Senza rifarmi alla preistoria e al concetto di mestiere più antico del mondo, credo che la linea di demarcazione fra il gradito e lo sgradito sia da ricercare nell’approccio psicologico, soprattutto da parte di quelle femminucce che non brillano per schiettezza. Condannare la prostituzione e i suoi fruitori è facile, capirne le ragioni lo è un po’ meno. Voglio citare solo un esempio che mi ha riferito un mio amico poliziotto di ritorno dal Kosovo, dove era stato impegnato in una missione ONU qualche anno fa. Kosovo e Bosnia erano (forse ancora sono) il crocevia del traffico di esseri umani, soprattutto provenienti dai paesi ex URSS, con la complicità delle autorità locali. Lì le donne sono testate, rodate e spedite all’ovest. Un giorno qualcuno all’ONU si sveglia e decide di fare un repulisti e viene effettuato una specie di rastrellamento in alcuni di quei bar/night ecc. in cui si pratica la prostituzione. Vengono arrestati alcuni poliziotti del luogo (poi rilasciati per evitare incidenti diplomatici…) e radunate una trentina di donne. Interrogate da funzionari ONU dicono, in pratica, “a casa mia scopo gratis, qui mi pagano, che volete da me?” Ovviamente, tutte sapevano quello che facevano, alla faccia dell’ipocrita versione secondo cui sarebbero partite da casa con la promessa di un lavoro onesto e poi…. A proposito, c'è ancora qualcuno che ci crede a questa favoletta delle fanciulle innocenti, traviate e avviate sulla via del meretricio?