E’ stato un recente viaggio a Parigi a catapultarmi in questo amarcord.
E’ stata una toccata e fuga di un solo giorno e, ahimè, una sola notte.
Ma mi è bastato uscire dall’aeroporto e saltare sul taxi, per immergermi nelle sensazioni parcheggiate da anni nella memoria.
C’è stato un periodo della mia vita, durato ben due anni, in cui posso dire che facevo il pendolare Milano-Parigi.
Una settimana italiana, una parigina. Stressante per certi versi, ma che bella vita.
E’ nella città delle brasserie e dei bateaux mouches che ho avuto il battesimo pay.
E pensare che, all’inizio, non mi interessavano.
Alloggiavo al mitico Concorde La Fayette, un vero e proprio porto di mare di trentasei piani, dove davvero incroci qualsiasi tipo di creatura umana vivente sul pianeta.
E dove, ad ogni piano, quando uscivi dall’ascensore, imboccando il corridoio della tua camera, a qualsiasi ora incrociavi almeno una signorina che ti chiedeva: “Voulez vous un peu de compagnie?”.
“No merci”, rispondevo con gentilezza, ma senza interesse, tanta era l’abbondanza di proposta free che la città offriva.
Fino ad una certa notte, che mi ha fatto scoprire un nuovo mondo.
Ero in compagnia di una decina di manager, vissuti e scafati, che mi trattavano da novizio da svezzare, sia sul lavoro che nei piaceri mondani, come accade quando sei più giovane di almeno 25-30 anni.
Quella sera, dopo una defatigante giornata di lavoro e cena al “Pied de cochon”, il gruppo opta per il night.
Non sono certo il tipo che declino, così si sarebbero fatti beffa di me. Il problema al massimo è non fare la figura del fesso che non c’è mai stato in un night.
Così vado con loro e all’inizio nascondo la mia curiosità, recitando un po’ la parte di quello che già sa.
Mi godo lo spettacolo in corso, disinteressandomi però delle entraîneuse che ammiccavano, passando accanto a noi, mentre i miei colleghi, pian piano, iniziavano a farle sedere, condividendo bottiglie, calici e palpeggiamenti.
Finchè accanto a me, sulla spalliera del divanetto, compare dal nulla una giovane biondina, magra.
Come un’amica che mi conosce dai tempi del liceo, mi passa una manina tra i capelli, chiedendomi sensualmente se desideravo proprio restare da solo quella notte.
Alzo lo sguardo e… Cielo. La fata turchina. Un angelo, non la puttanona da night.
Non so se siano stati i suoi occhi magnetici, le labbra dolci, il sorriso fresco, lo champagne in circolo, la stanchezza, o forse quelle cosce infinite che lambivano il mio volto, ma in un istante ero innamorato perso.
Lo so. Oggi ci ripenso e rido di brutto. Ma avevo poco meno di trent’anni, non ero mai stato con una escort e nemmeno in un night.
Per quale ragione avrei dovuto impedirmi di innamorarmi di quella creatura emersa dal nulla?.
In quel momento lei si era seduta lì per me, solo per me.
La conversazione durò pochissimo, giusto il tempo di dirci i nomi, età, da dove venivamo.
Poi lei, candidamente, mi fa notare che i tappi sul tavolino sono già sufficienti per consentirle di uscire con me. I tappi? (mi verrà spiegato il giorno dopo).
Sono già in piedi. Un collega mi dice di andare tranquillo, pivello, al conto ci avrebbero pensato loro.
E io sono già in taxi, con la bionda entraîneuse che aveva scelto me, di cui ero innamorato e stavamo andando al mio hotel.
E lei aveva già una mano sui miei pantaloni. Ma come? Così in fretta, sul taxi? Senza neanche parlare prima un po? Neanche un minimo di corteggiamento?.
Ahahah, com’è bella la spensierata inesperienza della prima volta, qualunque prima volta essa sia.
Arrivavo da una giornata di lavoro iniziata molto presto e la prima cosa da fare era una doccia.
Anche lei dice che vuole “prendre une douce”. E così siamo sotto l’acqua calda in due.
Il mio primo pompino pay si consuma sotto il getto bollente, finale imprevisto della mia prima notte trasgressiva di Parigi.
La mia prima venuta pay, alimentata da tanto champagne, trasgressione e innamoramento frastornante, sgorga copiosa e si disperde in quella doccia del Concorde La Fayette, ormai satura di vapore e passione.
Ci asciughiamo veloci e si corre sul letto. Le lingue scorrono avide, la sentivo fremere (ora direi che forse fingeva, ma allora no).
Mi sale sopra, mi cavalca. Mi bacia. Ho la sua lingua in gola. Sale. Scende. Morde. Succhia. La volto. La posseggo. Mi cavalca nuovamente. Mi fa riesplodere.
Sono perso. Frastornato. Innamorato.
Sono 300 franchi.
Mon cadeau… mon petit ami.
Ah già. L’avevo rimosso, questo particolare.
…………..
c’è un seguito, ma non adesso.
il ricordo mi ha fatto risalire la febbre e la tachipirina l’ho già presa.
E’ stata una toccata e fuga di un solo giorno e, ahimè, una sola notte.
Ma mi è bastato uscire dall’aeroporto e saltare sul taxi, per immergermi nelle sensazioni parcheggiate da anni nella memoria.
C’è stato un periodo della mia vita, durato ben due anni, in cui posso dire che facevo il pendolare Milano-Parigi.
Una settimana italiana, una parigina. Stressante per certi versi, ma che bella vita.
E’ nella città delle brasserie e dei bateaux mouches che ho avuto il battesimo pay.
E pensare che, all’inizio, non mi interessavano.
Alloggiavo al mitico Concorde La Fayette, un vero e proprio porto di mare di trentasei piani, dove davvero incroci qualsiasi tipo di creatura umana vivente sul pianeta.
E dove, ad ogni piano, quando uscivi dall’ascensore, imboccando il corridoio della tua camera, a qualsiasi ora incrociavi almeno una signorina che ti chiedeva: “Voulez vous un peu de compagnie?”.
“No merci”, rispondevo con gentilezza, ma senza interesse, tanta era l’abbondanza di proposta free che la città offriva.
Fino ad una certa notte, che mi ha fatto scoprire un nuovo mondo.
Ero in compagnia di una decina di manager, vissuti e scafati, che mi trattavano da novizio da svezzare, sia sul lavoro che nei piaceri mondani, come accade quando sei più giovane di almeno 25-30 anni.
Quella sera, dopo una defatigante giornata di lavoro e cena al “Pied de cochon”, il gruppo opta per il night.
Non sono certo il tipo che declino, così si sarebbero fatti beffa di me. Il problema al massimo è non fare la figura del fesso che non c’è mai stato in un night.
Così vado con loro e all’inizio nascondo la mia curiosità, recitando un po’ la parte di quello che già sa.
Mi godo lo spettacolo in corso, disinteressandomi però delle entraîneuse che ammiccavano, passando accanto a noi, mentre i miei colleghi, pian piano, iniziavano a farle sedere, condividendo bottiglie, calici e palpeggiamenti.
Finchè accanto a me, sulla spalliera del divanetto, compare dal nulla una giovane biondina, magra.
Come un’amica che mi conosce dai tempi del liceo, mi passa una manina tra i capelli, chiedendomi sensualmente se desideravo proprio restare da solo quella notte.
Alzo lo sguardo e… Cielo. La fata turchina. Un angelo, non la puttanona da night.
Non so se siano stati i suoi occhi magnetici, le labbra dolci, il sorriso fresco, lo champagne in circolo, la stanchezza, o forse quelle cosce infinite che lambivano il mio volto, ma in un istante ero innamorato perso.
Lo so. Oggi ci ripenso e rido di brutto. Ma avevo poco meno di trent’anni, non ero mai stato con una escort e nemmeno in un night.
Per quale ragione avrei dovuto impedirmi di innamorarmi di quella creatura emersa dal nulla?.
In quel momento lei si era seduta lì per me, solo per me.
La conversazione durò pochissimo, giusto il tempo di dirci i nomi, età, da dove venivamo.
Poi lei, candidamente, mi fa notare che i tappi sul tavolino sono già sufficienti per consentirle di uscire con me. I tappi? (mi verrà spiegato il giorno dopo).
Sono già in piedi. Un collega mi dice di andare tranquillo, pivello, al conto ci avrebbero pensato loro.
E io sono già in taxi, con la bionda entraîneuse che aveva scelto me, di cui ero innamorato e stavamo andando al mio hotel.
E lei aveva già una mano sui miei pantaloni. Ma come? Così in fretta, sul taxi? Senza neanche parlare prima un po? Neanche un minimo di corteggiamento?.
Ahahah, com’è bella la spensierata inesperienza della prima volta, qualunque prima volta essa sia.
Arrivavo da una giornata di lavoro iniziata molto presto e la prima cosa da fare era una doccia.
Anche lei dice che vuole “prendre une douce”. E così siamo sotto l’acqua calda in due.
Il mio primo pompino pay si consuma sotto il getto bollente, finale imprevisto della mia prima notte trasgressiva di Parigi.
La mia prima venuta pay, alimentata da tanto champagne, trasgressione e innamoramento frastornante, sgorga copiosa e si disperde in quella doccia del Concorde La Fayette, ormai satura di vapore e passione.
Ci asciughiamo veloci e si corre sul letto. Le lingue scorrono avide, la sentivo fremere (ora direi che forse fingeva, ma allora no).
Mi sale sopra, mi cavalca. Mi bacia. Ho la sua lingua in gola. Sale. Scende. Morde. Succhia. La volto. La posseggo. Mi cavalca nuovamente. Mi fa riesplodere.
Sono perso. Frastornato. Innamorato.
Sono 300 franchi.
Mon cadeau… mon petit ami.
Ah già. L’avevo rimosso, questo particolare.
…………..
c’è un seguito, ma non adesso.
il ricordo mi ha fatto risalire la febbre e la tachipirina l’ho già presa.