Nuova procedure d'accesso al porno

Comunque i siti porno che chiederanno la conferma dell età sono solo 42 , ma i siti di questo tipo sono migliaia...pertanto il problema non si pone, ci segheremo su altri link !!
Tra altro su X (ex twitter) è pieno di video porno ....quindi a buon intenditore !!
Comunque personalmente ho smesso di farmi le seghe e una volta a settimana vado a farmi aiutare dalle nostre amiche 😁
 
In questi messaggi ho letto molti dubbi sulla privacy rassicurati poi dal fatto che viene trasmesso solo il dato "maggiorenne SI/NO"
Mi piacerebbe fare un po' di chiarezza:

Il principale problema di privacy di cui tutti parlano non riguarda il sito per adulti ma riguarda il soggetto terzo che ti rilascia il token per l'accesso.

Per ricevere il token anonimo, devi prima farti identificare in modo certo (ad esempio, con SPID o CIE) da un ente certificatore. Questo ente ora sa con certezza che tu hai richiesto una "Prova di Età" per sbloccare contenuti soggetti a restrizioni.

Di fatto si crea una lista di persone maggiorenni che hanno espresso l'intenzione di accedere a contenuti per adulti. Sebbene l'ente non sappia quale sito hai visitato, l'informazione "Tizio ha richiesto un token per l'accesso a contenuti per adulti" è un dato per quanto mi riguarda estremamente sensibile perché si riferisce alla mia sfera sessuale che, prima, semplicemente non esisteva in un database governativo o aziendale e ora esisterà.
Le aziende terze che gestiranno i token dovranno custodire i dati dell'identificazione e della generazione della prova di età per un tot di tempo per motivi che non sto qui a spiegare. Un attacco informatico a questi database potrebbe portare alla diffusione di informazioni abbastanza sensibili.
Sono perfettamente d'accordo.
Il problema è che il sito spid saprà che accedo a certi servizi. Ma in realtà immagino anche a quali siti. Non mi è chiaro se il meccanismo sia stato messo a punto ed adeguatamente anonimizzato. Temo di no. C'è una norma tecnica o no? Il documento di Agicom è un tutorial sull'argomento e basta (per inciso c'è scritto che spid Non garantisce l'anonimato perché il protocollo attuale indica il sito che fa richiesta)

Di andare su 48 siti porno me ne importa nulla, ormai video monotoni... Ma la lista crescerà rapidamente ed allargheranno anche i criteri, magari ci finisconi i siti di incontri e questo forum, Bakeca etc
Allora inizia ad essere un controllo fastidioso e sproporzionato.
Tutto perché i genitori smettono di fare i genitori ed i governanti hanno sempre il vizio di voler imporre controllare e moralizzare (che poi loro sono i primi...)
 
Tutto perché i genitori smettono di fare i genitori ed i governanti hanno sempre il vizio di voler imporre controllare e moralizzare (che poi loro sono i primi...)
Infatti, anche io sono rimasto perplesso dalle nuove regole AGCOM..
Non credo sia una soluzione sensata, perché di fatto stiamo ignorando i sistemi di protezione che abbiamo già a disposizione:
Per bloccare i canali per adulti sul digitale terrestre (o satellitare) si usa un semplice codice PIN inserito sul decoder. Un blocco gestito dai genitori in casa, facile e autonomo.
I blocchi per i minori esistono già sui modem/router (Filtri DNS) e sono disponibili sui sistemi operativi di tutti gli smartphone e tablet (Parental Control). I genitori hanno già tutti gli strumenti per proteggere i figli.
Perché, allora, si introduce un sistema di identificazione così complesso, che solleva dubbi sulla privacy degli adulti e che è facilmente aggirabile (come dimostrano i contenuti che circolano liberamente su Telegram o altri social)? poi ci danno dei complottisti... ma è abbastanza ovvio che stanno cercando di andare in una certa direzione, e hanno pensato che sfruttare gli istinti sessuali della gente potesse essere una buona idea come partenza.
La protezione dei minori è sacrosanta, ma dovrebbe avvenire attraverso l'uso consapevole degli strumenti di blocco esistenti e l'educazione, non attraverso l'obbligo di identificazione per i maggiorenni.
 
una lettura riassuntiva
Il punto è che la normativa dice una cosa, ma la realtà tecnica e la necessità operativa ne impongono un'altra, creando una zona grigia in cui si annidano i rischi per la privacy.
La Normativa AGCOM e il GDPR (Principio di Minimizzazione) impongono che iI dati personali (nome, cognome, SPID, ecc.) non vengano conservati oltre il tempo necessario per la generazione del token. Non debbano esistere liste che colleghino in modo diretto "Mario Rossi" all'atto della richiesta di un token per siti per adulti.
In teoria, l'ente certificatore non dovrebbe tenere traccia di chi ha richiesto il token e non dovrebbe sapere per quanto tempo l'hai utilizzato.
Ma qualsiasi sistema informatico, per funzionare, per garantire la sicurezza e per essere auditabile, deve mantenere dei registri di sistema (o log).
L'ente certificatore sarà costretto a tenere dei registri per motivi di sicurezza, antifrode e responsabilità legale. Questi log conterranno informazioni come ho detto prima "Un utente ha generato un token anonimo in data X, ora Y."
"Il token numero Z è stato convalidato dal sito W."
Il rischio informatico e di privacy di cui si parla è duplice; per un breve periodo (millisecondi o secondi) durante il processo di verifica, c'è un momento in cui l'identità certa (via SPID) è collegata al token che sta per essere emesso. Se un malintenzionato intercetta il log in quel preciso istante o se l'ente conserva in modo errato i log senza spezzare subito il collegamento la lista famosa di utenti e i loro token esisterà, creando un rischio informatico.
Se un hacker attacca il database dei registri dell'ente certificatore (che, in teoria, dovrebbe essere un'azienda super-sicura), potrebbe estrarre informazioni sui token attivi. E se l'ente non ha adempiuto in modo perfetto all'obbligo di eliminare i collegamenti all'identità, il rischio di risalire all'utente è concreto.
 
una lettura riassuntiva
Ripeto, il porno è l'ultimo anello della catena alimentare
Che pensassero ad i veri problemi che affliggono questo paese ,sono ventanni che dicono le stesse cose ,dicono dicono,ma non risolvono un tubo
Quando vogliono risolvere od arginare alcune cose vedi come si attivano, in tempi record! Ma non voglio andare o.t., a non ci vuole "un pozzo di scienza"per capire a cosa mi riferisco,alle varie cose a cui mi riferisco...
 
Il punto è che la normativa dice una cosa, ma la realtà tecnica e la necessità operativa ne impongono un'altra, creando una zona grigia in cui si annidano i rischi per la privacy.
La Normativa AGCOM e il GDPR (Principio di Minimizzazione) impongono che iI dati personali (nome, cognome, SPID, ecc.) non vengano conservati oltre il tempo necessario per la generazione del token. Non debbano esistere liste che colleghino in modo diretto "Mario Rossi" all'atto della richiesta di un token per siti per adulti.
In teoria, l'ente certificatore non dovrebbe tenere traccia di chi ha richiesto il token e non dovrebbe sapere per quanto tempo l'hai utilizzato.
Ma qualsiasi sistema informatico, per funzionare, per garantire la sicurezza e per essere auditabile, deve mantenere dei registri di sistema (o log).
L'ente certificatore sarà costretto a tenere dei registri per motivi di sicurezza, antifrode e responsabilità legale. Questi log conterranno informazioni come ho detto prima "Un utente ha generato un token anonimo in data X, ora Y."
"Il token numero Z è stato convalidato dal sito W."
Il rischio informatico e di privacy di cui si parla è duplice; per un breve periodo (millisecondi o secondi) durante il processo di verifica, c'è un momento in cui l'identità certa (via SPID) è collegata al token che sta per essere emesso. Se un malintenzionato intercetta il log in quel preciso istante o se l'ente conserva in modo errato i log senza spezzare subito il collegamento la lista famosa di utenti e i loro token esisterà, creando un rischio informatico.
Se un hacker attacca il database dei registri dell'ente certificatore (che, in teoria, dovrebbe essere un'azienda super-sicura), potrebbe estrarre informazioni sui token attivi. E se l'ente non ha adempiuto in modo perfetto all'obbligo di eliminare i collegamenti all'identità, il rischio di risalire all'utente è concreto.

Stai però descrivendo uno scenario da Gestapo, dove il vero obiettivo non è tanto proteggere i minori dall’accesso a contenuti inappropriati, quanto schedare gli utenti, raccogliere informazioni da tenere lì, buone per essere usate contro di loro… magari tra qualche anno. Ora, al netto del fatto che questo accade già da decenni e chi si sorprende forse è appena uscito da una caverna, è evidente che serve un minimo di equilibrio tra la tutela delle fasce più vulnerabili e la gestione delle informazioni richieste. Il problema non è la raccolta dei dati in sé, ma il modo in cui viene raccontata. Si parla sempre di sicurezza, di protezione, di buon senso, ma se devo ragionare in ottica di un potenziale “attacco informatico” mi verrebbe da spegnere il modem, buttare il telefono nel fiume, evitare il centro commerciale e cambiare marciapiede davanti a un negozio di elettronica. Magari senza dire nulla, per non essere intercettato.

Non si tratta di eliminare ogni rischio, perché questo azzeramento totale non esiste. Né online, né fuori. Si parla di ridurre al minimo, di gestire meglio, non di vivere sotto una campana di vetro. Solo che appena tocchi certi temi come i gusti sessuali, viene fuori tutto il pregiudizio che ci portiamo dietro, anche se ci piace pensare di essere moderni, aperti, evoluti. Poi però basta una richiesta di consenso in più e si scatena il panico morale. A dirla tutta, a me viene più ansia quando la banca mi chiede di aggiornare i dati personali, piuttosto che quando devo firmare una liberatoria per un preventivo online. Ma lì si sa, è diverso. Perché ti serve qualcosa, c’è un logo familiare, ti fidi (o fai finta) e pazienza se quei dati serviranno a costruire un bel profilo finanziario che, tra un paio d’anni, potrebbe farti passare da cliente a rischio in tre clic.

È curioso come l’istinto di sopravvivenza, quello che dovrebbe proteggerci sul lungo periodo, ceda puntualmente il passo al bisogno impellente di risolvere qualcosa nell’immediato. Per poi magari lamentarci più avanti. Ma tranquilli, la colpa sarà di internet. Come sempre.
 
Stai però descrivendo uno scenario da Gestapo, dove il vero obiettivo non è tanto proteggere i minori dall’accesso a contenuti inappropriati, quanto schedare gli utenti, raccogliere informazioni da tenere lì, buone per essere usate contro di loro… magari tra qualche anno. Ora, al netto del fatto che questo accade già da decenni e chi si sorprende forse è appena uscito da una caverna, è evidente che serve un minimo di equilibrio tra la tutela delle fasce più vulnerabili e la gestione delle informazioni richieste. Il problema non è la raccolta dei dati in sé, ma il modo in cui viene raccontata. Si parla sempre di sicurezza, di protezione, di buon senso, ma se devo ragionare in ottica di un potenziale “attacco informatico” mi verrebbe da spegnere il modem, buttare il telefono nel fiume, evitare il centro commerciale e cambiare marciapiede davanti a un negozio di elettronica. Magari senza dire nulla, per non essere intercettato.

Non si tratta di eliminare ogni rischio, perché questo azzeramento totale non esiste. Né online, né fuori. Si parla di ridurre al minimo, di gestire meglio, non di vivere sotto una campana di vetro. Solo che appena tocchi certi temi come i gusti sessuali, viene fuori tutto il pregiudizio che ci portiamo dietro, anche se ci piace pensare di essere moderni, aperti, evoluti. Poi però basta una richiesta di consenso in più e si scatena il panico morale. A dirla tutta, a me viene più ansia quando la banca mi chiede di aggiornare i dati personali, piuttosto che quando devo firmare una liberatoria per un preventivo online. Ma lì si sa, è diverso. Perché ti serve qualcosa, c’è un logo familiare, ti fidi (o fai finta) e pazienza se quei dati serviranno a costruire un bel profilo finanziario che, tra un paio d’anni, potrebbe farti passare da cliente a rischio in tre clic.

È curioso come l’istinto di sopravvivenza, quello che dovrebbe proteggerci sul lungo periodo, ceda puntualmente il passo al bisogno impellente di risolvere qualcosa nell’immediato. Per poi magari lamentarci più avanti. Ma tranquilli, la colpa sarà di internet. Come sempre.
Un dispositivo ,qualsiasi esso sia, è sicuro solamente se non è connesso ad internet
Appena connesso ,iniziano profilazioni ,geolocalizzazioni,violazioni della privacy,attività criminali di qualsiasi entità
Purtroppo internet ormai è diventato "essenziale" quasi indispensabile, per qualsiasi cosa ,non ci sono molte scelte ,come dicevi...tranne che una persona si vive dentro un caverna
 
Ma siamo sicuri che tutto questo sia per tutelare i minorenni a non accedere a certi siti oppure come al solito sono cose fatte per far girare l'economia??? Posso capire regole ferree per i siti di scommesse ma su altre cose non so e poi come al solito andrà a finire con fatta la legge trovato l'inganno.
 
Di questo passo...segue la mia idea sulle nuove modalità di accesso...😳

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Sono pienamente d'accordo con te.

Condivido anche questo passaggio.

...e anche su questo.

Lancio una provocazione rispetto ad un pensiero che ho sempre avuto: per stare su internet servirebbe una patente. Non quella per usare Word o Excel, quella c’è già da vent’anni (la mitica ECDL, chi se la ricorda?) ma una vera abilitazione a interagire con altri esseri umani online, senza fare danni. Perché oggi il web è una specie di autostrada senza casello, dove chiunque può lanciarsi a 300 all’ora anche se non sa nemmeno attraversare la strada con le strisce. E spesso manca pure il semaforo, il vigile o la minima idea di cosa sia il buon senso.

Il problema non è la tecnologia: è la gente. Non c’è nessun tipo di filtro. Chiunque può salire a bordo, aprire un profilo, e via: diffamazioni, minacce, truffe, vendette, odio gratuito, porno a gogo, fake news e compagnia cantante. Un festival dell’irresponsabilità, tutto protetto da una bella dose di anonimato e assenza di conseguenze. E alla fine ci stupiamo se internet è diventato un posto tossico? Ma dai.

Perchè non utilizzare un’identità digitale seria, che non dica solo come ti chiami e dove sei nato, ma che rifletta anche come ti comporti. Che certifichi un minimo di consapevolezza, di capacità di distinguere un’informazione vera da una boiata colossale, di interagire senza insultare. Una specie di revisione periodica dell’essere umano prima di metterlo online. Niente più haters, frustrati, niente più truffatori improvvisati, niente più vendette digitali o diffamazioni senza volto. Internet diventerebbe un posto civile. Forse persino piacevole.

Eppure… ho il sospetto che finirebbe per implodere nel giro di poco. Perché se togli il caos, togli anche quella massa enorme di persone che lo alimenta. Quelli che cliccano senza leggere, condividono senza capire, attaccano senza motivo. E diciamolo: oggi sono la maggioranza. Non puoi pretendere che la scimmia si metta la cravatta. Non ci sta comoda e appena può, se la strappa.

Quindi sì, sarebbe bello. Ma prima dobbiamo decidere: vogliamo davvero far crescere internet oppure ci piace così com’è: un po’ giungla, un po’ circo, un po’ campo minato?
Se dovesse accadere portali come punterforum scomparirebbero nel giro di 24 ore, forse anche meno!
 
Solo che appena tocchi certi temi come i gusti sessuali, viene fuori tutto il pregiudizio che ci portiamo dietro, anche se ci piace pensare di essere moderni, aperti, evoluti. Poi però basta una richiesta di consenso in più e si scatena il panico morale.
Ecco, la profilazione più aderente alla realtà.
Che poi, alla fine della fiera, la cosa più importante rimane sempre la cancellazione della cronologia.
 
Torneremo ad affittare i pornazzi in videoteca come una volta
Seriamente per uno che ne chiude ne apriranno altrj 10
 
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