Thai story 2 - Il sesso prima dello tsunami

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Disclaimer: non una recensione, non un vero racconto, ma un'esperienza che ho realmente vissuto... Post sempre troppo lungo per chi va di fretta e non interessa il genere. Qualcuno mi ha detto di continuare e lo faccio volentieri. Ma uso ancora uno scritto che ho già postato altrove. Fate ancora in tempo a skippare il thread.

Phuket, Patong Beach, ore 20:30 ora locale, marzo di cinque anni fa.

Sono fuggito dalla città, sono solitario e quasi in incognito. Cammino spedito per la strada affollata come dentro la canna di un phon acceso. La maglietta mi si appiccica addosso. In mente ricordi ancora vividi del mio ultimo viaggio in Thailandia. Profumi, sensazioni indelebili. Donne bellissime e appassionate.
Non sono mai stato in quest’isola. Bangra Road mi sembra più un bordello in stile occidentale: anglossassone per la precisione. Non mi piace granché. Forse ho sbagliato: dovevo andare altrove a fare diving insieme ad integerrimi ragazzoni europei malati dello sport.
Mi sono documentato: all’angolo con Soi Dragon ci sono i Katoeys, i trans, il cabaret dove si esibiscono, i curiosi che si affollano, i fotografi che scattano foto ricordo ai turisti che vogliono poi stupire gli amici. Ci passo velocemente: vengo agganciato per una foto da una specie di ballerina in tenuta discinta e piumosa a metà strada tra il carnevale di Rio, costume da can-can, e sposa Thai. Mi sgancio. Fuggo. La guardo. E’ bellissima. Si intuisce che in un passato remoto è nata uomo. O forse no. Giacchè è li, sarà di sicuro un katoey.

Più avanti ci sono altri posti. Un po’ più tradizionali. Procedo veloce verso il Rock Hard. Il migliore go-go bar dell’isola. Il cartello recita: “Over 150 pretty girls and 2 ugly ones”. L’ora è la migliore: non c’è ancora folla e le ragazze sono tutte li.
La musica è assordante, la birra scorre a fiumi: è l’happy hour e costa veramente un nulla.
Tra molte facce lunghe di mignotte di lungo corso e giovinette a cui non daresti 18 anni (grazie a Dio, sono però tutte maggiorenni e vaccinate… Anche se, sulla vaccinazione non scommetterei), pischelli ipnotizzati da tanto ben di Dio e coppie esterrefatte, una ballerina mi sorride.

Lei si che si muove bene: un autentico serpente. Una piccoletta occhialuta con un corpicino da paura. Finisce il turno. Scende dal palcoscenico. Si ferma a parlare con altri Farang (stranieri) e continua a sorridermi da dietro le loro spalle. Ci siamo. E’ un sistema collaudato. Se rispondi al sorriso… Eccola qua. E’ seduta vicino a me. Le offro un drink. “Where are you from?” ed altre cazzate di rito… in un inglese sgrammaticato ma efficace. Non c’è neanche bisogno di parlare di soldi. Solo il “bar fine”, l’indennizzo (si fa x dire) che dai al locale x portarti via una sua attrazione.

30 minuti dopo siamo nel lettone del mio hotel avvinghiati come meduse. Sono ai massimi livelli di eccitazione come non mi capita da tempo. Mi dedico completamente a lei, come amo fare sempre con chi viene con me. Mi riscopro e mi riconfermo adoratore della vagina. Delle sue misteriose labbra. Del clitoride che fa capolino impertinente e voglioso.

Jem ha più o meno 30 anni, ne dimostra 20. Pesa una nullità e sarà alta al più unessessanta. Piroetta intorno a me come una farfalla. La giro e la rigiro come un cucciolo da coccolare. La sua pelle è tesa come un tamburo ed il suo monte di Venere sembra esplodere. Ci metto meno a baciarla tutta che a possederla. Lei è pulita e profumatissima come una rosa.

Se una Thai viene a letto con voi e prima non si è lavata e rilavata in bagno varie volte, come da rituale locale, state in campana. Qui c’é poco da scherzare. Vi potrebbe essere capitata una bagascia disperata che potrebbe drogarvi, tagliarvi la gola, o farvi secchi in modo più lento. Ecco perché qui, con poco tempo per i romanticismi, è meglio il go-go bar.

Lei geme disperatamente e, finalmente, viene ancora prima di me. E, cazzo, se questo non è un vero orgasmo, la tipa merita l’Oscar anche dal ginecologo… Tolgo il condom e le vengo sul seno (…come Rocco Siffredi, eh,eh).

Sono già innamorato. Mi vedo già sulla spiaggia l’indomani a sorseggiare un drink con lei ed a parlare ancora del suo ex marito americano, dei suoi, asseriti, tre figli e, per finire, a ripartire, tra qualche giorno, con saluti e spezzacuore e lacrime all’aeroporto…

Ma lei si alza, controlla il cellulare. Tira giù qualche moccolo. Pianta li che la baby sitter è dovuta scappare xché bla, bla, bla… Che suo figlio piccolo è solo… bla, bla , bla: tomollow, tomollow…

Insomma: lei si veste, si scusa, si paga (un po’ caro x gli standards locali – neanche una pizza x i miei standards) e se ne va… Fine del sogno d’amore: ore 22:00. Merda!

Juliosupersex non si dà per vinto. Doccia accurata. Lavaggio meticoloso. Spray ultradisinfettante di igiene orale che ucciderebbe un gatto a 100 metri e via verso nuove avventure.

Questa volta me la prendo comoda. Giretto esplorativo nei vari localucci, chiacchieratina con il collega puttaniere di turno. Only English. Non voglio connazionali tra le balle. Birra dopo birra si fa la mezzanotte… Sono su di giri ma non ubriaco. Ho fatto bene a non mischiare i drink. Mi accendo un cubano e mi inoltro in Soi Dragon (Soy Katoey!).

Qui è tutta un’altra storia. Musica a palla. Cubiste per strada. Sembrano possedute dal demonio o da qualcosa di peggio (improbabile in verità, qui se ti fai: o muori di tuo o ti uccide la polizia). Alcune sembrano modelle uscite da una sfilata. Salvo pochi casi, non c’è modo di sapere se sono trans. Il pomo d’Adamo non c’è piu, le tette possono far pensare più ad un trans che non ad una donna genetica (‘che in Thailandia non è propriamente un circolo bocciofilo…), i piedi non sono un metodo sicuro (l’uomo orientale porta tranquillo anche un 38), le caviglie sono tutte sottilissime. Non resta che toccare con mano. Ma anche qui… La chirurgia plastica Thai è famosa nel mondo.

Mi dico: bene! Qual è il problema? Da quand’è che mi faccio scrupoli di questo tipo?

Mi butto nella bolgia. Anche qui è un’attimo. Dopo 10 minuti di small talk con un distintissimo ingegnere danese ed un improbabile giovane imprenditore del lago di Garda, mi ritrovo circondato da tante di quelle tope (pizzute e non: chi lo sa?).
Sarò in Paradiso?

Sorge ora un problema: ho già dato (e come ci ho dato!), ho almeno un litro e mezzo di luppolo che mi fermenta in corpo, sono circondato da tonnellate di figa e non so chi prendere.

Ci pensa Diana: Princess Diana, precisa lei, non molto umilmente. Inizialmente, noto il suo sguardo penetrante, i suoi occhi a mandorla che sembrano usciti da un film di James Bond. L’espressione, però, è malinconica. Sembra una nota stonata in un paese dove il sorriso più che una cortesia o un’espressione è un modo di vivere. Lei è donna, dice lei, e che donna, tende a precisare mentre mi guida la mano sotto il suo vergognosamente elegante e succintissimo tubino!

Ancora una chiacchera, ancora un drink, ancora un po’ di storie personali. Qui però è ancora diverso. Pochi particolari sulla sua esperienza europea. La tipa va diretta al sodo. Lei è una bomba sexy. Lei è la migliore. Ah, dice, se passo la notte con lei non lo dimenticherò mai. Se avevo qualche dubbio, ora non lo ho più. Katoey!!!! Che robba! Da non crederci!

Resta da decidere se per stasera può bastare, se non ho piuttosto bisogno di una compagnia un po’ meno deliberatamente orientata alla chiavata. In effetti vorrei più chiaccherare, farmi indicare le spiagge migliori, magari pomiciare un po’. Ma tant’è: guardo dove si sono cacciate le mie mani e dove si sono avviluppate le sue… Mi sa che mi tocca!

Si è fatta l’una. Fuori di Bangra Road il paese mostra il suo volto buio: ubriachi, poveracci, disperati e disperate, turisti pronti per farsi fregare il portafoglio da un borsaiolo. I negozi stanno chiudendo. I tuk tuk (taxi) sono tutti pronti a prenderti su per ovunque. A condizione che tu sia disposto ad una trattativa snervante per raggiungere un prezzo che non ti faccia sentire un turista coglione, e con il quale loro ci campano per una settimana.

Diana entra in bagno x la doccia di ordinanza. E’ il bagno di un resort locale. Ci sono due sottili porte a vetro schermato che danno sulla camera da letto. Dal mio lettone sbircio pregustando quanto sta per avvenire. Porco mondo: è bellissima, mi ripeto che non me ne rendo conto a sufficienza. Tra un’ora l’avrò persa. Tra una settimana, una così non la troverò più.

Mi infilo nella doccia con lei. A lei non sembra piacere. Tenta di cacciarmi. Le bacio la schiena di un colore e di un sapore che solo un’orientale può avere e solo a quelle latitudini. Cerco ancora la sua bocca che ho già conosciuto prima fugacemente. Gioco a ritrarmi mentre lei tenta di appropriarsi della mia lingua. Gioco. Le mie mani vagano tra le sue gambe per i meandri che un sapiente chirurgo ha riprodotto perfettamente. L’acqua che scroscia fa il resto.

Ci stringiamo nello stesso asciugamano e corriamo nel letto. Voglio succhiarla. Ma lei non vuole ora. Si divincola, corre via per un attimo, abbassa la luce. La tigre si fa gattina. Si vergogna forse? Io ho riacquistato il controllo. Cazzo, il gioco si fa pericoloso! Invece della mia lingua, mi strofino col viso. Annuso e bacio. Le lecco le gambe. La bacio tutta. Mentre l’abbraccio, noto la differenza di peso rispetto al fuscello di qualche ora fa. Ma siamo comunque di fronte ad una siluette d’eccezione, a morbidezze e rotondità che il Padre Eterno ha sin qui concesso solo alle donne. E il seno? Perfetto. Sta in una coppa di champagne. Una vera lady Thai non potrebbe concedersi di più. Sarebbe innaturale e poco elegante. Al tatto nulla fa pensare che sia quello di un katoey. Forse appena un leggero scalino, sotto l’ascella… Controllo con la lingua. Le succhio i capezzoli. Lei sta godendo con me. La sua voce scende di tono. Diventa un rantolo incontrollato. Mi gira e mi mette sotto. Ricambia il favore. Sono completamente coperto di sudore e della sua saliva. Il mio seno è succhiato sino al midollo. Le sue mani, appena più della media per una Thai, ma minuscole rispetto alle mie, mi frugano ovunque.

Sono così preso a godere di ogni istante, che a tutto penso fuorché alla performance del mio amico monocilindrico. Anzi, ogni tanto ci do un’occhiata, tanto per assicurarmi che sia ancora lì dove deve essere e che non sia sparito tra le mie circonvoluzioni cerebrali. Beh, tuttaltro. Lui, il compagno di tante battaglie, sta facendo un’ottima figura. Poverino, sarebbe nella media, lui. Ma in Thailandia anche il piccolo Pietropaolo può dire la sua. Tanto che Diana, sembra accorgersene e lo fa sparire nelle sue fauci.
E andiamo avanti così a lungo, esplorando ogni possibile sensazione, succhiandoci le dita come fanno gli innamorati e, finalmente stringendoci in una penetrazione profonda e completa. Il trasporto è al punto tale che sono sicuro di aver prima indossato la mia protezione e che lei ha usato un lubrificante per la sua seconda bocca. Ma tutto ciò è accaduto in un momento fuori dal tempo astrale in cui eravamo entrambi proiettati.

Dopo ere, ore o forse solo minuti, sono dietro di lei tentando di cambiare la porta d’accesso. Lei non vuole, mi dice che non lo fa da tanto tempo… Mi fa capire che è disdicevole per una principessa come lei. E io, per non tradire la sua fiducia acconsento.

Assolutamente impazzito, prendo a muovermi come un ossesso, un coniglio, un animale della savana… Le mie pulsazioni sono a mille. Penso che sto rischiando un infarto… Non sono allenato, ho bevuto, fa caldo – nonostante l’aria condizionata –, non sono più un ragazzino. Ma vado avanti così, sollecitato dal suo ansimare, sempre più forte, dalle sue mani che, dal basso guidano i miei lombi e accarezzano il mio sacchetto, ora turgido come una palla da tennis. Esco un attimo. Lei mi guida nuovamente dentro. Sento che il suo orifizio ora è più stretto. Il suo ansimare è incontrollato. Mi ha voluto concedere anche questo. Tendo a credere che non mi abbia mentito.

La sua mano stringe il mio polso conficcandovi le unghie laccate e curatissime. Veniamo insieme con un urlo e crolliamo insieme sul letto in una pozza di sudore, saliva, profumi.

Ci baciamo profondamente…
Ci addormentiamo abbracciati……

L’indomani l’avrei intravista un ultima volta al tavolo di quel suo bar… Ma sarebbe stato già troppo tardi per un altro incontro e non troppo presto per un’altra avventura.

___________________________jul
 
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Meno poetico degli altri, ma più carnale.

Ormai sei una garanzia di buona lettura.

:good:
 
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Grande Julio....ottima esposizione narrativa e pathos coinvolgente..un piacere leggerti..quando non bislaccheri di vacue proprietà s-transitive....!!!
:clapping: :good:
 
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G

Guest

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  • #4
ahhh Patong, quanti ricordi meravigliosi :yahoo:

secondo me con Jem sei stato "vittima" di uno short time, le thai sono bravissime nel raccontare palle!!

complimenti come al solito per il racconto, avvincente come l'altro di samui (sto ancora attendendo le foto dal mio amico, appena le ho le posto)
 
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