Penso che sia normale a un certo punto della nostra vita mettere in discussione quello che stiamo facendo.
Il blocco è appunto un blocco psicologico, il nostro corpo ci stimola e ci spinge a fare quello che abbiamo sempre fatto, istintivamente, ma la nostra mente si ribella automaticamente, come una forma di autodifesa, e tira il freno a mano, e ci impedisce di fatto di proseguire nel nostro intento di soddisfare i nostri bisogno corporali.
Capita anche che tante cose, che prima sentivamo come indispensabili, da un giorno all'altro possano perdere di interesse, e apparire all'improvviso vuote, rendendoci conto che, magari, nella scala dei valori, vi sono altre cose maggiormente importanti e appaganti.
Magari può essere la paura inconscia dopo una pandemia come quella del covid-19, una sorta di autodifesa, oppure il bisogno interiore di un legame molto più profondo, affidabile e duraturo, di quello che ci può offrire una "pay".
In effetti magari ci vorrebbe uno psicologo per aiutare a sviscerare cosa ha provocato questo blocco, ma è realmente così grave?
Se il blocco permane non facciamone un dramma, dedichiamoci ad altro, e mettiamo momentaneamente da parte la questione.
Penso faccia parte della nostra normale maturazione, significa di solito che, forse, è giunto il momento di fermarsi un attimo a respirare e a cercare di comprendere chi siamo realmente e cosa realmente vogliamo.
Alla fine, dopo un bel esame di coscienza, molto probabilmente, non ci resterà che pronunciare la famosa frase del mio concittadino patriota milanese Amatore Sciesa: tirèmm inànz («tiriamo innanzi», «andiamo avanti»).