Itinerari archeologici di Roma Sud: la via Laurentina

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"Tranzilvania, Tranzilvania bitteee!"
Misteri della toponomastica contemporanea:
la via Ardeatina si chiama così perché conduce ad Ardea, giusto? Noooo... porta ad un angolo remoto dell'agro romano nelle vicinanze di Campoleone;
è la via Laurentina a condurre ad Ardea, più antica di Roma stessa e circonfusa dal mito fondativo dell'Urbe: Enea, Turno, Lavinia...
ma al di là del suo ruolo ai primordi della nostra civiltà e della storia (italiana? europea? oltre?), Ardea è tutt'oggi un utile strumento. Da romano, mi sono sempre chiesto che aspetto avesse mai Roma ai suoi inizi... mi spiego: Roma è conosciuta come la città dei sette colli... ma cosa sono questi sette colli? praticamente, dico... perché al giorno d'oggi, dopo tre millenni di sviluppo urbano, se ne è persa totalmente la percezione ad eccezione – forse – del solo Campidoglio che ancora si staglia isolato (ma che in antico isolato non era affatto, almeno sino allo sbancamento traianeo del corridoio dell'Arce).
Chi vuol sapere come si presentasse Roma prima di Romolo deve andare ad Ardea.
La somiglianza si coglie già guardando da un lato il colle capitolino nelle sue poche parti rocciose superstiti, dall'altro la rupe di tufo su cui è sorta Ardea
...ma seguendo la strada verso il litorale, è lì che appare l'immagine più simile e fedele della topografia antica del sito dove poi sarebbe sorta Roma: un fiume a destra e, sulla sinistra, un altopiano scavato dalle acque meteoriche; fra le vallate torrentizie, le lingue rocciose scampate all'erosione si affacciano sul letto fluviale. I sette colli di Roma non erano altro che questo.
Beh, magari in foto non rende... dal vivo, la sensazione è più netta... anche se bisogna far finta di non vedere le ville e le villette che costellano la zona
...ovvio, esistono migliaia se non decine di migliaia di siti con queste stesse caratteristiche orografiche (praticamente, ovunque scorra un corso d'acqua) ma la vicinanza geografica e soprattutto storica fra questi due luoghi gli dà, ai miei occhi, un fascino del tutto particolare
...questi sono i pensieri con cui occupavo il tempo nelle mie traferte punteristiche: Ardea era il punto terminale di un percorso di piacere che compivo per unirmi con una ragazza di cui ero affezionatissimo estimatore e che, proprio in quei dintorni, per alcuni anni ha abitato ed esercitato da OTR.
...certo, la cittadina la si raggiunge rapidamente con la Pontina
...ma vogliamo mettere il gusto di spizzare quanto offriva ed offre la Laurentina?
...e allora, ecco un piccolo excursus fra passato e presente partendo ovviamente dal Raccordo Anulare, crocevia obbligato di tante storie romane.
La prima postazione utile la si incontra quasi subito, passata la prima di tante rotonde: negli ultimi mesi sede di roumenian-girls con conformazione velinesca su fattezze generalmente zingaresche. In passato vi feci un'esperienza sui generis con una quasi-trentenne brasiliana (brasiliana, brasiliana... né rumena d'importazione iberica né brasilianO)... sui generis sia per l'appartenenza nazionale – che a Roma è straordinariamente raro trovare in OTR, soprattutto se diurna e fuori città – che per il luogo copulatorio ovvero una profonda cava sul cui bordo, ghiaioso, sassoso e scosceo, la poverina (una gran mulatta riccioluta) si è condotta su tacco 12 utilizzandomi come bastone d'appoggio per il tragitto necessario a sottrarsi agli sguardi esterni. Dopo essersi chinata per ringalluzzirmi, non disponendo di nessun tipo di sostegno proprio sfruttando i tacchi si piantò stabilmente nel terreno, si sporse in avanti quel tanto bastante a trovare il punto d'equilibrio e mi porse le natiche carioca per una autentica frenesia... una collisione di bacini... sotto il sole cocente...
Poco oltre, una storica piazzola ha spesso segnato la prematura fine delle mie scarrozzate di piacere. Dico "storica" perché le sue occupanti titolari (Anna "puppe a pera" e Katia) sono lì da anni... almeno quattro anni... il che per l'OTR, caratterizzato dal rapido ricambio e dall'altrettanto rapido abbandono delle location, è un periodo lunghissimo... un po' come quando si paragona l'età dei cani a quella degli uomini. Ogni anno, ad agosto, una o l'altra annunciano il loro ritiro definitivo dalle scene. Anche quest'estate hanno rinnovato il medesimo proposito... se non dovessero tornare – anche se credo che torneranno comunque – dai miei incontri con loro potrei prendere spunto per un altro racconto amarcord improntato alla balsamica fragranza degli eucalipti.
Negli anni, la geografia dei luoghi e la dislocazione delle signorine sono cambiate (soprattutto per via del raddoppio della strada)... ce n'era un tempo una stazionaria sotto i primi pini, biondina di gradevole aspetto; altre hanno fatto sporadica comparsa lungo la carreggiata di destra... ma non è cambiata una particolarissima location: la cabina enel che sempre s'innalza sulla sua pedana come un moderno altare alla fornicazione, una ziqqurat dedicata al meretricio. Assurse agli onori della cronaca nazionale grazie ad un servizio di Jimmy Ghione andato in onda su Striscia la Notizia in cui si paventava il rischio di folgorazione per i pervertiti che vi svolgevano le loro sconce faccende... inutile dire quante grasse risate mi son fatto guardandolo (peccato che non riesca a ritrovarlo in qualche archivio) perché il luogo lo conoscevo "dal di dentro"... per modo di dire... perché la consumazione veniva offerta non nella saletta – sempre sigillata – in cui è il materiale elettrificato ma soltanto all'esterno, in un posticino tanto tanto riservato con un bel telone verde per ripararsi dal sole... ma ripensandoci rido ancora... e me lo rivedo gironzolare col microfono in mano fra salviettine sporche e condom appiccicosi. La conseguenza fu la tipica italianata: immediata chiusura con lucchettone e chiavistello per qualche mese, con la ragazza dislocata di poche decine di metri e costretta ad abituarsi al meno confortevole roveto sotto la scarpata.
Qualche scongiuro d'ordinanza causa cimitero (e quanto carri s'incrociano in quel tratto!) fino alla postazione di una ragazzotta, una giovane chubby, che per mesi s'è respirata di tutto e di più, messa com'era proprio sul bordo della carreggiata e coll'aggiunta dei lavori in corso... quindi scarichi e polvere, polvere e scarichi, zaffate bituminose e sgasate di tir in affanno per la salita.
Passata la frazione Schizzanello (ah, mai nome fu più benaugurante per chi percorre una strada carico dei miei stessi propositi) lo slargo di fronte ad un cancello malmesso, prima che la sua inquilina cambiasse in una skinny strabica e dalla dentatura cavallina per essere poi definitivamente abbandonato, ospitava una ragazza giovanissima di rara carineria, una biondina piccolina ma dalle proporzioni perfette, né magra né grassa, né scarsa né abbondante, bella e fresca come soltanto i suoi vent'anni (risicati) potevano consentirle di essere. Pur stazionando lì fissa, la sua location spesso variava offrendo consumazioni sia appiedate in boschetto sull'erta della collina sia motorizzate in un luogo parecchio distante e parecchio affollato... l'ultima volta, fummo colti sul fatto dai tecnici enel che dovevano controllare la cabina davanti la quale ci eravamo fermati... e quanto si sono dispiaciuti – scusandosi sommessamente con la manona a coprirsi gli occhi – d'averci distratto dall'atto. Conservo di quella ragazza davvero dei bei ricordi. A 30 euro cadauno, un bel ricordo non è poi così caro... purché sia un bel ricordo.
Col tempo, la strada è cambiata. I lavori di raddoppio e di ammodernamento si trascinano da anni. Le escavatrici hanno mangiato le interiora delle colline allargandone le ferite, così da lasciare spazio alle tenie autoarticolate. Quel che nonostante tutto non è cambiato è l'angoletto di una milfetta bionda che vedo nello stesso posto praticamente da quand'ero ragazzo, manifesto di una notevole longevità lavorativa. Non l'ho mai accostata ma i suoi atteggiamenti mi hanno sempre incuriosito: piccolina, con la coda di cavallo e gli occhialetti da porco-maestrina, ha sempre un libro per le mani... e se ne sta lì a leggere e a leggere su una sdraietta, sotto l'ombrellone che tira su quando il sole batte impietoso, come su una sua spiaggia immaginaria, un luogo della mente.
Le fanno eco, poco oltre, un paio di milfone dalla ricciolatura rossiccia con ben altro stile, coi larghi fianchi accovacciati su vecchi barattoloni di vernice, scartavetrate dalle intemperie, fino al breve rettifilo delle veline, la mora e la bionda... e la bionda – soprattutto – d'una bellezza imbarazzante quanto imbarazzanti sono i suoi silenzi. Altre postazioni risultano ora deserte (mi ricordo in particolare una moretta che intervistai... e mentre l'intervistavo, si molestava coll'unghia l'orecchio dal quale colava un grasso rigagnolo di sangue...) compresa la salitella dell'unica black di questo nostro percorso, anch'essa stanziale per un lustro e più, muscolosa e rifinita, atleticissima all'apparenza. Quasi dirimpetto, un'altra cabina elettrica (che da queste parti pare vadano per la maggiore) ripopolata da una liscia chioma bionda e riarredata alla bisogna... ma solo negli spazi esterni, s'intende... col consueto telo frangisole.
Sin qui, pressappoco all'intersezione con via della Solfarata, sono stato solo uno sporadico frequentatore. Del tratto seguente, che nel mezzo prende d'infilata Santa Procula dopo una discesetta che serve da trampolino di lancio, ero e sono invece un habitué: ne ho conosciute molte e molte di più ne ho viste, tanto che sarebbe improbo – e risulterebbe assai noioso – elencarle tutte, una ad una. Qualche esperienza recente l'ho raccontata qui (la milf polacca oppure Stefania); di altre, ho lasciato traccia da altre parti. Della maggior parte, non ho mai parlato perché all'epoca non sapevo a chi parlarne. La differenza fra un tratto e l'altro della Laurentina non sta tanto nelle piazzole più o meno riservate (tutte sono sotto gli occhi di tutti gli automobilisti in transito) o nelle location quanto nella socialità delle ragazze... e non parlo di socievolezza (quella è un'altra cosa e non è mai garantita) ma proprio di socialità. Se per chilometri si incontrano professioniste isolate, scadenzate nel tragitto con la precisione di un geometra con la groma e il metro a nastro, andando oltre l'offerta si compone soprattutto di gruppi di colleghe che spesso (o nella quasi totalità dei casi) sono anche amiche... e quando se ne conosce una vien voglia di conoscerne un'altra... come le ciliegie.
Questa rete ha visto avvicendarsi tantissime ragazze di ogni età, l'ultima in ordine cronologico una rumenotta pienotta dal viso triste con una sedia in legno che all'occorrenza sposta da un lato all'altro della carreggiata trascinandola per lo schienale... un po' come faceva mia nonna quando andava a capare la cicoria di campo in cortile... così come lo sterrato che è poco oltre (privilegiato dalle più giovani) o l'eterno cantiere preferito invece dalla ultra-trentenni. Ogni traversa sul lato destro ha ospitato, in suo angolo, una pay... magari solo per poco tempo. Di contro, per altri scorci – mediani fra città e campagna – ho subìto una specie di imprinting per cui mi pare tuttora incredibile, quando passo, trovarli vuoti... sconsolatamente vuoti... perché l'occhio s'era abituato... e se alcune presenze potevano creare imbarazzi per la contiguità con dei caseggiati, altre si offrivano e si offrono a desolate solitudini, come quelle che penso provi la ragazzetta, pienotta e caruccetta, con le treccine sui lati del capo e il suo vestitino fucsia a rete, che sempre controlla la tenuta delle unghie artificiali in un mezzo metro di terriccio... e ancora muretti per giovani skinny e ancora reti metalliche per giovanissime nerdy occhialute, e alberi per chubby balcaniche sdraio-munite e tanto asfalto per le più zingaresche, cerchioni d'oro alle orecchie... oggi come ieri e l'altro ieri e anni addietro... fino alla meta conclusiva del pellegrinaggio che compivo per abbracciare la mia Gerusalemme dagli occhi celesti e perdermi... in lei... e perdermi...
Il viaggio è stato lungo... per la voglia di ripercorrere i passi che mi portavano da Amalia...
è sparita dalla strade (e tante e tante volte se l'era ripromesso) e dalla mia vita... dalla mia vita randagia, vita di strada anch'essa, un ritaglio di tempo tolto alla normalità, un piccolo buco spazio-temporale in cui non devo render conto a niente e a nessuno se non alla parte più primitiva del mio cervello... ed anche se era questa parte che strillava per avere Amalia, i ricordi mi piace immaginare di conservarli negli strati più superficiali, al sommo dei giri, a contatto con la pia madre...
Di Amalia – oltre ai miei ricordi – cosa rimane? A ben guardare, una traccia archeologica c'è... la scritta “Amalia troia” esattamente di fronte dove era solita sedersi. Dal momento in cui comparve, prese a farsi chiamare Natasha: meno impegnativo che mettersi a cancellarla...
ah, già... dovrei descrivere come me la scopavo... vebbè, s'è fatta 'na certa... magari 'n'artra vòrta :)
 
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Amico mio, chissà quante volte negli anni ci siamo incrociati senza riconoscerci! Comunque lasciami dire che io rimpiango l'intimità della Laurentina a due corsie, più stretta ma per assurdo meno pericolosa di quella di adesso (come ammoniscono le scritte di denuncia su lenzuola affisse lungo i costoni sterrati ai margini del tragitto) , più ombreggiata da fronde e vegetazione, più rassicurante e invitante nei suoi angoli nascosti rispetto alla larghezza irregolare della monumentale e presuntuosa Laurentina di adesso, perennemente sospesa nella sua provvisorietà, irrimediabilmente deturpata da un'amministrazione corrotta e incapace, tutta dislivelli, dossi, cunette contrassegnate da quella orribile, caotica, confusa segnaletica gialla a sua volta contrappuntata da salti improvvisi di corsia, restringimenti, allargamenti frutto di una pianificazione approssimativa e dell'attività lenta e pigra dei cantieri e dei loro abulici (o semplicemente confusi) operai.
:lol:
 
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