L'infanzia... che bei ricordi.
Tra i tanti ricordi che affollano i pensieri di un giovane uomo ci sono quelli degli insegnamenti dei nostri nonni.
Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava sempre di un suo amico ciclista. Era un suo amico di gioventù che si dilettava nel nobile sport del pedale. Sport duro e faticoso. Sport che premia la costanza e l'allenamento. Uno sport per chi sa veramente metterci la passione.
A quei tempi non si parlava di dopping o di premi milionari. Non c'erano sponsor che staccavano assegni a sei zeri. Il prestinaio all'angolo donava qualche bastone di pane e il macellaio regalava qualche mortadella. Un bel bicchiere di rosso in compagnia e tutto si risolveva lì.
Dicevamo di mio nonno che mi raccontava di questo amico.
Un ragazzo poco più che ventenne che aveva una gran forza nelle gambe. Riusciva a partire per ultimo, dietro a tutti gli altri e con la sua forza e la sua disciplina, riusciva a sorpassare tutti gli altri, non appena avessero avuto un momento di difficoltà .
Quindi, dopo qualche kilometro in sordina, aveva il dono di riuscire sempre a mettersi alle spalle tutti gli altri concorrenti.
L'unico problema era che non riusciva a gestire il vantaggio. Arrivava lì davanti e si autoconvinceva che avesse vinto, che ora bastasse continuare così.
Diceva che la disciplina e la tolleranza zero l'avrebbero portato alla vittoria, ma inesorabilmente, quando meno se lo aspettava, i corridori che erano stati superati mentre erano in difficoltà si rifacevano sotto più agguerriti che mai.
L'amico di mio nonno continuava a pedalare e ad andare per la sua strada, ma gli inseguitori erano ormai ad un palmo dalla sua ruota.
Egli continuava a pedalare con il suo dogma ben stampato in testa. A suo avviso non esisteva altra regola di vita: quella era quella vincente e non ne esistevano altre.
Il traguardo si avvicinava sempre di più e, inesorabilmente, il giovane ciclista veniva ripreso dal gruppo e sorpassato mestamente.
Quel giovane di belle speranze, si limitava a vedere i suoi avversari tagliare il traguardo prima di lui, ma se sue convinzioni non si incrinavano mai.
Gli amici cercavano di stimolarlo a cambiare o almeno a prendere in considerazioni una visione meno rigida della sua disciplina e di farlo ragionare, ma il giovane rispondeva che se non avessero apprezzato il suo modo di correre avrebbero potuto liberamente tifare per un altro concorrente o addirittura comprarsi una bici e correre loro in prima persona.
Gli amici più fedeli non lo abbandonarono mai. L'amicizia era un valore vero e sincero. Altri decisero di continuare a seguire le corse in maniera meno appassionata, altri ancora non le seguirono più e molti altri decisero di tifare per un altro concorrente.
Il giovane ciclista era ferreo e non accettava insegnamenti da nessuno. Lui continuava per la sua strada.
Qualche anno dopo, l'amico di mio nonno terminò la sua dilettantistica carriera senza aver mai vinto un titolo e avendo perso molti amici. Egli confessò a mio nonno che forse sarebbe stato meglio ascoltare le osservazioni degli amici. Magari avrebbe corso nella stassa maniera e non avrebbe vinto nulla lo stesso, ma probabilmente a fine carriera avrebbe avuto con se ancora tutti gli amici che lo seguivano nei primi anni o magari di più....
Mio nonno mi chiedeva sempre se avessi capito la morale di quel racconto, ed io ogni volta ne trovavo una diversa, ma quella che mi raccontava mio nonno, era per me la più giusta:
"...segui sempre la tua strada" mi diceva, "ma ascolta sempre un consiglio da un amico. Magari non ti servirà , magari non sarà intelligente o non ti aiuterà ...ma sarà sempre utile ascoltarlo.
Un consiglio si ascolta sempre!"
Ahhh... La saggezza...
Tra i tanti ricordi che affollano i pensieri di un giovane uomo ci sono quelli degli insegnamenti dei nostri nonni.
Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava sempre di un suo amico ciclista. Era un suo amico di gioventù che si dilettava nel nobile sport del pedale. Sport duro e faticoso. Sport che premia la costanza e l'allenamento. Uno sport per chi sa veramente metterci la passione.
A quei tempi non si parlava di dopping o di premi milionari. Non c'erano sponsor che staccavano assegni a sei zeri. Il prestinaio all'angolo donava qualche bastone di pane e il macellaio regalava qualche mortadella. Un bel bicchiere di rosso in compagnia e tutto si risolveva lì.
Dicevamo di mio nonno che mi raccontava di questo amico.
Un ragazzo poco più che ventenne che aveva una gran forza nelle gambe. Riusciva a partire per ultimo, dietro a tutti gli altri e con la sua forza e la sua disciplina, riusciva a sorpassare tutti gli altri, non appena avessero avuto un momento di difficoltà .
Quindi, dopo qualche kilometro in sordina, aveva il dono di riuscire sempre a mettersi alle spalle tutti gli altri concorrenti.
L'unico problema era che non riusciva a gestire il vantaggio. Arrivava lì davanti e si autoconvinceva che avesse vinto, che ora bastasse continuare così.
Diceva che la disciplina e la tolleranza zero l'avrebbero portato alla vittoria, ma inesorabilmente, quando meno se lo aspettava, i corridori che erano stati superati mentre erano in difficoltà si rifacevano sotto più agguerriti che mai.
L'amico di mio nonno continuava a pedalare e ad andare per la sua strada, ma gli inseguitori erano ormai ad un palmo dalla sua ruota.
Egli continuava a pedalare con il suo dogma ben stampato in testa. A suo avviso non esisteva altra regola di vita: quella era quella vincente e non ne esistevano altre.
Il traguardo si avvicinava sempre di più e, inesorabilmente, il giovane ciclista veniva ripreso dal gruppo e sorpassato mestamente.
Quel giovane di belle speranze, si limitava a vedere i suoi avversari tagliare il traguardo prima di lui, ma se sue convinzioni non si incrinavano mai.
Gli amici cercavano di stimolarlo a cambiare o almeno a prendere in considerazioni una visione meno rigida della sua disciplina e di farlo ragionare, ma il giovane rispondeva che se non avessero apprezzato il suo modo di correre avrebbero potuto liberamente tifare per un altro concorrente o addirittura comprarsi una bici e correre loro in prima persona.
Gli amici più fedeli non lo abbandonarono mai. L'amicizia era un valore vero e sincero. Altri decisero di continuare a seguire le corse in maniera meno appassionata, altri ancora non le seguirono più e molti altri decisero di tifare per un altro concorrente.
Il giovane ciclista era ferreo e non accettava insegnamenti da nessuno. Lui continuava per la sua strada.
Qualche anno dopo, l'amico di mio nonno terminò la sua dilettantistica carriera senza aver mai vinto un titolo e avendo perso molti amici. Egli confessò a mio nonno che forse sarebbe stato meglio ascoltare le osservazioni degli amici. Magari avrebbe corso nella stassa maniera e non avrebbe vinto nulla lo stesso, ma probabilmente a fine carriera avrebbe avuto con se ancora tutti gli amici che lo seguivano nei primi anni o magari di più....
Mio nonno mi chiedeva sempre se avessi capito la morale di quel racconto, ed io ogni volta ne trovavo una diversa, ma quella che mi raccontava mio nonno, era per me la più giusta:
"...segui sempre la tua strada" mi diceva, "ma ascolta sempre un consiglio da un amico. Magari non ti servirà , magari non sarà intelligente o non ti aiuterà ...ma sarà sempre utile ascoltarlo.
Un consiglio si ascolta sempre!"
Ahhh... La saggezza...