La prostituzione è la precarietà economica vanno di pari passo, non sono io a dirlo purtroppo, è la realtà.
Una donna che ha bisogno di prostituirsi per una borsetta firmata è pur sempre una donna che non ha le risorse per comprarsi questa benedetta borsetta....tanto benestante non dev'essere
Dipende che cosa si intende per precarietà economica. E' un concetto grossolanamente quantitativo, come tanto e poco, lungo e corto, che si presta a fraintendimenti. La precarietà economica sufficiente per non potertsi permettere beni di lusso, come la borsa firmata, coinvolge la maggioranza della popolazione anche italiana.
La situazione di povertà dello straniero in Italia, arrivato senza alcun bene e che si trova a fronteggiare un costo della vita piuttosto alto, è quasi automatica ma è in buona parte dovuta alla sua condizione di straniero. Quella che andrebbe paragonata è la ricchezza che aveva prima di lasciare il suo paese e le opportunità che aveva di produrne.
Considerare la prostituzione l'unica alternativa per l'indigente mi sembra sbagliato. Ci sono molte persone straniere che fanno altri lavori in Italia, hanno colleghi italiani ed entrambi si mantengono a stento con la loro retribuzione. La prostituzione permette maggiori guadagni a fronte di maggiori sacrifici. Osservare che nessuna persona benestante lo fa equivale ad asserire che una persona benestante non ha bisogno di guadagnare, che potrebbe essere la definizione di benestante. I benestanti non fanno neppure i braccianti agricoli, normalmente, per una nota legge dell'economia secondo la quale la disponibilità a lavorare per una certa retribuzione dipende dalla disponibilità economica che si ha senza quella retribuzione; il benestante non può fare quasi nulla.
E' vero che le donne che esercitano la prostituzione vengono soprattutto da paesi poveri ma è anche vero che ci sono donne provenienti dagli stessi paesi che lavorano in fabbrica o fanno le pulizie; la povertà è la situazione che le ha convinte a lasciare il loro paese non a prostituirsi. Tralasciando le situazioni di costrizione che forse per qualcuno dei paesi menzionati sono numerose, per le altre la scelta dell'attività mi sembra dettata più dalla condizione economica a cui si aspira che da quella da cui si proviene.
Una donna che ha bisogno di prostituirsi per una borsetta firmata potrebbe essere una donna che non ha le risorse per comprarsi questa benedetta borsetta e che non intende lavorare una settimana per otto ore a cinque euro l'ora per procurarsele, potendolo fare in un'ora soltanto.
Non si pensi che io abbia detto queste cose per dimostrare che le prostitute guadagnano troppo facendo poco, perché ho detto fin dall'inizio che guadagnano a fronte di un maggior sacrificio. Siccome anche il sacrificio è come il lungo e il corto e dipende da chi lo misura, evidentemente sono più le donne straniere che quelle italiane a ritenerlo accettabile. La differenza è culturale e modifica la percezione dell'attività che si svolge e del gradimento o rifiuto per il ruolo e la mansione; che le persone meno abbienti siano maggiormente educate al sacrificio poi è ovvio anche questo, anche perché una parte più o meno importante (anche questa oggetto di valutazione personale da parte di ciascuno) del sacrificio è causata dall'emarginazione sociale e allo straniero che scappa dalla guerra o dalla fame ed è vivo per miracolo sai cosa gliene frega (oppure, si potrebbe anche dire, ha maturato una buona difesa contro questa sgradevole sensazione).