Al ristorante, al termine di un pasto appagante, ordino il dolce più buono del mondo, proiettandomi immagini dello stesso nella mia mente semplice, pregustando crostate o sfoglie o frutti o zuccheri o. La guardo con un sorriso, le chiedo se anche lei prende qualcosa... e la risposta è, come sempre, imprevedibile: “No, semmai ne assaggio un po’ del tuoâ€.
Non mi scompongo, la mia faccia è una sfinge. Continuo a mostrare il sorriso suadente, le dico “Certo, volentieri†e nello stesso istante penso: Ma porca di quella troia, ma perchè? E’ il dolce più buono del mondo, ho mangiato per un’ora pensando a questo momento, immaginandone il sapore delle creme, la fragranza della sfoglia… e tu mi devi così impunemente distruggere questo momento di pura libidine gastronomica? Ora, quanto può essere grande una porzione di dolce? Cinque, al massimo 6 forchettate ben assestate, oppure una decina, se decido di ridurre la portata della singola forchettata, per prolungare quell’amplesso culinario. Sigh…già non mi basta la mia porzione… e devo darne un po’ a lei. Cazzo! Io non glielo voglio negare. Ma dico: prendine una porzione e avanzala. Avanzala, non c’è problema, non fa niente, spendo dei soldi in più, ma almeno mi godo in santa pace questo momento. Macché…Finisco per mangiare quel fottutissimo dolce, vivendolo male. Malissimo. Perché non ho idea di quando il predatore, attaccherà . Mi limito a guardarla, sorridente, appostata davanti al mio piatto con la forchetta che le gira tra le dita come un bastone da majorette. Parla come se nulla fosse, sorride, mi racconta aneddoti della sua vita. Ma non mi sono certo dimenticato della sua dichiarazione di guerra, e cerco di non perdere la concentrazione mentre parte con un suo racconto e le parole le escono di bocca e volano in alto passandole tra i capelli. Devo solamente cercare di capire come, ma soprattutto quando, colpirà . Certo, il figlio di puttana che vive dentro di me, sarebbe tentato di adottare la tattica dello smemorato ingordo, che mangia tutto in velocità , e che dopo aver pulito il piatto la guarderà affranto, dicendole: “-oh accidenti, scusami, l’ho mangiato tutto e me ne sono scordato, ma come ho potuto commettere un gesto simile, io…-“ Facile da dire, ma se poi se la prende? Il fatto è che le donne stanno attente a dettagli del genere, quelle che noi in genere chiamiamo piccolezze, per loro sono fattori determinanti. E allora che fare? Devo escogitare qualcosa. Ora, come in tutti i dolci che si rispettino, c’è una parte buona e una meno buona. Se in questo momento mi trovassi da solo tra le mura di casa mia, sarei portato a mangiarmi prima la parte meno buona (per esempio la crosta se è una crostata) e poi godermi la migliore in poche ma fantastiche forchettate, in un apoteosi di piacere totalizzante. Ma sono qui con lei, che appare distratta e dimentica, ma che invero, ricorda tutto. E ha già pianificato la sua strategia di attacco. Perché attaccherà , oh se attaccherà . Ma quando? Sono tentato di uscire da questo empasse. Ma si, via il dente, via il dolore. Adesso le ricordo il fattaccio. Le porgo il piatto: “-prendine pure un po’-“. E qui arriva la frase spiazzante, quella che non mi aspetto, quella che demolisce le mie ultime, flebili, resistenze. “-No no, grazie, avanzamene un po-“.
Cazzo è un pò?! Avanti, quantificami “un po’â€. Quanto le avanzo, e che cosa le avanzo? Mica le posso dare la crosta. No, puttana eva, la crosta me la mangerò io, e a lei dovrò dare la parte buona, per giunta un bel pezzetto, mica posso fare la figura del pidocchioso. Ma all’improvviso, mentre rifletto su quale sia l’incognita da risolvere in questa proporzione, lei , con lo scatto di un ghepardo, fa volare la sua forchetta nel mio piatto, portandosi via un bel pezzo, guarda caso quello che avevo evitato di mangiare per gustarlo alla fine.
Un solo pensiero galleggia nella mia mente, uscendo dal ristorante dopo aver pagato la cena e i brandelli di dolce. Un solo pensiero si conficca nel mio cranio senza lasciarlo. Un solo pensiero, il solito: speriamo che almeno stasera me la dia.
Non mi scompongo, la mia faccia è una sfinge. Continuo a mostrare il sorriso suadente, le dico “Certo, volentieri†e nello stesso istante penso: Ma porca di quella troia, ma perchè? E’ il dolce più buono del mondo, ho mangiato per un’ora pensando a questo momento, immaginandone il sapore delle creme, la fragranza della sfoglia… e tu mi devi così impunemente distruggere questo momento di pura libidine gastronomica? Ora, quanto può essere grande una porzione di dolce? Cinque, al massimo 6 forchettate ben assestate, oppure una decina, se decido di ridurre la portata della singola forchettata, per prolungare quell’amplesso culinario. Sigh…già non mi basta la mia porzione… e devo darne un po’ a lei. Cazzo! Io non glielo voglio negare. Ma dico: prendine una porzione e avanzala. Avanzala, non c’è problema, non fa niente, spendo dei soldi in più, ma almeno mi godo in santa pace questo momento. Macché…Finisco per mangiare quel fottutissimo dolce, vivendolo male. Malissimo. Perché non ho idea di quando il predatore, attaccherà . Mi limito a guardarla, sorridente, appostata davanti al mio piatto con la forchetta che le gira tra le dita come un bastone da majorette. Parla come se nulla fosse, sorride, mi racconta aneddoti della sua vita. Ma non mi sono certo dimenticato della sua dichiarazione di guerra, e cerco di non perdere la concentrazione mentre parte con un suo racconto e le parole le escono di bocca e volano in alto passandole tra i capelli. Devo solamente cercare di capire come, ma soprattutto quando, colpirà . Certo, il figlio di puttana che vive dentro di me, sarebbe tentato di adottare la tattica dello smemorato ingordo, che mangia tutto in velocità , e che dopo aver pulito il piatto la guarderà affranto, dicendole: “-oh accidenti, scusami, l’ho mangiato tutto e me ne sono scordato, ma come ho potuto commettere un gesto simile, io…-“ Facile da dire, ma se poi se la prende? Il fatto è che le donne stanno attente a dettagli del genere, quelle che noi in genere chiamiamo piccolezze, per loro sono fattori determinanti. E allora che fare? Devo escogitare qualcosa. Ora, come in tutti i dolci che si rispettino, c’è una parte buona e una meno buona. Se in questo momento mi trovassi da solo tra le mura di casa mia, sarei portato a mangiarmi prima la parte meno buona (per esempio la crosta se è una crostata) e poi godermi la migliore in poche ma fantastiche forchettate, in un apoteosi di piacere totalizzante. Ma sono qui con lei, che appare distratta e dimentica, ma che invero, ricorda tutto. E ha già pianificato la sua strategia di attacco. Perché attaccherà , oh se attaccherà . Ma quando? Sono tentato di uscire da questo empasse. Ma si, via il dente, via il dolore. Adesso le ricordo il fattaccio. Le porgo il piatto: “-prendine pure un po’-“. E qui arriva la frase spiazzante, quella che non mi aspetto, quella che demolisce le mie ultime, flebili, resistenze. “-No no, grazie, avanzamene un po-“.
Cazzo è un pò?! Avanti, quantificami “un po’â€. Quanto le avanzo, e che cosa le avanzo? Mica le posso dare la crosta. No, puttana eva, la crosta me la mangerò io, e a lei dovrò dare la parte buona, per giunta un bel pezzetto, mica posso fare la figura del pidocchioso. Ma all’improvviso, mentre rifletto su quale sia l’incognita da risolvere in questa proporzione, lei , con lo scatto di un ghepardo, fa volare la sua forchetta nel mio piatto, portandosi via un bel pezzo, guarda caso quello che avevo evitato di mangiare per gustarlo alla fine.
Un solo pensiero galleggia nella mia mente, uscendo dal ristorante dopo aver pagato la cena e i brandelli di dolce. Un solo pensiero si conficca nel mio cranio senza lasciarlo. Un solo pensiero, il solito: speriamo che almeno stasera me la dia.