...per bisogno impellente di soddisfare un istinto, perchè volevo capire in cosa consisteva la bazza, i viali di Bologna, di notte, in quel periodo, sembravano una Disneyland del sesso, un esercito di bellissime ragazze intappate da supermignotte, luci, colori, tette e culi, perchè ad un certo punto della mia vita mi son trovato con grana da spendere, perchè in quel momento della mia vita ritenevo di non aver ficcato abbastanza rispetto a quello che, secondo i miei parametri, avrebbe dovuto ficcare uno della mia eta', per coincidenza, che uno dice “Va che coincidenza, proprio quando si verificano simultaneamente tutte queste situazioni, mi capita di passare in macchina davanti a Borgo Masini, dove in quel momento stava troieggiando a bordo marciapiede una spettacolare cubista biondina vestita solo di zeppe, filo interdentale e toppettino commestibile, mi fermo, si chiama Anita...che figa!”
...e poi per uno smisurato spirito di rivalsa. Si, perchè con Anita non andò affatto bene, quella volta. Eravamo a fine secolo scorso. Non esistevano forum tematici dove ci si poteva informare e non avevo amici puttanieri. Nessuno mi aveva mai raccontato in cosa consisteva una sveltina con una prostituta di strada. Anita, che sul marciapiede sembrava la Dea del Sesso, una volta salita in macchina si era trasformata nella Dea del Pesce Surgelato. Cercavo di intavolare un social time, lei o non rispondeva o sbuffava ed ognitanto mi indicava col dito dove girare. Era davvero figa, io ero obnubilato dal testosterone e dall'adrenalina non mi interessava molto se non rispondeva alle mie domande, di li a poco avremmo fatto “l'amore”, a casa sua, in un letto matrimoniale, per tutto il tempo che io volevo, perchè ero certo, si sarebbe innamorata di me, figo, giovane, curato e cazzuto.
Arriviamo davanti a casa sua. Mi fa parcheggiare davanti a un passo carrabile. Si toglie le zeppe ed indossa un paio di ciabatte. Ma almeno resta in filo interdentale e toppettino commestibile. Mi fa segno di scendere e seguirla tenendo l'indice sulla bocca e sibilando un “Shhhhhh!”.
Facciamo una rampa di scale e lei mi precede. Quelle splendide gambe e quel meraviglioso culo che mi danza davanti agli occhi. Tra due secondi ci entro, non ci posso credere. Mi do un paio di pizzicotti perchè mi sembra di sognare che tutto ciò sta accadendo.
Entriamo in casa, cioè in tugurio. “Che è? Lo sgabuzzino? Dov'è la camera da letto?” Lei seccata mi fa segno di stare zitto e mi indica una poltrona facendomi capire che il letto era quello. Nella stanza attigua mi pare di sentire gente che sta conversando in uno strano idioma.
Mi fa cenno di spogliarmi. Lei si toglie solo il filo interdentale ma non il toppettino commestibile. Vorrà che glielo mangio. Mi fa cenno che se mi avvicino mi da un cazzotto. Ma come? Da play boy dei viali di circonvalazione mi sembra di essere diventato Fantozzi nell'ufficio del Mega Direttore.
Ha la figa depilata. Ma non è una figa depilata come ero abituato a vedere. Questa era piu' usurata. Assai piu' usurata. E poi la pelle era bianca. Ma non un bianco sano, piuttosto un pallido malaticcio. Scesa dalle zeppe aveva perso qualcosa come 1000 punti ma come ti ho detto, ero obnubilato, il testosterone, l'adrenalina, e poi nel suo insieme la situazione possedeva un qualcosa di tarantiniano, cosa che mi conquistava.
Mi prende il coso che non è nemmeno barzotto e cerca di ingoldonarmelo piuttosto maldestramente.
Io, fino a quel momento, avevo avuto varie storie, anche se non in numero esagerato, ma ne avevo avute diverse, e mai, dico mai, mi era capitato che una mi ingoldonasse ancora prima che ci fossimo presentati o che almeno, il coso, fosse già abbastanza insalivato ed indurito da almeno un quarto d'ora di bocchino cabrio.
Niente. A un certo punto comincia a parlare. Salta fuori che “Io no sa... cosa tu vole, io fare pompino, tu cinque minuti, finito tempo, io no bacia, io bacia solo mio omo, si tu no cazo drito io no tempo da perdere, tutti viene qui con cazo drito, perchè tu no cazo drito? Io no piace te? tu fa me perdere tempo...” e nel mentre nella stanza attigua la conversazione in quello strano idioma, cessa.
Mhm. Temo di aver capito, le dico. Mi rivesto, lei si rimette il filo, ed usciamo.
Durante il tragitto, nonostante shoccato e ferito nel mio di play boy dei viali di circonvalazione animo, da ingenuo neofita cerco di intavolare un dialogo rivolgendole domande educate ma sempre inerenti al contesto, come “Ma mi sono sempre chiesto tipo, quanti clienti fai in una sera? Ma si guadagna molto? Ma hai intenzione di farlo per sempre o un giorno tornerai nel tuo paese? Ma non ti fa un po' schifo, a volte dico, andare proprio con tutti, tutti?”
Ma fu quando la salutai dicendole “Ciao Piccola!” che la belva uscì da quel corpo di scricciola. “Tu non chiama me picola, IO NO PICOLA!” Esclamò sbraitando e quasi frantumandomi la portiera.
Esticazzi?
Dovetti andare in analisi per un paio di mesi.
Ma nel frattempo architettavo la mia rivincita. “Non può essere che io non vado dalla troia col cazzo già dritto!” fu il mio motto ed il mio credo per un anno intero, dove l'andare dalla troia col cazzo già dritto fu il mio obiettivo principale. Tutta la mia vita si incentro' sul raggiungimento di tale obiettivo.
“Ma non potevi pigliare il Viagra?”, dice. Il Viagra stava per uscire sul mercato, o era appena uscito. Ma allora non era come adesso che ci manca poco che lo vendono in tabaccheria. Allora il Viagra era un qualcosa di cui si sentiva parlare ma che non si vedeva. Una sorta di leggenda metropolitana. Difficle farselo prescrivere. Occorreva una visita specialistica ed ammettere che non si riusciva ad andare dalla troia col cazzo gia dritto. No, sarebbe stata un'onta difficlmente superabile. Ma poi, funzionava veramente? All'epoca si vociferava di gente che gli rimaneva duro per giorni, chi gli scoppiava il cuore ed alcuni, per sempre, c'avrebbero visto blu. Quindi no, grazie. Al massimo un po di estratto di canna da zucchero e via pedalare.
Così non fu affatto semplice, perchè andare dalla troia col cazzo già dritto significava diventare l'animale che non ero. Io, personcina a modo e ben educata, sapevo dell'esistenza di questi individui priapomorfi capaci di scoparsi con gusto uno scadabagno arrugginito, ma non avrei mai pensato che un giorno i nostri destini si sarebbero incrociati. Ora, per riequilibrare il mio ego, dovevo diventare uno di loro. Rinnegare quindi tutto cio' a cui ero abituato, che mi sembrava regolare: la fase di conquista, i primi sguardi, il corteggiamento, il desiderio, che cresce giorno dopo giorno, il primo appuntamento, il primo bacio, la prima pomiciata, e poi le mani sulle tette, sulla figa, dentro la figa, il cazzo che prima non era duro ma che lo diventa, molto, come la sua figa, che prima non era bagnata, ma che lo diventa, molto. Tutto cancellato. Ora devo averlo gia duro e lei secca, al massimo un po di sputo o di gel. E poi sbrigarmi, eiaculare in fretta, che non ha tempo, deve lavorare.
“Queste lo vogliono gia' dritto!” continuavo a ripetermi. “Gia'....dritto!”.
Ed allora ho messo in atto una semplice strategia, cioè quella di esercitarmi ed esercitarmi ed ancora esercitarmi, il piu possibile, anche quando non era il caso. A troie sui viali quattro sere a settimana. Vabbè, magari una settimana tre, se avevo l'influenza. Caricarne il piu' possibile, ed esercitarsi, ed ancora esercitarsi. Fottendosene dei fallimenti (che furono discreamente molti). Perseverare. Le prime troie, fallimentari. Poi dopo un mese gia' qualche segnale di cazzo già dritto subito lo si scorgeva. Dopo tre mesi ero un cucciolo di iena. Dopo sei mesi una iena. Dopo un'anno ero una belva assetata di figa, anche se mi immedesimavo piu' nella figura di uno squalo bianco mangiatore di uomini, in questo caso prostitute rumene (prevalentemente di Galati, cittadina rumena dove in centro c'è una mia statua e forse ho una mezza dozzina di figli illegittimi ormai quasi maggiorenni) da strada.
Fu esattamente dopo un anno che incontrai di nuovo Anita, che nel frattempo aveva cambiato zona.
Io la riconobbi subito, lei no, ovviamente, ero completamente diverso dall'anno prima. Cambiato nell'atteggiamento, nel modo di parlare, nell'abbigliamento e soprattutto avevo il cazzo già dritto.
Questa volta parlava, eccome se parlava, ma la parola giusta è mi contemplava. Credo che forse, nonostante non avessi avuto tatuaggi, non somigliassi a Vin Disel e non portassi occhiali da sole di sottomarca, la mia figura rispecchiasse quella del “barbat” che lei aveva sempre sognato, cioè uno discretamente maraglio che con le troie ci sapeva fare. Questa volta letto a una piazza e mezza, completamente nuda, lingua in bocca quasi come fossi il suo “barbat”, appunto, bocchino scoperto, ingoldonamento con cazzo rigorosamente marmoreo, 1000 posizioni, cim supplicato da lei, sua richiesta di numero di telefono mio, numero al quale lei chiamo' per quasi tutto l'anno seguente, ma che mai trovo' risposta.
E mentre guardavo il cellulare che suonava col suo nome scritto sopra me la ridevo tra me e me pensando “Ed ora che sono diventato un barbat (??!) che va dalle troie col cazzo dritto, che si fa?”.