Esattamente.Si però chiamatela amicizia solo dopo quando la pay amica dimostri rispetto e interesse nel frequentarvi anche se non sganciate 100 euro, perché in caso contrario sempre di clienti si parla.
Difficilissimo capire dall'interno dov'è il limite tra cliente e amico, e io comunque le poche volte che mi è successo di vedere maturare una certa confidenza, a scanso di equivoci, mi sono sempre considerato cliente, e non ho mai sbagliato.
Ora però, come dicevo molto più sopra, ho un paio di pay che sembrano davvero amiche e mi hanno insinuato il tarlo del dubbio. La cosa mi piace, mi diverte, ma tutto sarà più chiaro a bocce ferme, cioè a fine carriera sua di pay e mia di punter.
Continuo a risponderti prendendoti sul serio.Sarebbe anche interessante scoprire cosa accade al nostro punter, quando il livello di amicizia è così elevato da finire dritti dritti nella cosiddetta e non casuale friendzone.
Sentirsi dire la fatidica frase: “Ti voglio tanto bene, per me sei come un fratello.” Bottega chiusa.
Al "Ti voglio bene" non sono mai arrivato. Lo riservo solo ai famigliari.
Una volta mi è capitato di dirle che la stavo trattando come una sorella. Mi è arrivato un secco "Ma te con tua sorella scopi!?" e non mi è mai più capitato di tirar fuori parentele varie.
Un "Igor" l'ho conosciuto, ma questo incontro, avvenuto quasi per caso al bar (ma voluto da lei) è stata una pessima idea.O magari quando i rapporti sono talmente buoni che: “Ecco ti presento il mio fidanzato. Lui è Igor.”
Lui era a disagio, mi vedeva esclusivamente come cliente della sua ragazza, ma sapendo che io ero uno (assieme a tanti di noi) che indirettamente finanziava le sue cene al ristorante e tutto il resto, si sforzava di essere simpatico. Ma a me ha trasmesso solo il disagio.
Argomenti di conversazione: zero. Cioè, ci sarebbero, ma mi sembrava indelicato dire quanto è brava la sua donna nell'arte bolognese.
Trovata velocemente una scusa, me ne sono andato. Questo si che è essere amici...