ANTEFATTO.
Hat Chaweng, come perfetta scriminatura in una testa ben pettinata,divide il
centro della cittadina in due parti grossolanamente simmetriche.
A sinistra,verso il mare, i resort, le guest house,gli alberghetti delle famigliole
anglosassoni,con i bambini dai capelli color pannocchia e le madri dalla pelle
rosso mattone. A destra,verso l'interno,contenuto da un canale,il quartiere dei
gogo bar,delle saune,delle sale massaggio ,popolato, dalle 23 in poi, da esseri
di genere ambiguo,da giovanissime troiette,da katoey molto femminili,da
gente strafatta di alcool e kat.
Io mi dirigo sempre a destra,a piedi o in motorino,occhieggiando le
possibili occasioni di incontro nei tanti locali che punteggiano la via principale.
Ma la vera schiuma,la feccia umana,quella più convinta,più disperata,
la trovi solo nel ventre della bestia.
Si tratta di una protuberanza,una grossa cisti,molliccia e sguaiata, che si
connette ad U alla via maestra.
Prima di entrare prendo un lungo respiro, il mare rimanda l'appiccicoso
odore di salsedine.
Odore che all'interno,come in una grotta umida,diventa tanfo di corpi, di sudore,
di vomito, di piscio, di sesso e di desiderio.
I localetti sono addossati l'uno all'altro,quello del biliardo,l'altro dei gay e dei
trans, per finire in uno spazio rialzato dove troneggiano il Moobar e il Mango Rock Cafè.
Inebetito dagli alcolici,salgo su una balaustra di legno,stracolma di ragazze; cento mani
mi frugano le parti intime,una cicciona mi si strofina oscenamente contro, un'altra imita
la fellatio con due dita in bocca.
Gli occidentali sono sbattuti da un angolo ad un altro,come fuscelli nella battigia.
Mi ritrovo in mezzo a 6-7 nativi, a succhiare da un grosso secchiello coca e rum
con qualche chilo di ghiaccio.
Poi comincio un lunghissimo pomicio con una ragazzina molto carina:
trangugiamo rum e poi ce lo passiamo da bocca a bocca .L'atmosfera si fa rovente,
i vestiti mi si appiccicano addosso.
Giro lo sguardo tutt'intorno, dal Green Mango partono sciabolate di luce stroboscopica,
dei megamplificatori gracchiano house o techno a palla, decine di ragazze in short ballano
sui cubi. Quando attacca "Sex on the beach" un fremito animale percorre tutto il piazzale, le girls si
scatenano , in trance completa, mimando sfacciatamente l'atto sessuale. All'angolo due
uomini si baciano in bocca,con trasporto. Altri scattano foto.
Se non trovo la scimmietta da trascinare nella mia tana, alle due, quando il caravanserraglio chiude,
sciabordo fino all'ultima ridotta, il Solo bar.
Qui ci raduniamo sulla pista al centro del locale,insieme ai travestiti in libera uscita
dallo Star, locale gay sempre sovraffollato, famoso per un cabaret con largo uso
di falli e dildo, ci si passano serate da scompisciarsi dal ridere.
Al Solo bar il ventre della bestia secerne il suo umore più mefitico, la violenza, che dilaga
su di noi.
Ragazze impasticcate ti si offrono per quattro soldi, al minimo rifiuto ti riempiono di insulti, fino agli schiaffoni;
risse a colpi di bottiglia tra tossici,gente malata,questuanti,tutto il male del mondo si da
appuntamento lì.
Così,tutte le sere,da dieci giorni,trascino la mia vacanza.
COME FINISCE.
Sono a letto,malato,la mente vorrebbe ancora abbeverarsi di nottate estreme, ma il corpo,
molto piu' saggio,si ribella. Mi fanno compagnia febbre e diarrea.
Eppure il sottile filo del destino mi aveva portato sino a qui, in questa piovosa isola,
con altre intenzioni, rimuginavo nel delirio febbrile,
ma io l'avevo malamente spezzato.
Tutto era successo all'imbarco, una misteriosa ragazza continuava a guardarmi,
e a sorridere,senza distogliere i suoi occhi dai miei.
Questo gioco è durato per tutto il tempo della traversata,senza che io prendessi l'iniziativa.
Volevo capire cosa ci fosse dietro quel sorriso, e perchè si interessasse proprio a me,
abituato nel mio mondo ad averli solo di CIRCOSTANZA.
Troppo tardi capii che dietro non c'era nulla che potesse nuocermi,
questo sorriso nascondeva.............un sorriso.
La sua genuinità mi aveva abbagliato. Gli dissi poche e goffe parole in un inglese stentato,
in mezzo ai chiassosi turisti affaccendati a raccogliere valige e zaini per precipitarsi sul
molo di sbarco.
La vidi sparire nel caotico traffico del porto, tra carretti di pescatori e venditori di mango
e papaia,senza avere la forza di fermarla.
Si girò verso di me un'ultima volta, lunghi capelli neri che scendevano sulle spalle,
e poi sparì dalla mia vita.
L'ho cercata a lungo,anche nel ventre della bestia.
Chissà, forse è stato solo un bel sogno, ma è servito.
Pochi giorni tranquilli mi rimettono in sesto,non sento più il desiderio di eccessi.
La malattia ha prodotto gli anticorpi giusti,il mio sguardo è diverso.
Le mie notti diventano leggere come quei palloncini colorati che i bambini liberano,per
buon auspicio,durante la festa delle acque,Songkran.
Per me,d'altronde, ogni palloncino un ricordo nel vasto cielo tropicale.
Nanà la massaggiatrice,palloncino giallo.
Mi chiamava da lontano,sulla Beach Road, mentre passavo in motorino :"Ciao Bello"!!
Quanto mi faceva piacere il suono della mia lingua storpiato dalla sua pronuncia!!
Abbiamo riso tanto insieme,nella sua massage room; mi spalmava d'olio come una
sardina,io restituivo pan per focaccia,rimanevamo nudi tutti impiastricciati,
a farci le coccole.
Amporn la pescatrice,palloncino rosso.
Mi ha ospitato nella sua sgangherata capanna di lamiera,
di fianco all'Oceano,era una selvaggia,mezza nuda sempre,pelle scura,
capelli crespi,naso schiacciato come gli indigeni malesi.
Il sesso non gli bastava mai, gli piacevano gli uomini bianchi con un pò di pancia.
Kop,la mezza cinese,palloncino celeste.
Una farfalla notturna.
Piccola e tornita,dopo il sesso mi fotografava l'uccello e spediva mms alle amiche.
I vicini si lamentavano sempre di noi per il casino che facevamo.
Allora uscivamo in moto percorrendo la litoranea,giocando con le pozze dell'acqua sul
ciglio strada,postumi del consueto temporale tropicale.
Ci si fermava a mangiare riso e gamberetti,in povere baracchette per tiratardi, ai margini
della foresta.
Oppure,semplicemente, attendevamo l'alba,seduti in moto,in una piazzola di sosta
sul promontorio più bello dell'isola,mentre l'orizzonte cominciava ad emergere dal
buio. Noi, in fondo così simili,così soli.
Lei si stringeva a me,un pò infreddolita,dolcemente,in silenzio.
Palloncini colorati, li guardo salire in alto, felice e stupito come un bambino,
avendo imparato la prima e ultima lezione :
quello che non puoi tenere lascialo andare.
Ko Samui, anno di grazia 2004, mese di febbraio.
Hat Chaweng, come perfetta scriminatura in una testa ben pettinata,divide il
centro della cittadina in due parti grossolanamente simmetriche.
A sinistra,verso il mare, i resort, le guest house,gli alberghetti delle famigliole
anglosassoni,con i bambini dai capelli color pannocchia e le madri dalla pelle
rosso mattone. A destra,verso l'interno,contenuto da un canale,il quartiere dei
gogo bar,delle saune,delle sale massaggio ,popolato, dalle 23 in poi, da esseri
di genere ambiguo,da giovanissime troiette,da katoey molto femminili,da
gente strafatta di alcool e kat.
Io mi dirigo sempre a destra,a piedi o in motorino,occhieggiando le
possibili occasioni di incontro nei tanti locali che punteggiano la via principale.
Ma la vera schiuma,la feccia umana,quella più convinta,più disperata,
la trovi solo nel ventre della bestia.
Si tratta di una protuberanza,una grossa cisti,molliccia e sguaiata, che si
connette ad U alla via maestra.
Prima di entrare prendo un lungo respiro, il mare rimanda l'appiccicoso
odore di salsedine.
Odore che all'interno,come in una grotta umida,diventa tanfo di corpi, di sudore,
di vomito, di piscio, di sesso e di desiderio.
I localetti sono addossati l'uno all'altro,quello del biliardo,l'altro dei gay e dei
trans, per finire in uno spazio rialzato dove troneggiano il Moobar e il Mango Rock Cafè.
Inebetito dagli alcolici,salgo su una balaustra di legno,stracolma di ragazze; cento mani
mi frugano le parti intime,una cicciona mi si strofina oscenamente contro, un'altra imita
la fellatio con due dita in bocca.
Gli occidentali sono sbattuti da un angolo ad un altro,come fuscelli nella battigia.
Mi ritrovo in mezzo a 6-7 nativi, a succhiare da un grosso secchiello coca e rum
con qualche chilo di ghiaccio.
Poi comincio un lunghissimo pomicio con una ragazzina molto carina:
trangugiamo rum e poi ce lo passiamo da bocca a bocca .L'atmosfera si fa rovente,
i vestiti mi si appiccicano addosso.
Giro lo sguardo tutt'intorno, dal Green Mango partono sciabolate di luce stroboscopica,
dei megamplificatori gracchiano house o techno a palla, decine di ragazze in short ballano
sui cubi. Quando attacca "Sex on the beach" un fremito animale percorre tutto il piazzale, le girls si
scatenano , in trance completa, mimando sfacciatamente l'atto sessuale. All'angolo due
uomini si baciano in bocca,con trasporto. Altri scattano foto.
Se non trovo la scimmietta da trascinare nella mia tana, alle due, quando il caravanserraglio chiude,
sciabordo fino all'ultima ridotta, il Solo bar.
Qui ci raduniamo sulla pista al centro del locale,insieme ai travestiti in libera uscita
dallo Star, locale gay sempre sovraffollato, famoso per un cabaret con largo uso
di falli e dildo, ci si passano serate da scompisciarsi dal ridere.
Al Solo bar il ventre della bestia secerne il suo umore più mefitico, la violenza, che dilaga
su di noi.
Ragazze impasticcate ti si offrono per quattro soldi, al minimo rifiuto ti riempiono di insulti, fino agli schiaffoni;
risse a colpi di bottiglia tra tossici,gente malata,questuanti,tutto il male del mondo si da
appuntamento lì.
Così,tutte le sere,da dieci giorni,trascino la mia vacanza.
COME FINISCE.
Sono a letto,malato,la mente vorrebbe ancora abbeverarsi di nottate estreme, ma il corpo,
molto piu' saggio,si ribella. Mi fanno compagnia febbre e diarrea.
Eppure il sottile filo del destino mi aveva portato sino a qui, in questa piovosa isola,
con altre intenzioni, rimuginavo nel delirio febbrile,
ma io l'avevo malamente spezzato.
Tutto era successo all'imbarco, una misteriosa ragazza continuava a guardarmi,
e a sorridere,senza distogliere i suoi occhi dai miei.
Questo gioco è durato per tutto il tempo della traversata,senza che io prendessi l'iniziativa.
Volevo capire cosa ci fosse dietro quel sorriso, e perchè si interessasse proprio a me,
abituato nel mio mondo ad averli solo di CIRCOSTANZA.
Troppo tardi capii che dietro non c'era nulla che potesse nuocermi,
questo sorriso nascondeva.............un sorriso.
La sua genuinità mi aveva abbagliato. Gli dissi poche e goffe parole in un inglese stentato,
in mezzo ai chiassosi turisti affaccendati a raccogliere valige e zaini per precipitarsi sul
molo di sbarco.
La vidi sparire nel caotico traffico del porto, tra carretti di pescatori e venditori di mango
e papaia,senza avere la forza di fermarla.
Si girò verso di me un'ultima volta, lunghi capelli neri che scendevano sulle spalle,
e poi sparì dalla mia vita.
L'ho cercata a lungo,anche nel ventre della bestia.
Chissà, forse è stato solo un bel sogno, ma è servito.
Pochi giorni tranquilli mi rimettono in sesto,non sento più il desiderio di eccessi.
La malattia ha prodotto gli anticorpi giusti,il mio sguardo è diverso.
Le mie notti diventano leggere come quei palloncini colorati che i bambini liberano,per
buon auspicio,durante la festa delle acque,Songkran.
Per me,d'altronde, ogni palloncino un ricordo nel vasto cielo tropicale.
Nanà la massaggiatrice,palloncino giallo.
Mi chiamava da lontano,sulla Beach Road, mentre passavo in motorino :"Ciao Bello"!!
Quanto mi faceva piacere il suono della mia lingua storpiato dalla sua pronuncia!!
Abbiamo riso tanto insieme,nella sua massage room; mi spalmava d'olio come una
sardina,io restituivo pan per focaccia,rimanevamo nudi tutti impiastricciati,
a farci le coccole.
Amporn la pescatrice,palloncino rosso.
Mi ha ospitato nella sua sgangherata capanna di lamiera,
di fianco all'Oceano,era una selvaggia,mezza nuda sempre,pelle scura,
capelli crespi,naso schiacciato come gli indigeni malesi.
Il sesso non gli bastava mai, gli piacevano gli uomini bianchi con un pò di pancia.
Kop,la mezza cinese,palloncino celeste.
Una farfalla notturna.
Piccola e tornita,dopo il sesso mi fotografava l'uccello e spediva mms alle amiche.
I vicini si lamentavano sempre di noi per il casino che facevamo.
Allora uscivamo in moto percorrendo la litoranea,giocando con le pozze dell'acqua sul
ciglio strada,postumi del consueto temporale tropicale.
Ci si fermava a mangiare riso e gamberetti,in povere baracchette per tiratardi, ai margini
della foresta.
Oppure,semplicemente, attendevamo l'alba,seduti in moto,in una piazzola di sosta
sul promontorio più bello dell'isola,mentre l'orizzonte cominciava ad emergere dal
buio. Noi, in fondo così simili,così soli.
Lei si stringeva a me,un pò infreddolita,dolcemente,in silenzio.
Palloncini colorati, li guardo salire in alto, felice e stupito come un bambino,
avendo imparato la prima e ultima lezione :
quello che non puoi tenere lascialo andare.
Ko Samui, anno di grazia 2004, mese di febbraio.