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La porta del bar sembrava non volersi mai aprire quando era Gionni Fustagno a dover entrare. In tanti anni che veniva a raccogliere l'indifferenza di quanti amavano chiacchierare dei fatti loro con quelli che consideravano amici ancora non gli veniva automatico tirare dal verso corretto. Come sempre, la comparsa della sua figura tristemente concepita e malamente abbigliata suscitava un borbottio in quanti sapevano di essere destinati di lì a poco a raccogliere confidenze non richieste.
Ubbidiente alla sua natura che gl'imponeva di essere di fastidio agli altri, scartò la prima, la seconda e la terza fila di tavolinetti per incunearsi nello spazio più riservato del locale, riparato dalla sala principale da un mezzo tramezzo. Dirimpetto alla porta del wc, occhieggiando il cartello GUASTO sbiadito dal tempo, quattro sediole ospitavano Gigi, Pigi, Rigi e Sannicandro.
"Oilà veci, come la butta?"
"Ma come cazzo parla questo?" fece Pigi senza levare gli occhi dal settebello che pareva sbrilluccicare fra le altre carte che teneva in mano.
"Simpatiiia, simpatiiia canaglia..." canticchiò mastro Fustagno storpiando deplorevolmente l'immortale capolavoro di Albano & Romina "...che ti prende proprio quando non vuoi..."
"Ecco, appunto..." aggiunse di suo Sannicandro calando pesante un nove di spade "Ssscopa!"
"Eccheccazzo Pigi, stacce attento!"
"Mecojoni, sei bravo te che c'hai messo 'r due"
"e io quello c'avevo..."
Gionni, accartocciate le mani delle tasche, ciondoloni sulle punte dei piedi, pensò di riempire il silenzio sconfortato di Rigi con una magnanima allocuzione al popolino: "Ma sapete chi se ne intende di scopate, vero? proprio ieri ne ho sbrindellata un'altra"
"Sì, eh? come quella della volta scorsa? che t'ha chiesto di fare più piano perché non riusciva a finire il sudoku?"
"Ma noooo... questa urlava che t'urlava che t'urlava e pregava iddio di farmi smettere tanto la infiocinavo per bene"
"e allora Achab dobbiamio chiamarti... alle prese col solito cetaceo"
"Cetaceo un par di cazzi: una cinesina che... mhmmm... le sette bellezze" fece Gionni col gesto di riunire le dita alle labbra e schioccare un subitaneo bacio che le aprisse nuovamente
"Come, no? 'na cinese bella la pòi trovà, forse, all'ambasciata de via brussèl... e dico forse..."
"te ggiuro, te dico: 'na fregna... ma pròpio fregna fregna... mò vve racconto" e prese Gionni a descrivere con minuzia il suo incontro galante coll'altra faccia del globo terracqueo, insistendo sulle doti amatorie della super-concubina e fornendo ai quattro giocatori, innanzi distratti ma via via più interessati alla sua storiella, riferimenti dettagliati sul percome, sul perquando e sul perquanto poter gioire delle medesime grazie da lui avviluppate con profitto sensuale.
Stava al banco intermedio di quel baretto polveroso, fra la porta d'ingresso e l'ultimo riservatissimo tavolino, Megabizzo col grugno dentro una tazza di cappuccino per risciacquarsi dai baffi di panna che lasciati gli aveva il maritozzo sbocconcellato al suo fianco, e di lì intendeva abbastanza di quella conversazione per farsi venire tutt'altro genere di appetito che quella pasta rammollita e inacidita alquanto. Quell'uomo, lasciata qualche moneta sul rendiresto di cortesia, infilò in tutta fretta la porta: aveva l'aria di qualcuno cui fosse riaffacciatosi alla mente un impegno urgente e che pure era riuscito a dimenticare ma tu, lettore attento, avrai compreso come il suo affanno avesse altra – e ben miserrima, penserebbero alcuni – motivazione.
Valchiria con fattezze orientali, occhi mandorlati rispendenti di lussuria e desiderio, nipotina di Gengis Khan che, avvezza alle giumente, come giumenta si fa cavalcare e cavalcare fino a sfinire il cavaliere rovinandolo di sella in terra per divorare solitaria steppe altrettanto solitarie, bestia capace d'irretire quanti tentano di cingerla con corde o reti, fiammeggiante, fumante, sfibrante, con alla bocca infine non propriamente bava, che soltanto a possederla ci si sente uomini davvero. Questo nell'atto sessuale.
E prima e dopo?
Frutto di un giardino di delizie oltre un padiglione segreto che dolce e succulento si mostra dietro una riservata cortina, speranza delle speranze, maestra di seduzione dai modi composti e studiati secondo una millenaria tradizione ch'essa destreggia alla perfezione centellinando le minute soddisfazioni che accrescono la bramosia di averne altre, capace di apparire credibilmente l'inesperta allieva che non è cosicché al suo cospetto s'accresca e si purifichi la voglia e dall'incontro dei corpi prossimo ad aversi scaturisca un distillato di seme umano della migliore qualità.
Appagato l'amante, appagata lei stessa, con mosse appropriate distende i muscoli tesi e fatigati dell'uomo, scioglie e disperde gli umori malvagi, riconduce ad una placida serenità chi si giova dell'abilità delle sue mani ed anzi questa placida serenità fa conoscere e provare per la prima volta nel suo significato più pieno e veritiero a chi soltanto in quel momento è reso cosciente di mai averla prima sperimentata o anche soltanto avvicinata in pari misura.
E di cos'altro aveva parlato quel Gionni? Ah, certo! ...e quella voce che non di giovine pare ma di creatura ultraterrena, di angelo o cherubino o altra entità incorporea, che promana non da lei ma dell'incommensurabilità della volta celeste e che fa vibrare l'anima in sintonia con l'universo più e meglio di un nostro Te Deum o di un'Ave Maria con coro, controcanto e cento e passa elementi d'orchestra in un'aula armonica.
Gionni Gionni, quando ci ricapito in quel baretto ti lascio pagato un caffè o magari un aperitivo con tanto di salatini e noccioline, crepi l'avarizia!
A questo punto occorrerà sottolineare all'avveduto lettore una circostanza di cui egli sarà senz'altro all'oscuro, ovvero che questo tale che d'ora innanzi seguiremo dappresso mai in vita sua – la quale fino a quel preciso momento non poteva certo dirsi di corta durata – aveva calcato i palmi delle mani su un corpo orientale e, pur avendo letto e riletto con attenzione quanto sulla prostituzione di matrice cinese si scriveva da un capo all'altro del Mare Oceano, alla sua rispettabile età era ancora digiuno di nidi di rondinelle, di vulvagini in seta nera e di sbofolotti alla cantonese.
Tanta e tale era la sua curiosità in proposito che, tenute a mente le informazioni necessarie a raggiungere l'agognata distributrice di piacere in salsa di soia, vagava appiedato in quella ch'era stata una vallicella della campagna romana traversata da capo a capo da uno dei tanti relitti della Roma imperiale, imperiosa, imperativa e che difatti un relitto gli pareva in tutto e per tutto, adagiato di traverso, col fasciame sfondato e le costolatura a vista.
Tanto e talmente s'era introiettato nella parte del mandarino dai lunghi e filiformi baffi che quanto vedeva gli sembrava piuttosto un lungo dragone sorto dalle profondità degli inferi che, con fila ininterrotte di zampe arcuate, artigliasse la terra strascinandosi altrove ma pensando quanto pensava gli sovveniva che i dragoni cinesi forse svolazzavano leggeri nell'aria tersa anziché abitare le caverne e che soltanto la bigotta devozione degli europei ve li aveva rinchiusi, l'irrazionalità degli europei era tentato di definirla ma gli pareva che una tale voltura potesse dare una patente di razionalità ai draghi volanti nonostante manchino di ali il che era una contropartita ancor meno accettabile e niente affatto pertinente.
Valutando se quel tipo di creatura immaginaria appartenesse a una popolazione trogloditica o celeste occupò il tempo necessario a ritrovarsi di fronte al civico corretto e lo riconobbe per esser quello in cui s'era intrattenuto tempo prima con un'altra professionista del sesso, una atletica biondina disponente se disponente vale come contrario di indisponente. Non stette a consultare mnemonicamente il suo personale vocabolario cerebrale dacché la testa era tutta occupata nell'azione di comporre un numero e presentarsi ad una voce sconosciuta la cui dizione, temeva, l'avrebbe tenuto non poco impegnato. Si tenne sorpreso della piacevolezza di quella voce dai toni caldi e tuttavia delicati, capace di farsi intendere con immediatezza, ed era come un'allettante risposta al suo frinìo d'amore: spinse in avanti il cancello, scese, traversò il calpestio condominiale e, passato l'angolo, scorse chi da par suo lo scorgeva da una finestrella tenendo appena discosta la tenda frangisole. Un'altra porta di aprì al momento opportuno e impiegò le ultime gocce di sangue che gli irroravano il cervello a cogliere l'assonanza fra porta e opportuno e porto e Portuno e al dio antico delle porte pensò di sacrificare qualcosina che gli avanzasse in un prossimo futuro, magari un mezzo pandoro (ch'egli aveva in odio) o una fettina sottile di salmone affumicato se dovevasi trattare di qualcosa che aveva avuto vita per assumere valore di offerta. Pensò anche che quanto compone un pandoro doveva per forza di cose annoverare alle sue spalle una vita propria ma non si trattenne oltre sull'argomento perché a quel punto il sangue abbandonò la testa per concentrarsi in altri ambiti.
Anche noi lasciamo quest'ambito di periferia e la pertinenza di questa bassa palazzina per ritrovare l'uomo in tutt'altro contesto: sta seduto su una panchina, una di quelle panchine sozze e rovinate che albergano sfaccendati lungo lo spartitraffico della Togliatti fra due sensi di marcia a tre corsie ridotte a due o ad una soltanto a seconda che vi siano seconde o terze file di vettura in sosta, viabilità riservata ai mezzi pubblici e ciclabili senza ciclisti, arcigno o forse ottuso, rincalcato in un pesante cappotto, nascondendosi il mondo circostante colla visierina del suo berretto mentre armeggia sul cellulare, toccando e ritoccando uno schermetto sudicio di grasso. Già che la fantasia e il nostro ruolo di osservatori invisibili ce lo permettono, avviciniamoci e, sporgendoci da sopra le sue spalle, sbirciamo cosa sta facendo. Scrive. Scrive su una pagina bianca preimpostata:
CARATTERISTICHE GENERALI
NOME INSERZIONISTA: lo ignoro
RIFERIMENTO INTERNET: http://www.moscarossa.biz/escort-3206333467togliattidue_new_studenti_20anni_bell-roma-153068.php#
CITTA DELL'INCONTRO: Roma zona Centocelle
NAZIONALITA': cinese
ETA': 30 all'incirca, difficile fare una stima precisa
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: foto fake, ça va sans dire
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bbj, rai1, CIM
SERVIZI USUFRUITI: bbj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 70
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 15'
DESCRIZIONE FISICA: media altezza, media bellezza; corporatura normale tendente al magro ma dalla consistenza inconsueta. Ben composta ad eccezione di un ventre grinzoso.
ATTITUDINE: furba
REPERIBILITA': semplice
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: sì
INDEX RICERCHE (numero telefonico nel formato 1234567xx): 32063334xx
LA MIA RECENSIONE:
Ho provato la mia prima cinese. Finora me ne sono sempre tenuto alla larga. Ora posso dirlo: a ragion veduta.
Sono incappato in una cialtrona? Chissà. Non ho un metro di paragone per giudicare. So soltanto che questa tipologia di pay non soddisfa i miei gusti.
Al telefono risponde una vocina carina carina, molto sensuale, che sa indicare l'indirizzo dove trovarla senza i tentennamenti o le incomprensioni che la diversità linguistica lascerebbe presupporre.
La palazzina mi è familiare. Non mi è familiare la prostituzione targata Shenzhen o Wezhou.
Un caro amico, molto più addentro di me nelle questioni orientali e che avevo avvertito di avvertirmi nel caso fosse incappato in qualcosa che poteva adattarsi ai miei gusti, mi ha preallertato del fatto che c'erano a disposizione due cinesi esteticamente superiori alla media delle loro connazionali ed ho voluto tentare l'esperiemento, l'esperienza nuova. Non immaginavo che la media di riferimento fosse tanto bassa.
Arrivato in loco, trovo sia la ragazza snella che la popputa che mi erano state descritte. Mi accomodo con la snella mentre l'altra consuma nel cucinino la sua ciotolina di spaghetti assieme all'anziana tenutaria della casa, infagottate nei loro cappotti e col berretto di lana in testa. Pare uno spaccato della Nanchino d'altri tempi, almeno per come lo immagino io.
La camera è discreta, pulita, ben tenuta, tutta sui toni del bianco. La ragazza stende sul letto un lenzuolo che era piegato nel comò. D'altronde, alle nove di mattina non penso fossero passati in molti prima di me. Di certo, alle nove di mattina di un giorno di festa rispondono solo loro, che della festa poco gliene cala.
La contrattazione parte da 70 euro per un orale scoperto, un rapporto vaginale e un'eiaculazione in bocca. Sottolineo quest'ultima sigla alla mia controparte che infine accetta di sbrigare il tutto per 50 euro. Prende la banconota ed esce dalla stanza richiudendosi dietro la porta.
Quando torna, chiedo di poter usare il bagno. Mi pare perplessa se non sbigottita ma infine mi indica la porticina del servizio. Torno in camera affacciandomi al cucinino per salutare nuovamente le commensali... quanto mi fanno ridere... sembrano le villeggianti di mascettiana memoria.
La ragazza (cui per imperdonabile maleducazione neanche ho chiesto il nome) si mostra accomodante e persino simpatica. Sballetta spogliandosi ma spogliandosi rivela un addome in parte grinzoso... nooooo.... picco discendente di libido. Mi stendo, si stende, ci stendiamo. Forse non immagina possibile che io abbia utilizzato il bagno per pulirmi là dove serve quindi mi strofina l'appendice con fazzolettini ora umidi, ora secchi, manco avesse sottomano la lampada d'Aladino.
Bbj monotono, non profondo, intermittente: ogni dieci secondi si toglie per far colare su un fazzoletto che stringe nella mano libera un copioso rivolo di saliva... non sputa: lascia proprio colare la bava e nel farlo mi guarda sempre negli occhi. Quando ciuccia invece no, non mi degna di uno sguardo. Si ferma, lascia che la gravità riempia il fazzoletto con quel fiumiciattolo denso e mi fissa. Cavolo, mi mette in imbarazzo!
Al dunque, pensa di cavalcarmi lei. Declino per via della pancia rilassata.
Propone con gesti e posture la missionaria. Declino anch'essa per lo stesso motivo.
Unica opzione percorribile è la pecorina. Ha una bella schiena e un bel sedere. Mi posiziono e l'afferro e... e... eccheccazzo... non so come dire o come spiegarmi... è flaccida. Tutta flaccida. Incredibilmente flaccida. Cioè: a vederla non lo si direbbe affatto: è di corporatura normalissima, dalle corrette proporzioni ma, a tastarla, le dita affondano nel nulla. È molliccia. Una sensazione tattile che non mi era mai capitata prima se non – forse e molto alla lontana – con una milf a Torbella. Chiedo ai sinologi esperti che frequentano la piazza romana tinta di giallo: è questa la consistenza tipica delle cinesi? io l'ho trovata terribile.
Ad ogni modo e prescindendo da questo, pecoruccia discreta, molto penetrativa e con ampia divaricazione delle cosce. Cerco i giusti movimenti per terminare rapidamente. Mi sfilo il preservativo, tento di distenderla ma... no... non si può... deve fare lei. Quindi perdo l'attimo propizio e sono io a distendermi per farla lavorare di bocca.
Ciuccia che ti riciuccia, alla fine trovo il varco sensoriale giusto per eruttare i sedimenti del mio scroto ma appena la prima timida gocciolina fa capolino toglie la bocca e lascia che il fiotto mi si riversi sul bassoventre ristagnando fra i peli pubici come fosse vinavil... giusto giusto un'anticchia più acre.
Pare che io non possa ripassare per il bagno quindi mi fornisce di fazzoletti a secco (neanche di quelli umidi e profumati). Risultato: torno a casa con le mutande che sanno di sperma. A quanti siedono vicino a me sul bus l'inverno inoltrato rivela che non si tratta di polline del pyrus calleryana quello che snasano loro malgrado. Assecondo tuttavia un discorso sulle stagioni impazzite per distogliere i sospetti dai miei pantaloni.
Dicevo: io non posso pulirmi come si deve ma la ragazza invece esce di stanza, sempre chiudendosi la porta dietro. In un attimo, entra la coinquilina popputa che inizia a fare la gatta attorno al mio pacco, stringendolo con ardore e proponendomi un altro shoot. Ridacchio sornione perché il mio unico intento è di rivestirmi alla svelta. Saluto lei, saluto l'altra, saluto l'attempata signora, saluto le ciotole di spaghetti e riconquisto lo spazio condominiale. Appena prima del cancello d'uscita la mia traiettoria incrocia quella di un'anziana donnina mia connazionale che, guardando fisso in terra, farfuglia ad alta voce che questo è uno schifo, che il palazzo è uno schifo, che girano tutti schifosi, che lo schifo dello schifo è non schifarsi dello schifo ecc. ecc. Un modo come un altro per insultarmi fingendo di parlare con se stessa. Insomma, meglio passare per un'ossessa con le rotelle sconvolte che per maleducata. “Eh, la signora c'ha ragggione” dico anch'io a me stesso, ovviamente a volume elevato, per sintonizzarmi sulla sua stessa lunghezza d'onda. “Saluti” chioso.
Saluti, appunto
Questo è quanto l'omuncolo era intento ad appuntare sul suo marchingegno connesso alla rete. Ora, caro lettore, facciamo un piccolo salto temporale e trasciniamoci nel futuro di qualche giorno appena. Su Roma splende sempre lo stesso sole e la porta del bar offre a Gionni Fustagno sempre la stessa resistenza, come a volerlo ricacciare in strada. Col suo passo sbilenco ma privo di esitazioni, passa di filata bancone e tavolini per visitare l'angolino più riservato dove l'attende (se così si può dire di una comparizione non annunciata e neanche voluta) una compagnia di quattro cartari alle prese con le solite faccende di assi e di figure. Rimugina sottovoce l'attacco del discorso che si è preparato e che vuole fare ai suoi pretesi amici ma, appena muove la bocca con l'intendo di dar fiato alle corde vocali, rimane assai sorpreso di sentir risuonare per tutto il locale – che grande non è affatto – un potente "A CAZZAROOO!" che gli sembra indirizzato proprio a lui e che gli spegne sulle labbra la prima parola. Voltandosi di scatto, fa appena in tempo a scorgere un'ombra trafilata che, girato velocemente l'angolo, si lascia dietro la porta ciondolante del bar. Con due o tre scossoni insicuri, pian piano segue la porta richiudersi sotto la spinta della molla che tiene in alto.
Wayback: due NEW Studenti a roma
Ubbidiente alla sua natura che gl'imponeva di essere di fastidio agli altri, scartò la prima, la seconda e la terza fila di tavolinetti per incunearsi nello spazio più riservato del locale, riparato dalla sala principale da un mezzo tramezzo. Dirimpetto alla porta del wc, occhieggiando il cartello GUASTO sbiadito dal tempo, quattro sediole ospitavano Gigi, Pigi, Rigi e Sannicandro.
"Oilà veci, come la butta?"
"Ma come cazzo parla questo?" fece Pigi senza levare gli occhi dal settebello che pareva sbrilluccicare fra le altre carte che teneva in mano.
"Simpatiiia, simpatiiia canaglia..." canticchiò mastro Fustagno storpiando deplorevolmente l'immortale capolavoro di Albano & Romina "...che ti prende proprio quando non vuoi..."
"Ecco, appunto..." aggiunse di suo Sannicandro calando pesante un nove di spade "Ssscopa!"
"Eccheccazzo Pigi, stacce attento!"
"Mecojoni, sei bravo te che c'hai messo 'r due"
"e io quello c'avevo..."
Gionni, accartocciate le mani delle tasche, ciondoloni sulle punte dei piedi, pensò di riempire il silenzio sconfortato di Rigi con una magnanima allocuzione al popolino: "Ma sapete chi se ne intende di scopate, vero? proprio ieri ne ho sbrindellata un'altra"
"Sì, eh? come quella della volta scorsa? che t'ha chiesto di fare più piano perché non riusciva a finire il sudoku?"
"Ma noooo... questa urlava che t'urlava che t'urlava e pregava iddio di farmi smettere tanto la infiocinavo per bene"
"e allora Achab dobbiamio chiamarti... alle prese col solito cetaceo"
"Cetaceo un par di cazzi: una cinesina che... mhmmm... le sette bellezze" fece Gionni col gesto di riunire le dita alle labbra e schioccare un subitaneo bacio che le aprisse nuovamente
"Come, no? 'na cinese bella la pòi trovà, forse, all'ambasciata de via brussèl... e dico forse..."
"te ggiuro, te dico: 'na fregna... ma pròpio fregna fregna... mò vve racconto" e prese Gionni a descrivere con minuzia il suo incontro galante coll'altra faccia del globo terracqueo, insistendo sulle doti amatorie della super-concubina e fornendo ai quattro giocatori, innanzi distratti ma via via più interessati alla sua storiella, riferimenti dettagliati sul percome, sul perquando e sul perquanto poter gioire delle medesime grazie da lui avviluppate con profitto sensuale.
Stava al banco intermedio di quel baretto polveroso, fra la porta d'ingresso e l'ultimo riservatissimo tavolino, Megabizzo col grugno dentro una tazza di cappuccino per risciacquarsi dai baffi di panna che lasciati gli aveva il maritozzo sbocconcellato al suo fianco, e di lì intendeva abbastanza di quella conversazione per farsi venire tutt'altro genere di appetito che quella pasta rammollita e inacidita alquanto. Quell'uomo, lasciata qualche moneta sul rendiresto di cortesia, infilò in tutta fretta la porta: aveva l'aria di qualcuno cui fosse riaffacciatosi alla mente un impegno urgente e che pure era riuscito a dimenticare ma tu, lettore attento, avrai compreso come il suo affanno avesse altra – e ben miserrima, penserebbero alcuni – motivazione.
Valchiria con fattezze orientali, occhi mandorlati rispendenti di lussuria e desiderio, nipotina di Gengis Khan che, avvezza alle giumente, come giumenta si fa cavalcare e cavalcare fino a sfinire il cavaliere rovinandolo di sella in terra per divorare solitaria steppe altrettanto solitarie, bestia capace d'irretire quanti tentano di cingerla con corde o reti, fiammeggiante, fumante, sfibrante, con alla bocca infine non propriamente bava, che soltanto a possederla ci si sente uomini davvero. Questo nell'atto sessuale.
E prima e dopo?
Frutto di un giardino di delizie oltre un padiglione segreto che dolce e succulento si mostra dietro una riservata cortina, speranza delle speranze, maestra di seduzione dai modi composti e studiati secondo una millenaria tradizione ch'essa destreggia alla perfezione centellinando le minute soddisfazioni che accrescono la bramosia di averne altre, capace di apparire credibilmente l'inesperta allieva che non è cosicché al suo cospetto s'accresca e si purifichi la voglia e dall'incontro dei corpi prossimo ad aversi scaturisca un distillato di seme umano della migliore qualità.
Appagato l'amante, appagata lei stessa, con mosse appropriate distende i muscoli tesi e fatigati dell'uomo, scioglie e disperde gli umori malvagi, riconduce ad una placida serenità chi si giova dell'abilità delle sue mani ed anzi questa placida serenità fa conoscere e provare per la prima volta nel suo significato più pieno e veritiero a chi soltanto in quel momento è reso cosciente di mai averla prima sperimentata o anche soltanto avvicinata in pari misura.
E di cos'altro aveva parlato quel Gionni? Ah, certo! ...e quella voce che non di giovine pare ma di creatura ultraterrena, di angelo o cherubino o altra entità incorporea, che promana non da lei ma dell'incommensurabilità della volta celeste e che fa vibrare l'anima in sintonia con l'universo più e meglio di un nostro Te Deum o di un'Ave Maria con coro, controcanto e cento e passa elementi d'orchestra in un'aula armonica.
Gionni Gionni, quando ci ricapito in quel baretto ti lascio pagato un caffè o magari un aperitivo con tanto di salatini e noccioline, crepi l'avarizia!
A questo punto occorrerà sottolineare all'avveduto lettore una circostanza di cui egli sarà senz'altro all'oscuro, ovvero che questo tale che d'ora innanzi seguiremo dappresso mai in vita sua – la quale fino a quel preciso momento non poteva certo dirsi di corta durata – aveva calcato i palmi delle mani su un corpo orientale e, pur avendo letto e riletto con attenzione quanto sulla prostituzione di matrice cinese si scriveva da un capo all'altro del Mare Oceano, alla sua rispettabile età era ancora digiuno di nidi di rondinelle, di vulvagini in seta nera e di sbofolotti alla cantonese.
Tanta e tale era la sua curiosità in proposito che, tenute a mente le informazioni necessarie a raggiungere l'agognata distributrice di piacere in salsa di soia, vagava appiedato in quella ch'era stata una vallicella della campagna romana traversata da capo a capo da uno dei tanti relitti della Roma imperiale, imperiosa, imperativa e che difatti un relitto gli pareva in tutto e per tutto, adagiato di traverso, col fasciame sfondato e le costolatura a vista.
Tanto e talmente s'era introiettato nella parte del mandarino dai lunghi e filiformi baffi che quanto vedeva gli sembrava piuttosto un lungo dragone sorto dalle profondità degli inferi che, con fila ininterrotte di zampe arcuate, artigliasse la terra strascinandosi altrove ma pensando quanto pensava gli sovveniva che i dragoni cinesi forse svolazzavano leggeri nell'aria tersa anziché abitare le caverne e che soltanto la bigotta devozione degli europei ve li aveva rinchiusi, l'irrazionalità degli europei era tentato di definirla ma gli pareva che una tale voltura potesse dare una patente di razionalità ai draghi volanti nonostante manchino di ali il che era una contropartita ancor meno accettabile e niente affatto pertinente.
Valutando se quel tipo di creatura immaginaria appartenesse a una popolazione trogloditica o celeste occupò il tempo necessario a ritrovarsi di fronte al civico corretto e lo riconobbe per esser quello in cui s'era intrattenuto tempo prima con un'altra professionista del sesso, una atletica biondina disponente se disponente vale come contrario di indisponente. Non stette a consultare mnemonicamente il suo personale vocabolario cerebrale dacché la testa era tutta occupata nell'azione di comporre un numero e presentarsi ad una voce sconosciuta la cui dizione, temeva, l'avrebbe tenuto non poco impegnato. Si tenne sorpreso della piacevolezza di quella voce dai toni caldi e tuttavia delicati, capace di farsi intendere con immediatezza, ed era come un'allettante risposta al suo frinìo d'amore: spinse in avanti il cancello, scese, traversò il calpestio condominiale e, passato l'angolo, scorse chi da par suo lo scorgeva da una finestrella tenendo appena discosta la tenda frangisole. Un'altra porta di aprì al momento opportuno e impiegò le ultime gocce di sangue che gli irroravano il cervello a cogliere l'assonanza fra porta e opportuno e porto e Portuno e al dio antico delle porte pensò di sacrificare qualcosina che gli avanzasse in un prossimo futuro, magari un mezzo pandoro (ch'egli aveva in odio) o una fettina sottile di salmone affumicato se dovevasi trattare di qualcosa che aveva avuto vita per assumere valore di offerta. Pensò anche che quanto compone un pandoro doveva per forza di cose annoverare alle sue spalle una vita propria ma non si trattenne oltre sull'argomento perché a quel punto il sangue abbandonò la testa per concentrarsi in altri ambiti.
Anche noi lasciamo quest'ambito di periferia e la pertinenza di questa bassa palazzina per ritrovare l'uomo in tutt'altro contesto: sta seduto su una panchina, una di quelle panchine sozze e rovinate che albergano sfaccendati lungo lo spartitraffico della Togliatti fra due sensi di marcia a tre corsie ridotte a due o ad una soltanto a seconda che vi siano seconde o terze file di vettura in sosta, viabilità riservata ai mezzi pubblici e ciclabili senza ciclisti, arcigno o forse ottuso, rincalcato in un pesante cappotto, nascondendosi il mondo circostante colla visierina del suo berretto mentre armeggia sul cellulare, toccando e ritoccando uno schermetto sudicio di grasso. Già che la fantasia e il nostro ruolo di osservatori invisibili ce lo permettono, avviciniamoci e, sporgendoci da sopra le sue spalle, sbirciamo cosa sta facendo. Scrive. Scrive su una pagina bianca preimpostata:
CARATTERISTICHE GENERALI
NOME INSERZIONISTA: lo ignoro
RIFERIMENTO INTERNET: http://www.moscarossa.biz/escort-3206333467togliattidue_new_studenti_20anni_bell-roma-153068.php#
CITTA DELL'INCONTRO: Roma zona Centocelle
NAZIONALITA': cinese
ETA': 30 all'incirca, difficile fare una stima precisa
CONFORMITA' ALL'ANNUNCIO: foto fake, ça va sans dire
SERVIZI OFFERTI (vedi DIZIONARIO): bbj, rai1, CIM
SERVIZI USUFRUITI: bbj, rai1
COMPENSO RICHIESTO: 70
COMPENSO CONCORDATO: 50
DURATA DELL'INCONTRO: 15'
DESCRIZIONE FISICA: media altezza, media bellezza; corporatura normale tendente al magro ma dalla consistenza inconsueta. Ben composta ad eccezione di un ventre grinzoso.
ATTITUDINE: furba
REPERIBILITA': semplice
PRESENZA DI BARRIERE ARCHITETTONICHE: sì
INDEX RICERCHE (numero telefonico nel formato 1234567xx): 32063334xx
LA MIA RECENSIONE:
Ho provato la mia prima cinese. Finora me ne sono sempre tenuto alla larga. Ora posso dirlo: a ragion veduta.
Sono incappato in una cialtrona? Chissà. Non ho un metro di paragone per giudicare. So soltanto che questa tipologia di pay non soddisfa i miei gusti.
Al telefono risponde una vocina carina carina, molto sensuale, che sa indicare l'indirizzo dove trovarla senza i tentennamenti o le incomprensioni che la diversità linguistica lascerebbe presupporre.
La palazzina mi è familiare. Non mi è familiare la prostituzione targata Shenzhen o Wezhou.
Un caro amico, molto più addentro di me nelle questioni orientali e che avevo avvertito di avvertirmi nel caso fosse incappato in qualcosa che poteva adattarsi ai miei gusti, mi ha preallertato del fatto che c'erano a disposizione due cinesi esteticamente superiori alla media delle loro connazionali ed ho voluto tentare l'esperiemento, l'esperienza nuova. Non immaginavo che la media di riferimento fosse tanto bassa.
Arrivato in loco, trovo sia la ragazza snella che la popputa che mi erano state descritte. Mi accomodo con la snella mentre l'altra consuma nel cucinino la sua ciotolina di spaghetti assieme all'anziana tenutaria della casa, infagottate nei loro cappotti e col berretto di lana in testa. Pare uno spaccato della Nanchino d'altri tempi, almeno per come lo immagino io.
La camera è discreta, pulita, ben tenuta, tutta sui toni del bianco. La ragazza stende sul letto un lenzuolo che era piegato nel comò. D'altronde, alle nove di mattina non penso fossero passati in molti prima di me. Di certo, alle nove di mattina di un giorno di festa rispondono solo loro, che della festa poco gliene cala.
La contrattazione parte da 70 euro per un orale scoperto, un rapporto vaginale e un'eiaculazione in bocca. Sottolineo quest'ultima sigla alla mia controparte che infine accetta di sbrigare il tutto per 50 euro. Prende la banconota ed esce dalla stanza richiudendosi dietro la porta.
Quando torna, chiedo di poter usare il bagno. Mi pare perplessa se non sbigottita ma infine mi indica la porticina del servizio. Torno in camera affacciandomi al cucinino per salutare nuovamente le commensali... quanto mi fanno ridere... sembrano le villeggianti di mascettiana memoria.
La ragazza (cui per imperdonabile maleducazione neanche ho chiesto il nome) si mostra accomodante e persino simpatica. Sballetta spogliandosi ma spogliandosi rivela un addome in parte grinzoso... nooooo.... picco discendente di libido. Mi stendo, si stende, ci stendiamo. Forse non immagina possibile che io abbia utilizzato il bagno per pulirmi là dove serve quindi mi strofina l'appendice con fazzolettini ora umidi, ora secchi, manco avesse sottomano la lampada d'Aladino.
Bbj monotono, non profondo, intermittente: ogni dieci secondi si toglie per far colare su un fazzoletto che stringe nella mano libera un copioso rivolo di saliva... non sputa: lascia proprio colare la bava e nel farlo mi guarda sempre negli occhi. Quando ciuccia invece no, non mi degna di uno sguardo. Si ferma, lascia che la gravità riempia il fazzoletto con quel fiumiciattolo denso e mi fissa. Cavolo, mi mette in imbarazzo!
Al dunque, pensa di cavalcarmi lei. Declino per via della pancia rilassata.
Propone con gesti e posture la missionaria. Declino anch'essa per lo stesso motivo.
Unica opzione percorribile è la pecorina. Ha una bella schiena e un bel sedere. Mi posiziono e l'afferro e... e... eccheccazzo... non so come dire o come spiegarmi... è flaccida. Tutta flaccida. Incredibilmente flaccida. Cioè: a vederla non lo si direbbe affatto: è di corporatura normalissima, dalle corrette proporzioni ma, a tastarla, le dita affondano nel nulla. È molliccia. Una sensazione tattile che non mi era mai capitata prima se non – forse e molto alla lontana – con una milf a Torbella. Chiedo ai sinologi esperti che frequentano la piazza romana tinta di giallo: è questa la consistenza tipica delle cinesi? io l'ho trovata terribile.
Ad ogni modo e prescindendo da questo, pecoruccia discreta, molto penetrativa e con ampia divaricazione delle cosce. Cerco i giusti movimenti per terminare rapidamente. Mi sfilo il preservativo, tento di distenderla ma... no... non si può... deve fare lei. Quindi perdo l'attimo propizio e sono io a distendermi per farla lavorare di bocca.
Ciuccia che ti riciuccia, alla fine trovo il varco sensoriale giusto per eruttare i sedimenti del mio scroto ma appena la prima timida gocciolina fa capolino toglie la bocca e lascia che il fiotto mi si riversi sul bassoventre ristagnando fra i peli pubici come fosse vinavil... giusto giusto un'anticchia più acre.
Pare che io non possa ripassare per il bagno quindi mi fornisce di fazzoletti a secco (neanche di quelli umidi e profumati). Risultato: torno a casa con le mutande che sanno di sperma. A quanti siedono vicino a me sul bus l'inverno inoltrato rivela che non si tratta di polline del pyrus calleryana quello che snasano loro malgrado. Assecondo tuttavia un discorso sulle stagioni impazzite per distogliere i sospetti dai miei pantaloni.
Dicevo: io non posso pulirmi come si deve ma la ragazza invece esce di stanza, sempre chiudendosi la porta dietro. In un attimo, entra la coinquilina popputa che inizia a fare la gatta attorno al mio pacco, stringendolo con ardore e proponendomi un altro shoot. Ridacchio sornione perché il mio unico intento è di rivestirmi alla svelta. Saluto lei, saluto l'altra, saluto l'attempata signora, saluto le ciotole di spaghetti e riconquisto lo spazio condominiale. Appena prima del cancello d'uscita la mia traiettoria incrocia quella di un'anziana donnina mia connazionale che, guardando fisso in terra, farfuglia ad alta voce che questo è uno schifo, che il palazzo è uno schifo, che girano tutti schifosi, che lo schifo dello schifo è non schifarsi dello schifo ecc. ecc. Un modo come un altro per insultarmi fingendo di parlare con se stessa. Insomma, meglio passare per un'ossessa con le rotelle sconvolte che per maleducata. “Eh, la signora c'ha ragggione” dico anch'io a me stesso, ovviamente a volume elevato, per sintonizzarmi sulla sua stessa lunghezza d'onda. “Saluti” chioso.
Saluti, appunto
Questo è quanto l'omuncolo era intento ad appuntare sul suo marchingegno connesso alla rete. Ora, caro lettore, facciamo un piccolo salto temporale e trasciniamoci nel futuro di qualche giorno appena. Su Roma splende sempre lo stesso sole e la porta del bar offre a Gionni Fustagno sempre la stessa resistenza, come a volerlo ricacciare in strada. Col suo passo sbilenco ma privo di esitazioni, passa di filata bancone e tavolini per visitare l'angolino più riservato dove l'attende (se così si può dire di una comparizione non annunciata e neanche voluta) una compagnia di quattro cartari alle prese con le solite faccende di assi e di figure. Rimugina sottovoce l'attacco del discorso che si è preparato e che vuole fare ai suoi pretesi amici ma, appena muove la bocca con l'intendo di dar fiato alle corde vocali, rimane assai sorpreso di sentir risuonare per tutto il locale – che grande non è affatto – un potente "A CAZZAROOO!" che gli sembra indirizzato proprio a lui e che gli spegne sulle labbra la prima parola. Voltandosi di scatto, fa appena in tempo a scorgere un'ombra trafilata che, girato velocemente l'angolo, si lascia dietro la porta ciondolante del bar. Con due o tre scossoni insicuri, pian piano segue la porta richiudersi sotto la spinta della molla che tiene in alto.
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