RIFERIMENTO INTERNET:http://cagliari.bakecaincontrii.com/donna-cerca-uomo/non-mi-stanco-mai-jqv537521515
CITTA DELL'INCONTRO: Cagliari
NOME INSERZIONISTA: Sara
NAZIONALITA': dice greca
ETA': 35 più o meno
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: 100%
SERVIZI OFFERTI: BJ e normale
COMPENSO RICHIESTO: 50
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 30 minuti
DESCRIZIONE FISICA: 1,60, diversi chili di troppo, tette enormi e pesantissime, viso passabile
ATTITUDINE: gentile e simpatica
REPERIBILITA': difficile
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: scale
INDEX RICERCHE: 32769077xx
IL MIO RACCONTO:
Se c’è una cosa che non sopporto è il clima natalizio, mi irrita tutto di questo periodo. Le luminarie sfavillanti, l’atmosfera ipocrita da centro commerciale, l’ansia del regalo ad ogni costo e quella stupida luce alla volemose bene negli occhi degli uomini di buona volontà. Per non parlare del discorso di fine anno, non tollero pure quello, è ovvio.
Amici e familiari mi chiamano il Grinch. Sanno bene che tutto ciò mi rende intrattabile e si tengono a debita distanza per l’intera durata delle festività.
Mi mettono in mano una bottiglia di Jack e mi abbandonano sul divano con un cappellino colorato ed un fischietto in bocca. Li rivedo il primo gennaio quando vengono a controllare il mio stato mentale e soprattutto che non mi sia pisciato addosso. Cambiano la sabbia della lettiera accanto al letto - la mia toilette per le urgenze notturne - e riempiono il frigo; poi spariscono di nuovo per riprendere a frequentarmi dopo l'Epifania.
Si dice che a Natale si ritorni bambini, ma in realtà è solo un’altra occasione per rendersi ridicoli.
Ebbene sì, anche a me quest’anno è toccato regredire, a modo mio; credo però di aver esagerato. Ho iniziato infatti ad avvertire uno spasmodico bisogno di tettoni. Mi auguro sia un problema passeggero.
Perché non comprare ‘sti tettoni via web, mi dico. Dopo tutto mi merito anch’io un regalo, è Natale. Accendo il computer: Bakecaincontrii, a noi due.
Eccola, è lei, anzi sono loro. Trovati!
Cosa meglio di questa ipertrofica smammellata potrebbe soddisfare il mio infantile desiderio? Fa proprio al caso mio, inutile resistere, la chiamo.
Dice subito che non dà il culo, costringendomi a mentire vergognosamente.
Con le lacrime agli occhi balbetto che tanto a me non interessa e in ogni caso davanti ad un’ottava di seno si rinuncia felicemente. Persuasa di non avere a che fare con un impalatore seriale e rasserenata dal fatto di non dover vivere l’incontro a chiappe serrate, ridacchiando mi sollecita ad andare a trovarla: vedrai quanto ci divertiremo con tutto questo ben di Dio.
'Fanculo! Vorrei rispondere. Non sai quale estasi anale ti stia perdendo.
In effetti è vero, l’unico modo per rimpiazzare una sonora inculata è quello di destreggiarsi tra due bocce prodigiose, cioè deve valerne veramente la pena. Ma due maternoni così grandi a che mi servono?
Boh, deciderò cosa farne una volta che me li ritroverò davanti.
Purtroppo può ricevermi solo in tarda mattinata. Panico. E ora che faccio???
Ho appena trovato parcheggio in centro, ho già fatto tre vasche, ho visto persino un paio di mostre di artisti allo sbaraglio eppure sono ancora in netto anticipo.
Ok, no problem. Vado ad inculare una fidelizzata, è da tanto che non lo faccio, tra l’altro si trova proprio a due passi.
La chiamo, è libera.
In 30 minuti ho sbrigato la pratica anale, però ancora due ore mi separano dai mammelloni di Sara, basteranno per riprendermi fisicamente e per fiaccarmi moralmente: farò orario alla Rinascente.
Dopo ulteriori inconvenienti, contrattempi, ritardi e rimandi ben oltre l’orario prefissato, posso incontrare Sara.
Con passo strascicato e sguardo basso arrivo alla sua casetta e le faccio uno squillo. Nell’attesa di una risposta, vivo il momento con uno stato d’animo tra lo sconsolato e l’annoiato.
Mi accoglie sul pianerottolo una donna semplice ed un po’ trascurata, per non dire drammaticamente sfiorita. Mi fa strada. Lungo il corridoio che conduce alla sua porta una lunga teoria di giocattoli disseminati sul pavimento.
Sono un po’ perplesso.
Una volta dentro si spoglia tristemente, con un sorriso risponde al mio imbarazzo e mi invita a fare altrettanto.
Eccole! Tutta orgogliosa mi sventola le borracce sotto il naso ed istantaneamente compare sul mio viso un sorrisetto alla Norman Bates.
Sara indietreggia intimorita. La tranquillizzo subito levandomi quel ghigno assurdo dalla faccia ed assumendo la mia rodatissima espressione rassicurante, la stessa che sfoggio nelle occasioni in cui devo ottenere qualcosa che mi sta a cuore almeno quanto sta a cuore alla controparte: il culo.
Quante volte ho recitato il ruolo della persona equilibrata per convincere la malcapitata di turno a concedermi le terga. Quante volte i miei occhi da vitello piangente sono riusciti a smollare l'orifizio più tenace prima di scatenare l'inferno tra le budella di qualche poveretta.
Il trucco pare funzionare, Sara si rabbonisce e si avvicina. Arrivano prima le tette, alcuni secondi dopo arriva tutto il resto.
Che tette!
Viste dal vivo sembrano ancora più grandi, veramente enormi. Il capezzolo poi non ne parliamo. Forse sono un po' troppo lunghe e fanno un certo effetto alla National Geographic, come quei reportage sulle donne Masai. Ci manca solo che inizi a saltellare a piedi uniti con una lancia in mano.
Il fisico è un po’ andato, avrò contato almeno cinque pance. Invece stranamente il culo si regge, ma ad un accenno di complimento ribadisce la sua chiusura stagna.
Anche sull’orale è categorica, niente scoperto. Non lo ciuccia a crudo adducendo una motivazione tanto ingenua quanto pietosa: ha un figlio.
Teme che la colpa sia qualcosa di contagioso e che la purezza di un bambino possa essere intaccata perfino da un semplice bacio, come se per punizione divina i peccati e gli eccessi della madre debbano ricadere sulla prole. Povera donna, non insisto.
In ogni caso, intuire in modo così immediato che succhia piselli per un bene supremo mi dona una eccitazione strana, mai provata prima. Una commistione di angoscia e fiducia.
Invece durerà poco. Sono circondato, aleggia qualcosa nell’aria. Ogni oggetto è un indizio, ogni suo gesto è una prova. Avverto una presenza, mi sento osservato da occhi innocenti. Ormai le mie elucubrazioni sono partite, foschi pensieri mi annebbiano la mente.
Nel mentre l’orale di Sara sortisce un effetto debole ma sufficiente per la tappa successiva.
La prendo da dietro sprimacciando ora le chiappe opalescenti ora quelle bocce biancomangiare dal capezzolo esagerato. Poi la giro e le monto sopra. Affondo la faccia nella smammellata cercando di contenerla tutta in un abbraccio.
Non resisto, due ultime spinte e vengo emettendo un ridicolo vagito tra i suoi maternoni.
Appena concluso il rapporto avverto la necessità di andare via, tutto mi opprime, tutto mi angoscia. Un senso di sconfitta mi toglie il respiro. Ho fretta di tornare a casa, ho bisogno di purificarmi con acqua bollente, una doccia che lavi i peccati del giorno.
Sono in strada, stritolato tra l’abbraccio chiassoso della folla e l’alito paterno del Natale. Gli occhi iniziano a lacrimare per il gelo improvviso. Mi muovo veloce tra la gente travolgendo ogni cosa finché la massa capisce e si apre davanti a me. Improvvisamente una vetrina cattura la mia attenzione. Mi blocco ed osservo all’interno del negozio un padre chino sul figlio. Il bambino piange, l’uomo gli sta parlando lentamente ma il bambino ormai paonazzo strilla ancora di più. L’uomo sospira sfinito e solleva lo sguardo catturando il mio ancora stravolto dal freddo.
Mi guarda sorpreso come se mi riconoscesse, nei suoi occhi compare la mia stessa sensazione di angoscia e fiducia. Poi imbarazzato si volta verso il figlio.
Condividiamo la stessa sorte, fratello.
Oblomov a casa.
Venti minuti dopo lo troviamo nel divano, rannicchiato tra i cuscini ed il plaid. Ha il respiro calmo e lo spirito rassegnato di chi è consapevole che dentro di sé si sia irrimediabilmente rotto qualcosa. Si alza in piedi e raggiunge la finestra; osserva il cielo punteggiato di stelle ed avverte un pensiero emergere dall’abisso. Lo sente affiorare e prendere forma, lo osserva senza interesse e dopo averlo scacciato, pigramente ritorna sul divano.
Selah.
Foto
CITTA DELL'INCONTRO: Cagliari
NOME INSERZIONISTA: Sara
NAZIONALITA': dice greca
ETA': 35 più o meno
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: 100%
SERVIZI OFFERTI: BJ e normale
COMPENSO RICHIESTO: 50
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 30 minuti
DESCRIZIONE FISICA: 1,60, diversi chili di troppo, tette enormi e pesantissime, viso passabile
ATTITUDINE: gentile e simpatica
REPERIBILITA': difficile
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: scale
INDEX RICERCHE: 32769077xx
IL MIO RACCONTO:
Natale 2012.
Se c’è una cosa che non sopporto è il clima natalizio, mi irrita tutto di questo periodo. Le luminarie sfavillanti, l’atmosfera ipocrita da centro commerciale, l’ansia del regalo ad ogni costo e quella stupida luce alla volemose bene negli occhi degli uomini di buona volontà. Per non parlare del discorso di fine anno, non tollero pure quello, è ovvio.
Amici e familiari mi chiamano il Grinch. Sanno bene che tutto ciò mi rende intrattabile e si tengono a debita distanza per l’intera durata delle festività.
Mi mettono in mano una bottiglia di Jack e mi abbandonano sul divano con un cappellino colorato ed un fischietto in bocca. Li rivedo il primo gennaio quando vengono a controllare il mio stato mentale e soprattutto che non mi sia pisciato addosso. Cambiano la sabbia della lettiera accanto al letto - la mia toilette per le urgenze notturne - e riempiono il frigo; poi spariscono di nuovo per riprendere a frequentarmi dopo l'Epifania.
Si dice che a Natale si ritorni bambini, ma in realtà è solo un’altra occasione per rendersi ridicoli.
Ebbene sì, anche a me quest’anno è toccato regredire, a modo mio; credo però di aver esagerato. Ho iniziato infatti ad avvertire uno spasmodico bisogno di tettoni. Mi auguro sia un problema passeggero.
Perché non comprare ‘sti tettoni via web, mi dico. Dopo tutto mi merito anch’io un regalo, è Natale. Accendo il computer: Bakecaincontrii, a noi due.
Eccola, è lei, anzi sono loro. Trovati!
Cosa meglio di questa ipertrofica smammellata potrebbe soddisfare il mio infantile desiderio? Fa proprio al caso mio, inutile resistere, la chiamo.
Dice subito che non dà il culo, costringendomi a mentire vergognosamente.
Con le lacrime agli occhi balbetto che tanto a me non interessa e in ogni caso davanti ad un’ottava di seno si rinuncia felicemente. Persuasa di non avere a che fare con un impalatore seriale e rasserenata dal fatto di non dover vivere l’incontro a chiappe serrate, ridacchiando mi sollecita ad andare a trovarla: vedrai quanto ci divertiremo con tutto questo ben di Dio.
'Fanculo! Vorrei rispondere. Non sai quale estasi anale ti stia perdendo.
In effetti è vero, l’unico modo per rimpiazzare una sonora inculata è quello di destreggiarsi tra due bocce prodigiose, cioè deve valerne veramente la pena. Ma due maternoni così grandi a che mi servono?
Boh, deciderò cosa farne una volta che me li ritroverò davanti.
Purtroppo può ricevermi solo in tarda mattinata. Panico. E ora che faccio???
Ho appena trovato parcheggio in centro, ho già fatto tre vasche, ho visto persino un paio di mostre di artisti allo sbaraglio eppure sono ancora in netto anticipo.
Ok, no problem. Vado ad inculare una fidelizzata, è da tanto che non lo faccio, tra l’altro si trova proprio a due passi.
La chiamo, è libera.
In 30 minuti ho sbrigato la pratica anale, però ancora due ore mi separano dai mammelloni di Sara, basteranno per riprendermi fisicamente e per fiaccarmi moralmente: farò orario alla Rinascente.
Dopo ulteriori inconvenienti, contrattempi, ritardi e rimandi ben oltre l’orario prefissato, posso incontrare Sara.
Con passo strascicato e sguardo basso arrivo alla sua casetta e le faccio uno squillo. Nell’attesa di una risposta, vivo il momento con uno stato d’animo tra lo sconsolato e l’annoiato.
Mi accoglie sul pianerottolo una donna semplice ed un po’ trascurata, per non dire drammaticamente sfiorita. Mi fa strada. Lungo il corridoio che conduce alla sua porta una lunga teoria di giocattoli disseminati sul pavimento.
Sono un po’ perplesso.
Una volta dentro si spoglia tristemente, con un sorriso risponde al mio imbarazzo e mi invita a fare altrettanto.
Eccole! Tutta orgogliosa mi sventola le borracce sotto il naso ed istantaneamente compare sul mio viso un sorrisetto alla Norman Bates.
Sara indietreggia intimorita. La tranquillizzo subito levandomi quel ghigno assurdo dalla faccia ed assumendo la mia rodatissima espressione rassicurante, la stessa che sfoggio nelle occasioni in cui devo ottenere qualcosa che mi sta a cuore almeno quanto sta a cuore alla controparte: il culo.
Quante volte ho recitato il ruolo della persona equilibrata per convincere la malcapitata di turno a concedermi le terga. Quante volte i miei occhi da vitello piangente sono riusciti a smollare l'orifizio più tenace prima di scatenare l'inferno tra le budella di qualche poveretta.
Il trucco pare funzionare, Sara si rabbonisce e si avvicina. Arrivano prima le tette, alcuni secondi dopo arriva tutto il resto.
Che tette!
Viste dal vivo sembrano ancora più grandi, veramente enormi. Il capezzolo poi non ne parliamo. Forse sono un po' troppo lunghe e fanno un certo effetto alla National Geographic, come quei reportage sulle donne Masai. Ci manca solo che inizi a saltellare a piedi uniti con una lancia in mano.
Il fisico è un po’ andato, avrò contato almeno cinque pance. Invece stranamente il culo si regge, ma ad un accenno di complimento ribadisce la sua chiusura stagna.
Anche sull’orale è categorica, niente scoperto. Non lo ciuccia a crudo adducendo una motivazione tanto ingenua quanto pietosa: ha un figlio.
Teme che la colpa sia qualcosa di contagioso e che la purezza di un bambino possa essere intaccata perfino da un semplice bacio, come se per punizione divina i peccati e gli eccessi della madre debbano ricadere sulla prole. Povera donna, non insisto.
In ogni caso, intuire in modo così immediato che succhia piselli per un bene supremo mi dona una eccitazione strana, mai provata prima. Una commistione di angoscia e fiducia.
Invece durerà poco. Sono circondato, aleggia qualcosa nell’aria. Ogni oggetto è un indizio, ogni suo gesto è una prova. Avverto una presenza, mi sento osservato da occhi innocenti. Ormai le mie elucubrazioni sono partite, foschi pensieri mi annebbiano la mente.
Nel mentre l’orale di Sara sortisce un effetto debole ma sufficiente per la tappa successiva.
La prendo da dietro sprimacciando ora le chiappe opalescenti ora quelle bocce biancomangiare dal capezzolo esagerato. Poi la giro e le monto sopra. Affondo la faccia nella smammellata cercando di contenerla tutta in un abbraccio.
Non resisto, due ultime spinte e vengo emettendo un ridicolo vagito tra i suoi maternoni.
Appena concluso il rapporto avverto la necessità di andare via, tutto mi opprime, tutto mi angoscia. Un senso di sconfitta mi toglie il respiro. Ho fretta di tornare a casa, ho bisogno di purificarmi con acqua bollente, una doccia che lavi i peccati del giorno.
Sono in strada, stritolato tra l’abbraccio chiassoso della folla e l’alito paterno del Natale. Gli occhi iniziano a lacrimare per il gelo improvviso. Mi muovo veloce tra la gente travolgendo ogni cosa finché la massa capisce e si apre davanti a me. Improvvisamente una vetrina cattura la mia attenzione. Mi blocco ed osservo all’interno del negozio un padre chino sul figlio. Il bambino piange, l’uomo gli sta parlando lentamente ma il bambino ormai paonazzo strilla ancora di più. L’uomo sospira sfinito e solleva lo sguardo catturando il mio ancora stravolto dal freddo.
Mi guarda sorpreso come se mi riconoscesse, nei suoi occhi compare la mia stessa sensazione di angoscia e fiducia. Poi imbarazzato si volta verso il figlio.
Condividiamo la stessa sorte, fratello.
Oblomov a casa.
Venti minuti dopo lo troviamo nel divano, rannicchiato tra i cuscini ed il plaid. Ha il respiro calmo e lo spirito rassegnato di chi è consapevole che dentro di sé si sia irrimediabilmente rotto qualcosa. Si alza in piedi e raggiunge la finestra; osserva il cielo punteggiato di stelle ed avverte un pensiero emergere dall’abisso. Lo sente affiorare e prendere forma, lo osserva senza interesse e dopo averlo scacciato, pigramente ritorna sul divano.
Selah.
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