Lavoro???
Esiste ancora un'attività che si possa definire lavoro oggi?
Quando io ho cominciato a lavorare si aveva la certezza-garanzia che il lavoro appena iniziato ce lo saremmo potuto tenere per tutta la vita.
Il cambiare lavoro apparteneva solamente al miglioramento della carriera e della posizione.
Era il lavoratore l'artefice del proprio destino, non il datore di lavoro.
Poi le cose sono cambiate.
Molti dicono in meglio... (sic!)
Partiamo dal presupposto che, se so che una professione mi accompagnerà per tutta la vita lavorativa, cercherò di scegliere un lavoro che mi piace, nel quale dare il meglio di me stesso, e cercherò professionalmente di migliorare nel proseguo degli anni.
Oggi la precarietà, sbandierata ai quattro venti come aumento della produttività, ha stravolto completamente quella che io definirei: "Cultura del lavoro".
Quale stimolo si può avere se non si fa un lavoro che ci piace?
Quale sicurezza si può avere se un lavoro non garantisce un futuro?
Quale interesse a lavorare bene se si è sotto pagati?
E, sopratutto, con quale stato d'animo si affronta il futuro se sappiamo che non siamo artefici del nostro destino?
Conosco un ingegnere americano che alcuni anni fa lavorava presso un'azienda molto solida ed affermata del suo paese.
Ottimo lavoro e ottimo stipendio, tant'è che si comperò una casa qui in Italia.
Due o tre anni fa la sua azienda fu rilevata da una multinazionale, non perché andasse male, ma per le strategie di consolidamento delle quote di mercato, che ormai è diventato il tema dominante delle multinazionali.
In pratica la multinazionale acquistò il marchio, ma smembro l'azienda e decentralizzò la produzione.
Lui resto senza lavoro.
[In USA esiste un sistema di ammortizzatori sociali, il WBA (Weekly Benefit Amount), che eroga un sussidio pari a circa il 55 - 60% dello stipendio dell'ultimo anno di lavoro, ma non può superare i 500 $ a settimana ed è limitato nel tempo]
In pratica non poteva più permettersi di pagare il mutuo della casa in Italia.
Fortunatamente, nel giro di pochi mesi, riuscì a trovare un altro lavoro ben retribuito, ma era un lavoro a progetto della durata di due anni.
Finito quello è di nuovo senza lavoro, e tra un po' non prenderà più nemmeno il sussidio.
Ma le vie della precarietà in USA sono tante, quasi quante quelle italiane della provvidenza...
Esiste ancora un'attività che si possa definire lavoro oggi?
Quando io ho cominciato a lavorare si aveva la certezza-garanzia che il lavoro appena iniziato ce lo saremmo potuto tenere per tutta la vita.
Il cambiare lavoro apparteneva solamente al miglioramento della carriera e della posizione.
Era il lavoratore l'artefice del proprio destino, non il datore di lavoro.
Poi le cose sono cambiate.
Molti dicono in meglio... (sic!)
Partiamo dal presupposto che, se so che una professione mi accompagnerà per tutta la vita lavorativa, cercherò di scegliere un lavoro che mi piace, nel quale dare il meglio di me stesso, e cercherò professionalmente di migliorare nel proseguo degli anni.
Oggi la precarietà, sbandierata ai quattro venti come aumento della produttività, ha stravolto completamente quella che io definirei: "Cultura del lavoro".
Quale stimolo si può avere se non si fa un lavoro che ci piace?
Quale sicurezza si può avere se un lavoro non garantisce un futuro?
Quale interesse a lavorare bene se si è sotto pagati?
E, sopratutto, con quale stato d'animo si affronta il futuro se sappiamo che non siamo artefici del nostro destino?
Conosco un ingegnere americano che alcuni anni fa lavorava presso un'azienda molto solida ed affermata del suo paese.
Ottimo lavoro e ottimo stipendio, tant'è che si comperò una casa qui in Italia.
Due o tre anni fa la sua azienda fu rilevata da una multinazionale, non perché andasse male, ma per le strategie di consolidamento delle quote di mercato, che ormai è diventato il tema dominante delle multinazionali.
In pratica la multinazionale acquistò il marchio, ma smembro l'azienda e decentralizzò la produzione.
Lui resto senza lavoro.
[In USA esiste un sistema di ammortizzatori sociali, il WBA (Weekly Benefit Amount), che eroga un sussidio pari a circa il 55 - 60% dello stipendio dell'ultimo anno di lavoro, ma non può superare i 500 $ a settimana ed è limitato nel tempo]
In pratica non poteva più permettersi di pagare il mutuo della casa in Italia.
Fortunatamente, nel giro di pochi mesi, riuscì a trovare un altro lavoro ben retribuito, ma era un lavoro a progetto della durata di due anni.
Finito quello è di nuovo senza lavoro, e tra un po' non prenderà più nemmeno il sussidio.
Ma le vie della precarietà in USA sono tante, quasi quante quelle italiane della provvidenza...