Mora, capelli lisci

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29 Dicembre 2015
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veneto
Mora, capelli lisci, un viso dal mento disegnato bene, la bocca sottile finemente truccata, gli occhi che ti lasciano i serafici sguardi di una donna lasciva nel fiore degli anni. Piuttosto alta, il corpo, In quel giorno coperto e ventoso di fine inverno, infagottato in un elegante cappotto scuro da cui fuoriescono le mani curate ed il viso candidi. Le robuste gambe tornite avvolte in calze nere a trama fitta sembrano un tutt’uno con i tacchi che puntano sul selciato reggendo codesta giunonica femmina. Come le slanciate colonne della cattedrale gotica di fronte a noi sostengono le imponenti cupole piombate che si elevano sulla città del Santo. L’anello d’oro di donna sposata in trasferta.

Troviamo rifugio dalle raffiche di vento nel bar da pellegrini che avevo suggerito poco prima di incontrarci.. Ordino due caffè al tavolino in cui prende posto. A questo punto la classe e lo stile di questa signora si dispiegano oltre la sua natura di maiala ingorda. Nel breve abboccamento che ha avuto luogo dopo il nostro scambio epistolare, che consta sostanzialmente in una foto di lei a gambe aperte con le mani sulla patata. Le mani che non mentono sull’età di una persona. Quelle erano le belle mani di una quarantenne.

Aveva risposto ad un mio annuncio su bakeka con una straordinaria eloquenza. Precisa nello scrivere. Esprimendo in poche righe e con cristallina chiarezza il suo modo di vivere la sessualità, senza ombra di Kappa o faccine ammiccanti ma, è questo che mi ha colpito, usando la punteggiatura in maniera esemplare. La punteggiatura in italiano è un casino. Io, con miei, ormai lontani, ripetuti e sofferti anni di liceo, non ho ancora capito, per esempio, dove cazzo mettere un punto e virgola.

Una urbana chiacchiera su chi siamo e cosa facciamo per arrivare infine, da me gentilmente sollecitata, al conquibus. Mi fa sapere, nonostante l’imbarazzo nel trattare l’argomento, che per ambire al privilegio di godere della sua carne bisogna sborsare duecento sacchi . L’espressione di ebetudine del mio volto deve essere giunta al culmine. Le rispondo, balbettando qualcosa sull’autostima senza nemmeno più ascoltare le cazzate che stavo sparando. Rimaniamo che la raggiungerò a breve nell’appartamento di cui dispone di lì a due passi. Lei si alza e se ne va.
Aspetto un minuto mentre sto pensando che devo assolutamente trovare un bancomat il più presto possibile, non ero preparato ad affrontare un figone del genere, né il suo congruo onorario. Pago la consumazione (4 euro due caffè, ladrii!) e mi fiondo fuori alla cieca, contando di imbattermi, di lì a poco, in una di quelle macchinette cagasoldi che in città se ne trovano ad ogni piè’ sospinto ma che poi, quando ti servono.

Le folate di bora sulla faccia. Saranno state quelle a diradare i vapori di testosterone dalla mia mente infoiata. A salvarmi da un piccolo salasso e a condannarmi all’astinenza mentre girovagavo sotto i portici nella vana ricerca di liquidità. Intanto la mente cominciava a focalizzare un fugace dettaglio che era balenato fra le falde del cappotto di costei. Una pancia gonfia da scrofa, E comincio a immaginarmi sotto il ventre enorme di questa giuaguara mangiatrice di uomini, mentre mi cavalca con voracità. Banche non se ne trovano o forse non sono dove mi ha guidato l’ istinto. Gli ormoni sono ormai svampiti.

Opto per la scelta che è sempre sbagliata, confessare la verità. Che sono un morto di fame. scrivo una mail. Quattro rose per me sono troppe e il dispiacere e le scuse per non poterla incontrare. Risponde che lo aveva capito dal mio viso e che mi manda i suoi baci.

Un breve incontro per vedere se c’è feeling, aveva scritto. In effetti dipende solo da me se pagarlo o no ‘sto feeling. Certo è che avessi avuto i soldi in tasca ci sarei andato di sicuro fra le gambe di ‘sta bella tardona.
 
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