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Fulmine123
Ospite
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Articolo molto interessata, parla del Punter:
http://www.piacenzasera.it/inchieste/pi ... css=&com=c
Il giro con l’unità di strada della Lila ha mostrato il lato più desolante della prostituzione. La necessità, l’indigenza o il ricatto spingono un centinaio di ragazze a vendere il proprio corpo nelle strade di Piacenza.
Ma c’è una forma di stratificazione sociale che suddivide le circa duecento prostitute che esercitano in città. In basso le ragazze che esercitano per strada, poi le prostitute a domicilio, in cima le escort. Infatti, se le ragazze in strada rappresentano il proletariato del sesso, le ragazze “in appartamento” sono la classe media, mentre le escort sono l’alta borghesia. Questa distinzione è netta e percepibile a ogni livello: dal tariffario, alla modalità di consumo, fino alla tempistica.
Free press e web, sono gli strumenti per reperire le ragazze che non si prostituiscono per strada. Questo presuppone una maggior disponibilità economica e, si presume, una certa confidenza con i mezzi informatici: inserire un annuncio pubblicitario sui settimanali di annunci costa circa 20 euro per una pubblicazione di tre settimane consecutive. Stesso prezzo su internet.
“Le nazionalità sono sempre diverse da quelle indicate: la giapponese è in realtà cinese, l’argentina è ecuadoriana”, svela un cliente. Grosso modo, però, il 70-80% delle ragazze che si prostituiscono in casa sono migranti. In prevalenza sudamericane e dell’Europa orientale.
Ad andare con la classe media della prostituzione è la classe media di Piacenza. Persone che non desiderano “consumare” nella scomodità della macchina o dietro a un cassonetto della “Caorsana”. Gente soprattutto in grado di permettersi di pagare 80 euro per un incontro veloce, fino a 100/150 euro per un incontro più lungo e sfaccettato, comunque negoziabile in loco.
L’aumento di prezzo, rispetto alla prostituta di strada, è determinato non tanto dalla prestazione in sé o dalla bellezza della ragazza. Si paga per la comodità e la discrezione della casa, per la relazione umana, e per il tempo: sempre minimo un’ora di amplesso (per strada: 20 minuti).
I clienti sono per lo più uomini tranquilli, professionisti, quasi tutti rigorosamente sposati e fanatici seguaci dell’adagio “patti chiari - amicizie lunghe”. Sono molto oneste, non sfruttano, non rubano, sono in genere gentili e pulite. La “mia” è timida e quando l’ho invitata a cena la prima volta si è meravigliata”, spiega un funzionario di banca in pensione, separato, cliente fisso di una donna ucraina di 30 anni, madre di un bimbo.
Alcuni hanno idee maschiliste, esacerbate da insoddisfazioni varie: “Lo faccio per sfogarmi sessualmente, le donne italiane sono affettuose fino a quando si sposano o fino a quando arriva il primo bambino, dopo basta”, dice un piccolo imprenditore, sposato con figli. “Le ragazze italiane cercano solo divertimento e soldi. Non riescono a essere coinvolte emotivamente, tanto vale allora andare con le prostitute che sono sicuramente più oneste”, aggiunge un giovane commerciante, coniugato con prole.
Comprare, buttare e non impegnarsi, sembra essere questa la formula di un bisogno maschile di massa, più una dose massiccia di disillusione nei confronti dell’altro sesso. Ma depurando le testimonianze dal gergo più esplicito, emerge che si ricorre al sesso mercenario anche perché la moglie non acconsente a rapporti non convenzionali, mentre la prostituta sì. “Le donne ti costringono ad andare in cerca di sesso a pagamento perché quando ti sposano ti promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia, sennò chi si sposerebbe?”, dice un altro cliente.
Rispetto alle ragazze di strada, le lavoratrici del sesso a domicilio rischiano all’apparenza meno guai giudiziari. Non c’è adescamento visibile, lavorano in casa, la maggioranza paga l’affitto regolarmente e nei prezzi di mercato. Tuttavia almeno venti di loro girano in continuazione per le città del nord Italia. Si suppone quindi che ci sia un’organizzazione che pianifichi gli spostamenti e trovi gli appartamenti.“Se hanno un pappa è molto discreto, molte ragazze si prostituiscono in modo consapevole e volontario”, spiega un cliente abituale.
Nonostante il tariffario parta da una base minima di 80 euro e al mese ne guadagnino in media 8000, le ragazze che esercitano al chiuso non sembrano benestanti e non vivono nell’agiatezza. Per molte di esse vendere il proprio corpo rientra in un progetto di vita più vasto e “nobile”.
Gli appartamenti in cui esercitano hanno spesso un arredamento molto scarno e dozzinale, l’ambiente è precario e transitorio. ”Guadagno 8mila euro al mese ma devo spedirne 6mila alla famiglia per coprire un debito”, dice la giovane ucraina Martinka, madre di due figli, che non si sbottona sulle “protezioni” e sull’organizzazione degli spostamenti.
Se a gestire il racket delle prostitute nigeriane di strada (le più numerose in città) sono spesso altre prostitute più anziane che sottomettono psicologicamente le nuove arrivare e le ricattano con pratiche voodoo (il Juju nigeriano), la maggioranza delle ragazze dell’est sembrano non avere “protettori”. Alcune hanno un fidanzato consapevole della situazione della compagna, ma non della legge:”Hanno arrestato il mio uomo due settimane fa – dice la rumena Marja – ma lui non approfittava del mio lavoro, è disoccupato”. Secondo la legge del 1958, commette reato grave chi sfrutta la prostituzione percependo i proventi dalla sua attività, anche senza coercizione.
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Il giro con l’unità di strada della Lila ha mostrato il lato più desolante della prostituzione. La necessità, l’indigenza o il ricatto spingono un centinaio di ragazze a vendere il proprio corpo nelle strade di Piacenza.
Ma c’è una forma di stratificazione sociale che suddivide le circa duecento prostitute che esercitano in città. In basso le ragazze che esercitano per strada, poi le prostitute a domicilio, in cima le escort. Infatti, se le ragazze in strada rappresentano il proletariato del sesso, le ragazze “in appartamento” sono la classe media, mentre le escort sono l’alta borghesia. Questa distinzione è netta e percepibile a ogni livello: dal tariffario, alla modalità di consumo, fino alla tempistica.
Free press e web, sono gli strumenti per reperire le ragazze che non si prostituiscono per strada. Questo presuppone una maggior disponibilità economica e, si presume, una certa confidenza con i mezzi informatici: inserire un annuncio pubblicitario sui settimanali di annunci costa circa 20 euro per una pubblicazione di tre settimane consecutive. Stesso prezzo su internet.
“Le nazionalità sono sempre diverse da quelle indicate: la giapponese è in realtà cinese, l’argentina è ecuadoriana”, svela un cliente. Grosso modo, però, il 70-80% delle ragazze che si prostituiscono in casa sono migranti. In prevalenza sudamericane e dell’Europa orientale.
Ad andare con la classe media della prostituzione è la classe media di Piacenza. Persone che non desiderano “consumare” nella scomodità della macchina o dietro a un cassonetto della “Caorsana”. Gente soprattutto in grado di permettersi di pagare 80 euro per un incontro veloce, fino a 100/150 euro per un incontro più lungo e sfaccettato, comunque negoziabile in loco.
L’aumento di prezzo, rispetto alla prostituta di strada, è determinato non tanto dalla prestazione in sé o dalla bellezza della ragazza. Si paga per la comodità e la discrezione della casa, per la relazione umana, e per il tempo: sempre minimo un’ora di amplesso (per strada: 20 minuti).
I clienti sono per lo più uomini tranquilli, professionisti, quasi tutti rigorosamente sposati e fanatici seguaci dell’adagio “patti chiari - amicizie lunghe”. Sono molto oneste, non sfruttano, non rubano, sono in genere gentili e pulite. La “mia” è timida e quando l’ho invitata a cena la prima volta si è meravigliata”, spiega un funzionario di banca in pensione, separato, cliente fisso di una donna ucraina di 30 anni, madre di un bimbo.
Alcuni hanno idee maschiliste, esacerbate da insoddisfazioni varie: “Lo faccio per sfogarmi sessualmente, le donne italiane sono affettuose fino a quando si sposano o fino a quando arriva il primo bambino, dopo basta”, dice un piccolo imprenditore, sposato con figli. “Le ragazze italiane cercano solo divertimento e soldi. Non riescono a essere coinvolte emotivamente, tanto vale allora andare con le prostitute che sono sicuramente più oneste”, aggiunge un giovane commerciante, coniugato con prole.
Comprare, buttare e non impegnarsi, sembra essere questa la formula di un bisogno maschile di massa, più una dose massiccia di disillusione nei confronti dell’altro sesso. Ma depurando le testimonianze dal gergo più esplicito, emerge che si ricorre al sesso mercenario anche perché la moglie non acconsente a rapporti non convenzionali, mentre la prostituta sì. “Le donne ti costringono ad andare in cerca di sesso a pagamento perché quando ti sposano ti promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia, sennò chi si sposerebbe?”, dice un altro cliente.
Rispetto alle ragazze di strada, le lavoratrici del sesso a domicilio rischiano all’apparenza meno guai giudiziari. Non c’è adescamento visibile, lavorano in casa, la maggioranza paga l’affitto regolarmente e nei prezzi di mercato. Tuttavia almeno venti di loro girano in continuazione per le città del nord Italia. Si suppone quindi che ci sia un’organizzazione che pianifichi gli spostamenti e trovi gli appartamenti.“Se hanno un pappa è molto discreto, molte ragazze si prostituiscono in modo consapevole e volontario”, spiega un cliente abituale.
Nonostante il tariffario parta da una base minima di 80 euro e al mese ne guadagnino in media 8000, le ragazze che esercitano al chiuso non sembrano benestanti e non vivono nell’agiatezza. Per molte di esse vendere il proprio corpo rientra in un progetto di vita più vasto e “nobile”.
Gli appartamenti in cui esercitano hanno spesso un arredamento molto scarno e dozzinale, l’ambiente è precario e transitorio. ”Guadagno 8mila euro al mese ma devo spedirne 6mila alla famiglia per coprire un debito”, dice la giovane ucraina Martinka, madre di due figli, che non si sbottona sulle “protezioni” e sull’organizzazione degli spostamenti.
Se a gestire il racket delle prostitute nigeriane di strada (le più numerose in città) sono spesso altre prostitute più anziane che sottomettono psicologicamente le nuove arrivare e le ricattano con pratiche voodoo (il Juju nigeriano), la maggioranza delle ragazze dell’est sembrano non avere “protettori”. Alcune hanno un fidanzato consapevole della situazione della compagna, ma non della legge:”Hanno arrestato il mio uomo due settimane fa – dice la rumena Marja – ma lui non approfittava del mio lavoro, è disoccupato”. Secondo la legge del 1958, commette reato grave chi sfrutta la prostituzione percependo i proventi dalla sua attività, anche senza coercizione.