.
Mi unto tutta la mano di quella specie di vaselina incolore, che fortunatamente non emana alcun profumo, divento viscido e ritorno all’opera.
Entro di nuovo col medio, poi adopero due dita. Si apre. Provo con tre. E’ apertissima. E non accenna a farmi smettere. La sua bocca lavora senza sosta, ma delicatamente, è un momento sospeso tra il folgorato del misticismo e la pazzia di quando la cortina cala davanti agli occhi, e tutto si vede come fosse nebbia. L’io si annulla. Ce ne vorrebbero di più, di momenti come questo. Ubriachi senza bere. In estasi senza dio.

Della mano resta fuori solo il pollice. La straordinaria bellezza di quando puoi toccare. Non guardare : toccare. Toccare profondamente. Carnalità inebriante. Desiderio solido. Mi contorco passando la testa sotto le sue gambe, per vedere lo spettacolo di quella cavità spanciata e la mia mano monca inghiottita nel nulla.
Lei guarda con occhi amorevoli. Sono così stravolto dalla passione che vedo amore in lei? Mi dice che mi vuole dentro. Ma davanti, prima.

Esco la mano dal culo, rapidamente ed alla meglio la ripulisco dal lubrificante. Lei mi fa cenno di salirle sopra mentre si sdraia supina, la testa fuori dal cuscino. La prendo, non ricordavo fosse così calda, la piccola ragazzina mi piace tanto, e io – o la situazione, chi potrà mai dirlo – sto piacendo a lei. Con la mano rimasta pulita, mentre l’altra le solleva piano il capo verso di me, le accarezzo il volto sfiorandole le labbra col pollice. Mi fa entrare nella bocca, me lo succhia, e in realtà sta amando il passaggio del dito sulla lingua. Stiamo così bene che il tempo è immobile. All’improvviso, con lo sguardo intriso di desiderio e commozione, porta la mano sulla mia nuca e leggermente preme ad accompagnarmi verso di lei. Ha il volto trasfigurato dì chi ha bisogno di calore dopo aver sentito tanto freddo. Mi bacia, mi bacia profondamente. Sono uno sconosciuto, ma ha bisogno che ora io sia lì come il più dolce amante. Lo sento da come mi tocca e mi viaggia la schiena col palmo. Tempo immobile. Quante ne avrà passate, per avere bisogno di un momento così col primo venuto?

Dopo secoli, mi sfilo per andare a trovare la meraviglia della locanda posteriore. Nella stessa posizione, perché la perfezione di questo gioco non va disturbata. Entro piano, ma lei mi chiama a muovermi verso il profondo. Ci carezziamo le mani, io la trovo lubrificatissima ed i gemiti non sono di dolore. Il suo volto è ora quello di chi trova finalmente la pace. Con un ultimo sospiro, trattenendo tutti i muscoli del corpo, sento che si lascia andare.

E’ venuta.

Il dono che mi ha fatto di sé stessa è irripetibile ed indimenticabile. La bacio mentre senza furia, libero da tutti i mali, giungo anch’io alla fine.


L’incanto è sempre intrattenibile. E svanisce come i sogni alle prime luci. Si tira su, svelta, come si svegliasse dal sonno. Riprende i panni sparsi sul letto, si riveste il pezzo sopra e fila in bagno.

La raggiungo, per lavarmi anch’io. La trovo sul bidè a ripulirsi dall’unto il magnificamente capiente buco nero.

“Con questa crema non sento male, perché mi dilata”.

Due minuti prima non stavamo tutti e due in paradiso?
Ma no. E’ la stessa ragazza che risparmiava sugli assorbenti. Simpaticamente trivia.

Lei ci mette un po’. Io torno di là a rivestirmi. Ho messo i calzoni su una scrivania. Riprendendoli, vedo che sotto c’è una carta di identità plastificata, del tipo nuovo.
La foto è sua.

Si dice che la curiosità sia donna… Ma io non riesco a resistere all’impulso di leggere. E’ un attimo. Nome e cognome. Nazionalità. Data di nascita.

Memorizzo. Metto le scarpe e mi faccio accompagnare alla porta. Lei stasera non torna fuori. Ed il saluto è senza bacio.

L’incanto sono gocce di pioggia nel temporale. Mi ha già dimenticato per sempre da dieci minuti quando le dò le spalle varcando verso esterno la porta bianca del labirinto fatato, per riprendere verso casa.

Se non ci fosse stato il particolare della carta di identità, la avrei scordata certo anche io. Al contrario, giorni dopo, così, per gioco, digito il nome riportato sul documento. I primi due motori di ricerca non danno esito. Ma il terzo, sì.

E’ un articolo di un giornale rumeno di esattamente un anno prima. Lo incollo sul traduttore di Google. Si dà notizia della scomparsa da scuola di una ragazza di 17 anni, di cui la famiglia non sapeva più nulla ed i cui compagni di classe testimoniano che aveva ricevuto proposte di andare all’estero a guadagnare.

Forse una storia come a centinaia. Una storia di quelle che ci appassionano meno, perché la protagonista non è una di noi, è carne dei macelli dell’est, dove a tutti noi piace andare a fare spesa, specialmente quando la merce arriva a domicilio. Buchi neri. Comunque buchi da spaccare.

Nei mesi, provando a ripetere la ricerca, la trovo addirittura su facebook. Con tanto di foto nel profilo e notizie disponibili al pubblico.
C'è più di una giovane imprudente, al mondo.

E scopro che ha una figlia piccola che porta il suo cognome.

Quella notte allora, nel caleidoscopio impazzito della trama attorcigliata della sua esistenza, i miraggi l’avevano ancora abbagliata, e la stampa della mia faccia non era forse stata altro che un riflesso del bene inquieto di una adolescenza perduta.

E’ per tante storie come questa che continuo a desiderare di vivere la mia seconda, ai più sconosciuta vita. Grazie a storie così minimizzo l’angoscia ed il peso delle mie ripetute sconfitte, delle frenesie accecate dei giorni sbagliati, ed ancora riesco a pensare, nei rari momenti in cui un sorriso della persona amata mi lambisce gli occhi, che questo che vedo tra le nebbie della cortina è l’universo più stellato che potessi avere in sorte.
 
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Che bella storia!

E come è ben scritta! Io navigo in questo sito per cercare questi veri e propri "capolavori" narrati di vita vissuta con grande esperienza e saggezza! Grazie per il 5 minuti che mi hai donato di vera letteratura!
 
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Cuore verde
E come è ben scritta! Io navigo in questo sito per cercare questi veri e propri "capolavori" narrati di vita vissuta con grande esperienza e saggezza! Grazie per il 5 minuti che mi hai donato di vera letteratura!

Certo dal tuo Nick non si direbbe che sei un gran letterato romantico...! :mda:
 
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E’ per tante storie come questa che continuo a desiderare di vivere la mia seconda, ai più sconosciuta vita. Grazie a storie così minimizzo l’angoscia ed il peso delle mie ripetute sconfitte, delle frenesie accecate dei giorni sbagliati, ed ancora riesco a pensare, nei rari momenti in cui un sorriso della persona amata mi lambisce gli occhi, che questo che vedo tra le nebbie della cortina è l’universo più stellato che potessi avere in sorte.

Eppure è la verità! Poi vorrei provare a memorizzare questa frase !! Un riassunto di esistenzialismo! Kierkegaard, Dostoevskij, Nietzsche, Sartre sono niente di fronte CarloDircel!!!!!
 
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