Urge chiudere le scuole di ogni ordine e grado. Non pensiate che i ragazzini/bambini siano molto responsabili e rispettino le norme anti COVID19 d'applicare nella loro scuola!
Riporto un'intervista (all'immunologa Antonella Viola, ordinario di Patologia generale all'Università di Padova) nella quale si cerca di argomentare il punto
Ordinario di Patologia generale all’Università di Padova: «Sì al lockdown in tre Regioni non in tutta Italia»
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Le misure dell'ultimo Dpcm sono adeguate?
«Vanno riviste. Intanto bisogna distinguere in base alla situazione degli ospedali e all'indice Rt. Dove è maggiore di 1,5 come in Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta, bisogna procedere necessariamente con dei lockdown. Non c'è alternativa, ormai è troppo tardi. Nelle altre zone va fatta un'analisi sulla diffusione del virus. Occorre un approccio razionale, chiudendo quei luoghi che, in base al tracciamento dei mesi scorsi, si sono rivelati occasioni di contagio. Se il bar è ritenuto tale, lo chiudo. E non sino alle 18. Se il cinema non lo è, allora lo lascio aperto. Poi serve una comunicazione chiara: si può decidere che ogni mese ci sarà un lockdown di una settimana, così come ha fatto l'Irlanda. E smettiamola di dire che a dicembre arriverà il vaccino e sarà tutto superato. Crea una falsa aspettativa».
Non ci crede?
«Non è verosimile: entro quella data, se tutto va bene, è probabile che un vaccino venga registrato. In quel caso ci saranno delle dosi già pronte, ma parliamo di poche migliaia a fronte di 60 milioni di italiani. Forse verrà vaccinato il personale sanitario, mentre per la gran parte della popolazione arriveremo all'estate».
Nel frattempo, il sistema sanitario è in grado di reggere?
«Se continua una tale crescita e non si fa nulla, assolutamente no. Nessun Paese potrebbe reggere. I posti letto in terapia intensiva sono aumentati, ma non come promesso. I medici specializzati sono pochi. Adesso la situazione più critica la registriamo nei pronto soccorso e negli ospedali Covid. Nel giro di un mese le strutture saranno in seria difficoltà. È da marzo che chiediamo le famose 3T: tracciamento, test rapidi e terapia. Facciamo più tamponi, ma sono ancora pochi, il tracciamento è saltato anche per carenza di personale e i test non vengono utilizzati. In più non hanno fornito un'app o un sistema adeguato di contact tracing».
Come giudica la cura con gli anticorpi monoclonali?
«A oggi non ci sono dati completi sulla loro efficacia. Peraltro è una terapia e, come tale, non risolve il problema dell'ospedale pieno o dei tamponi insufficienti».
Insieme ad altri colleghi ha inviato al ministro dell'Istruzione un dossier sulla scuola, con un'analisi dei contagi.
«Abbiamo dato indicazioni che non sono state recepite: tutti con le mascherine, insegnanti con le FFP2 e test rapidi. Avevamo chiesto i termoscanner e non sono stati ritenuti necessari.
Va detto con chiarezza: la scuola non è causa dell'aumento di positivi e chiuderla dimostra un fallimento. Il costo sociale di questa serrata è molto più alto rispetto al rischio del virus. Al contrario, andava evitata l'Università in presenza perché muove giovani da tutta Italia che si concentrano in alcune città. Vivono insieme, fanno feste, aperitivi, prendono il treno e tornano a casa mettendo in moto un'ampia circolazione. In estate bisognava potenziare i trasporti, non averlo fatto è una gravissima colpa. Si sono adottate regole troppo morbide: le vacanze, le riaperture delle discoteche. Ora ne paghiamo le conseguenze. Le misure blande funzionano quando il virus circola poco. Ora chiudere alle 18 non serve a nulla».
Lei è originaria di Taranto, città simbolo di questo conflitto tra salute ed economia.
«Se non c'è salute non c'è economia che funziona e viceversa. Se l'economia crolla non si pagano gli stipendi a medici e infermieri e non ci sono soldi per portare avanti la sanità pubblica. Quando è scoppiata la pandemia scrissi un post su Facebook dicendo che forse ora tutti possono capire quello la mia città vive da tanto tempo».-"