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Finalmente anche questi due giorni di festa sono passati, si riprendono i normali ritmi, così martedì mattina esco, ho un po' di commissioni da sbrigare, niente che non possa spostare anche di qualche giorno, ma odio rimandare... se poi capita qualche imprevisto ti ritrovi con impegni che si accavallano e finisci per stressarti.
Non c'è molto traffico, le scuole non hanno ancora riaperto e le mamme con i Suv se ne stanno tranquillamente a casa.
Lo squillo del cellulare mi distoglie dai miei pensieri.
Non è un numero in rubrica e non mi pare di conoscerlo; mentre accosto rispondo.

"Pronto..."

"Pronto? Scusi il disturbo, sono Ada C., il signor … ...?"

"Si, sono io, buongiorno...mi dica..."

"Buongiorno, sono la cugina di Camilla..."

"Ah, si... Ada... Camilla mi ha parlato spesso di lei..."

Ma come mai mi chiama? Che è successo? Perché dev'essere accaduto qualcosa, diversamente mi avrebbe telefonato lei, non avrebbe mai demandato ad altri qualcosa che riguardasse noi due... mi sento mancare l'aria, fatico a respirare, mi gira la testa.

"Mi scusi - prosegue Ada - sta guidando?"

"Come...? Ah... no, no... mi sono fermato per risponderle"

"Purtroppo le devo comunicare una brutta notizia... Camilla ci ha lasciati... si è spenta questa mattina alle 5.30..."

Come faccio a descrivere quel momento?
È stato come se contemporaneamente un coltello mi trapassasse il cuore, lo stomaco ed il cervello... credevo di morire tanto forte era il dolore acuto ed improvviso che ho provato a quella notizia... ed anche ora, scrivendo, mi sembra di rivivere quegli istanti, interminabili, senza tempo.
Il telefono mi cade sul sedile, sento la voce di Ada, non riesco a muovermi e riprendo il cellulare a fatica... sento che mi chiama, ma la voce non mi esce, non riesco a parlare, a respirare, le parole mi si spengono in gola... mi sento morire...

"Pronto... Ada..." riesco a dire con un filo di voce venuta da chissà dove.

"Pronto... Gianluca... stai bene...?"

"Dimmi dov'è..."

Mi da il nome della clinica dov'è ricoverata e mi dice che mi aspetta all'ingresso.
Riparto con il cuore in gola, incapace di pensare, all'oscuro di tutto... non so cosa sia accaduto, perché... non ricordo la strada che ho percorso, quanto tempo trascorre, un'ora, cinque minuti.
Fuori dalla Clinica, sul marciapiede vedo una donna, la riconosco subito, somiglia a Camilla come possono somigliarsi due sorelle. Anche lei mi riconosce e mi viene incontro.

"Gianluca...?"

Le rispondo abbracciandola, la sento singhiozzare, vorrei piangere anch'io, ma non ci riesco, le lacrime se ne stanno rintanate nei miei occhi, mentre il cuore, impazzito, sembra voler uscire dal petto.

"Voglio vederla..."

"Dobbiamo aspettare... la devono vestire... vieni, andiamo a bere qualcosa, ne hai bisogno e io pure..."

Lei ordina una camomilla io niente, ho lo stomaco chiuso, non riuscirei ad ingerire neppure una goccia d'acqua.

"Che è successo Ada...? Ho sentito Camilla per il suo compleanno e domenica scorsa... non mi ha detto nulla... aveva la voce un po' affaticata, ma disse che era solo stanchezza, che era un po' stressata dal lavoro, dalle mille pratiche burocratiche che doveva sbrigare per la scuola e che aveva anche una brutta bronchite..."

"Il giorno del suo compleanno era già in ospedale, era malata da due anni..."

"Come due anni... due anni fa in questo periodo ci stavamo frequentando. Vuoi dire che lei già sapeva di essere malata... malata di cosa poi...?"

"Leucemia mieloide acuta... in pratica una leucemia fulminante, ma credo tu sappia bene di cosa si tratta, in questi anni mia cugina mi ha raccontato molto di te... aveva fatto un ciclo di chemioterapia a giugno 2014 e nonostante si sapesse che non c'erano speranze, i risultati furono buoni, la malattia pareva essersi fermata, anzi i valori ematici erano anche migliorati, questo fino alla scorsa estate quando ha avuto una brutta ricaduta. Ha tentato con un trapianto di cellule staminali, non avrebbe retto un altro ciclo di chemio, ma purtroppo la situazione era compromessa, ha resistito fino all'inizio dell'anno e poi il 3 gennaio è stata ricoverata... sapeva tutto fin dall'inizio..."

"Ma quando aveva saputo...?

"L'8 marzo marzo 2014, ricordo il giorno perché era il compleanno di mia figlia, avevamo programmato di festeggiarlo insieme... sono andata con lei dal medico a ritirare il referto... fu un colpo, ma non volle dirlo ad Alessandra per non rovinarle la festa..."
"Ma quelli erano i giorni in cui eravamo insieme, stavamo bene, facevamo progetti, non mi ha detto niente e non mi ha fatto capire niente... poi abbiamo iniziato a parlare di noi, del passato e abbiamo concluso che non potevamo avere un futuro..."

"In realtà le conclusioni le ha tirate lei, lei ha deciso tutto, ed è stata brava a convincerti che anche tu la pensavi come lei... in realtà è sempre stata convinta del contrario, ma non voleva che tu la vedessi soffrire, non voleva che vedessi come la malattia l'avrebbe distrutta... non voleva vederti soffrire per lei e che il suo male potesse distruggere anche te..."

"Ma ero io a dover decidere... non l'avrei lasciata un solo minuto, avremmo combattuto insieme..."

"La penso come te e glielo dissi, ma mi fece giurare di tacere... è stata irremovibile, anche quando qualche giorno fa l'ho pregata di chiamarti, di vederti... non ha voluto... ha organizzato tutto lei, ha pensato a tutto per il... dopo..."

Ada parla, mi racconta, io faccio domande, sento le risposte, ma in realtà non capisco, non ci riesco o forse non voglio capire... e come se sulle mie spalle ci fosse il mondo intero, mi sento schiacciato, inerme, vuoto, improvvisamente vecchio.
Chiamo al cellulare una vecchia amica, Lorena, compagna di quegli anni di scuola ormai lontani, quella che allora fu la mia confidente e che ritrovai qualche anni fa con qualche altro compagno grazie a Facebook. A fatica le dico quel che è successo e che il funerale sarà il giorno dopo, mercoledì alle 15, scoppia in un pianto dirotto e singhiozzando mi dice che prenderà il primo treno per Milano.
Ci avviamo verso la Clinica, devo vederla... arrivati davanti alla porta della sua stanza sento le gambe cedermi, devo appoggiarmi al muro, ho il cuore in gola e le tempie sembrano dovermi scoppiare da un momento all'altro.
Entro seguito da Ada... Camilla è li... sul letto, composta nel suo tailleur bianco, ormai diventato grande.
È la metà della donna che ricordavo, consumata dalla malattia... solo il viso, anche se un poco più scarno non è cambiato... il sonno eterno sembra aver cancellato dal suo volto la sofferenza, è quasi sorridente... è vestita con un abito simile a quello di quella mattina di 37 anni fa quando la vidi per la prima volta apparire sulla porta della classe.
Sembra che dorma... è tutto così irreale... Mio Dio, ti prego... fammi svegliare da questo incubo, fa che sia solo un brutto sogno, non è possibile, non è giusto...
È un dolore troppo grande da sopportare...
Voglio piangere, ma non ci riesco... sono li, davanti a lei, pietrificato, incapace di muovermi e di dire qualsiasi cosa, cosa potrei dire? Vorrei urlare se solo mi uscisse la voce.
Non riesco a muovermi, a parlare... non sento più niente ed improvvisamente davanti agli occhi mi cade un velo nero, mi sento girare come in un vortice... poi il nulla...
Quando riapro gli occhi mi ritrovo seduto su una poltroncina con Ada inginocchiata da una parte e dall'altra un medico che mi sta sfilando lo sfigmomanometro.

"Che è successo...?" domando frastornato.

"Sei svenuto..." mi dice Ada

"Per essere precisi - puntualizza il medico - ha avuto un principio di collasso, dovuto ad un calo repentino della pressione... riesce ad alzarsi?"

"Sì, certo... almeno credo..."

Mi alzo, la testa mi ronza ancora un po', Ada mi aiuta a reggermi e mi accompagna alla Sala Medica. Mentre il dottore mi visita e mi prova nuovamente la pressione, mi chiede se mi sono capitati altre volte episodi simili, se soffro di pressione bassa, se ho problemi circolatori o cardiaci, se prendo farmaci...
Alle mie risposte negative commenta che sicuramente è un episodio isolato, dovuto alla forte emozione, allo stress e mentre mi fa un'iniezione mi domanda se Camilla fosse mia moglie.

"No, lei era... è la mia esatta metà... la parte migliore di me..."

"So che le parole in queste occasioni servono a poco, ma sappia che abbiamo fatto tutto quanto era nelle nostre possibilità per alleviare le sue sofferenze... è stata una donna molto forte; in questi mesi ha sempre avuto una parola gentile con tutti, sempre sorridente, ha vissuto la malattia con grande forza e dignità, chiedendoci di non riempirla di farmaci e di consentirle di arrivare lucida fino alla fine... mi sono sempre chiesto dove trovasse il coraggio e la forza..."

Esco dall'ambulatorio e trovo Ada ad aspettarmi, mi chiede subito come sto, se va tutto bene.

"Grazie, ma stai tranquilla, è stato solo un malore passeggero, adesso va meglio"

Rientro nella stanza e mi avvicino al letto, le accarezzo le mani e il viso e mi chino a baciarle le labbra... la mia Signorina è lì e mille e mille immagini scorrono improvvisamente davanti ai miei occhi, sento ancora il suono della sua voce, le sue risate, rivedo i sorrisi, la nostra panchina... quella sera quando suonai per lei...
Ada mi si avvicina.

"Tieni, mi ha detto di dartela, che tu avresti capito..." e mi mette in mano la catenina che ci regalammo quell'ultimo Natale di tanti anni fa. Erano due catenine identiche, con una medaglia della UnoAErre che andava di moda all'epoca.

"L'ha tolta poche ore prima di andarsene e mi ha pregato di dartela..."

L'appoggio sul comodino, slaccio la mia che come lei ho sempre portato in tutto questo tempo e la metto al collo di Camilla e io metto la sua.
Mi inginocchio a lato del letto tenendole le mani e finalmente le lacrime cominciano ad uscire dai miei occhi e piango, con tutta la forza, il dolore e la rabbia che ho nel cuore e nell'anima. Sento la mano di Ada appoggiarsi prima su una spalla e poi accarezzarmi la testa e suoi singhiozzi unirsi ai miei.
Non so quanto tempo sono rimasto così... è la voce della donna a riportarmi alla realtà... mi invita ad uscire a prendere una boccata d'aria.

"È meglio che cammini un po', che respiri o rischi di star male un'altra volta"

Usciamo e mentre passeggiamo lentamente, senza una meta, mi squilla il telefono. È Lorena e mi informa che arriverà in Centrale alle 17.55. Da quando si è sposata si è trasferita a più di 300 km di distanza da Milano.
Camminiamo, parlando, ma fatico a seguire il discorso, mi sembra di essere sospeso a mezz'aria, in una specie di "terra di nessuno", come se fossi li, ovunque e contemporaneamente in nessun luogo. La voce di Ada mi giunge ovattata, così come i suoni di ciò che mi circonda. L'aria è fresca, questa mattina ha piovigginato ed ora sembrerebbe che il sole voglia farsi spazio tra le nubi.

"Perché Ada? Perché mi ha tenuto all'oscuro di quanto le stava accadendo? Perché non mi ha permesso di starle accanto, di lottare, sperare, soffrire insieme? Perché...?"

"Perché ti ama infinitamente, più della sua stessa vita, perché voleva che soffrissi il meno possibile, perché sapeva che tu l'ami allo stesso modo e forse ancora di più... Mi ha raccontato di come vi siete ritrovati dopo tanti anni e di come dopo le prime settimane vi siete chiesti se l'amore di oggi fosse reale o solo la proiezione dei vostri sentimenti di un tempo. Siete due persone intelligenti e troppo sensibili per non porvi certe domande, era logico che prendeste in considerazione questa eventualità. Camilla era certa del suo amore e lo era ancor di più del tuo per lei, per questo, avuta la diagnosi, ha deciso di far leva su questo "dubbio", per allontanarti senza sofferenze e rimpianti, ma convincendoti che quello non era più amore, da parte di nessuno dei due... e ci è riuscita, come sempre quando ha preso una decisione nella sua vita... era dolce, sensibile, quasi fragile sotto certi aspetti, ma allo stesso modo sapeva essere determinata e da questa sua determinazione riusciva a trarre una forza incredibile..."

Ora è tutto chiaro, aveva saputo sfruttare quel pensiero naturale che si era insinuato nelle nostre menti, riuscendo lentamente a convincermi che l'amore ritrovato altro non era che il sentimento che nutrivamo verso i ragazzi che eravamo stati e non l'amore di due persone adulte che non avevano mai smesso di amarsi e cercarsi... e io stupidamente ed ingenuamente ero caduto in questa sorta di "tranello". Camilla era la persona che sicuramente mi conosceva meglio di chiunque altro, sapeva leggermi nel cuore e nei pensieri, riuscendo spesso ad anticipare le mie parole. Prima di unirci anche fisicamente, tra di noi si era creato un legame psichico e spirituale fortissimo, le nostre anime si erano fuse in un'unica ed indissolubile entità.
Questi pensieri mi hanno dato un'improvvisa e insperata serenità... la consapevolezza di non averla persa, ma di portarla dentro di me, con me... per sempre...
Ora non ci saremmo lasciati più... non avrei potuto vederla con gli occhi, toccarla con le mani o baciarla... ma potevo sentirla, con me, dentro di me, in un abbraccio molto più forte e caldo di un abbraccio materiale.
Senza rendermene conto pensavo ad alta voce... Ada mi sorride quasi a voler confermare quanto ho detto.

"Questa notte non voglio lasciarla sola, voglio stare con lei, spero che in Clinica non mi creino problemi..."

"Stai tranquillo... rimarrà in camera fino alle 10, quando verranno quelli delle onoranze funebri per... beh... hai capito... poi verrà portata nella cappella che c'è nel cortile”

Sono quasi le 11 e in testa ho una confusione che mi toglie la lucidità... devo disdire gli impegni di oggi e dei prossimi giorni... devo anche tornare a casa e trovare una scusa per assentami questa notte e per giustificare il mio stato d'animo perché non mi sarà possibile fingere che non sia accaduto nulla e non posso certo raccontare a Lidia, la mia compagna, la verità e parlarle di Camilla... e poi devo andare in stazione a prendere Lorena.
Calma... una cosa per volta...
Ada ha deciso di farmi compagnia durante la notte. È divorziata da alcuni anni e ha due figli grandi. Una ragazza di 30 anni che convive con il fidanzato ed un ragazzo di 23 che studia a Londra. Suo padre ed i padre di Camilla erano fratelli, ha 59 anni e un aspetto giovanile, anche se nel vestire e nei comportamenti ha più della "signora"... è una donna molto dolce, legatissima alla cugina della quale è sempre stata grande amica, la situazione nella quale ci siamo conosciuti, ci ha portati a confidarci come se ci conoscessimo da anni e devo ammettere che mi sta aiutando molto ad affrontare tutto questo.
Mi dice che ha alcune cose da sbrigare, così decido di rincasare e ci diamo appuntamento alla Clinica verso le sette con Lorena.
In macchina mi ritrovo improvvisamente solo con i miei pensieri, i ricordi, il dolore che mi strazia e l'immagine di Camilla stesa su quel letto.
Tutto si è fermato alla telefonata di questa mattina, provo un dolore infinito, non riesco a sentire niente altro. Il male alla schiena che mi sta facendo a pezzi da mesi è scomparso, non ho più alcuna percezione di me e del mio corpo, come se mi fossi trasformato in dolore puro e basta.
Guido meccanicamente e mi ritrovo a percorrere una strada secondaria che attraversa le campagne fuori città... accosto e scendo... ho solo voglia di urlare e lo faccio con tutto il fiato che ho in gola.
Cerco di ricompormi e di calmarmi, sono quasi a casa e devo riuscire ad avere un aspetto almeno decente.
Quando entro lei si accorge subito che deve essere successo qualcosa.

"Cos'hai? Sei pallidissimo, non ti senti bene?"

"No... scusa, ma ho ricevuto una brutta notizia... è mancata la mia insegnante di italiano delle superiori, mi ha avvisato uno dei compagni con i quali ci ritroviamo tutti gli anni per la cena di classe, l'ultima volta c'era anche lei... ti ho raccontato che eravamo una classe molto unita..."

Non so come mi sia venuta in mente... mi è uscita così, d'istinto... le sto mentendo in modo spudorato, lo so... ma ora non posso fare altro, non riuscirei ad affrontare anche altri problemi in questo momento.

"Oh, mi spiace... è quella professoressa di cui mi hai parlato parecchio tempo fa?"

"Sì... esatto... è lei, aveva compiuto da poco 62 anni... leucemia fulminante..."

"Poverina... mi spiace davvero anche se non la conoscevo..."

"Senti... lei non aveva nessuno, nessuna sorella, solo una cugina... i compagni hanno deciso di fare una veglia di preghiera questa notte e vorrei andarci anch'io... i funerali saranno domani alle 15..."

"Certo, figurati... è molto bello da parte vostra... mi spiace solo di non poter venire anch'io al funerale, ma domani sai che devo portare mia mamma per quella visita e se la sposto rischiamo che prima di due o tre mesi non ci diano un nuovo appuntamento..."

"Ci mancherebbe, non preoccuparti... pensa a tua mamma... quella distorsione al piede non mi convince per niente... prima la vede l'ortopedico e meglio è..."

Non ho fame, le chiedo di prepararmi un caffè e mi siedo sul divano, assorto nei miei pensieri.
Si siede vicino a me e mi chiede a cosa sto pensando.

"A tante cose, a quando ero ragazzo... a quella bella classe di amici, a quando l'abbiamo conosciuta, agli anni di scuola, a quando ci siamo ritrovati tutti a più di trentanni di distanza... alla brevità della vita, alla fragilità delle cose... a perché si debba soffrire anche per morire..."

Mi da una carezza e un bacio su una guancia.

"Sono stata fortunata ad incontrare un uomo come te, con la tua sensibilità... E lo sono stata ancora di più a ritrovarti dopo tanto tempo quasi quattordici anni fa..."

Eh, si... perché anche con lei si è trattato di un "ritrovarsi", ed è stato anche per questo motivo e per come sono andate le cose negli anni, che mi sorsero quei dubbi due anni fa, arrivando alla conclusione (forzata da lei) che io e Camilla avremmo finito per farci del male rovinando anche quello che di bello c'era stato tra noi.
Le sue parole mi scuotono, mi mettono a disagio, vero che da anni tra noi le cose non vanno più bene, che i problemi mai affrontati e irrisolti ci sono e neppure pochi... ma in questo momento mi sento disonesto... non posso tacerle la verità... non tutta almeno.

"Senti... quando ti parlai di quegli anni di scuola non ti raccontai tutto, Camilla, non fu solo la mia insegnante di italiano... è stata la mia fidanzata per due anni..." e così le racconto quello che accadde 37 anni fa, senza omettere nulla.
Lei mi ha guardato e ascoltato con attenzione per tutto il racconto fino a quando mi zittisco.

"Che non mi avessi raccontato tutto lo avevo capito... che per te lei avesse significato qualcosa di importante lo avevo intuito, certo non mi sarei aspettata una vicenda così intensa sopratutto da parte sua... capisco come ti senti adesso... non vi siete lasciati male con liti o rancori ed è chiaro che anche dopo tanti anni l'affetto resta..."

Non capisco se sono io a non essermi mai reso conto dell'intelligenza della persona che ho accanto, o se è tanto abile solo per mascherare un fastidio o un disagio che credo sarebbero più che giustificati.

"Ci siamo rivisti due anni fa alla cena della classe ed è stata una grande emozione per tutti e due ricordare i tempi andati..."

"Posso immaginarlo... comunque, cerca di stare tranquillo, purtroppo bisogna accettare la realtà, la vita... pensa che ha finito di soffrire e che hai avuto la fortuna di conoscerla e di poterle volere bene... hai tanti bei ricordi e quelli nessuno te li può rubare o distruggere..."

La abbraccio... era tanto che non lo facevo... mi sorride e le do un bacio su una guancia.

"Grazie... davvero..."

"Dai... adesso cerca di riposarti un po' visto che ti aspettano una notte ed una giornata molto lunghe..."

Mi addormento da li a poco sul divano e quando riapro gli occhi, l'orologio sulla parete di fronte segna le 15.30 passate da pochi minuti. Mi alzo e vado in bagno a rinfrescarmi, mentre sento il profumo del caffè arrivare dalla cucina. Mentre bevo le dico che devo passare a prendere Lorena in stazione.

"Mi raccomando, vedi di mangiare almeno qualcosa stasera e fatti sentire, non farmi rimanere in pensiero..."

"Si, stai tranquilla... e poi anche Lorena dopo il viaggio sicuramente un po' di fame l'avrà... ti chiamo... comunque se vuoi puoi telefonarmi quando vuoi..."

La saluto con una carezza ed esco, non c'è in giro praticamente nessuno e in mezz'ora sono nuovamente alla Clinica.
Ada è già li, è arrivata da poco, mi chiede come sto.

"Sto - rispondo - non so dirti come mi sento, mi sembra di vivere un bruttissimo incubo, è tutto così irreale..."

Mi chino a baciare ancora una volta la mia Signorina, vorrei poterla abbracciare ancora, stringerla, sdraiarmi accanto a lei e con lei partire per un viaggio senza fine.

"Ha fatto tutto lei, ha organizzato tutto, ha scelto la Chiesa, parlato con il Parroco... non voleva che in questi momenti tu ed io dovessimo avere l'incombenza di occuparci di queste cose..."

"E... dove... dove riposerà...?"

"I suoi genitori sono sepolti a S. Margherita Ligure dove hanno la cappella di famiglia e dove c'era anche il posto per lei... ma ha deciso di rimanere qui, per starti più vicino e darti la possibilità di andare a trovarla più facilmente..."

Mi dice il posto, alle porte della città... non è stata una scelta casuale.
In quel luogo c'eravamo andati spesso da ragazzi ed eravamo tornati qualche volta anche due anni fa. C'è una bellissima ed antichissima Chiesa dove sognavamo di sposarci... è rimasto un sogno, anche perché se l'avessimo fatto dopo esserci ritrovati non sarebbe stato comunque possibile celebrare una cerimonia con rito religioso essendo io divorziato.
Ed è proprio in quella chiesa che ha scelto di celebrare il suo funerale.
Squilla il cellulare, è Lorena.

"Ciao... ti disturbo...?"

Le chiedo di aspettare e mi allontano dalla stanza.

"Dimmi pure..."

"Innanzitutto, come stai..."

"Te lo lascio immaginare... mi sento morire... ti giuro che non so come farò... ho la testa vuota ed allo stesso tempo piena di pensieri, ricordi, mi pare debba scoppiarmi..."

"Ti prego... cerca di stare tranquillo... ci manca solo che stia male pure tu... senti io tra un'ora sono in Centrale, dammi l'indirizzo che prendo un taxi e ti raggiungo subito"

"Ma no... lascia stare il taxi, vengo io a prenderti dai, ci vediamo tra poco..."

Rientro in camera e dico ad Ada che vado in stazione e lei insiste per accompagnarmi, non è tranquilla a lasciarmi andare da solo.
Il treno arriva puntuale, 5 prima minuti l'ho avvisata che l'avremmo aspettata ai cancelli d'uscita visto che da un anno non è più possibile accedere ai binari se non con un biglietto di viaggio. La vedo arrivare, con il suo passo calmo e inconfondibile tirandosi appresso il trolley. Mi butta le braccia al collo e mi stringe forte accarezzandomi il capo e baciandomi ripetutamente sulla guancia.
Le presento Ada e le due donne si abbracciano come se fossero due vecchie amiche che non si vedono da tempo. Durante il tragitto verso la stazione ho raccontato ad Ada di Lorena, della nostra vecchia amicizia fin dai tempi della scuola, di come ci siamo ritrovati dopo tanti anni, del bellissimo rapporto di che ci legava e che è ripreso come se il tempo non fosse mai trascorso. Le ho spiegato che oltre ad essere la mia amica del cuore era stata anche la mia confidente-consigliera, l'unica che da subito seppe di me e Camilla.
Mentre torniamo in Clinica, Ada racconta quello che è accaduto in questi due anni, della malattia, di come non avesse voluto farmi sapere delle sue condizioni, del coraggio e della forza con la quale ha saputo affrontare le terapie, ma ancor più le sofferenze, volendo rimanere lucida fino all'ultimo, al punto di organizzare tutto nei minimi particolari.
La mia amica ascolta e se da una parte sembra quasi sconvolta dal racconto, dall'altra però riconosce il carattere e la personalità di Camilla, donna estremamente dolce e sensibile che non nascondeva questi lati del suo carattere, ma che sapeva essere altrettanto determinata.

"Ricordo benissimo il giorno in cui entrò in classe la prima volta, tu fosti folgorato, ma affascinò tutta la classe, maschi e femmine indistintamente e la sottoscritta sopra tutte...
Con il suo tailleur bianco, i lunghi capelli con i colpi di sole ed una femminilità rara, pulita, candida.... quasi eterea, sembrava un angelo tra le nuvole e nonostante fosse il suo primo giorno di insegnamento e avesse pochi anni più di noi, 24 pazzi scatenati - bravi ragazzi certo, educati - ma tutti unici ed originali, riusci ad avere il polso e il carisma per farsi ascoltare e rispettare da una classe che in tre mesi aveva fatto letteralmente scappare tre insegnanti adulti ed esperti."

Lo ricordo benissimo quel giorno, non l'ho mai dimenticato, e anche in questo momento ho di fronte agli occhi le immagini nitidissime di quei momenti, come se stessi vedendo un film. Io folgorato e Lorena veramente affascinata da questa ragazza arrivata quasi come un apparizione.
Il suo ricordo di Camilla è un ritratto perfetto, è sempre stata brava e acuta nel tracciare il profilo delle persone, si divertiva a farlo con ognuno di noi, ma era estremamente accorta a far capire il meno possibile di se, infilandosi una corazza che difficilmente si riusciva a scalfire.
Lorena aveva sempre dato l'immagine della ragazza determinata, forte, spesso al limite dell'arroganza e della presunzione e alla sua indiscussa bellezza e femminilità contrapponeva un atteggiamento da "maschiaccio" che in fondo la rendeva anche comica. Bisognava trovare "la via d'accesso" attraverso la sua corazza, ma una volta entrati nel suo mondo scoprivi che in realtà era di una sensibilità e dolcezza rare a trovarsi... dominata da una grande insicurezza e fragilità.

"Sei così dolce che solo a starti vicino si rischia di ammalarsi di diabete...!" era la frase che le ripetevo spesso e che, dietro ad un apparente fastidio, riusciva sempre a farla sorridere e sciogliere un po'.
Mentre percorriamo il corridoio che porta alla stanza di Camilla, la mia amica mi prende per un braccio stringendomi e bloccandosi sulla porta d'ingresso. Io entro e mi avvicino per baciarla; anche se sono passate più di 12 ore la sua pelle, le sue labbra seppur fredde sono ancora morbide, vorrei poter soffiare in lei la mia vita e vederla riaprire gli occhi, muoversi.
Anche Lorena si è avvicinata, le accarezza le mani e le bacia la fronte.

"Sembra che stia dormendo, è come se il tempo si fosse fermato a quando aveva 25 anni... com'è bella...!"

Si stringe a me, con gli occhi lucidi.

"Devi farti forza, reagire... lo devi a te e a lei, che non vuole che tu soffra... forse è meglio che tu vada a casa e che cerchi di riposare..."

"Non esiste... non la lascio sola, resto qui tutta notte... sono già d'accordo con Ada"

"Se hai deciso così è inutile che insista... vuol dire che resto anch'io... senti io sono tanti anni che non lo faccio più, verresti con me nella cappella ad accendere una candela e dire una preghiera?"

Faccio un cenno con il capo e tutti e tre ci avviamo alla piccola chiesetta posta nel cortile interno. Seduto su una panca, avvolto dal silenzio e dalle luci tremule delle candele, quasi senza rendermene conto inizio a pregare, sommessamente. Non ricordo più quanto tempo sia passato dall'ultima volta... anche Ada e Lorena sono assorte. Mi chiedo cosa succederà domani e dopo... e dopo ancora. Incontrarla allora stravolse e segnò per sempre la mia vita, e ora nulla sarà più come prima, io non sarò più lo stesso.
Sono assorto nei miei pensieri e non mi accorgo che Ada mi sta chiamando.

"Scusami, ma ero proprio via con la testa..."

"Non devi scusarti, ascolta non l'ho fatto prima perché eri troppo agitato, adesso credo sia il momento giusto..."

Apre la borsetta ed estrae una busta chiusa.

"È una lettera di Camilla, voleva che te la consegnassi dopo che... credo sia giusto che tu possa leggerla ora, sono sicura che sarebbe d'accordo anche lei..."

La prendo con le mani tremanti, sento il suo profumo mentre la apro, cercando di non rompere l'involucro...
Sfilo la lettera ed al suo interno c'è una sua vecchia fotografia da ragazza, ed è l'immagine di lei che ho sempre portato impresso nella mente.
Riconosco la sua scrittura, solamente un po' incerta rispetto ad un tempo.

Miano, 8 gennaio 2016

Mio dolcissimo amore,
ti scrivo oggi, per la prima volta, in quello che per noi è un giorno speciale: l'anniversario del nostro incontro.
Quella mattina di tanti anni fa, mentre percorrevo la strada da casa alla scuola, sapevo che ero ad una svolta importante; dopo tanti anni di studio, finita l'Università, entravo nel mondo del lavoro, non una professione qualsiasi, ma quella per cui avevo sudato e per la quale avevo fatto tanti sacrifici.
Mai avrei immaginato aprendo la porta di quella classe che la mia vita non sarebbe mai più stata la stessa.
In tutti questi anni, ogni volta che mi sedevo in cattedra, era come se il tempo si fosse fermato a quei mesi e ti rivedevo lì davanti a me. Non c'è stato un solo giorno in cui non abbia pensato a te. Mi addormentavo ascoltando la tua musica e con te nel cuore.
Spesso mi sono chiesta se questo amore che continuava a crescere dentro di me non fosse la proiezione di quello che era stato, di quegli anni indimenticabili vissuti insieme. Temevo di averlo idealizzato, di averti posto come su un piedistallo, di essere innamorata di quello che era stato.
La risposta ai miei dubbi l'ho avuta un secondo dopo averti ritrovato su quella panchina.
Non amavo quel ricordo, amavo, amo te, la tua anima.
Il nostro legame va oltre ciò che è materiale, oltre la fisicità, il vedersi, toccarsi, baciarsi. La nostra unione è nata in un tempo sconosciuto, in un'altra dimensione, quella da cui veniamo per approdare a questo tempo, a questa vita, a quella vita dove non ci siamo incontrati, ma re-incontrati, riconosciuti, due anni fa, ai Giardini Pubblici per la seconda volta.
Era normale che lo stesso dubbio venisse anche a te Gianluca, quando me ne hai parlato era poco che avevo saputo della mia malattia. Ho approfittato di questo momento di incertezza per allontanarti, convincendoti che non avremmo avuto un futuro, che eravamo innamorati dei ricordi. Perdonami amore, ma non potevo farti soffrire per tutto questo tempo, non potevo infliggerti un dolore ancora più grande di quello che stai provando ora. Condividere le mie sofferenze avrebbe significato permettere alla mia malattia di distruggere anche te e so che al mio posto avresti fatto la stessa cosa.
Abbiamo percorso insieme dei piccoli tratti di questa avventura che è la vita, pochi, ma intensi e felici, ora che sono vicina alla fine sono serena, ti porterò con me e vivrò in te, nessuno potrà mai separarci, neppure la morte.
Ogni volta che suonerai il pianoforte, che ascolterai la nostra musica, che sentirai il profumo di un fiore, ogni volta che l'aria ti scombinerà i capelli e ti accarezzerà il volto, sentirai che io sarò lì con te, sentirai il mio abbraccio, sentirai che sono in te.
Vivere questa nostra esistenza insieme, ogni giorno, essere tua moglie, avere dei figli era un sogno troppo grande, non era per noi, non ora, non in questo mondo.
Le mie sofferenze stanno per finire e non è la malattia ad aver vinto, ha vinto il nostro amore. Il mio viaggio è arrivato al termine, sto per tornare dove tutto è iniziato, dove le nostre anime si sono unite per sempre.
Ti auguro che il tuo possa essere ancora lungo e ricco di gioia e serenità e quando sarai arrivato alla meta, al di là dell'ultimo ponte, mi troverai ad attenderti per iniziare una vita nuova, per l'eternità.

Ciao amore... ti amo, oltre il tempo... oltre ogni luogo!

Tua, ora e sempre

Camilla

Ho letto lentamente, fermandomi per asciugarmi le lacrime che scendono e non riesco a trattenere e resto così, con la sua lettera tra le mani e un dolore che sembra dover esplodere, ma allo stesso tempo il freddo che mi porto dentro da questa mattina si sta trasformando in uno strano calore, una strana sensazione di pace.

"Puoi tenerla tu Ada? Non vorrei sciuparla mettendola nella tasca della giacca... puoi leggerla con Lorena se vuoi..."

Mi alzo e mi avvicino ad una statua della Vergine dove resto assorto tra i pensieri e le preghiere.

"È una lettera bellissima Gianluca... non esistono parole per descrivere il vostro amore, darei la mia vita per avere anche solo un briciolo di quello che avete vissuto voi..."

Mentre parla Lorena ha gli occhi pieni di lacrime e Ada l'abbraccia.

"Hai un marito che ti ama e tre splendidi figli, sei stata una donna fortunata Lorena, più di quanto tu creda, hai una famiglia splendida..."

"Oh si, ho sposato un brav'uomo che sicuramente mi vuole bene, se ha sopportato questa pazza per trent'anni, e i miei figli sono un dono prezioso che ora se ne sono andati, giustamente, per la loro strada... e oggi mi sento terribilmente sola, più di quanto non ti senta tu... Camilla non se ne è andata... sarà con te veramente, concretamente, sempre..."

"Scusate il disturbo, ma sono quasi le otto e dovrei chiudere la cappella..."

Non avevamo sentito l'uomo entrare, mi volto e vedo che si tratta del cappellano... non capirò mai questa cosa di chiudere le chiese, all'interno poi di una struttura come una Clinica ancora meno.

"Buonasera Padre, ci scusi, usciamo subito, eravamo entrati per una preghiera..." si giustifica Ada

"Oh, buonasera Signora, non l'avevo riconosciuta, non si preoccupi, finite pure..."

Vedo Lorena prendere una piccola busta dalla borsetta e tirar fuori la Corona del Rosario.

"Mi perdoni Padre, potrei chiederle la cortesia di benedirla? È per una persona cara che ci ha lasciati questa mattina..."

"È per Camilla immagino... certamente Signora..."

Il religioso ci invita a seguirlo verso l'acquasantiera, si segna e recita sommessamente una preghiera, e dopo aver asperso il rosario con l'acqua benedetta, traccia nell'aria il segno della croce pronunciando la benedizione:

"... et benedíctio Dei omnipoténtis, Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti, descéndat super vos et máneat semper"

È lui a rompere il silenzio che è calato nella chiesa.

"Ho avuto modo di conoscere Camilla in questi mesi, andavo da lei tutte le sere prima di lasciare la Clinica; poter recitare qualche preghiera insieme le dava tanto conforto e sollievo e quando gli impegni me lo consentivano, recitavamo anche il Rosario... ieri sera ha voluto confessarsi e ricevere l'estrema unzione. Era una donna eccezionale, con una grande fede, lei ne è stata testimone Signora - dice prendendo le mani di Ada - avete avuto il dono di incontrarla e volerle bene, mi ha parlato tanto di lei e di un grande amore che l'ha accompagnata per tutta la sua esistenza. Immagino sia lei..."

"Sì Padre, sono io"

"Potete scusarci per cinque minuti...?"

Mi invita a sedermi su una panca in disparte, e inizia a parlarmi sottovoce, lentamente ed in modo pacato tenendomi una mano tra le sue. È un uomo ancora giovane, credo poco più che quarantenne, attento, sensibile, ma soprattutto umile, non ha l'atteggiamento tipico di molti prelati che si pongono come i depositari della verità assoluta. Parliamo per qualche minuto, poi mi da la sua benedizione appoggiandomi la mano sul capo.
Mentre usciamo dalla piccola chiesa mi suona il cellulare è Lidia, mi chiede come sto e mi dice di andare a mangiare qualcosa.

"Ma si, non preoccuparti, anche se salto due pasti non deperisco"

Mi chiede di passarle Lorena, non si sono mai incontrate, ma si conoscono telefonicamente. Dalle risposte della mia amica capisco che le sta chiedendo di convincermi a mangiare qualcosa.
Decidiamo di andare in un locale poco distante e mentre camminiamo racconto loro quello che mi ha appena riferito il cappellano. È una “confessione” che Camilla voleva che mi riferisse, volendo essere certa che non potessi dubitare delle sue parole. È qualcosa di estremamente personale che riguarda la sua vita e che non posso riportare qui, ma grazie al quale ora so quanto mi abbia e continui ad amarmi, oltre ogni possibile immaginazione.
Ada e Lorena restano molto impressionate e colpite da quello che racconto loro.

"Non avrei mai potuto immaginare che si potesse amare fino a questo punto..." dice la cugina mentre anche la mia amica annuisce incredula.
"Io non ne sarei mai stata capace"

Ci sediamo ad un tavolo un po' in disparte, non c'è molta gente e non ho assolutamente fame, ordino solo un insalata e un dolce e mangio molto svogliatamente proprio perché devo.
Avrei preferito rimanere in Clinica, ma Ada e Lorena non hanno voluto sentir ragioni.
Rimaniamo in silenzio per un po', l'atmosfera ha quasi dell'irreale; è Ada a parlare.

"Senti Gianluca, è meglio che te lo dica ora che siamo un po' più tranquilli... Camilla ha voluto fare testamento..."

"La cosa non mi stupisce, anche se tu, a quanto ne so sei l'unica parente, sono sicuro che Camilla volesse che tutto fosse in ordine... perché me lo dici? Io con questa cosa non ho niente a che fare"

"Non è proprio così... sai che i nostri padri erano fratelli e avevano una grande industria. Alla morte dei suoi genitori Camilla ereditò il 50% dell'azienda e qualche anno dopo, alla morte del mio ereditai l'altro 50%. Nessuna delle due aveva competenze tali per poter pensare di proseguire, così un anno dopo vendemmo ad una società inglese. In più entrambe venivamo da famiglie molto benestanti. Io non ho nessun tipo di necessità economica, tanto meno i miei figli che avranno di che vivere di rendita quando io non ci sarò più, per questo dissi a Camilla che non avrei avuto nulla in contrario se ti avesse nominato suo unico erede..."

"Mi lasci senza parole Ada, in fondo non ci siamo mai visti fino a stamattina, ma non credo che ti abbia ascoltato... sapeva benissimo che non avrei mai accettato neppure un centesimo di quello che era suo e prima ancora della sua famiglia..."

"Infatti... è quello che mi disse, le chiesi almeno di optare per il 50% a testa, ma sapeva che avresti rifiutato"

"Verissimo, mi conosceva bene e sapeva esattamente come la pensassi. Tra di noi le cose materiali non ci sono mai state, ci bastavamo noi, ci bastava il nostro amore, tanto che tranne la catenina non ci siamo mai fatti un regalo, non ne avevamo bisogno, pensa che non ho mai avuto una sua foto ne lei una mia e non ci siamo neppure mai fotografati insieme.
Solo una volta, due anni fa dopo esserci ritrovati mi invitò a cena a casa sua e le regalai un pianoforte di cristallo Swarosky... lo teneva in camera, sul comodino... ecco, quello sarebbe l'unico ricordo che mi piacerebbe avere... se possibile. Certo parlavamo dei nostri lavori, sapeva che dal 2011 per me molte cose erano cambiate, tanto da aver deciso di vendere il piccolo casale che stavo acquistando in Toscana. Mi arrivò la proposta che poi accettai un giorno mentre ero da lei.
Non avevamo segreti, ci siamo sempre raccontati tutto e quindi sapeva dei miei grossi problemi finanziari, si era offerta di aiutarmi e ancora non molto tempo fa voleva farmi un prestito che non ho accettato, non sapendo quando e come avrei potuto restituirglielo. Sono fatto così, non ho mai chiesto nulla a nessuno, i miei problemi li ho sempre affrontati e risolti facendo conto solo sulle mie forze. Questa volta non so come, quando e se mai ne uscirò... credetemi... in questi anni ci sono state persone che per problemi decisamente minori si sono tirati un colpo, impiccati e dato fuoco... io continuo a lottare ed a sperare, anche se mi faccio davvero poche illusioni..."

"Lo so Gianluca, me ne ha parlato e spesso, e comunque faccio fatica a capire questa tua testardaggine, perdonami se te lo dico"

Interviene pure Lorena dicendo che se questo era il suo desiderio, non c'era niente di male ad accettare un aiuto.

"Comunque sappi che ti ha nominato legato testamentario, il notaio è un nostro amico di famiglia e oggi quando sei andato a casa è venuto in clinica e ha approfittato per dirmi questa cosa e di avvisarti, se per te va bene ci aspetta in studio giovedì mattina per le 11 e comunque credo che avrai modo di incontralo al funerale, intanto promettimi almeno di pensarci..."

"Non ho accettato quando me lo propose lei, figurati in questo momento... sarebbe come se la morte di Camilla si trasformasse nella soluzione alle mie rogne... ma non esiste, assolutamente... è una cosa alla quale non voglio assolutamente pensare... verrò in studio, ma solo per rinunciare”

Beviamo un caffè ed usciamo, facciamo quattro passi mentre Lorena ne approfitta per fumarsi l'ennesima sigaretta e io per telefonare a casa.
Rientriamo, la notte sarà lunga e io voglio starle vicino, guardarla, imprimere indelebilmente nella mia mente ogni piega, ogni tratto del suo viso, voglio cullare il suo sonno. Mi siedo sul letto e le stringo le mani ormai gelide e mi chino a baciarla ancora una volta. Il dolore è indescrivibile, ma mi sento stranamente sereno, percepisco la sua presenza, non quella fisica per il contatto delle mani o delle labbra, una presenza reale: sento il suo calore dentro di me, il suo respiro... è come se ci parlassimo senza bisogno di usare le parole, come se ricordassimo tutti i momenti vissuti insieme, raccontandoci le nostre emozioni, il nostro amore... è la comunione eterna delle nostre anime... è la conferma delle parole che mi ha scritto nella sua prima e ultima lettera.
Sento sfiorarmi il capo, è Lorena, mi sorride.

"Sono quasi due ore che sei seduto li, vieni, ti va qualcosa di caldo? Ada si è addormentata sulla poltrona, è stanchissima..."

Scendiamo al piano terra e prendiamo due caffè fumanti dalla macchinetta e usciamo a berli, mentre lei continua a fumare.

"Non sarebbe ora di smettere Lorena? Se ci sono riuscito io che ne fumavo quasi 50 al giorno, ci può riuscire chiunque credimi...!"

"Vediamo... magari ci provo anch'io, poi mi spiegherai bene 'sta storia della sigaretta elettronica... adesso però non è il momento migliore. E tu...? Come stai? Non ti avevo mai visto così..."

"Non te lo so spiegare, è tutto così irreale, come essere dentro ad una bolla che ti tiene sospeso a mezz'aria con il terrore che possa scoppiare da un momento all'altro lasciandoti precipitare... provo un senso di vuoto, come se fosse finito tutto, il mondo stesso, anche se sento la sua presenza, forte reale. Mi prenderai per pazzo, ma ti giuro che è qui, con me, dentro di me, è una presenza quasi fisica, è come se mi toccasse..."

"A te la normalità non è mai andata troppo a genio eh? Da sempre hai percorso le strade più impervie, le più contorte... continuo a ripensare ad allora, a noi ragazzi, pieni di sogni, speranze, con una vita davanti, a voi due, tutto è così lontano e così tremendamente vicino... non sapevo dei tuoi problemi, non me ne hai mai parlato... guarda che gli amici servono anche a questo, a confidarsi..."

"Lo so, hai ragione, ma se mi conosci dovresti sapere che non è da me rompere gli altri con le mie cose... se lo avessi fatto ti avrei dato una preoccupazione in più... proprio perché mi sei amica e ti voglio bene non l'ho fatto"

"Che scemo che sei... tanto alla fine l'ho saputo lo stesso..."

"Vero, ma con qualche anno di ritardo... ti ho risparmiato un po' di pensieri..."

Vedo Ada raggiungerci in cortile, stretta nel suo cappotto.

"Mi sono appisolata un po', ma avevo bisogno di una boccata d'aria"

Vado a prendere un caffè anche per lei e ci sediamo su una panchina vicino alla cappella mentre Lorena infreddolita, decide di rientrare.
Mentre beve mi guarda.

"Che farai dopo Gianluca...?"

"Dopo... già... dopo... non lo so, in questo momento mi sembra che non possa più esistere un dopo. La vita comunque continua, si dice così no? Quale vita, come e cosa continua...? Penso solo che tutto questo sia tremendamente ingiusto... avevamo tutto per essere felici, eravamo giovani, con un amore infinito e il desiderio di viverlo tutto, giorno per giorno insieme, avere dei figli, essere una famiglia, invecchiare insieme... invece allora ci siamo lasciati condizionare, sopraffare dagli altri. Per poi ritrovarci, ricominciare e alla fine... la sua malattia. Sai Ada, io non me la prendo perché Camilla mi ha allontanato... lo avrei fatto pure io al suo posto... solo che lei non ci sarebbe cascata. Non ho niente da perdonarle... è me stesso che non perdonerò mai, per non aver capito, per essermi lasciato convincere che stavamo vivendo solo i ricordi del passato, quando non era così, non poteva essere così... dovevo capire che non era vero, che mi stava nascondendo qualcosa di importante, di grave... sono stato uno stupido, bastava che mi ricordassi una frase di che mi mandò sul cellulare un giorno che la stavo aspettando fuori da scuola:

"Dubita che le stelle siano fatte di fuoco
dubita che il sole si muova
dubita che la verità sia bugiarda
ma del mio amore non dubitare affatto..."

la risposta era in quelle parole ed io sono stato tanto cieco da non vedere, non capire..."

"Non dire così, sai che non è vero, non devi farti colpe e poi sai benissimo com'era Camilla, se si poneva un obiettivo, non c'era modo..."

Mette una mano in tasca e l'allunga verso di me.

"Tieni, è il pianoforte di cristallo, aveva voluto portarlo qui, lo teneva sul comodino..."

Ricordo quella sera quando lo comprai prima di andare a cena da lei e la sua espressione quando aprì il pacchetto.

"Come... come è successo... come se ne è andata...?"

"Serenamente, nonostante le sofferenze... aveva molti dolori, soprattutto alle gambe ed alle braccia, e l'ultima settimana faceva anche molta fatica a respirare.
È riuscita ad andare a scuola fino alle vacanze di Natale, le feste le abbiamo passate insieme e lì si è accorta che non riusciva più a stare a casa da sola, avrebbe avuto bisogno di aiuto 24 ore su 24, sapeva che io non l'avrei mai lasciata sola... sai bene com'era, non voleva dipendere ed essere di peso a nessuno, neppure a me, quindi ha deciso di farsi ricoverare in Clinica privatamente. A Pasqua il messaggio di auguri te l'ho scritto io, lei non ci riusciva più..."

"Non l'ho chiamata perché l'ultima volta mi aveva detto che sarebbe stata da te e non volevo disturbarvi... mi aveva promesso che ci saremmo visti dopo questi giorni di festa... ha mantenuto la parola... ma non ero così che immaginavo di rivederla..."

"Ha sempre rifiutato i tranquillanti, voleva essere lucida, poter leggere, soprattutto essere consapevole... anche gli antidolorifici ormai servivano a poco e solo lunedì ha accettato che le somministrassero la morfina, ha perso conoscenza un paio d'ore prima, ha fatto in tempo a farsi togliere la catenina, che ha tenuto in mano fino alla fine, raccomandandosi che te la consegnassi... sei stato il suo ultimo pensiero... poi si è assopita... respirava lentamente, sempre di più... se ne è andata così, quasi sorridendo..."

L'ho ascoltata tenendo quel piccolo pianoforte in mano, accarezzandolo con le dita, quasi a volerlo suonare... lo avvolgo in un fazzoletto e lo metto in una delle tasche interne della giacca.
Fa freddo, ci alziamo per rientrare.

"Camilla mi ha chiesto tramite il cappellano di suonare per lei in chiesa, alla fine della funzione. Vuole che suoni con l'organo l'Adagio di Albinoni. Mi ero dimenticato di dirtelo prima... scusa ma ho milioni di pensieri che mi si accavallano in testa"

"Non sapevo che suonassi anche l'organo"

"Infatti, saranno almeno vent'anni che non lo suono. Il mio insegnante in Conservatorio era anche un organista molto bravo, spesso quando andava ad esercitarsi in chiesa andavo con lui e ogni tanto mi dava qualche lezione. Andavamo in una chiesa poco distante e quando io e Camilla eravamo fidanzati, capitava che lei venisse ad ascoltare... comunque non è un brano difficilissimo, mi capita di suonarlo con il piano, con l'organo c'è la difficoltà della 'padaliera', ma è abbastanza semplice in questo pezzo... più che altro, spero che il parroco mi dia il permesso e non faccia storie..."

"Conoscendola credo abbia pensato anche a questo..."

Entriamo nella stanza e questa volta è Lorena ad essersi addormentata., io mi siedo ancora sul bordo del letto accanto a Camilla tenendole le mani.
Sento il campanile poco distante scandire le ore, sono le 3.
Passo tutta lo notte così, accanto a lei; ognuno di noi ha dei ricordi, io parlo di quel mese di due anni fa, Ada racconta di loro bambine e amiche inseparabili, entrambe figlie uniche, Lorena ricorda episodi di quel lontano anno di scuola.
Sono passate da poco le 7 e mi convincono ad uscire per andare a fare colazione. Ho paura che Ada crolli, per lei è stata la terza notte consecutiva trascorsa in clinica.
Nessuno ha mangiato un granché la sera prima ed è meglio per tutti cercare di mandar giù qualcosa.
Mentre siamo seduti al bar Ada ha un sussulto, ho paura che le sia andato il cappuccio "di traverso".

"Le scarpe... me ne stavo dimenticando..."

"Cosa c'entrano le scarpe?" dice Lorena stralunata.

"Non lo so - continua Ada - sabato Camilla ha voluto che andassi a casa sua a prendere i vestiti che aveva deciso di mettere per.... e mi ha detto anche di portarle le scarpe, non mi ha detto perché, ma solo che tu sapevi cosa fare..."

Sorrido ricordando una promessa che ci eravamo fatti tantissimi anni prima.

"Quando eravamo insieme, subito dopo gli esami di maturità, morì la mia bisnonna e lei volle accompagnarmi al funerale. Mentre stavamo tornando in macchina pensando ad alta voce, commentai 'sta cosa che non ho mai capito, cioè perché non si mettono le scarpe ai defunti. Che senso ha essere vestiti di tutto punto, ordinati, composti, ma senza scarpe? Mi ha sempre dato un senso di disordine, di trascuratezza, mi ha sempre infastidito questa abitudine... a Camilla la cosa fece sorridere, ma disse che a pensarci bene non avevo tutti i torti. 'Facciamoci una promessa - disse - quando sarà il momento, tra cent'anni, che uno dei due se ne andrà, l'altro dovrà ricordarsi di mettergli le scarpe ok?'Ok, le risposi, tanto sarà un compito che toccherà a te, sarò io il primo ad andarmene... se ti guardi intorno per un vedovo vedi almeno cinque vedove... quindi preparati.
Non ne parlammo più ovviamente, ma c'eravamo fatti una promessa e lei non l'ha dimenticata"

Vedo che le due donne mi guardano in parte intenerite, in parte con l'espressione di chi sta pensando che forse non eravamo troppo normali.
Rientriamo, ormai mi resta poco tempo per stare ancora con lei, vederla e accarezzarla.
Alle 9.30 con mezz'ora di anticipo arrivano quelli dell'impresa, entrano portando una bara bianca su un carrello e chiedono se possono procedere.

"No - li interrompo mentre si avvicinano - voglio sistemarla io... aspettate fuori per favore..."

"Non voglio che degli estranei la tocchino - dico ad Ada - faccio io..."

La sollevo dal letto prendendola sulle braccia... è leggerissima, solo ora mi rendo conto di quanto la malattia l'abbia consumata... è come tenere in braccio una bambina. Mi giro e la adagio lentamente nella bara, mentre Lorena le sistema i capelli e Ada la gonna, prendo le scarpe che avevamo tolto dalla scatola e gliele infilo, come ci eravamo promessi. Poi Lorena le sistema le mani nelle quali mette la Corona del Rosario che la sera prima aveva fatto benedire.
La vedo ed è come se solo ora mi rendessi veramente conto di quello che è accaduto. Gli addetti rientrano portando gli attrezzi per la chiusura. Sento che parlano di documenti da firmare, ma la mia testa è altrove... Ada mi richiama alla realtà, mi dice che occorre un'altra firma per il riconoscimento, senza neppure guardare firmo le carte.

"Scusami Ada, ma non ce la faccio a vedere che la chiudono li dentro, perdonami... non ce la faccio proprio..."

"Stai tranquillo, resto io, vai pure con Lorena ad aspettare giù..."

Mi avvicino, le accarezzo le mani ed il viso e le do un bacio sulla fronte e sulle labbra... per l'ultima volta... non riesco a parlare, le parole non servono più... quello che vorrei dire, quello che provo, Camilla lo sente, lo sa...
Sulla porta mi giro un'ultima volta, poi Lorena mi prende per mano e usciamo. In cortile, davanti alla cappella, non riesco più a controllarmi e scoppio a piangere tra le braccia della mia amica.
Riusciamo solo a piangere, nessun altro suono esce dalle nostre bocche. Ci interrompe l'arrivo del cappellano che è venuto per la benedizione. Ci parla, con voce calma cercando di consolarci, ma io onestamente non riesco neppure a sentire quel che dice. Mi siedo sulla panchina, come inebetito mentre Lorena parla con l'uomo. Trascorre un tempo indefinito, finché vedo dalla strada laterale la costruzione arrivare gli addetti con la bara bianca, seguita da Ada e da una giovane donna che non conosco. Viene sistemata all'interno della piccola chiesa, di fronte all'altare. Entriamo e il prete ci invita a pregare prima di dare la sua benedizione. Al termine si avvicinano a me ed a Lorena.

"Gianluca, questa è Alessandra, mia figlia"

Le stringo la mano sorridendole, ricorda Camilla in alcune espressioni del viso, si avvicina e mi da un bacio sulla guancia.

"Piacere, ho sentito parlare di lei dalla mamma, ma soprattutto dalla zia in questo ultimo periodo, mi spiace doverla conoscere in questa circostanza..."

"Dammi pure del 'tu', potresti essere mia figlia... purtroppo non possiamo scegliere noi come debbano accadere le cose... sarebbe stato bello incontrarsi tutti in un altro modo, in un giorno di festa... non è andata così..."

Noto solo ora un trolley abbastanza voluminoso, Ada si accorge del mio sguardo.

"Ci sono dentro le ultime cose rimaste in camera, le riporteremo a casa sua"

Mi squilla il telefono, è Lidia, rispondo allontanandomi un po' da loro. Mi chiede come sto, come ho passato la notte e si raccomanda ancora una volta affinché mangi qualcosa. Cerco di tranquillizarla e chiudo la telefonata.
Alessandra è andata a portare in macchina la valigia, Ada e la mia amica parlano tra di loro e io mi trovo lì, in mezzo a quel cortile, da dove attraverso la porta aperta della chiesa vedo la bara, è una giornata grigia e abbastanza fredda, o almeno a me pare così, sembra che tutto sia immobile e immerso nel silenzio, ma forse sono io, in questo momento ad essere in un'altra dimensione, lontana anni di luce da dove sono in realtà.
Le mie amiche si avvicinano e Lorena mi prende sottobraccio.

"Ascolta, sono quasi le 11.00 forse è meglio che noi andiamo all'altra chiesa, così hai il tempo per chiedere al parroco se puoi suonare l'organo e stacchi un po', stare qui ora non serve a nulla... io vengo con te e Ada resta qui con sua figlia..."

Sì, ha ragione lei, devo staccare, qui mi sento opprimere e l'attesa sarebbe davvero snervante.
Salutiamo madre e figlia le quali si raccomandano con Lorena di farmi mangiare, promettendo che lo faranno anche loro.
Prendo la macchina e mi trovo una bella contravvenzione per divieto di sosta e ci avviamo. Lungo la strada parliamo distrattamente, ci raccontiamo delle nostre famiglie, dei figli... di quelli che erano i nostri sogni, delle soddisfazioni e delle infinite delusioni, della vita, dell'inutilità di farsi domande, di chiedersi perché.
Impieghiamo poco più di mezzora per arrivare e fortunatamente trovo subito la persona con cui parlare.
Il frate è molto gentile, ci porge le sue condoglianze e racconta del rapporto d'amicizia che aveva instaurato con Camilla.
Finché la salute glielo aveva concesso, veniva qui la domenica mattina per seguire la Messa e lui era diventato il suo confessore, quindi era a conoscenza della nostra storia.
Era stato da lei il Venerdì Santo e l'aveva confessata e comunicata e in quell'occasione lei chiese se era possibile che alla fine del suo funerale venisse suonata l'Ave Maria di Gounod ed espresse il desiderio che io potessi suonare l'Adagio di Albinoni.

"Venite, l'organista è in sacrestia, se vuole la faccio accompagnare, così può approfittare per provare l'organo"

Mentre Lorena resta seduta su una panca io salgo tramite una stretta scala all'organo, situato su un lato della Chiesa.
È uno strumento bellissimo, a canne, presumo degli inizi dell' '800.
L'organista mi domanda se mi occorre la partitura, lo ringrazio, la so a memoria, ma avere lo spartito mi tranquillizza da eventuali vuoti di memoria.
Seduto all'organo provo a suonare, poi dopo aver ringraziato scendo e raggiungo la mia amica che è uscita sul sagrato.

"Scusami, ma alle prime note ho provato una stretta al cuore che mi toglieva il respiro e ho preferito uscire"

È una giornata con una luce strana, passeggiamo lentamente, per lo più in silenzio.

"Scusami Lorena, ma non ti ho neanche chiesto fino a quando ti fermi a Milano"

"Riparto domani mattina, ho un treno poco prima delle alle nove e mezza e stasera dormo da un'amica che mi ospita sempre quando vengo a qui. L'ho avvisata che andrò da lei per cena..."

"Va bene... ovvio che vengo a prenderti e ti accompagno io in stazione..."

"Dirti che non devi disturbarti sarebbe inutile, giusto? Va bene, ma accetto a condizione che vieni a mangiare qualcosa..."

Ci sediamo in una trattoria poco lontana e mando giù qualcosa, più perché devo e per chiudere quel buco allo stomaco che mi attanaglia da due giorni che non per fame, che non so proprio cosa sia.
Il tempo passa lentamente, ci attardiamo un po', prendiamo un caffè e poi passeggiando ci dirigiamo verso la Chiesa.
Sono passate le 14 e comincia già ad arrivare qualcuno.
Da una macchina vedo scendere delle ragazze che accompagnano un amica sulla sedia a rotelle... la riconosco subito... è Michela.
È cresciuta, si è fatta più signorina ed è ancor più carina di come la ricordassi. Le vado incontro con Lorena.

"Ciao Michela... ti ricordi di me...?"

Sorride sorpresa.

"Il fidanzato della Prof...! Gianluca..."

Scoppia a piangere, mi abbasso e lei mi butta le braccia al collo singhiozzando.

"Perché... non è giusto, non è giusto... perché le persone più buone se ne vanno...? Il mondo è pieno di gente cattiva che non muore mai... perché lei? Era meglio se morivo io, tanto non servo a niente, sono un peso per tutti..."

"Michela non dire così, non voglio sentirti dire queste cose, sai benissimo che non è vero e sai che così le dai un grande dispiacere... lei è sempre con noi, non possiamo più vederla, ma è con noi sempre..."

Le presento Lorena e le spiego che anche noi eravamo stati suoi allievi, anzi i suoi primi allievi... le racconto in breve la nostra storia...
È stupita e incredula e Lorena le conferma che è tutto vero...

"Io pensavo che tu fossi più grande di lei.... oh... scusa, non volevo dire che sei vecchio, scusa..."

Le sorrido e le accarezzo il viso, asciugandole le lacrime.

"Sta tranquilla, non preoccuparti, non mi hai offeso... lo so, è sempre stato così, hanno sempre pensato tutti che lei fosse più giovane di me, anche da ragazzi... quando non 'vestiva da prof' le davano al massimo 18 anni."

Alle 14.30 il sagrato è pieno, ci sono un'infinità di ragazzi, Michela mi ha detto che c'è quasi tutta la sua scuola, oggi è rimasta chiusa in segno di lutto.
Dopo un quarto d'ora arriva il carro funebre.
Entriamo... io spingo la carrozzina e le chiedo se vuol stare davanti con noi... una delle sue amiche le porge un bel mazzo di fiori di campo. Non ci sono corone, cesti, cuscini floreali, Camilla non li voleva.
Con Michela ci avviciniamo alla bara, mi chiede se posso mettere il suo mazzo sopra...

"Certo... questi le sarebbero piaciuti, soprattutto perché glieli hai portati tu... vieni, appoggiali tu..."

L'aiuto ad alzarsi, la sostengo per la vita mentre sistema il bouquet e si china per baciare il feretro, con le lacrime agli occhi, poi la faccio accomodare sulla panca tra me e Lorena.
Seguo la funzione quasi come un automa, fino a dopo la lettura del Vangelo, quando il frate parla ricordando Camilla, la vita dedicata all'insegnamento e della fede ritrovata durante la malattia.
Appena arrivati, prima di salire per provare l'organo avevo chiesto al frate di confessarmi, dicendo che comunque non avrei fatto la comunione essendo divorziato. Quasi sorridendo mi chiese se avessi rubato o ucciso qualcuno.

"No Padre, ci mancherebbe..."

"Lo so figliolo, Camilla mi ha parlato di voi e di te... hai commesso i peccati che commettono tutti, spesso purtroppo anche chi indossa una tonaca o un saio come il mio e questo è veramente grave. Io sono un consacrato, ho preso i voti, ma sono un uomo come te... il perdono chiedilo a Nostro Signore, solo lui può leggere nel tuo animo. Gesù durante l'Ultima Cena spezzò il pane dicendo 'fate questo in memoria di me', non ha mai detto tranne i divorziati o altro... prega, chiedi perdono e comunicati"

Così, dopo l'omelia e la consacrazione del pane e del vino, mi sono messo in fila anch'io per ricevere la comunione, dopo più di quindici anni dall'ultima volta.
Alla fine della funzione, il celebrante invita a rimanere seduti ancora per qualche minuto e mentre le prime note dell'Ave Maria di Gounod si diffondono nell'aria, mi avvio alla porticina che immette alle scale che conducono al pulpito dove l'organista sta suonando. Quando termina si alza e mi lascia il posto, dopo aver sistemato la mia partitura sul leggio.
Guardo verso il basso, verso la bara bianca su cui spicca il mazzo di fiori di Michela, mi faccio il segno della croce e mi siedo. Inizio a suonare e la musica, le vibrazioni mi entrano dentro riportandomi indietro a due anni fa, a quella serata al Grand Hotel Diana quando suonai per lei, e la rivedo davanti a me, i suoi occhi, il sorriso, l'emozione e l'amore nel suo sguardo, quando il tempo sembrava infinito e la felicità eterna, quando questo dolore era uno sconosciuto signore che non avevo ancora incontrato e che ora invece non smetterà di tenermi compagnia.
Suono, ma forse questa volta non sono io a farlo, questa volta è Camilla a muovere le dita delle mie mani che scivolano sui tasti senza la minima fatica, proprio come se non fossero le mie.
Forse oggi sta usando le mie mani per suonare per me.
Quando scendo torno alla panca e con Lorena aiutiamo Michela a sedersi sulla carrozzina e lentamente usciamo; il cimitero dista poche centinaia di metri. La maggior parte delle persone ci saluta sul sagrato, così rimaniamo una trentina di persone ad accompagnarla in questo ultimo percorso.
Michela è rimasta con noi, abita poco distante dall'amica di Lorena, quindi ci siamo offerti di riaccompagnarla noi.
La tomba è un loculo interrato in una zona molto verde e ombreggiata ed è doppia... Ada nota il mio stupore e mi si avvicina.

"L'ha voluta così, perché se vorrai, un giorno potrai starle accanto..."

Non ho mai concepito chi si compra la tomba magari a 30-40 anni o chi ha la cappella di famiglia e onestamente sapere dove mi metteranno dopo mi ha sempre creato un certo fastidio, tanto che è un argomento del quale evito di parlare.
Ora vedere quel posto vuoto accanto a lei, anziché disturbarmi, mi da come un senso di pace.
Restiamo fino a quando viene completamente chiusa e ricoperta e sul cumulo di terra appoggio il mazzo di fiori di Michela.
Ho stretto un'infinità di mani e ricevuto condoglianze da persone mai viste e che sicuramente non vedrò mai più... si avvicina un uomo che Ada mi presenta, è il notaio, amico delle loro famiglie. È una persona, semplice e gradevole, poco formale considerato la professione e l'età avanzata. Mi chiede se per me va bene vedersi il giorno seguente nel suo studio verso le 11.

"Per me va bene, anche se vengo perché non posso farne a meno. Le anticipo che ho intenzione di rinunciare..."

"D'accordo, ma almeno aspetti di sapere di cosa si tratta..."

"Mi creda, per me si tratta di una formalità... la mia decisione è questa e le assicuro che non cambierà"

Scambiamo ancora qualche parola e ci salutiamo dandoci appuntamento per il giorno seguente.
Fuori dal cimitero Lorena saluta Ada e Alessandra con un grande abbraccio scambiandosi i numeri cellulare.

"Quando capiti a Milano ricordati che la mia casa è aperta, sarò felice di averti mia ospite per tutto il tempo che desidererai..."

Saluto anch'io le due donne che rivedrò la mattina dopo e con Michela e Lorena ci avviamo alla macchina. È sufficiente una piccola deviazione per raggiungere la casa della ragazza. Quando arriviamo troviamo la madre ad attenderci. Ci ringrazia e ci invita a salire, ma vista l'ora, sono quasi le 17.30, preferiamo non fermarci e prometto a Michela che andrò a trovarla presto.
Arriviamo a destinazione e la mia amica vuole che salga a tutti costi. Accetto mio malgrado e saliamo. Mi presenta Viviana, una nostra coetanea, divorziata, senza figli che vive da sola e parlando ricordiamo entrambi di esserci conosciuti ai tempi della scuola, quando si era aggregata qualche volta al gruppo delle uscite del sabato sera. Mi trattengo giusto il tempo di un caffè e infine rientro a casa.
Avevo avvisato Lidia che sarei arrivato per l'ora di cena e mi fa trovare tutto pronto. Non ho per niente appetito, ma per educazione e rispetto nei suoi confronti, mi sforzo e mangio qualcosa. Parliamo mentre ceniamo e dopo bevendo il caffè; mi chiede come sono andate le cose, come abbiamo passato la notte, se abbiamo mangiato e del funerale. Ovviamente nel raccontarle da quando sono uscito ieri pomeriggio a stasera devo per forza omettere molti particolari. La serata passa così, interrotta solo da una telefonata di Lorena che vuole sincerarsi di come sto.
Dormire non è esattamente quello che ho fatto, più che altro mi sono girato nel letto cercando di non disturbare Lidia, e ho fissato il soffitto quasi che quel muro fosse uno schermo sul quale rivedere quanto accaduto in questi due giorni. Alle 6, più stanco di quando mi sono sdraiato decido di alzarmi e prepararmi l'ennesimo caffè.
Poco dopo le 7 la saluto, le avevo detto che stamattina sarei andato ad accompagnare la mia amica in stazione e poi avrei sbrigato un po' di commissioni arretrate. Passo a prenderla e verso le 8.30 siamo Centrale e la accompagno a fare colazione. Il tempo passa veloce, il suo treno parte alle 09.30, mancano una ventina di minuti e ci dirigiamo verso l'accesso ai binari. Ci abbracciamo.

"Grazie per tutto Lorena, grazie di essere venuta..."

"Ma dai... grazie di cosa? Era il minimo che potessi fare, non potevo lasciarti solo in un momento simile, tu avresti fatto lo stesso per me... sai che facciamo? Appena il tempo si fa un po' più bello e stabile torno a Milano e ci regaliamo un'intera giornata solo per noi, ce ne andiamo a passeggio, facciamo i turisti nella nostra bella città...ok?"

"Va bene, promesso e guarda che ci conto...!"

La vedo avviarsi lungo il binario, si gira a salutarmi con un cenno della mano e sale sul treno. Aspetto di vederlo partire e mi dirigo al posteggio. Faccio con calma, e arrivo nei pressi dello studio notarile piuttosto in anticipo. Decido di approfittare per prendere qualcosa... da quando mi sono alzato non ho mangiato nulla, non ho fame, ma ho un senso di vuoto e i crampi allo stomaco, forse una briosche mi può essere d'aiuto.
Quando entro nello studio Ada e la figlia sono già arrivate. Ci salutiamo e le due donne si preoccupano subito di sapere come sto, se ho riposato... non credo di avere un bell'aspetto considerato che non dormo da due giorni.
Veniamo fatti accomodare nello studio e dopo i soliti convenevoli il notaio da lettura del testamento

TESTAMENTO PUBBLICO
REPUBBLICA ITALIANA

L'anno 2015, il giorno 21 del mese di Dicembre, nel mio studio sito a ...., via ...., n. ...., innanzi a me dott. ...., Notaio in .... iscritto presso il Collegio Notarile di ...., presenti i Signori: ...., nato a ...., il .... e residente a ...., via ...., n. ...., e ...., nata a ...., il .... e residente a ...., via ...., n. ...., testimoni noti e idonei,

È COMPARSA LA SIGNORA

...., nata a ...., il ...., residente a ...., via ...., n. ...., di professione ...., codice fiscale n. ...., della cui identità personale, io Notaio, sono certo, la quale, volendo disporre delle sue sostanze, per testamento pubblico , in presenza mia e dei testimoni dichiara la sua volontà che io Notaio riduco in iscritto come segue:
"Io ...., in pieno possesso delle mie facoltà mentali, dispongo del mio patrimonio, per il caso di morte, come segue:
a) nomino erede universale mia cugina ....;
b) l'appartamento sito a ...., via ...., n. ...., contraddistinto in catasto al n. ...., foglio ...., mappale ...., confinante .... con tutto ciò che si troverà dentro al momento del mio decesso, viene legato a Gianluca ...., residente a ...., in via ...., n. ....;
c) dispongo che la cerimonia funebre venga celebrata con rito cattolico presso la Chiesa di ...., a ...., via ....; dispongo inoltre di essere sepolta nel Cimitero di ...., nel campo n. ...., giardino n. .... e confinante n. ...., come da contratto di concessione dell'anno 2015, del giorno 2 del mese di Dicembre, di cui all'allegato 1;
d) desidero assegnare a Gianluca .... il giardino n. ...., che potrà da lui essere utilizzato a titolo personale come sua ultima dimora;
e) incarico questo studio notarile nella persona del dott. .... e dei suoi successori di provvedere alla scadenza delle concessioni relative ai due giardini che cadrà l'anno 2045, il giorno 2, del mese di Dicembre, al rinnovo delle stesse per ulteriori 30 (trenta) anni, a tale scopo l'importo di € .... viene legato a codesto studio che provvederà alla costituzione di un fondo garantito;
f) esprimo il desiderio, previo consenso di Gianluca ...., che all'esumazione i nostri resti vengano raccolti in un unico ossario da collocarsi nello stesso Cimitero o in altro luogo che lo stesso Gianluca .... potrà indicare;
g) i titoli e il denaro contante esistente al momento del decesso, esclusa la somma necessaria al pagamento di tutte le spese e gli oneri per la presa in possesso dell'appartamento di cui al punto b che viene quindi legata a Gianluca .... e dell'importo di cui al punto f, saranno destinatii a mia cugina ....;
h) chiedo a Gianluca .... di occuparsi a suo gusto ed insindacabile giudizio della sistemazione e del decoro dei suddetti giardini."

Il presente atto, scritto di mia mano, su foglio di cui occupa ...., .... è stato da me Notaio letto alla presenza dei testimoni, al comparente che ha dichiarato di approvarlo e insieme a me e ai testimoni lo ha sottoscritto alle ore 16.30

I TESTIMONI
.... ....

IL TESTATORE
.... ....

.... .... Notaio

"Ecco, questo è tutto" conclude l'uomo riponendo i fogli sulla scrivania e mettendoceli a disposizione.
Li prendo tra le mani e li guardo con attenzione, è la prima volta che partecipo all'apertura di un testamento... sono sconvolto, non tanto per le volontà di Camilla, quanto per la precisione e l'assoluta lucidità con la quale ha stabilito tutto, fin nei più piccoli particolari, senza tralasciare nulla.

"Conoscevo Camilla e non mi stupisce che abbia voluto sistemare tutto, mi lascia senza parole il come sia riuscita a farlo e la serenità che traspare da questi fogli, anche se scritti in una forma giuridica ineccepibile... comunque, come le anticipavo ieri e come ho già avuto modo di spiegare ad Ada, non posso accettare, o meglio, visto che l'accettazione è implicita, intendo rinunziare al legato."

"È sicuro della sua decisione? E comunque sappia che il diritto alla rinuncia potrà essere esercitato solo al momento dell'apertura della successione, diciamo tra una ventina di giorni, quindi non deve decidere adesso... ha tutto il tempo di pensarci con calma..."

"Non ho bisogno di pensarci, è così e non può essere altrimenti... vede dottore io e Camilla abbiamo vissuto qualcosa di straordinario, un amore puro, senza fine e senza confini, un sentimento che credo pochi conoscano, ma che auguro a tutti di poter provare... un sentimento che non è mai stato contaminato dalle cose materiali, da interessi o altro. Camilla in queste carte ha espresso le sue volontà ed i suoi desideri e non sono stupito delle sue parole, ma mi creda, lei per prima sapeva senza alcun dubbio che mai avrei accettato il legato... mentre sarò felice di poter realizzare quelli che sono i suoi reali desideri..."

Guardo velocemente i fogli che tengo tra le mani e continuo

"Accetto il posto che mi ha riservato vicino a lei, l'essere messi nello stesso ossario e di occuparmi della sistemazione della tomba... niente altro..."

Mi faccio dare un foglio e metto per iscritto la mia volontà a rinunciare e quanto ho appena detto a voce al notaio, con l'accordo a regolarizzare la decisione quando verrà aperta la successione e firmo lo scritto.
Ada non ha aperto bocca fino a questo momento.

"Per favore... pensaci, potresti venderla oppure affittarla e così potresti sistemare i tuoi problemi nel giro di poco tempo e garantirti un po' di serenità e tranquillità..."

"Ada ha ragione - interviene l'uomo - è un immobile di notevole valore, anche oggi che i prezzi sono crollati vale qualche centinaio di migliaia di euro, e anche affittandolo ne ricaverebbe una rendita non indifferente..."

Prendo dalla tasca la lettera di Camilla che era rimasta nella borsetta di Ada e che mi ha restituito prima di entrare nello studio e la porgo al notaio.

"È l'unica lettera di Camilla, l'ha scritta poco dopo essere entrata in Clinica, l'ho avuta l'altro giorno... prego..."

La legge, con attenzione, lentamente ed al termine il suo volto tradisce una forte emozione. La piega, la rimette nella busta e me la restituisce.

"Capisce ora? Accettare significherebbe sporcare tutto questo... non posso trarre alcun vantaggio dalla sua morte... può capirmi?"

"Quello che sto per dirle, non aggiunge nulla a quanto lei già sa e conosce di Camilla e dall'altra parte la prego di non fraintendermi... quando venne in studio mi spiegò come il suo desiderio fosse quello di nominarla suo erede universale e che Ada non avrebbe avuto nulla da obiettare, anzi, ma mi disse che mai e poi mai lei avrebbe accettato, cosa di cui, onestamente io invece dubitavo, decise quindi di redigerlo nella forma che ho letto poc'anzi, rimanendo comunque sempre convinta che lei avrebbe rifiutato. Non è mio compito esprimere giudizi, ritenevo una pazzia il rifiuto, ma dopo quello che ho letto e le sue parole ogni altro commento credo sia superfluo. In tanti anni di professione e migliaia di testamenti letti, ho assistito per lo più a liti, ripicche, cause, più raramente ho trovato persone soddisfatte, ma credo che quello a cui ho assistito oggi non mi sia mai capitato prima. Camilla aveva ragione, la conosceva bene e sono felice che l'abbia incontrata."

"La ringrazio... non credo di meritare delle parole così belle, quello fortunato sono stato io... ho avuto, anzi ho la gioia immensa di poter amare ed essere amato da una donna unica e splendida. A parte la casa, sarò felice di rispettare tutte le altre volontà di Camilla e da subito mi occuperò della sistemazione del 'giardino'. Mi farebbe piacere avere anche il tuo parere Ada e anche il tuo Alessandra. Ovviamente i costi per la sistemazione saranno a mio carico..."

"Eh no Gianluca, sai che lei non avrebbe voluto per gli stessi motivi per cui tu hai rinunciato al suo lascito. Si è occupata lei di tutto, pagando interamente ogni spesa. Ha voluto che fossi tu ad occuparti del 'giardino', ma sarò io a sostenere le spese per suo conto. Ritieniti libero di fare tutto ciò che desideri e ritieni opportuno... quello che deciderai avrà sicuramente il nostro consenso, che comunque non è necessario"

Devo ammettere che Ada ha ragione e non mi resta che accettare questa sua richiesta.
Ci congediamo dal notaio dopo che lo stesso ci ha consegnato una fotocopia del testamento e della mia dichiarazione scritta, con l'accordo che ci avviserà appena verrà aperta la successione e sarà pronto il documento per la rinuncia.
In ascensore mentre scendiamo mi accorgo che Alessandra non ha aperto bocca tutto il tempo.

"Ti andrebbe di fermarti fuori a pranzo con noi? propone Ada

"Con piacere, ma solo a condizione che siate mie ospiti, mi piacerebbe portarvi in un posto per me molto importante"
Così le porto nella pizzeria dove andavamo sempre io e Camilla e spiego di questo luogo.

Finalmente Alessandra rompe il silenzio.

“Sono sempre stata molto legata alla zia, fin da piccolina. Mi faceva giocare, mi leggeva le favole e quando ho iniziato ad andare a scuola era lei che spesso mi aiutava con i compiti e a studiare, durante gli anni del liceo le sue ripetizioni di latino e greco furono fondamentali, è stata la mia confidente, la depositaria dei miei piccoli segreti, dei miei sogni e delle mie speranze. Presente senza mai essere invadente, senza mai giudicare, ha sempre rispettato le mie decisioni e le mie scelte. Era bellissima la mia fatina e da bambina le dicevo sempre che volevo diventare come lei. La vedevo così, zia, amica, confidente, complice. L'ho sempre vista così, da sola, mai in compagnia di un uomo e se all'inizio non mi ponevo domande, crescendo iniziai a chiedermi come mai una donna tanto bella e affascinante non si fosse mai sposata, non avesse un fidanzato. La mamma mi raccontò che aveva avuto una storia molto importante quando si era appena laureata, un fidanzato che non le aveva mai presentato, ma del quale le aveva parlato spesso... un amore osteggiato dai suoi genitori, i miei zii, un ragazzo di cui era rimasta innamorata.
Seppi dalla zia che vi eravate ritrovati, era raggiante, non l'avevo mai vista tanto felice, sembrava tornata una ragazzina. Mi promise che ci avrebbe fatti conoscere.
Quando seppi della malattia e della sua decisione di allontanarti tenendoti all'oscuro, provai in tutti i modi a convincerla che stava sbagliando, ma era determinata, ferma sulle sue posizioni e non mi restò che rispettare la sua scelta, così come lei aveva sempre fatto con me.
Solo ultimamente mi raccontò la vostra storia, dove e come vi eravate incontrati, quello che era successo. Dopo aver letto la lettera che ti ha scritto, per la prima volta l'ho vista sotto un'altra luce, ho visto una donna innamorata, capace di sentimenti che non conoscevo, rapita da una passione vera, totale, unica.
Una donna che ha saputo vivere fino all'ultimo l'amore, senza mai un dubbio, un cedimento, un'esitazione... una donna felice!”
“Somigli molto a Camilla, hai la sua stessa capacità di analisi e la sua sensibilità...”
“Grazie... è che ora sono completamente confusa, mi sto rendendo conto che il rapporto che ho con il mio compagno, non è quello che vorrei, non è come dovrebbe essere, come se qualcosa si fosse spento, certo esiste un grande affetto, ma non sono sicura che a me questo basti, che sia questo ciò che desidero...”

Vedo Ada piuttosto sorpresa e colpita dalle parole della figlia.

“Non sono certo io la persona più indicata per dare consigli Alessandra, posso solo dirti che devi cercare di fare chiarezza nel tuo cuore e nei tuoi sentimenti, devi capire quali siano i sentimenti che vi uniscono e non è un 'lavoro' che puoi fare da sola, solo su te stessa. È un problema che devi affrontare con lui, dovete parlarne insieme onestamente e sinceramente.”

Parliamo a lungo e all'uscita della Pizzeria mi offro di accompagnarle a casa.

“Spero tu voglia considerarmi un'amica – mi dice Ada salutandomi – e che non ci si perda di vista come spesso accade, mi farebbe davvero piacere rimanere in contatto e sapere di averti come amico.”

La ringrazio e le assicuro che mi terrò in contatto con lei, invitandola a chiamarmi pure quando lo desidera.
Abbraccio le due donne e mi avvio verso casa.
Passo il resto della giornata, tra telefonate di lavoro e scartoffie varie da sistemare cercando di distrarmi.
Da domani per tre settimane avrò tutte le mattine occupate. Un impegno che sarebbe troppo lungo e complicato spiegare ora mi porterò in centro città sino al 22 di aprile. Sarebbe il male minore se non fosse per il “buco” di due ore dalle 10.45 alle 12.45 che dovrò cercare di riempire. Due ore non sono poche, ma non sufficienti per andare in ufficio o a casa e poi ritornare. Mi troverò ad andare a zonzo per il centro e a fare il “turista per forza”.
La notte passa molto lentamente ed agitata tanto che verso le 2.30 per non disturbare il sonno di Lidia decido di alzarmi e mettermi sul divano, sono davvero molto stanco, ma non c'è modo di riuscire a dormire.


 
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Arriva la mattina, venerdì 1° aprile.
Prendo la macchina e inizio il tour de force delle prossime settimane. La giornata non è delle migliori, cielo grigio e aria fredda, così alle 10.45 mi trovo da solo in Piazza Cardinal Ferrari con 'sto buco di due ore e nessuna idea su come far passare il tempo, mi piace molto camminare, ma il clima è davvero poco invitante.
Mi avvio lungo il giardinetto con le panchine che dalla piazza porta alla vicina Via S. Calimero, sulla destra sorge l'omonima Basilica. Sono passato di qui un'infinità di volte, ancor prima che questo tratto diventasse zona pedonale, quando si transitava in macchina e c'era il Teatro Stabile di Piero Mazzarella.
Non sono mai entrato in questa chiesa che negli ultimi anni ho sempre trovato chiusa e che oggi invece vedo finalmente aperta, chiude alle 11.30 quindi ho tutto il tempo di entrare per una visita.
Fu costruita nel V secolo, dove sorgeva un tempio di Apollo, si presenta oggi con tratti quasi completamente moderni, a causa di un disastroso "restauro" operato dall'architetto Angelo Colla nel 1882, allo scopo di riportarla alle presunte forme originali.
La facciata, in cotto, è a capanna ed è sormontata da tre guglie coronate ognuna da una croce in ferro battuto. Sotto le tre grandi finestre monofore ci sono i tre portali con lunette. Precede il portale centrale un protiro ottocentesco che poggia su colonnine, la cui volta è decorata con un mosaico raffigurante un cielo stellato. La lunetta del portale maggiore raffigura San Calimeroo, quarto vescovo di Milano.
La cripta conserva l'altare-tomba del vescovo San Calimero, in cui furono traslate le ossa del santo nel 1609 per volere del vescovo Federigo Borromeo, come reca un'iscrizione sul retro.
Nella navata destra c'è un pozzo (funzionante) costruito sul luogo in cui le ossa furono ritrovate immerse nell'acqua, dando vita alla leggenda secondo cui il vescovo sarebbe stato martirizzato e il suo cadavere gettato per spregio in un pozzo.
L'acqua di questo pozzo era considerata in passato "miracolosa" contro la siccità e le malattie.
Mi siedo davanti all'altare della cripta e inizio a pregare, in latino, come mi aveva insegnato mio nonno e come faccio sempre quando voglio veramente immergermi nella preghiera d estraniarmi.
Esco e proseguo lungo la piccola strada che sbuca alla fine di Via S. Sofia e che, superato l'incrocio con C.so di Porta Romana diventa Via Francesco Sforza.
Le macchine e i bus passano veloci, il rumore del traffico, lo sferragliare del tram ed il grigiore della giornata mi tolgono la voglia di passeggiare, torno indietro e decido di sedermi ad un tavolino della Caffetteria subito prima della Basilica. Dovesse piovere l'ampia veranda mi eviterà di dover scappare.

Buongiorno, desidera...?”

Un caffè macchiato e una briosche vuota, grazie...!”

Mentre aspetto guardo le persone passare nella via, qualcuno cammina veloce e distrattamente, altri passeggiano, si incrociano e si salutano, segno evidente che abitano in zona e si conoscono. Qualcuno entra nella Basilica, c'è chi si siede sulle panchine... sulla destra un clochard se ne sta seduto su uno sgabello, appoggiato al muro e suona la fisarmonica, con la custodia aperta appoggiata a terra, a volte i passanti si chinano e gli regalano una moneta.
La ragazza appoggia sul tavolo l'ordinazione-

Prego...”

Grazie... molto gentile...”

Mentre mangio e sorseggio il caffè continuo a guardare quest'umanità variegata passarmi davanti, come sullo schermo di un televisore, ma non sono immagini piatte, sono persone reali quelle, con le loro vite, le preoccupazioni, le gioie e i dolori.
Prendo il tablet ed in una sorta di trance inizio a scrivere, a mettere nero su bianco quanto è accaduto. Sono passati solo quattro giorni dalla telefonata di Ada di martedì mattina, un'infinità di emozioni e di fatti si sono accavallati in questo tempo e se da una parte mi sembra solo ieri, dall'altro è come se fosse trascorso un secolo.
Scrivo come faccio sempre quando la testa è piena, quando ho bisogno di far ordine nei miei pensieri, quando temo di non aver più spazio per immagazzinarne altri, quando di certe cose non posso parlarne con nessuno, quando ho bisogno di raccontare, quando mi sento solo.
Ci sono momenti nei quali la presenza di Camilla è forte, la sento vicino a me, quasi fisicamente e altri in cui percepisco solo il vuoto e non perché lei non ci sia, ma perché io non riesco a mantenere la tranquillità e mi lascio sopraffare dal dolore.
Guardo l'orologio... le 12.30
Chiudo il tablet, vado alla cassa a pagare e mi avvio lentamente.
Un'altra settimana se ne è andata-
È venerdì 8 e me ne sto ancora qui, seduto al solito tavolino della caffetteria a scrivere in compagnia dell'immancabile caffè.
Ogni mattina sono entrato in Basilica, ho pregato e poi sono venuto qui, ormai inizio a riconoscere le persone e a capirne le abitudini. Qualcuno a volte mi riconosce e mi saluta... poche centinaia di metri più avanti la via si apre sulla città, frenetica, caotica e rumorosa, ma qui è come essere fuori dal mondo e dal tempo.
Questa via, questi giardini e questa piazzetta sono un'isola felice nel cuore della città... le persone passeggiano, si salutano, il clochard suona sempre le stesse due canzoni. Una mamma spinge il passeggino, si siede sulla panchina e prende in braccio il suo bimbo, un vecchio legge il giornale.
Ad un tavolino poco distante dal mio un ragazzo e una ragazza discutono sottovoce.
L'Università è poco distante e a poche centinaia di metri c'è una residenza universitaria, da qui passano tanti ragazzi e ragazze; sui loro volti leggo i sogni e le speranze che tanti anni fa furono le mie.
Ho riempito le ore di queste mattine scrivendo e continuando la notte quando non mi riesce di dormire, mi ha aiutato ad “esorcizzare” il dolore, a metabolizzare quello che ho vissuto in questi giorni.
Se non la serenità, almeno ho trovato un po' di pace ed è la condizione migliore per sentire la presenza di Camilla.

P.S.:

Nel raccontare, per rispetto della privacy ho ovviamente cambiato i nomi delle persone e volutamente omesso quelle informazioni che avrebbero potuto fa capire quali fossero i luoghi dove di volta in volta mi trovavo.
In quest'ultima parte, parlando di queste mie mattine, non essendo coinvolte altre persone ho descritto precisamente i posti dove mi trovo. Cambiare i luoghi sarebbe impossibile e non mi consentirebbe di descrivere la realtà.
Solo ora inserendo questo 3d, mi rendo conto della lunghezza di questo testo, chiedo scusa a tutti, ma avevo bisogno di poter raccontare quello che sto vivendo in questi momenti.
Ho voluto farlo qui, come ho già fatto tante volte.

Grazie a chi ha voluto leggermi fino in fondo.
 
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14 aprile - anche questa settimana si appresta a finire.
Ancora una e l'impegno che mi porta in centro tutte le mattine saràl ultimato.
Queste due ore abbondanti di "vuoto" credo mi mancheranno e neppure poco. Mi sono sevite molto dopo quanto accaduto per starmene solo con i miei pensieri, fuori dai soliti luoghi e dalle solite persone. Sto cercando di imparare ad accettare la scomparsa di Camilla, a viverla in un modo diverso.
Questo luogo mi sta aiutando davvero molto, è diventato un appuntamento quotidiano al quale sarà difficile rinunciare... cercherò di ritagliarmi un paio d'ore alla settimana per tornare qui a respirare posti e volti che sono ormai diventati familiari...
Intanto attorno a me il mondo scorre, la vita continua a stupirmi...
 
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