FKK WELLCUM - APRILE 2022 - RECENSIONE DI IMMENSO - "RITORNO AD ITACA"

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Per chi proseguirà nella lettura.
Desidero ringraziare la Direzione del Wellcum per l’amarcord avvenuto a Villach.
Stanotte ho avuto tempo da perdere e parole da spendere.


FKK WELLCUM – APRILE 2022 – RECENSIONE DI IMMENSO – “RITORNO AD ITACA


Nel freddo umido che ha il sapore di tristi brughiere, recuperato da un paio di amici dopo una liberazione dell’ultimissimo secondo, viaggiamo con la pioggia incessante, sulla strada viscida, sotto il cielo opaco che, a giorno fatto, assomiglia ad una deserta notte elettrica.


Al confine un imberbe poliziotto austriaco si era inventato di chiedere il greenpass, che fortunatamente avevamo con noi, senza approfondire nulla con lo scanner e poi facendoci cenno di passare.


Arrivati poco dopo l’apertura del locale, mentre i miei due amici entravano, io mi dirigevo con il Direttore e con il futuro cuoco dell’Andiamo, a Villach.
Quindici minuti ci separano da Faaker See, ed ero eccitato come uno scolaretto, non lo nego.
Neppure ricordo più da quando non li percorrevo quei pochi chilometri, dovrei recuperare i miei diari.
Per strada si rivanga qualche ricordo e faccio qualche racconto, e a parte qualche lavoro, nessuno stravolgimento, se non per un grosso stabile in costruzione in prossimità del locale, che apprendo sarà una concessionaria.
Neppure la storica gasthaus – punto comune di ritrovo – dove alloggiavo c’è più, e con essa il lampione con il nome del proprietario, dato che ha lasciato spazio a nuovi immobili.
Chissà, forse un giorno germoglierà un nuovo fiore, perché tutto si disfa e rinasce.
Arriviamo e sul cancello sbarrato c’è un cartello con il logo del locale e la scritta “The original number one”, orari e sito.
Parcheggiamo ed entriamo.


[Nostos.
Ritorno alla pietrosa Itaca.
Un balzo e sono sul pontile.
Ritorno dal regno dei Feaci, dalla sponda di Calipso, da Circe la maga.
Dai lotofagi, che mangiano oblio.
Nessun cane a morire di gioia, questa volta, nessun arco da tendere, e nessun dardo a trapassare scrocconi in fila ordinata in attesa di impalmare una vedova.
Penelope non abita più quelle stanze.
Arrampicato fino alla cima di questo monte brullo, osservo il panorama, e le rovine di quello che era un tempio.
Qui viveva un Dio potente.
Antiche genti salivano lo stesso sentiero, contro le stesse intemperie, per sacrificargli capre e buoi.
L’isola era fiorente, marmo e fichi, olio, navi e mercanti.
Sembra che questa pioggia abbia portato via tutto e certo, ci diciamo, questo rende evidente la nostra impermanenza]


L’emozione è forte, sarò sciocco ma non lo nego.
E’ un cantiere, è vero.
Ma non solo. Almeno non per me. E probabilmente per molti che leggono.
Giornate passate in piena spensieratezza con i miei amici, quando tutto era pura incoscienza.
Quei tramonti, che adesso non sembrano più gli stessi.
Riaffiorano ricordi malinconici, di tempi che non torneranno mai più.


La reception ha ancora il bel bancone, e dagli spogliatoi maschili, attraverso il piccolo corridoio con le cassette di sicurezza, e lasciata la vip room onnipresente a destra – e che ricordo occupata dai punter disabili o quando non c’erano stanze disponibili, e con le GPS e le ciabatte fuori dalla porta ad indicare la presenza di gente all’interno – si accede nel’area relax, e di lì varcate le rosse “colonne d’Ercole”, in arena.
Angolo bulgaro a destra dell’apice del bancone, angolo ungherese a sinistra.
Alicia, Michelle, Rita, Susi, Valeria, Laura, Tara, Tamara, Leona, Lilly…se chiudo gli occhi e mi concentro sull’udito, ancora sento le lunghe falcate attutite dall’alta moquette.
Ne ricordo tutti i nomi, nel corso degli anni.
Qualche volta rivedo i fotogrammi e mi domando dove siano, in questi strani giorni.
Se hanno mai avuto rimpianti, se ricordano ancora, se si sono mai rincontrate, se conservano lettere, spezzoni di film.
Io sono lo stesso di sempre, colleziono ricordi che non hanno importanza e mi racconto da solo.
Divento io il Cicerone dei miei due ospiti.
La piscina interna ha lasciato posto ad un’ampia zona con pochi divanetti, che oggi funge da ricovero di strutture a scheletri di mobili che erano nel locale, e che dà un’aria alquanto spoglia.
Molto intelligentemente i divani attorno al perimetro sono stati mantenuti e rifoderati con i colori più possibile simili agli originali, e con luci particolari.
Lo stesso dovrebbe accadere con la tappezzeria.
Piccoli accorgimenti anche al cinema, ancora work in progress ovviamente, con teli ovunque.
Esco e mi siedo sul divanetto di fronte la porta dello spogliatoio delle ragazze, dove si stava in attesa uscisse la ragazza desiderata, o per sbirciare tra il viavai se fosse arrivata.
Da lì un giro al ristorante, a mio avviso già praticamente finito, e mentre il Direttore parlava con il cuoco illustrandogli le cucine, io mi defilavo per un rapido giro nello spogliatoio delle ragazze, che ritrovo come lo ricordavo.


La pioggia ha dato una tregua nel frattempo, e usciamo in giardino.


Oramai quasi completamente coperto il manto erboso da assi di legno, riporto ai due com’era il gazebo originario - e com’era prima che ci fosse - e come avvenivano le grigliate, tra aneddoti e rievocazioni.
Si rientra e, mentre il Direttore dà indicazioni alle ditte in sopralluogo, salgo a vedere le camere al primo piano, vip inclusa, con ancora i cigni fatti con gli asciugamani e la vasca con luci cangianti.
Essendo state sistemate da poco, sono praticamente pronte, direi.
E ancora campeggiano sui letti le fotografie delle ragazze appese alle pareti…


[Ritorno.
Ritorno ogni volta.
Accanto al suo letto, un telaio colmo di arazzi che mi raffigurano nelle mie eterne fughe, nei miei eterni ritorni.
Quei disegni, un addio ricamato, filato e disfatto, di tutte le volte che sono approdato, cercando di non ricordare.
E ora mi rivedo allo specchio di quei fili che tramano il mondo, vecchio, stanco, e incrostato di sale, naufrago astuto che non sa naufragare.
E il sospetto mi prende - come un cavallo di legno alle porte della percezione - che una donna abbia filato i miei viaggi, il mio andare per mare]


Ancora un giro per illustrarci le idee e i progetti da realizzare in questi pochi giorni dall’apertura ufficiale, qualche scambio di opinioni su vari aspetti, e si rientra ad Arnoldstein.


[Non rimpiangiamo niente, compagni, e rimpiangiamo tutto.
Quello che siamo stati, amanti e cavalieri, è incarnato in pochi passi da noi.
Da qui io posso vedere Egeo che si lancia nel mare, e Dedalo alto nel cielo.
E’ tempo di andare, mentre mi volto ad accarezzare le fondamenta del tempio.
Come a prendere congedo dalle ceneri di un vecchio amico.
Risalgo sulla concava nave.
E mi rivedo mentre derido il Ciclope che, accecato, lancia massi nei flutti, e ricordo quelle parole di pietra che han colpito la mia nave che fugge: “Non sono io il cieco, Odisseo! Non sono io il cieco! Non sono io quello che non vede sé stesso!”.
E Penelope, filando, sorrideva del mio credermi astuto, nominandomi Nessuno per sempre, in oblio di rotte a salpare con souvenir di sirene, e di viaggi nel mare di vino, per dimenticare]




Espletate le procedure, entro in arena.
Ero conscio, prima di salire, che c’era stato molto lavoro nel weekend allungato dal ponte, e che molte ragazze quindi presenti riposassero quel giorno, mentre molte altre fossero a casa per la Pasqua ortodossa.
Quindi ero scevro da aspettative, e avrei preso quello che veniva.
Quando le occasioni latitano, bisogna fare di necessità virtù.
E poi, già l’amarcord valeva la giornata.


Prima della chiusura del ristorante sono riuscito ad intercettare i due amici – per un saluto e quattro chiacchere sulla situazione e le loro impressioni durante la mia assenza – e mi sono diretto a pranzare con pollo (ottimo) e verdure varie. Presente anche carpaccio di manzo, pasta al pomodoro, patatine grigliate, peperoni ripieni e buffet di affettati, formaggi e dolci.


Entro in arena e dò uno sguardo generale.
Un buon numero di ragazze. E anche di clienti che cresceranno durante tutta la giornata per un inaspettato (per me) frequentato martedì.
Addirittura un po’ di coda per le camere nel tardo pomeriggio.
Martedì è giornata di abbigliamento free, e si passava dal total naked di Adelina e Yvonne al vestitino latex di Davina.


Noto Ester in body azzurro, e con il taglio corto sofisticato, seduta a bere sul primo tavolino.
Tuttavia mi unisco agli amici.
Passa Crina a salutarmi e scambiamo qualche battuta, ma la congedo.
Mentre bevo al bancone mi avvicina un simpatico soricelu con capelli castano-biondo, raccolti in ampio chignon con coda finta – di gran moda, vedo – in body blu elettrico e culino-ino-ino.
Mi chiede se sono nuovo.
La domanda, dal suo punto di vista, ha un senso.
Dopo averla rassicurata sul fatto che sono un usato garantito, si presenta.
Mi chiamo Mika!”, mi fa con viso che sprizza simpatia e un bel sorriso.
Porecla” le faccio.
Ci pensa dubbiosa e se ne esce con un “Male” che me la fa risultare subito simpatica.
Mika Male”… dall’occhio spermatozoico dell’amico che mi ha raggiunto, suscita il suo interesse.
D'altronde mentre io ci parlavo lui la guardava da dietro…
Non avendo interesse a stanzarla, li lascio.
Me ne parlerà con toni entusiastici.
Mica male, la “Mika Male”, dunque.


La clientela è in aumento, e le ragazze presenti saranno queste fino all’ultimo turno.


Cambio zona e mi dirigo verso lo spogliatoio femminile. Mi siedo al bar.
Incrocio lo sguardo con l’ottima Talia, con le consuete autoreggenti, reggicalze e bustino total black.
Mi sento agguantare e mi giro trovandomela davanti.
E’ bella calda e lampadata.
Le chiedo come mai indossi autoreggenti con il reggicalze.
Così puoi tirare i fili quando mi scopi a pecorina”.
In effetti, domanda sciocca.
Sono vecchio per ste robe, ragazze, ma una risata interiore mi scappa.
Lei è la solita.
Ad un solo respiro da me, eppure guardandomi da distanze abissali, ti provoca nella discussione in cerca una tua reazione, giocando a fare l’enigmatica, a promettere senza promettere, dice, non dice, ti fissa…
Si può fare, dai. Saliamo. Pochissime chiave appese.
Leva solo il bustino e per il resto rimane com’era in arena.
Rapido lavaggio e si parte.
Chiede subito più lingua, ma non non ne ho più, quindi la prossima volta passerò in macelleria a recuperarne una di manzo di rinforzo.
E’ una ragazza con un bel fisichino e un’amante calda e appassionata, di certo, e toccando le giuste corde si lascia andare molto.
Anche in camera ti fissa con lo sguardo.
Come in alta quota, le distanze si fanno rarefatte, ogni orizzonte è una possibilità, e la vetta non è vicina quale appare.
Scendo ampiamente soddisfatto.


Oltre il vetro, con grande discrezione, una pioggia sottile stillava.


Recupero il compagno salito con Mika, mentre l’altro è con Gloria, mi dice.
Siamo nei momenti più tranquilli del pieno pomeriggio, quando lasci fuori i tuoi problemi ad asciugare all’aria aperta insieme al bucato.
Le conversazioni tra vicini sono coriandoli, e sembra che tutto acquisti un’aura di serena permanenza.


Mentre beviamo, parliamo di vita.
E mentre bevo rifletto che non sono un teologo: non gioco a scacchi con la morte su una spiaggia svedese di sassi.
Gioco a scopa con Dio, e ogni mano io baro la carta.
Qualche volta Lui ride, qualche volta mi guarda.
Qualche volta penso di essere fuori tempo, fuori orario.


Nel frattempo Guezel ci cammina attorno senza sosta – come gli squali che nuotano anche mentre dormono e non possono fermarsi, o morirebbero – in un improbabile costume intero bianco, con righe rosse e verdi, che ricorda i bastoncini zuccherati a manico d’ombrello, quei dolciumi da carie e giostre in piazza.
Levate via tutto, ragazze, vedrete come lavorate, specie con quel bel corpo.


Noto poi la bella Lara, con body verde, e capello nero raccolto a coda nel solito chignon, seduta al divano adiacente l’ingresso del ristorante, mentre fa finta di non annoiarsi con l’anziano avventore che l’ha noleggiata per il pomeriggio.


Total naked salvo autoreggenti per una altissima e notevole Miriam, pure lei con chignon e lunga coda bionda.


Sotto la postazione del DJ un’annoiata Ruby parla con due amiche.


Uno sprazzo di sole concede una tregua, ed esco in giardino, a fumare nel cielo carta di zucchero per un istante, attorniato da diverse ragazze con accappatoio di pile e pochi orsi, mentre si stanno approntando le direttive per il grande gazebo fronte piscina.
Rientro in arena al primo bagliore e al susseguente boato che preannuncia ulteriori scrosci di pioggia.


I due amici all’interno sono intenti a conversare con Gloria, di rossa chioma, con calze e scarpe nere e seno sparso in bella evidenza sul bancone. Mi squadra con fare strano, poi si ricorda e scambiamo tutti assieme quattro chiacchere, benché lei sia già promessa all’altro amico.
Sempre indossando il suo misterioso sorriso perfetto che interpretavo in traduzioni differenti, a seconda del tempo.
Quanto a noi quattro,siamo quello che siamo, l’istantanea di un attimo.
Il biglietto comperato alla stazione, mentre il treno sta partendo.
Siamo quello che siamo stati, quello che saremo: quattro spiccioli di ricordi, quattro frasi, buttate giù con il vino.


Saliti loro due, l’altro amico punta Yvonne, di cui mi ha parlato a lungo nella gita, memori dei loro bei trascorsi.
E io vado con passo distratto, ricordando le loro facezie sul mio essere vecchio, sul mio essere stanco.
Fischiettando, mi illuderò ancora una volta di avere ingannato l’ora più cupa.
Di avere ingannato la vita.
Sorriderò ringraziando l’occasione di esser vivo, in un giorno che muore.


Mi perdo barcollando all’angolo del bancone adiacente il ristorante.
Mi si fa incontro una sorridente, magrolina ed emaciata Asia.
Ha un viso meraviglioso, Michelle Pfeiffer in giovane età
La incontro, nelle sue spalle strette e sguardo basso.
I suoi occhi sono nuvole grigie, capillari spezzati.
Un leggero sussulto nel procedere innanzi.
Luci elettriche la illuminano e io sono di troppo.
Un’ipotesi, un sogno, un futuro possibile.
Tuttavia altamente improbabile
Avrei cose da dire, ma la notte imminente mi prende e confonde il cammino
Prova a spiegarmi regole assurde, infine desiste, ricordandomi solo i principi basilari ma è necessario un naturale istinto di superficialità che non mi appartiene.
La congedo e mi lascia dove mi ha pescato, in qualche landa tra dialoghi non più pervenuti.
Peccato per quegli occhi che ridono, occhi da spendere su palcoscenici facili.
In futuro? Chissà.


La ferita che ho è curabile, proprio al centro delle costole.
Vecchio pugile, sopravvivo all’angolo, tossico di letteratura.
Confondo nello scorrere uroborico del tempo, gocce d’inchiosto.
Poi aspetto il loro fluire alla foce del Tutto, dove l’estuario diviene sorgente.
E la mia sorgente per oggi ha il colore dell’inchiostro.
Una Venere di Botticelli, ma di colore.
Naomi seduta al bancone non indossa che un microbikini che non è in grado di trattenerne le generose forme.
L’avrò vista decine di volte la gazzella giamaicana, eppure non l’ho mai guardata.
Ogni segno inciso con l’unghia, pittato con il sangue, o graffiato dai denti, ogni bolo di virgole e frasi.
La scrittura proviene dal verbo, tentando di assurgere a promessa di tempo infinito
L’immagine è sparigliata in frammenti, e cerco di ricomporre quell’attimo.
Ancora una imminente notte a cercare una speranza dove arenarmi.


Arriverai con il sole di quel tuo sorriso fotografico, che il tuo spirito libero spende al mondo da irridere. E con miliardi di capelli neri sciolti tra i quali non vedo l’ora di passare le dita.


Tutte le parole dette. Tutte quelle ascoltate.
Mi siedo e il lungo dialogo è uno dei più brillanti che abbia mai avuto per locali.
Ha veramente ottimi vocabolario ed eloquenza.
La sua vicinanza è come toccare l’arcobaleno.
Una meraviglia quasi tangibile.
C’è troppo scirocco nella mia testa, l’umido salino del naufragio previsto, mari agitati in prossimità delle coste.
La corrente mi sta allontanando quando – correttamente – mi dice che con sovrapprezzo la prestazione sarebbe stata “più generosa”, ma la risacca è forte e da naufrago mi accontento di quello che può essermi offerto senza.
Levatasi dallo sgabello si staglia altissima, oltre gli sguardi bramanti, che sono numerosi per lei, sentendoli pure io quegli occhi.
Si leva il microcostume e scesa sulla Terra è comunque molto alta.
Improvvisa uno schiumato body massage per me, in piedi, sotto la doccia, con i suoi prodotti e poi tocca a me lavarne i numerosi tatuaggi che la ammantano.
Mentre ne tengo in bocca il seno sinistro, e ne mordicchio il freddo piercing metallico, penso agli Dei che elaborarono arcane e intricate teorie, sottili come capelli e flebili come foglie che scorrono nel torrente; che immaginarono ogni singola azione e le sue corrispondenze, diluite come medicine omeopatiche nel corso degli eoni.
Eppure non so se mai previdero noi.
Sottili e impalpabili, trasparenti e incongrui, quei lunghi fili che ci legano formano il labirinto.
Tela di ragno protesa tra una notte e quella a venire.
Amata e abbandonata al crepuscolo egeo, quando il mare colora il vino.
Sei preda e sei carnefice. Sei mosca e sei ragno.
Lei è veramente meravigliosa e partecipe, e andiamo comunque lontano.
Il clitoride rosa sa di canna da zucchero appiccicosa.
Mi porta per isole tropicali frequentate in gioventù, a casa sua dove c’è l’origine del Tutto; apro il pacchetto e torno ad assaporare la dolcezza dell’inganno del vivere.
Fortunatamente trovo ancora qualche punto incandescente e pulsante, dal quale scaturisce la sua grazia nel sorridere.
Chiudo gli occhi fissando l’immagine su quel suo sorriso enigmatico.


A questo punto la cena è servita, ma il mio ospite mi chiede di attenderlo, quindi congedo gli amici dandoci l’orario di ripartenza e ne approfitto per farmi un giro in area relax, essendo praticamente vuota, idromassaggio a parte.
Un bel giro di saune.
In quella esterna, dal buio e caldo interno in cui sembra di risprofondare nell’utero materno, scorgo una ragazza fuori in giardino, in angolo, intenta a telefonare. Anche lei sembra lontanissima, altrove.
Qualche volta, nello svolgere della notte, tutto si fa distanza.


Doccia gelata ed esausta felicità.


Sono affamato e ceno con il mio ospite.
Il buffet prevede del carpaccio di salmone, delle crocchette pollo, delle patatine fritte e degli hamburger (giornata con cena USA, mi dicono), dei tortelli con funghi, verdure, frutta e il diabolico buffet di dolci, con tiramisù e – credo – una torta di frolla con mele e frutta secca.
Sento partire del manele per festeggiare il compleanno di una ragazza, e al tavolo arriva anche dello champagne con le fragole.
Mi limito tuttavia, ma non rinuncio al dolce, che nel locale è una lunga scommessa con il Padreterno.
Racconto di come sia andata la giornata, ed il sorriso di Dio, se ci fosse mai stato, è svanito nel cielo, e di questa notte rimane sul tavolo solo la colpa, come il cacao amaro del dolce.


Rientro in sala giusto per il caffè ed bicchiere della staffa.
Sbadigli, piccole gioie, grandi paure, noie sottili, esili, tremanti.
Molta gente e un bel movimento.
Cerco di vaticinare cosa accadrà, ma è difficile, perché come uno specchio che va in mille pezzi, ogni scheggia riflette un’immagine diversa.
Eppure - tutto e tutti - siamo ancora qui, con tutte le nostre contraddizioni.


Mi sento bene e leggero, del resto se soffri di questo dolore significa che lo hai meritato.
Mi avvio verso lo spogliatoio, mentre passeggio tra questi fiori che sbocciano e cadono nella tarda primavera, e che ti a intiepidiscono la vita.
Sembrano denti di leone.
D’improvviso, sarà per il vino dolce, ho guardato tutti questi soffioni distaccarsi e involarsi oltre la finestra, nel blu della notte, insieme al giorno finito.
 

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Ringrazio la Direzione del Wellcum e la Proprietà di Punterforum che hanno autorizzato la pubblicazione delle foto che vedete.
 
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@immenso mi è piaciuto leggerti.
A quando risaliva la tua volta precedente?
Da come ne racconti, sembrerebbero ere geologiche...
 
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immenso

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Titano
L'ultima volta?
Ero con mio padre Laerte e i suoi amici, gli argonauti...

Scherzi a parte, qualche mese fa, dovrei cerca la recensione...considera che poco dopo l'ultima salita che feci il locale chiuse qualche settimana.
Poi riaprii ma con limitazioni di orario e nei servizi - rammento che l'area wellness era inaccessibile, e anche le presenze al ristorante erano scaglionate e contingentate.
Insomma, non proprio il massimo per godersi l'ambiente appieno e in serenità, come lo intendo io.
I tempi poi sono quel che sono.
Da qualche settimana invece è pienamente operativo.
Speriamo continui così.
Grazie per l'apprezzamento.
 
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