Temo di essere stato frainteso, caro Riccard, e che lo stile involuto, la sintassi incerta e la punteggiatura incoerente del mio scrivere ti abbiano indotto a vedere lucciole per lanterne, mea culpa. Spero di riuscire a spiegarmi meglio nelle prossime righe; altrimenti rinuncio; sempre meglio evitare di forzare i propri limiti; si corre il rischio di inciampare in un filo logico.
Quando vado a trovare una persona, una persona trovo. Non un rifiuto umano, ammesso che esistano. Forse sei tu che, avvezzo alla schiavitù del cartellino, dei ritmi che ti sono stati imposti, ti specchi nel prossimo in questi termini. Io, per la cronaca, non mi accoppio con rifiuti umani.
Nessuna pena poi, intesa come esercizio di buonismo d’accatto. Casomai un senso di solidarietà di fronte a una condizione umana così alienata. Ma saranno meno alienate le nostre vite? Non so neanche io cosa mi spinge a scrivere queste cose. Per affermare che? Per denunciare chi? Chi cazzo se ne frega.
Non intendo forzare le tue abitudini, non ne sarei capace anche perché dovrei passare attraverso le idee ,e tu non sembri averne alcuna, e perché non ne ho nessuna voglia. Tuttavia mi viene da dire questo:
Togliere la libertà e rubare il tempo sono la stessa cosa- Quando a qualcuno rubi il tempo gli togli la libertà di agire secondo scelta o secondo quello che molti chiamano impropriamente libero arbitrio. Lo spazio (il corpo) e il tempo sono le dimensioni fondamentali dell’individuo e forse è per questo che, saltando alcuni passaggi che preferirei lasciare a un giurista, la vendita del proprio corpo non può e non deve essere vincolata alla condizione di subordinazione propria del lavoratore dipendente.