DOMANDA SERIA,ANZI SERISSIMA

Registrato
20 Settembre 2008
Messaggi
0
Reaction score
38
Località
maremma
germanello ha scritto:
E se ti diamo la risposta tu cosa fai? :suicide2:
Niente,ora non faccio niente.Ma anni fa ci avevo pensato seriamente.Era un periodo in cui si abbatterono su di me
molti eventi negativi uno dietro l'altro ed un pomeriggio d'estate ero solo e mi ritrovai seduto,in ufficio,con una corda
in mano a fissare il nulla.Mi passo davanti tutta la mia vita,sentii come fossero li le voci del mio babbo morto quando
avevo soltanto 19 anni,della mia mamma,rivissi quel mattino di ottobre tremendo che mi fece divenire uomo a soli 17
anni e che mi cambio la vita e mi fece conoscere la pochezza del genere umano.Non so quanto tempo passo,ero in trance mi sembro un eternita.Il muso del mio amato Husky che mi metteva la testa sotto la mano cercando una carezza mi riporto alla realta stetti ancora un poco seduto carezzando il cane,mi alzai e mi sentii gelato,come se avessi fatto una doccia fredda.Pensai alla moglie ai figli ed alla fesseria che avrei fatto e non ci ho pensato più.
 
Commenta
Registrato
7 Maggio 2009
Messaggi
41
Reaction score
5
Località
ravenna
bimba ha scritto:
Perozzi ha scritto:
A domanda seria risposte serie please:

Secondo voi suicidarsi e' un atto di coraggio o di vilta?


il suicidio, spesso e' un riflesso interiore, ma anche questo termine sarebbe troppo evasivo....bisognerebbe seguire gli studi di molti sociologi e psicologi e cmq una risposta assoluta e' difficile da dare.
per qualcuno e' sinonimo di "libertà" vissuto addirittura con serenità.... la "giusta soluzione".
ci sarebbero diverse correnti da espletare.....
argomento troppo delicato.
Ciao cara amiga Bimba...sono d'accordo con te.

ps: prossima settimana vengo nella tua tana...un bacione :bye:
 
Commenta
Registrato
29 Aprile 2008
Messaggi
1.094
Reaction score
15
Età
49
Località
romagna....fra rimini e bologna
fra le due sicuramente viltà, anche se nn credo che il suicidio sia vile in se....ritengo sia il mollare, il non aver voglia di lottare contro tutti e contro tutto un comportamento vile.....

Il non capire che c'è sempre e comunque da lottare. la vota è quello, qualunque situazione si abbia davanti c'è modo e tempo per affrancarsi o per cambiare. Anche nella malattia + nera si possono lasciare insegnamenti fondamentali per chi ci sta vicino. La lotta, la vera voglia di non lasciarsi sopraffare fa la differenza fra vivere una vita e sopravvivere. Tanti di noi sopravvivono, alcuni vivono, alrtri credono di farlo....

Credo fermamente che una vita sprecata sia il peggiore delle pene e delle colpe, credo che in noi ci sia la fiammella del divino, la potenzialità massima....lasciarla spegnere è da stupidi ed irresponsabili.

Non trovo nulla di coraggioso in questa nn scelta (perchè di me si tratta di non scelta o scelta comoda). Facile mollare, difficile lottare per qualcosa. Da sempre è così, meglio morire per un obiettivo nel raggiungerlo che trascinarsi nell'oblio lento e nell'accidia e nell'apatia

questa è la mia risposta SERIA, alla tua DOMANDA SERISSIMA MA SPERO TU NON PRENDA IN CONSIDERAZIONE IL TITOLO NEPPURE PER 1 ISTANTE. Ovviamente caso per caso va valutato, personalmente come detto ritengo il suicidio una non risposta, bensì il prendere una porta d'uscita ritenuta più comoda o facile mollando gli ormeggi......

Non fa parte del mio essere e ritengo non possa mai farne parte. Non se coraggio o viltà però possano descrivere l'atto del suicidio...non so davvero....
 
Commenta
G

Guest

Ospite
Ospite
una grande mancanza d'amore.......da vedersi in molti aspetti.
 
Commenta
G

Guest

Ospite
Ospite
certo dipende,.... il suicidio è molto antico e ha origini diverse.
nella ns società attuale, quelli a cui ho assistito, purtroppo, sono stati spesso per mancanza di lavoro, perdita di stima, solitudine, abbandono, malattia.....
 
Commenta
Registrato
20 Agosto 2009
Messaggi
356
Reaction score
10
Località
Bologna
Peroz,
non credo si possa dare una risposta alla tua domanda. Il punto è che coraggio e viltà sono riferiti (per definizione) al contesto.
Ci sono casi in cui il suicidio è un atto di coraggio: il salvataggio di un'altra vita, l'evitare di confessare sotto tortura, la difendesa degli ideali.
Altri casi invece sono più egoistici, come sottolineato da Mike. Pensa a quelli che si suicidano col gas e ammazzano pure i vicini di casa!
Credo che il vero problema sia quello della perdita del valore della vita e soprattutto della morte nella civiltà occidentale.
Si pensa con facilità a terminare la propria vita per le miserie quotidiane e al contempo ci si imbottisce di farmaci per allungare la vita all'inverosimile: i vecchi non vogliono più morire e chi vuole morire spesso lo desidera per l'incapacità di gestire le situazioni, non perchè queste lo meritino.
Personalmente sono contro il suicidio per ragioni personali e a favore di quello di massa...ma questo è un altro argomento.

:air_kiss:
 
Commenta
Registrato
29 Aprile 2008
Messaggi
1.094
Reaction score
15
Età
49
Località
romagna....fra rimini e bologna
facciamo un pò di sociologia..........un'approccio ai suicidi ed alla corrente suicidogena. Ps, per chi avrà voglia di leggere tutto ci saranno spunti interessanti........... :good:

"Studio di sociologia (Le Suicide, étude de sociologie), 1897" - Emile Durkheim


Emile Durkheim è uno tra i pensatori più autorevoli della sociologia, uno studioso eminentemente preoccupato di conferire dignità scientifica e accademica alla sociologia, concepita come una disciplina autonoma avente lo scopo di studiare, con metodo rigorosamente obiettivo le organizzazioni sociali. Tale concezione durkheimiana della sociologia, implicava un’immediata attenzione per i meccanismi di coesione di queste stesse organizzazioni, una più ampia prospettiva che esaminasse la relazione tra individuo e società. Lo studioso, infatti, pone al centro dei suoi studi l’entità di coesione e d’integrazione sociale; i suoi interessi riguardano le basi di un ordine sociale, che scaturisce, per mezzo di valori condivisi da una collettività (come quelli etici e religiosi); la loro mancanza è dunque destinata a produrre perdita di stabilità o anomia (dal greco antico anomia, cioè “mancanza di norme”) e a provocare nei singoli individui sentimenti d’angoscia e d’insoddisfazione. L’idea di Durkheim è che l’individuo sia forgiato in tutte le manifestazioni della sua vita dai modelli sociali.

Nell’opera intitolata Il Suicidio (1897), uno studio sociologico, sottolineò, come la mancanza d’integrazione degli individui nella società fosse una delle cause fondamentali del suicidio, che a sua volta, da mero fatto individuale, diviene vero e proprio fatto sociale. Pur sembrando in apparenza un atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale, Durkheim mostra come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori. Si chiarifica qui l’idea di Durkheim di studiare il fenomeno suicidogeno sotto un diverso aspetto, che non riguardi, unicamente l’atto inteso individualmente ma, e soprattutto, le correnti suicidogene dalle loro origini sociali fino alle loro manifestazioni individuali.

Oggetto della ricerca durkheimiana è il tasso di suicidi, che si riscontra in una data società; egli, cioè, sofferma la sua attenzione su dei dati statistici, per diversi paesi e per diversi periodi, che esprimono la specifica tendenza al suicidio.

Inizialmente Durkheim, ancor prima di dispiegare la sua teoria, traccia le linee di presupposti concorrenti riguardanti alcuni studiosi, secondo i quali il suicidio sia un fenomeno influenzato dalle condizioni organico-psichiche dell’individuo e della natura dell’ambiente fisico. Ipotesi, queste, che non possono essere scartate a priori senza prima una discussione, la quale approderà, comunque, ad una conclusione contraria, secondo cui niente di quanto affermato da tali studiosi si può per Durkheim generalizzare, in quanto è vero che l’individuo affetto da disturbi psichici sia meno preservato dal suicidio ma non per questo gli stati psicopatici siano da ritenersi necessariamente determinanti per questo atto estremo. Discorso analogo è stato seguito da Durkheim per le situazioni climatiche, stagionali, anche se in questo caso riconosce una possibile verità definita dalla frequenza suicidogena in determinati periodi dell’anno (l’estate) e del giorno in cui i rapporti di vita sociale sono più intrecciati, il momento cioè, in cui l’uomo è particolarmente vicino o lontano, escluso, dalla realtà sociale.

Scartate, così, queste ipotesi, Durkheim ritorna in seno alla sua teoria, secondo la quale il suicidio sia un fenomeno connesso a situazioni extra soggettive che riguardano la società, i suoi ambienti e i suoi gruppi, dove l’uomo si riscontra quotidianamente.

Le confessioni religiose, la famiglia, la società politica risultano degne di osservazione per Durkheim, il quale vede queste istituzioni giocare un ruolo preminente fra i tassi di suicidio. Infatti, secondo la legge sociologica generale ricavata da Durkheim, in ragione del grado d’integrazione di tali gruppi sociali di cui fa parte l’individuo, il suicidio varia in maniera inversa. Tale stato d’integrazione di un aggregato sociale non fa che riflettere l’intensità della vita collettiva, e così più tale aggregato assume sembianze sociali, costituendo un gruppo compatto e solidale, più l’individuo è forte nella sua lotta preservandosi dal suicidio.

A tal proposito Durkheim spiega come vari il suicidio fra gli appartenenti alle diverse religioni. Egli nota come i protestanti più dei cattolici o degli ebrei siano inclini al suicidio. Il motivo di tale ragione spiega quanto detto prima. Infatti, risalendo alle ideologie cristiane o ebraiche, è chiaro come esse formino un gruppo, una società compatta ed unita, dove i membri non sono mai lasciati soli nel capire o nell’agire.
I protestanti sono, invece, gli autori principali della loro fede. E’ la Bibbia il documento supremo, ma nessuna interpretazione gli è imposta, la gloria da parte di Dio è una loro dura conquista. E’ facile da qui intuire le differenze che rendono tali confessioni più o meno suscettibili ai tassi di morte volontaria. Nei primi, si lotta insieme, con più resistenza al duro sacrificio per la comunanza dell’esistenza; nel protestantesimo è vivo un individualismo religioso che rende inesorabilmente l’uomo più debole. Nota anche che le donne sposate hanno un coefficiente di preservazione più alto rispetto alle nubili....

E’ così che Durkheim parla del suicidio egoistico, una delle tre tipologie di suicidio classificate dal sociologo. Tale forma di suicidio è motivata da un eccesso di individualismo: la persona si sente estranea al proprio gruppo, e il dislivello fra i propri desideri e la loro possibilità di realizzazione nell’ambito della società diventa a poco a poco incolmabile; gli unici obiettivi non vanno al di fuori di noi stessi. L’io prevale sulla vita collettiva, vi è uno smisurato sviluppo dell’ego, il legame che unisce l’uomo alla vita si allenta proprio perché il legame che lo unisce alla società si è a sua volta allentato. Può accadere, però, che l’individuo sia integrato nella società in maniera del tutto inversa al suicida egoista ma si suicida lo stesso.

Ciò che qui si è dato di intravedere è una seconda tipologia di suicidio elencata da Durkheim, il suicidio altruistico, espressione di forte coesione sociale dove l’io è completamente annullato; l’individuo non ha scelta, è soggiogato alla sua società che lo tiene troppo legato a sé, e preme per condurlo a distruggersi. Si ha quando la persona è troppo inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare l'imperativo sociale (ricordiamoci che per Durkheim è la società che crea gli individui, e non viceversa) come esempio c'è la vedova indiana che accetta di esser posta sul rogo che brucerà il corpo del defunto marito, o ad esempio il capitano di una nave il cui codice di comportamento gli impedisce di sopravvivere al naufragio della stessa o il giapponese che si suicida per mostrare la sua innocenza o redimersi da una colpa grave. Il suicidio è quindi necessario per elevarsi ed avere riconoscimento.

Nella società moderna è caratteristico, invece, il suicidio anomico, un’ultima tipologia di suicidio. La sua frequenza tende ad aumentare in periodi di crisi economica o, inaspettatamente, in fase di strema prosperità, a causa della mancanza di riferimenti, norme e valori socialmente condivisi. Dal punto di vista psicologico, questo tipo di suicidio, è motivato generalmente dalle delusioni e dalle frustrazioni causate dai rapporti sociali. Ci troviamo di fronte ad un tipo di suicidio differente dagli altri, perché differente è, appunto, il ruolo della società, la cui peculiarità sta nel disciplinare l’individuo. Com’è possibile scorgere da questa classificazione suicidogena, la società è sempre ben presente come causa del suicidio.

Nel primo caso di suicidio egoistico, la società è disgregata in parte o anche nel suo insieme, lasciandosi sfuggire l’individuo, che non scorge più una ragione per rimanere in vita, rimasta ormai, senza oggetto e significato. Nel suicidio altruistico, la società è fin troppo presente, schiaccia l’uomo, lo induce ad uccidersi; l’unico che per i suoi aspetti si differenzia dai precedenti è il suicidio anomico. La società in questo caso ha un ruolo peculiare come causa estrema. L’uomo ha bisogno di riferimenti e valori, di forze che lo trattengano in vita, ma la società gliele nega, obbligandolo a perdersi nel vuoto. Nel terzo caso, il suicidio anomico, è il mancato riconoscimento della società all'individuo che lo porta per farsi notare a tale gesto

Durkheim è giunto a termine del suo lavoro ottenendo i risultati fino ad allora teorizzati, cioè facendo risalire le cause del suicidio alla società profondamente deformata. Durkheim tende, allora, una soluzione, risolvere il problema dalla radice, creare una società in grado di stabilire una ferma moralità e solidarietà, piccoli presupposti per grandi risoluzioni. Le pionieristiche ricerche di Durkheim hanno aperto vasti ambiti di studio. Le scienze umane tendono oggi a considerare il suicidio come un fenomeno molto complesso, in cui intervengono fattori biologici e psicologici oltre che sociali. L’atto, ad esempio, è spesso preceduto da stati di depressione profonda. Cause legate alla personalità o alle circostanze possono essere il bisogno di sfuggire a situazioni intollerabili, la visione della vita come una inesorabile fonte di sofferenza che solo la morte può placare.

Questi sono i sentimenti che emergono più frequentemente dai messaggi lasciati dai suicidi.

Le ricerche non hanno comunque abbandonato la lettura sociale del fenomeno: ma come Durkheim aveva suggerito, la società ed il suo ruolo dicotomico sembra avere un ruolo determinante nell’aumento dei suicidi.

Con la sua opera Durkheim confuta in modo definitivo l’interpretazione dell’atto suicida come atto di libertà contro una società repressiva, ma da qui a parlare di coraggio o viltà ce ne passa.....a parer del sottoscritto.
 
Commenta
Registrato
12 Marzo 2009
Messaggi
1.513
Reaction score
13
Professorlove ha scritto:
facciamo un pò di sociologia..........un'approccio ai suicidi ed alla corrente suicidogena. Ps, per chi avrà voglia di leggere tutto ci saranno spunti interessanti........... :good:

"Studio di sociologia (Le Suicide, étude de sociologie), 1897" - Emile Durkheim


Emile Durkheim e' uno tra i pensatori più autorevoli della sociologia, uno studioso eminentemente preoccupato di conferire dignità scientifica e accademica alla sociologia, concepita come una disciplina autonoma avente lo scopo di studiare, con metodo rigorosamente obiettivo le organizzazioni sociali. Tale concezione durkheimiana della sociologia, implicava un’immediata attenzione per i meccanismi di coesione di queste stesse organizzazioni, una più ampia prospettiva che esaminasse la relazione tra individuo e società. Lo studioso, infatti, pone al centro dei suoi studi l’entità di coesione e d’integrazione sociale; i suoi interessi riguardano le basi di un ordine sociale, che scaturisce, per mezzo di valori condivisi da una collettività (come quelli etici e religiosi); la loro mancanza e' dunque destinata a produrre perdita di stabilità o anomia (dal greco antico anomia, cioè “mancanza di norme”) e a provocare nei singoli individui sentimenti d’angoscia e d’insoddisfazione. L’idea di Durkheim e' che l’individuo sia forgiato in tutte le manifestazioni della sua vita dai modelli sociali.

Nell’opera intitolata Il Suicidio (1897), uno studio sociologico, sottolineò, come la mancanza d’integrazione degli individui nella società fosse una delle cause fondamentali del suicidio, che a sua volta, da mero fatto individuale, diviene vero e proprio fatto sociale. Pur sembrando in apparenza un atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale, Durkheim mostra come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori. Si chiarifica qui l’idea di Durkheim di studiare il fenomeno suicidogeno sotto un diverso aspetto, che non riguardi, unicamente l’atto inteso individualmente ma, e soprattutto, le correnti suicidogene dalle loro origini sociali fino alle loro manifestazioni individuali.

Oggetto della ricerca durkheimiana e' il tasso di suicidi, che si riscontra in una data società; egli, cioè, sofferma la sua attenzione su dei dati statistici, per diversi paesi e per diversi periodi, che esprimono la specifica tendenza al suicidio.

Inizialmente Durkheim, ancor prima di dispiegare la sua teoria, traccia le linee di presupposti concorrenti riguardanti alcuni studiosi, secondo i quali il suicidio sia un fenomeno influenzato dalle condizioni organico-psichiche dell’individuo e della natura dell’ambiente fisico. Ipotesi, queste, che non possono essere scartate a priori senza prima una discussione, la quale approderà, comunque, ad una conclusione contraria, secondo cui niente di quanto affermato da tali studiosi si può per Durkheim generalizzare, in quanto è vero che l’individuo affetto da disturbi psichici sia meno preservato dal suicidio ma non per questo gli stati psicopatici siano da ritenersi necessariamente determinanti per questo atto estremo. Discorso analogo e' stato seguito da Durkheim per le situazioni climatiche, stagionali, anche se in questo caso riconosce una possibile verità definita dalla frequenza suicidogena in determinati periodi dell’anno (l’estate) e del giorno in cui i rapporti di vita sociale sono più intrecciati, il momento cioè, in cui l’uomo e' particolarmente vicino o lontano, escluso, dalla realtà sociale.

Scartate, così, queste ipotesi, Durkheim ritorna in seno alla sua teoria, secondo la quale il suicidio sia un fenomeno connesso a situazioni extra soggettive che riguardano la società, i suoi ambienti e i suoi gruppi, dove l’uomo si riscontra quotidianamente.

Le confessioni religiose, la famiglia, la società politica risultano degne di osservazione per Durkheim, il quale vede queste istituzioni giocare un ruolo preminente fra i tassi di suicidio. Infatti, secondo la legge sociologica generale ricavata da Durkheim, in ragione del grado d’integrazione di tali gruppi sociali di cui fa parte l’individuo, il suicidio varia in maniera inversa. Tale stato d’integrazione di un aggregato sociale non fa che riflettere l’intensità della vita collettiva, e così più tale aggregato assume sembianze sociali, costituendo un gruppo compatto e solidale, più l’individuo e' forte nella sua lotta preservandosi dal suicidio.

A tal proposito Durkheim spiega come vari il suicidio fra gli appartenenti alle diverse religioni. Egli nota come i protestanti più dei cattolici o degli ebrei siano inclini al suicidio. Il motivo di tale ragione spiega quanto detto prima. Infatti, risalendo alle ideologie cristiane o ebraiche, e' chiaro come esse formino un gruppo, una società compatta ed unita, dove i membri non sono mai lasciati soli nel capire o nell’agire.
I protestanti sono, invece, gli autori principali della loro fede. E’ la Bibbia il documento supremo, ma nessuna interpretazione gli e' imposta, la gloria da parte di Dio e' una loro dura conquista. E’ facile da qui intuire le differenze che rendono tali confessioni più o meno suscettibili ai tassi di morte volontaria. Nei primi, si lotta insieme, con più resistenza al duro sacrificio per la comunanza dell’esistenza; nel protestantesimo e' vivo un individualismo religioso che rende inesorabilmente l’uomo più debole. Nota anche che le donne sposate hanno un coefficiente di preservazione più alto rispetto alle nubili....

E’ così che Durkheim parla del suicidio egoistico, una delle tre tipologie di suicidio classificate dal sociologo. Tale forma di suicidio e' motivata da un eccesso di individualismo: la persona si sente estranea al proprio gruppo, e il dislivello fra i propri desideri e la loro possibilità di realizzazione nell’ambito della società diventa a poco a poco incolmabile; gli unici obiettivi non vanno al di fuori di noi stessi. L’io prevale sulla vita collettiva, vi e' uno smisurato sviluppo dell’ego, il legame che unisce l’uomo alla vita si allenta proprio perché il legame che lo unisce alla società si e' a sua volta allentato. Può accadere, però, che l’individuo sia integrato nella società in maniera del tutto inversa al suicida egoista ma si suicida lo stesso.

Ciò che qui si e' dato di intravedere e' una seconda tipologia di suicidio elencata da Durkheim, il suicidio altruistico, espressione di forte coesione sociale dove l’io e' completamente annullato; l’individuo non ha scelta, e' soggiogato alla sua società che lo tiene troppo legato a sé, e preme per condurlo a distruggersi. Si ha quando la persona e' troppo inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare l'imperativo sociale (ricordiamoci che per Durkheim e' la società che crea gli individui, e non viceversa) come esempio c'è la vedova indiana che accetta di esser posta sul rogo che brucerà il corpo del defunto marito, o ad esempio il capitano di una nave il cui codice di comportamento gli impedisce di sopravvivere al naufragio della stessa o il giapponese che si suicida per mostrare la sua innocenza o redimersi da una colpa grave. Il suicidio e' quindi necessario per elevarsi ed avere riconoscimento.

Nella società moderna e' caratteristico, invece, il suicidio anomico, un’ultima tipologia di suicidio. La sua frequenza tende ad aumentare in periodi di crisi economica o, inaspettatamente, in fase di strema prosperità, a causa della mancanza di riferimenti, norme e valori socialmente condivisi. Dal punto di vista psicologico, questo tipo di suicidio, e' motivato generalmente dalle delusioni e dalle frustrazioni causate dai rapporti sociali. Ci troviamo di fronte ad un tipo di suicidio differente dagli altri, perché differente è, appunto, il ruolo della società, la cui peculiarità sta nel disciplinare l’individuo. Com’è possibile scorgere da questa classificazione suicidogena, la società e' sempre ben presente come causa del suicidio.

Nel primo caso di suicidio egoistico, la società e' disgregata in parte o anche nel suo insieme, lasciandosi sfuggire l’individuo, che non scorge più una ragione per rimanere in vita, rimasta ormai, senza oggetto e significato. Nel suicidio altruistico, la società e' fin troppo presente, schiaccia l’uomo, lo induce ad uccidersi; l’unico che per i suoi aspetti si differenzia dai precedenti e' il suicidio anomico. La società in questo caso ha un ruolo peculiare come causa estrema. L’uomo ha bisogno di riferimenti e valori, di forze che lo trattengano in vita, ma la società gliele nega, obbligandolo a perdersi nel vuoto. Nel terzo caso, il suicidio anomico, e' il mancato riconoscimento della società all'individuo che lo porta per farsi notare a tale gesto

Durkheim e' giunto a termine del suo lavoro ottenendo i risultati fino ad allora teorizzati, cioè facendo risalire le cause del suicidio alla società profondamente deformata. Durkheim tende, allora, una soluzione, risolvere il problema dalla radice, creare una società in grado di stabilire una ferma moralità e solidarietà, piccoli presupposti per grandi risoluzioni. Le pionieristiche ricerche di Durkheim hanno aperto vasti ambiti di studio. Le scienze umane tendono oggi a considerare il suicidio come un fenomeno molto complesso, in cui intervengono fattori biologici e psicologici oltre che sociali. L’atto, ad esempio, e' spesso preceduto da stati di depressione profonda. Cause legate alla personalità o alle circostanze possono essere il bisogno di sfuggire a situazioni intollerabili, la visione della vita come una inesorabile fonte di sofferenza che solo la morte può placare.

Questi sono i sentimenti che emergono più frequentemente dai messaggi lasciati dai suicidi.

Le ricerche non hanno comunque abbandonato la lettura sociale del fenomeno: ma come Durkheim aveva suggerito, la società ed il suo ruolo dicotomico sembra avere un ruolo determinante nell’aumento dei suicidi.

Con la sua opera Durkheim confuta in modo definitivo l’interpretazione dell’atto suicida come atto di libertà contro una società repressiva, ma da qui a parlare di coraggio o viltà ce ne passa.....a parer del sottoscritto.
soccia e molto interessante :good: ....ma è un mattone :suicide2:
ciao takko :bye: :bye:
 
Commenta
G

Guest

Ospite
Ospite
Professorlove ha scritto:
facciamo un pò di sociologia..........un'approccio ai suicidi ed alla corrente suicidogena. Ps, per chi avrà voglia di leggere tutto ci saranno spunti interessanti........... :good:

"Studio di sociologia (Le Suicide, étude de sociologie), 1897" - Emile Durkheim


Emile Durkheim e' uno tra i pensatori più autorevoli della sociologia, uno studioso eminentemente preoccupato di conferire dignità scientifica e accademica alla sociologia, concepita come una disciplina autonoma avente lo scopo di studiare, con metodo rigorosamente obiettivo le organizzazioni sociali. Tale concezione durkheimiana della sociologia, implicava un’immediata attenzione per i meccanismi di coesione di queste stesse organizzazioni, una più ampia prospettiva che esaminasse la relazione tra individuo e società. Lo studioso, infatti, pone al centro dei suoi studi l’entità di coesione e d’integrazione sociale; i suoi interessi riguardano le basi di un ordine sociale, che scaturisce, per mezzo di valori condivisi da una collettività (come quelli etici e religiosi); la loro mancanza e' dunque destinata a produrre perdita di stabilità o anomia (dal greco antico anomia, cioè “mancanza di norme”) e a provocare nei singoli individui sentimenti d’angoscia e d’insoddisfazione. L’idea di Durkheim e' che l’individuo sia forgiato in tutte le manifestazioni della sua vita dai modelli sociali.

Nell’opera intitolata Il Suicidio (1897), uno studio sociologico, sottolineò, come la mancanza d’integrazione degli individui nella società fosse una delle cause fondamentali del suicidio, che a sua volta, da mero fatto individuale, diviene vero e proprio fatto sociale. Pur sembrando in apparenza un atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale, Durkheim mostra come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori. Si chiarifica qui l’idea di Durkheim di studiare il fenomeno suicidogeno sotto un diverso aspetto, che non riguardi, unicamente l’atto inteso individualmente ma, e soprattutto, le correnti suicidogene dalle loro origini sociali fino alle loro manifestazioni individuali.

Oggetto della ricerca durkheimiana e' il tasso di suicidi, che si riscontra in una data società; egli, cioè, sofferma la sua attenzione su dei dati statistici, per diversi paesi e per diversi periodi, che esprimono la specifica tendenza al suicidio.

Inizialmente Durkheim, ancor prima di dispiegare la sua teoria, traccia le linee di presupposti concorrenti riguardanti alcuni studiosi, secondo i quali il suicidio sia un fenomeno influenzato dalle condizioni organico-psichiche dell’individuo e della natura dell’ambiente fisico. Ipotesi, queste, che non possono essere scartate a priori senza prima una discussione, la quale approderà, comunque, ad una conclusione contraria, secondo cui niente di quanto affermato da tali studiosi si può per Durkheim generalizzare, in quanto è vero che l’individuo affetto da disturbi psichici sia meno preservato dal suicidio ma non per questo gli stati psicopatici siano da ritenersi necessariamente determinanti per questo atto estremo. Discorso analogo e' stato seguito da Durkheim per le situazioni climatiche, stagionali, anche se in questo caso riconosce una possibile verità definita dalla frequenza suicidogena in determinati periodi dell’anno (l’estate) e del giorno in cui i rapporti di vita sociale sono più intrecciati, il momento cioè, in cui l’uomo e' particolarmente vicino o lontano, escluso, dalla realtà sociale.

Scartate, così, queste ipotesi, Durkheim ritorna in seno alla sua teoria, secondo la quale il suicidio sia un fenomeno connesso a situazioni extra soggettive che riguardano la società, i suoi ambienti e i suoi gruppi, dove l’uomo si riscontra quotidianamente.

Le confessioni religiose, la famiglia, la società politica risultano degne di osservazione per Durkheim, il quale vede queste istituzioni giocare un ruolo preminente fra i tassi di suicidio. Infatti, secondo la legge sociologica generale ricavata da Durkheim, in ragione del grado d’integrazione di tali gruppi sociali di cui fa parte l’individuo, il suicidio varia in maniera inversa. Tale stato d’integrazione di un aggregato sociale non fa che riflettere l’intensità della vita collettiva, e così più tale aggregato assume sembianze sociali, costituendo un gruppo compatto e solidale, più l’individuo e' forte nella sua lotta preservandosi dal suicidio.

A tal proposito Durkheim spiega come vari il suicidio fra gli appartenenti alle diverse religioni. Egli nota come i protestanti più dei cattolici o degli ebrei siano inclini al suicidio. Il motivo di tale ragione spiega quanto detto prima. Infatti, risalendo alle ideologie cristiane o ebraiche, e' chiaro come esse formino un gruppo, una società compatta ed unita, dove i membri non sono mai lasciati soli nel capire o nell’agire.
I protestanti sono, invece, gli autori principali della loro fede. E’ la Bibbia il documento supremo, ma nessuna interpretazione gli e' imposta, la gloria da parte di Dio e' una loro dura conquista. E’ facile da qui intuire le differenze che rendono tali confessioni più o meno suscettibili ai tassi di morte volontaria. Nei primi, si lotta insieme, con più resistenza al duro sacrificio per la comunanza dell’esistenza; nel protestantesimo e' vivo un individualismo religioso che rende inesorabilmente l’uomo più debole. Nota anche che le donne sposate hanno un coefficiente di preservazione più alto rispetto alle nubili....

E’ così che Durkheim parla del suicidio egoistico, una delle tre tipologie di suicidio classificate dal sociologo. Tale forma di suicidio e' motivata da un eccesso di individualismo: la persona si sente estranea al proprio gruppo, e il dislivello fra i propri desideri e la loro possibilità di realizzazione nell’ambito della società diventa a poco a poco incolmabile; gli unici obiettivi non vanno al di fuori di noi stessi. L’io prevale sulla vita collettiva, vi e' uno smisurato sviluppo dell’ego, il legame che unisce l’uomo alla vita si allenta proprio perché il legame che lo unisce alla società si e' a sua volta allentato. Può accadere, però, che l’individuo sia integrato nella società in maniera del tutto inversa al suicida egoista ma si suicida lo stesso.

Ciò che qui si e' dato di intravedere e' una seconda tipologia di suicidio elencata da Durkheim, il suicidio altruistico, espressione di forte coesione sociale dove l’io e' completamente annullato; l’individuo non ha scelta, e' soggiogato alla sua società che lo tiene troppo legato a sé, e preme per condurlo a distruggersi. Si ha quando la persona e' troppo inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare l'imperativo sociale (ricordiamoci che per Durkheim e' la società che crea gli individui, e non viceversa) come esempio c'è la vedova indiana che accetta di esser posta sul rogo che brucerà il corpo del defunto marito, o ad esempio il capitano di una nave il cui codice di comportamento gli impedisce di sopravvivere al naufragio della stessa o il giapponese che si suicida per mostrare la sua innocenza o redimersi da una colpa grave. Il suicidio e' quindi necessario per elevarsi ed avere riconoscimento.

Nella società moderna e' caratteristico, invece, il suicidio anomico, un’ultima tipologia di suicidio. La sua frequenza tende ad aumentare in periodi di crisi economica o, inaspettatamente, in fase di strema prosperità, a causa della mancanza di riferimenti, norme e valori socialmente condivisi. Dal punto di vista psicologico, questo tipo di suicidio, e' motivato generalmente dalle delusioni e dalle frustrazioni causate dai rapporti sociali. Ci troviamo di fronte ad un tipo di suicidio differente dagli altri, perché differente è, appunto, il ruolo della società, la cui peculiarità sta nel disciplinare l’individuo. Com’è possibile scorgere da questa classificazione suicidogena, la società e' sempre ben presente come causa del suicidio.

Nel primo caso di suicidio egoistico, la società e' disgregata in parte o anche nel suo insieme, lasciandosi sfuggire l’individuo, che non scorge più una ragione per rimanere in vita, rimasta ormai, senza oggetto e significato. Nel suicidio altruistico, la società e' fin troppo presente, schiaccia l’uomo, lo induce ad uccidersi; l’unico che per i suoi aspetti si differenzia dai precedenti e' il suicidio anomico. La società in questo caso ha un ruolo peculiare come causa estrema. L’uomo ha bisogno di riferimenti e valori, di forze che lo trattengano in vita, ma la società gliele nega, obbligandolo a perdersi nel vuoto. Nel terzo caso, il suicidio anomico, e' il mancato riconoscimento della società all'individuo che lo porta per farsi notare a tale gesto

Durkheim e' giunto a termine del suo lavoro ottenendo i risultati fino ad allora teorizzati, cioè facendo risalire le cause del suicidio alla società profondamente deformata. Durkheim tende, allora, una soluzione, risolvere il problema dalla radice, creare una società in grado di stabilire una ferma moralità e solidarietà, piccoli presupposti per grandi risoluzioni. Le pionieristiche ricerche di Durkheim hanno aperto vasti ambiti di studio. Le scienze umane tendono oggi a considerare il suicidio come un fenomeno molto complesso, in cui intervengono fattori biologici e psicologici oltre che sociali. L’atto, ad esempio, e' spesso preceduto da stati di depressione profonda. Cause legate alla personalità o alle circostanze possono essere il bisogno di sfuggire a situazioni intollerabili, la visione della vita come una inesorabile fonte di sofferenza che solo la morte può placare.

Questi sono i sentimenti che emergono più frequentemente dai messaggi lasciati dai suicidi.

Le ricerche non hanno comunque abbandonato la lettura sociale del fenomeno: ma come Durkheim aveva suggerito, la società ed il suo ruolo dicotomico sembra avere un ruolo determinante nell’aumento dei suicidi.

Con la sua opera Durkheim confuta in modo definitivo l’interpretazione dell’atto suicida come atto di libertà contro una società repressiva, ma da qui a parlare di coraggio o viltà ce ne passa.....a parer del sottoscritto.
vedo che lo hai studiato anche tu prof..... :bye:
 
Commenta
Registrato
27 Aprile 2008
Messaggi
1.525
Reaction score
12
Età
115
dipende dalla situazione

in teoria e' un atto di vilta'
pero' serve un gran coraggio !

:yes:
 
Commenta
Registrato
29 Aprile 2008
Messaggi
1.094
Reaction score
15
Età
49
Località
romagna....fra rimini e bologna
ragazzi lo so lo so....è una montagna di parole da scalare, ma si legge in pochi minuti...... :biggrin:

cmq boia a vuitar :rofl: am fasiv murì.......da e ridar e ripley nn ti voglio sulla coscenza, lassa ste, tan leza gnota te...sei dispensato....Altrimenti conieremmo un nuovo tipo di suicidio, il suicidio letterario :biggrin:

takko...lo so che è un mattone, lo so...non lo sapessi ma lo..............libidine, doppia libidine, libidine col fiocco :rofl:

bimba besus to u
 
Commenta
Registrato
30 Settembre 2008
Messaggi
6.509
Reaction score
76
Non giudichiamo troppo gli altri...certe situazioni bisogna viverle intimamente..non è mai solo pazzia o viltà od egoismo/incoscienza.
Se uno è credente...deve sapere che nessuno perscruta il disegno di Dio,se non lo è, lasci spazio al liberio arbitrio della propria coscienza...se uno è malato/debole di mente..è solo psicolabile.(idem per l'eutanasia!) :rtfm: :big_boss:
 
Commenta
Registrato
29 Aprile 2008
Messaggi
1.094
Reaction score
15
Età
49
Località
romagna....fra rimini e bologna
Non mi pare si siano giudicati gli altri waxema, ma solo dato il proprio punto di vista ovviamente da dati oggettivi (studio che ha preso in esame decine di migliaia di casi di suicidio per trovare analogie) o da riflessioni personali....

Ogni commento fatto è da leggersi in questo contesto ed ambito, non al di fuori di ciò......quindi direi senza esprimere giudizi ma solo constatazioni e proprie opinioni, come tra l'altro era stato richiesto :good:
 
Commenta
Registrato
30 Settembre 2008
Messaggi
6.509
Reaction score
76
Professorlove ha scritto:
Non mi pare si siano giudicati gli altri waxema, ma solo dato il proprio punto di vista ovviamente da dati oggettivi (studio che ha preso in esame decine di migliaia di casi di suicidio per trovare analogie) o da riflessioni personali....

Ogni commento fatto e' da leggersi in questo contesto ed ambito, non al di fuori di ciò......quindi direi senza esprimere giudizi ma solo constatazioni e proprie opinioni, come tra l'altro era stato richiesto :good:
Non parlavo solo di te..caro Prof..ma in generale sono stati trinciati tanti giudizi(anche i miei non giudizi)...a mia modesta opinione. :yes: :bye:
Senza falsa retorica una sana lettura potrebbe aiutare : Le mie Confessioni di Sant'Agostino autore Vico Stella - Edizioni Shalom.

P.s. ..non sto apostolizzando...nemmeno ho una commissione sui profitti di vendita. :biggrin:
 
Commenta
Registrato
29 Aprile 2008
Messaggi
1.094
Reaction score
15
Età
49
Località
romagna....fra rimini e bologna
ma ci mancherebbe altro waxema, figurati, nn l'avevo presa direttamente , era solo per dire.... :biggrin:

a proposito, dato che mi sono avventurato in un sunto (us fa par di) di emile durkheim nn è che mi faresti un sunto di Le mie Confessioni di Sant'Agostino autore Vico Stella - Edizioni Shalom :whistle3:

Ammetto che lo conosco poco :sorry:

thank's :bye:
 
Commenta
Alto