sesso e prosss...dosto speaks out

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--SESSUALITA' E PROSTITUZIONE. ALCUNE RIFLESSIONI

Succede che di tanto in tanto, nei dibattiti televisivi, nei blog, nel pensare comune, qualcuno parlando di prostituzione se ne esca con una soluzione considerata come la panacea di tutti i mali: la riapertura delle case chiuse e succede soprattutto che spesso tale soluzione eserciti un fascino demagogico ed entusiastico sul pubblico.



A parte il fatto che le case chiuse non sono mai state chiuse, basta scorgere le pagine di qualsiasi quotidiano per rendersene perfettamente conto, e che la prostituzione nelle case è una delle tante opzioni che offre il mercato, trovo che le motivazioni che spingono ad adottare una soluzione di questo genere al problema prostituzione facciano addirittura tenerezza nella loro ingenuità.



C’è chi dice che la prostituzione presso strutture controllate dallo stato sia più sicura da un punto di vista della salute. Niente di più falso. Sappiamo tutti che per esempio il virus dell’aids ha un periodo di incubazione che può essere anche di molti mesi e che quindi risultare negativi ad un test HIV fatto anche 15 giorni prima non vuol dire affatto non aver contratto il virus dell’aids, ma non è questo il punto principale.



Il punto principale è che il fenomeno, sia da destra che da sinistra, viene trattato con una visione parziale e “romantica”. Da destra mi sembra che si ragioni molto con lo slogan “occhio non vede, cuore non duole” e la principale preoccupazione sia quella di togliere la prostituzione dalle strade, o meglio di togliere le tante prostitute straniere dalle strade o meglio ancora toglierci tutte queste negre dai coglioni, in nome di concetti quanto mai astratti, soggettivi e difficili da maneggiare come quelli di “moralità”; “comune senso del pudore” e che quindi la casa chiusa sia un modo di non affrontare il problema, di decidere di non decidere, di tenerlo appunto lontano dagli occhi per dire che non esiste, un po’ come facevano gli anti-abortisti davanti al fenomeno dell’aborto clandestino.
A sinistra si ha invece una visione parziale e stereotipata del fenomeno che discende, in larga parte, da un certo pensiero femminista secondo il quale la prostituta è sempre una povera creatura sfruttata che compie la sua mansione contro ogni sua volontà e il cliente è sempre e comunque una figura da condannare, da mettere alla forca. Non è così, o meglio non è così facile.



Dietro la prostituzione c’è talvolta una scelta da parte della prostituta che spesso è una persona che piuttosto che andare a fare l’infermiera o la badante sceglie di permettersi un tenore di vita ben diverso praticando il “mestiere più antico del mondo”, fino a delle forme di prostituzione che rientrano in una percepita normalità e rispettabilità, come quella delle donne che fanno un uso strumentale della propria fisicità ai fini della promozione sociale o all’uso finalizzato della sessualità che talune applicano anche nel normale rapporto di coppia, insomma la prostituta nigeriana o albanese sfruttata e malmenata dal suo protettore, fenomeno assolutamente deprecabile e da reprimere, è solo una parte e nemmeno maggioritaria dell’universo prostituzione.



Poi c’è la figura del cliente che invece che essere demagogicamente condannata andrebbe capita e approfondita, capovolgendo e rivedendo anche i concetti di normalità e patologia. Si parte spesso dal falso presupposto che viviamo in tempi di libertà sessuale, motivando questo pensiero con lo stereotipo che oggi come oggi in televisione si vede di tutto, le donne vestono in maniera eccentrica e spregiudicata ma in realtà a questa apparenza si affianca ancora una sostanza fatta di sesso e di molte pratiche sessuali viste ancora come un tabù e di vero e proprio disagio sessuale maschile (un fenomeno della modernità tuttora da molti, operatori del sociale compresi, in larga parte sottovalutato). Tra i fruitori del sesso a pagamento ci sono talvolta individui per i quali l’unica forma di sesso possibile è appunto pagando, mi riferisco a chi è affetto da difetti fisici invalidanti o è semplicemente troppo timido, troppo brutto, troppo insicuro, troppo povero per prendere parte al rituale del corteggiamento o per potersi permettere una fidanzata, ci sono coloro che vivono una realtà familiare e un rapporto di coppia fatto di quotidiane frustrazioni, chi vive il sesso in maniera inibita, coppie nelle quali la sessualità è vissuta senza dialogo o che hanno perduto il piacere e il desiderio, e soprattutto come anticipato prima c’è una visione cattolica del sesso e del piacere che ne deriva visto ancora, consciamente o inconsciamente, con un senso di colpa, da relegare quindi nei meandri nascosti, nella case chiuse non solo viste come edifici fisici, ma come luoghi simbolici del nostro essere, il sesso per piacere lo si da solo al diavolo tentatore con tutte le conseguenze del caso, inferno compreso!



C’è quindi tutto un problema culturale e di educazione e un proliferare della prostituzione come manifestazione di un disagio e, secondo me, un discorso sulla prostituzione non può prescindere da una riflessione complessiva sulla sessualità e non può essere risolto con delle facili proposte demagogiche che rappresentano spesso una bella “scoperta dell’acqua calda” e “profezia dell’ovvio” e un modo per tentare di eludere delle riflessioni ben più profonde. Ci vuole soprattutto la massima tolleranza verso tutto il sesso tra persone adulte e consenzienti e reprimere, senza mezzi termini, ogni forma di sfruttamento.--


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http://monsieurdosto.splinder.com/archive/2005-08
 
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