CARO DIARIO

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18. TEMPO DI BILANCI

Ho 48 anni, da ben diciotto vado a puttane, con libido calante, con cadenza irregolare e diradata, ma ci vado. Continuo ad andarci nonostante i sensi di colpa e le crisi di coscienza che a volte faccio fatica a rimuovere. Perché ci vado, mi chiedo? Perché non riesco a rinunciare all'utilizzo del corpo di una donna a mio piacimento? Smania di potere represso scaricato su giovani corpi femminili? L’uso sfrenato del mio corpo come riscatto liberatorio di una vita costretta in vesti e abitudini troppo convenzionali? Spargimento di seme come manifesto della mia mascolinità e capacità procreativa? Invidia della fica? Ricerca disperata di qualche isola di bellezza in un mondo sempre più orrendo? Tratti della personalità autodistruttiva che ho razionalmente soffocato e che reclama un suo emisfero esistenziale? Giovinezza che sfiorisce, senilità che affiora, … perchè?

Risposte non ne ho, ma il dato è che le pulsioni da uno o due anni sono sempre meno violente, gli sbalzi di testosterone sempre meno accentuati, le tracce di un meccanismo compulsivo e paranoico sempre più nitide. Non è soddisfazione meramente fisica che cerco, del resto non è mai stato questo il mio fine ultimo. Ma la sfera sessuale? Ci entrerà nella vicenda? Una sfera sessuale evidentemente non appagata, non appagante, ma esiste qualcuno che ha una vita sessuale totalmente appagante? Perché non riesco a eliminare del tutto il bisogno di una puttana, del suo culo, della sua bocca? Sono forse omosessuale? Ma non avrei prediletto i trans se lo fossi? E invece no, solo puttane con la fica e possibilmente un gran culo. Le tette non sono mai state fondamentali, mi piacciono anche piccole, l’importante è che abbiano due bei capezzoli.

Mi interrogo sempre più impietosamente, ma non sono un pentito del sesso a pagamento. Vorrei comprendere le ragioni di questa sessuodipendenza non perché abbia intenzione di smettere, non per dare conto del mio comportamento socialmente immorale, ma solo per necessità impellente di autoanalisi, per dare un volto ad un animale che alberga ben nascosto da qualche parte nella mia psiche e che prende il sopravvento su ogni freno inibitorio sociale e culturale.

Freni religiosi non ne ho, ho definitivamente espulso il concetto di peccato almeno trent’anni orsono. Del resto, non godo dei benefici di una vita spirituale, mi piace la vita terrena e sono convinto assertore del materialismo storico, che dopo un paio di sanguinose rivoluzioni e qualche rimescolamento teorico, ha partorito la sintesi delle sintesi filosofico – esistenziali: “I soldi non fanno la felicità, ma meglio essere ricchi”.

Ecco, i soldi: forse vado per troie perché me lo posso permettere, perché il mio status di uomo benestante ha perenne bisogno di riconferme. Forse, ma forse no, non solo. Posso ignorare la sorsata di adrenalina che mi scuote da capo a piedi quando come un segugio mi metto sulle tracce della prossima vittima, navigando forsennatamente sui siti specializzati? Guardare le foto, consultare il carnet di servizi, verificare recensioni e pareri, sapendo che per una manciata di minuti sarò istigatore e controllore assoluto, dei patemi, delle paure, dello stupore, della stizza, della frustrazione, di tutte le lacerazioni psico-fisiche che pulsano dentro una bella troia sottomessa ai miei miserabili desideri.

Lo so, sono pensieri da sadico stupratore, ma che cos’è se non un stupro che mettiamo in atto quando violiamo impunemente tutti i pertugi che una puttana mette in piazza per tirare a campare? Poi ce la raccontiamo come vogliamo e alcuni di noi, violentatori di fanciulle implumi, pensano addirittura di essere dei magnati che garantiscono loro un reddito. Altri, più “romantici”, sono convinti che queste ragazze facciano le meretrici perché sono né più, né meno, delle ninfomani avide di cazzo. Altri ancora, e io pure quando l’ormone addormenta il pensiero, le considerano le occulte benefattrici dell’Umanità, inesauribili spugne che ripuliscono la società dalle pulsioni più inconfessabili.

I miei sensi di colpa, non ossessivi ma presenti, non insopportabili ma insopprimibili, li nutro verso queste giovani donne, tutti i giorni devastate da decine di cazzi, con intermezzi di attesa del prossimo individuo accecato dalla libido che pretenderà da loro disponibilità totale, imponendo i suoi olezzi di sudore rappreso, le sue stupide ansie, le sue futili incazzature. Basta il pur generoso indennizzo monetario per assolvermi e per far cessare per sempre il battito della Ragione?

Un giorno, ne sono certo, la vita mi presenterà il conto per le tante ferite fisiche e psico-morali di cui mi sono reso responsabile verso queste giovani donne, senza difese, senza alternativa. Pur tuttavia non ho mai smesso e, finché le forze mi sosterranno, non smetterò, di andare a caccia. Ho frequentato e frequento alcuni forum di discussione tra specialisti del settore, da dove ho sovente attinto nuova linfa e stimolo nei momenti di depressione: se fossi totalmente impudente, potrei dire che ultimamente vado a troie per poterne scrivere su questi cazzo di forum che hanno definitivamente consacrato gli anni 2000 come l’era del puttaniere digitale, quello che si auto-compiace delle proprie imprese, che esalta il proprio Ego e si auto-assolve, condividendo con un indistinto uditorio le narrazioni del proprio poco commendevole agire.

Il periodo di inattività più lungo si è verificato nel 2010: sei mesi consecutivi senza una troia! Poi mi sono ripreso con gli interessi, inanellando una serie di nuove pulzelle, che sognavano di fare la modella, la segretaria, l’infermiera e si sono ritrovate a fare la bagascia sulla strada, in bugigattoli bui, in monolocali malsani, ma anche in eleganti appartamenti del centro. Finora ho frequentato sempre e solo professioniste che ricevono, mai battone, mai escort superlusso a cui pagare la cena per illudersi di aver sedotto una strafica con l'eloquio e gli sguardi da psce lesso: sarebbe stato troppo, ho ancora il senso del ridicolo, almeno quello.

Da un paio di anni in qualche caso mi concedo anche più visite alla stessa professionista. A qualcuna mi sono anche assurdamente affezionato e mi piace pensare che anche a lei fa piacere se ritorno più volte a trombarla, mentre prima ero perennemente assetato di nuove fiche, di nuovi culi, un rullo compressore che si nutriva di carne fresca, un incursore che colpiva rapido e silenzioso e poi svaniva: fottere e dimenticare. Giammai avrei neanche concepito concedere un bis a una puttana, forse perché ritornare sul luogo del delitto avrebbe inceppato il delicato meccanismo rimottivo su cui si reggeva una fragile autostima. O forse solo perché come tutti i criminali seriali, al puttaniere interessa la serialità, piuttosto che il singolo crimine.

Oggi, anche grazie alla scrittura di queste pagine, mi sento più consapevole e non ho timore di confessare a me stesso che sono un vigliacco, perché solo i vigliacchi vanno a puttane. Il mio personale cartellino degli ultimi anni? Una cinquantina di troie, troiette, troioni, veline, succhiacazzi, culi sfondati, culi ostinati, fichette umide o secche. E quindi per concludere, basta con le pippe auto-castranti: devo uscire, sono in ritardo, una puttana mi aspetta.
 
Mi pongo i tuoi stessi interrogativi, percorro i tuoi stessi vicoli ciechi, mi perdo nelle tue stesse aporie fino a giungere ad un progressivo distacco da un certo tipo di bulimia sessuale.
Ho collegato periodi ed eventi della mia vita apparentemente incoerenti, ho provato ad interpretare una pervicace noia ed una costante insoddisfazione che mi accompagnano fin dall'adolescenza. Ho ottenuto qualche risposta, tutto il resto arriverà.
Complimenti per il notevole post.
 
Oggi, anche grazie alla scrittura di queste pagine, mi sento più consapevole e non ho timore di confessare a me stesso che sono un vigliacco, perché solo i vigliacchi vanno a puttane. Il mio personale cartellino degli ultimi anni? Una cinquantina di troie, troiette, troioni, veline, succhiacazzi, culi sfondati, culi ostinati, fichette umide o secche. E quindi per concludere, basta con le pippe auto-castranti: devo uscire, sono in ritardo, una puttana mi aspetta.[/QUOTE]


I vigliacchi sono altri, quelli che non fanno niente per se' stessi, al massimo ti potrei definire egoista. E basta con i moralismi.
Vedo che vanno tanto di moda, chiagne e fotte, fotte e chiagne.

 
LITIGARE CON UNA ESCORT: SANDY

La prima e unica volta che ho litigato con una puttana, A.D. 2012, è stato con questa Sandy, paulista biondina, ben fisicata, faccino imbronciato.

L’avevo già incontrata due anni prima e tutto era filato liscio, anzi non era stata un’esperienza particolarmente degna di nota. Ricordavo però con molto piacere le sue fattezze posteriori. Ritrovata sulle pagine di un sito che andava per là maggiore nella Capitale, non avendo tantissimo tempo a disposizione, mi ero detto: vado, l’inculo e torno.

La chiamo e scopro, però, che l’esercizio si è spostato in posizione più centrale e, come scoprirò dopo una assurda caccia al tesoro, vi si accede da una invisibile entrata indipendente, ubicata fronte strada, su una salita resa celebre dall’agguato partigiano a una pattuglia di militari tedeschi.

Succede, in questi casi, di rimanere attaccato al telefono, mentre si sale e si scende lungo la strada, fino ad identificare la porta giusta, quella che si socchiuderà per farti sgattaiolare dentro. Forse sarò stato incauto o particolarmente disinvolto, certamente non avrò pensato alle possibili orecchie indiscrete dietro le persiane, che pure danno sulla via, fatto sta che, appena entro, questa mi aggredisce con improperi in portoghese e in italiano. Io casco dalle nuvole, fatico a capire le ragioni di tanta veemenza.

Totalmente fuori controllo, agitatissima, Sandy mi dice che sono un grandissimo stronzo e vorrebbe quasi mettermi le mani addosso, quando vede che continuo ad avere un sorriso da ebete stampato in faccia. Ma il problema è che non capisco che cosa voglia da me e dov’è che avrei compromesso la sua sicurezza, come lei insiste a dire.

Date queste premesse, c’era solo da voltarsi e andarsene. Ma invece resto. Resto perché comunque vedere questa biondina longilinea che sculetta in jeans avanti e indietro per l’angusto seminterrato in cui sono calato dalla porticina invisibile, mi ha dato una scossa potentissima allo scroto. E resto anche perché voglio sinceramente capire quand’è che l’avrei messa in pericolo, ma più provo a spiegare e a sdrammatizzare, più questa schiuma di rabbia, urlando e mulinando le braccia per provare a darmi un cazzotto. Schivo gli improbabili colpi, fino a che non riesco a bloccarle le mani tra le mie e le dico: “Cerca di calmarti. Se avevi paura di farti scoprire, urlando in questo modo rischiamo di ritrovarci la sora Flora che bussa alla porta…”.

Finalmente smette di fare la pazza, si accascia su un divanetto di stoffa nocciola e continua a singhiozzare parole in portoghese … ma non riesco a capire se invoca Dio o se sta recitando una Macumba diretta al sottoscritto. A quel punto, faccio due gradini per risalire le scalette e avviarmi all’uscita: “Vuoi controllare, prima di farmi uscire …”? Ma questa sgrana gli occhioni umidi e sbaffati di rimmel e mi fa: “Dove vai? Ma tu che cosa volevi fare?”.

Le ripeto quello che le avevo detto al telefono e cioè che due anni prima ero rimasto colpito soprattutto dal suo posteriore. “Ah! quindi ci siamo già conosciuti”? - ora accenna un sorriso (miracolo!).

“E sì, stavi all’EUR … te lo avevo detto al telefono, ma ora non so se è il caso, magari ti vengo a trovare un’altra volta …”

“Prà duzentu eurusch è sempre u casu!”

Colpito e affondato. Mai avere pietà di una troia: “Ah beh allora …”, faccio retromarcia e attingo alle tasche: “Poggio qui”?

“Dai a me …” si volta e, dopo aver sfrusciato le banconote, le assicura in un cassetto, mentre si sfila i jeans.

Io devo avere un “?” bello grosso, dipinto sul volto, sia perché questo cambiamento umorale repentino mi fa pensare alla schizofrenia e comincio ad avere paura per quando me lo succhierà, sia perché non vedo un letto in quel bugigattolo.

Ma lei mi fa: “u divanu…” con un tono che vuol dire: lo vedi quanto sei stronzo? - E continua allusiva: “Solu chi … anal non lo fasciu da um pocu, depende de ti … “. Tradotto: se non riesci a perforarmi, sono cazzi tuoi, io non ti aiuto.

Accetto la sfida, figuriamoci: anzi, una serratura chiusa a doppia mandata è quello che mi ci vuole per smaltire tutta quella adrenalina.

E così accorcio le distanze e mi riempio le mani delle sue natiche, mentre tento di baciarla. Sandy schiva l’approccio troppo intimo e mi disintegra con uno sguardo. Mi sembra di vedere il fumetto dei suoi pensieri, non so perchè lo vedo in romanesco: “Ahò, nun t’allargà … non t’ho dato un carcio nder culo solo perché nun se sputa sopra ducento euri, ma …”

E infatti scarta subito un condom che nascondeva nel palmo della mano e dichiara le sue intenzioni. Poiché non è giornata, accetto la vestizione precoce. Sono in piedi, davanti all’orrendo divano: mi è bastato un succinto smaniamento delle sue chiappe per essere già turgido e impaziente. Lei seduta mi infila il guanto con la bocca, mostrando una perizia non comune. Poi comincia a pompare lentamente, con metodo.

Da come pompa, adagio e precisa, comprendo che evirarmi con un morso non è tra i suoi propositi. Piuttosto il suo piano è farmi capitolare in pochi minuti. E ci sta quasi riuscendo la baldracca, avvolgendo tutta l’asta e soffocando il prepuzio nell’esofago. Ammirevole.

Sono quasi tentato di fotterle la gola, tenendole la testa in posizione, ma poi penso che se non dovessi farcela e qualche fiotto di sperma debordasse fuori dal preservativo, questa mi ucciderebbe seriamente.

La fermo, chiedo di proseguire in testa coda. Il divano è scomodissimo, chetelodicoaffà, ma riusciamo nell’intento. Lei non si è mai staccata dal mio cazzo e continua a pompare a ritmo lento e inesorabile, io vado ad esplorare i suoi pertugi. La fica è asciutta, mal depilata ed ancora impregnata di lattice. Illeccabile. Il bucio di culo è invece decisamente profumato e saporito. Meno male.

Trattasi effettivamente di ingresso con cartello “fuori servizio”. Ma non desisto, anzi, mi avventuro in tutte le modalità possibili: a pendolino, a cucchiaio, a coltello ... Dopo qualche minuto di tecnica ammorbidente, entro con lingua a scalpello e faccio un bel giro. Sembra ci sia vita in quel bucio di culo, che forse non aspettava altro che risvegliarsi dal torpore del disuso.

Penso: “E’ giunta la tua ora Sandy. Ci hai provato a sfibrarmi ma ti è andata male… ora paghi pegno”. Sandy sembra leggermi nel pensiero e, accantonato ogni bellicoso progetto di chiusura anticipata dei giochi, si mette a 90 sull’orrendo divano. Le sue natiche leggermente ambrate, stagliate da una diafana areola triangolare, sono uno spettacolo. Vorrei continuare a lavorarmi il bucio del culo con la lingua e il pollice, ma dopo qualche secondo vengo stoppato da un infastidito: “Dai ammore, sono pronta …”.

Sei pronta???? Accosto la cappella alla fica, per il consueto assaggino nel passaggio principale, ma poi penso: questa nn si è manco lavata. Andiamo al sodo. Chiedo timidamente: “Hai un gel, una cremina… qualcosa per …”? “No ammore, dai … non serve” ribatte Sandy sempre più spazientita e scostante.

Esticazzi! L’assalto al fortilizio ha successo quasi subito, nonostante tutto, ma il budello ha una scorrevolezza alquanto grezza e rasposa. Me ne impadronisco con scatti vigorosi, provando a guadagnare centimetri ad ogni colpo. Ma avviene tutto in modo così disarmonico e tetro, in un silenzio cupo, rotto solo dagli sbattimenti del mio addome sui suoi rigogliosi glutei, seguiti dai singulti di Sandy, che, per quanto strozzati, sono perfettamente sincronizzati ai miei fendenti.

Dopo un paio di minuti scarico tutto, intrappolato in quel posticino caldo ma impervio che si è dimostrato il culo di Sandy. Quando mi sfilo, sono esausto e felice, ma anche imbarazzato: non era quello il modo in cui avrei voluto che mi si concedesse questa strana puttana, che, nonostante tutto, mi fa tanta tenerezza.

Sandy invece non fa una piega e si riveste, senza degnarmi di uno sguardo. Evidentemente, perseverando nel suo folle pregiudizio nei miei confronti, ha preferito mostrarsi distante ed estranea, incurante dello stupro perpetrato alle sue spalle.

Mi rivesto e risalgo mestamente quei cinque gradini. Sandy è già lì alla porticina che controlla dallo spioncino se c’è la sora Flora ad aspettarmi fuori. Le dico un pacioso: “Ciao”, alludendo con una smorfia della bocca: è andata così … ma lei manco mi risponde.
 
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