Da rivedere, a conferma, il documento Rai "
Processo per stupro" del 1979 (
https://www.youtube.com/watch?v=ZNvxfxZSUfI ) .
A sostenere la ragazza vittima dell'abuso furono poche donne coraggiose: l'avvocato Tina Lagostena Bassi, ed un manipolo sparuto di attiviste delle associazioni femministe.
Ricordo quel vergognoso processo, sul quale la Lagostena Bassi costruì una fama.
La donna presunta "vittima" non denunciò ma venne indotta a denunciare. Non vi fu violenza ma venne presunta sullo stato di passività-consenso della tizia. Se non ci sta è stupro, ma è stupro pure se ci sta.
Il primo processo nazi-femminista della storia d'Italia, dove la presunzione di colpevolezza l'ha fatta da padrona.
Episodio vomitevole di barbarie giuridica condita da giustizialismo televisivo, sbatti l'imputato in TV e mettilo per bene alla gogna, è uomo dunque è colpevole.
Il "femminismo" divenne criterio di interpretazione dei fatti, e la sentenza venne ovviamente influenza dal dibattito mediatico che si sviluppò a seguito della trasmissione. Oggi per fortuna questo non si fa più, ma un conto è trasmettere in TV, come si faceva all'inizio, il processo per scippo a mezzanotte, che apriva uno spaccato su situazioni di disagio sociale, e un conto è un processo per stupro, con gli imputati messi alla gogna e abbandonati al linciaggio mediatico, in prima serata, per fare ascolti.
Gli imputati erano totalmente innocenti e in qualsiasi altro tribunale sarebbero stati assolti.
La vittima, drogata e fatta, aveva appena avuto un "diverbio" col suo uomo, anch'egli dedito a più sostanze, che le aveva fatto un occhio nero e, se ben ricordo, l'aveva lasciata. Andò prima a bere e poi per strada, fatta di più sostanze, e scopò coi primi giovani arrapati che incontrò. Mentre scopava per strada, venne fermata dall'intervento di un solerte carabiniere, che interruppe il coito stradale.
Poi andò a farsi medicare per le percosse avute dall'uomo suo, e in ospedale venne letteralmente "convinta" dal carabiniere e dalle femministe di professione a sporgere denuncia non verso quello che l'aveva menata, ma verso quelli con cui aveva consensualmente scopato (forse anche per evitare a sé stessa una accusa di reato che, a quel punto, era evidente ed ineludibile).
I giovani si difesero male. Ricordo uno che disse "Ma che sarà mai! Per una scopata!", si difesero male, ma erano sicuramente innocenti, la violenza, che è necessario vi sia in un processo per violenza sessuale, non venne mai nemmeno presa in considerazione. La ragazza aveva l'AIDS, era drogata, era pure ubriaca, era stata picchiata dal suo uomo, quindi era vittima, povera donna vittima del Maschio. Gli altri erano maschi e dunque carnefici. L'idea che una donna volesse consensualmente scopare per strada con più uomini era naturalmente un'idea degli avvocati della difesa, che trattano la donna come troia-oggetto, questa la narrazione televisiva.
Il sottinteso giuridico era: gli avvocati cercano sempre di dimostrare che la vittima è troia, quindi i processi per stupro sono difficili per le vittime, l'ipotesi che la vittima sia troia va completamente eliminata per il solo fatto che ha sporto denuncia.
Se ben ricordo vennero assolti in appello, che non venne trasmesso in TV. Ci fu chi si scandalizzò: come ha osato la corte d'appello assolvere chi è stato condannato davanti al tribunale del popolo televisivo?
Sondaggi non vennero fatti, ma ricordo che più o meno il pubblico normale non considerava la situazione uno stupro. Fu la stampa nazi-femminista che si accanì contro gli imputati, creando un brutto clima di giudizio in un paese che non aveva mai vissuto un processo in questo modo.