Tuti noi, credo, abbiamo un cassetto segreto. O una scatola. Dove ci teniamo dentro qualcosa di noi. Magari non proprio necessariamente scheletri, ma solo intimi ricordi. Che ci aiutano, anzi no, forse ci assecondano a ricordare chi siamo stati e perché siamo così, oggi.
Nella mia scatola segreta ci sono due foto, in particolare, che assecondano i miei pensieri di certe notti.
Non propriamente quelle certe notti fra cosce e zanzare e nebbia e locali. E forse, senza nemmeno ferite profonde, né una un po’ porca, che le leccherà.
Sono le notti in cui sei stato in bilico, tra due vite possibili. Probabilmente senza saperlo con certezza.
Ma al bivio ne hai scelta una. O forse hai solo assecondato il cammino su quella strada, lasciandoti l’altra alle spalle, senza far nulla per prenderla. Sulll’argine del bivio.
La prima foto è con una ragazza di Parigi, sul Pont Alexandre III. E’ notte. Quella notte che tu senti segnerà il confine fra tutte le tue notti precedenti e quelle che verranno.
Sei appena uscito da un fetido ristorante cinese. Perché voleva pagare lei quella volta. Ma lei ha vent'anni ed è al suo primo lavoro fisso da pochi mesi e non ha ancora messo via quasi un cazzo.
Fino a quella sera avevi sempre pagato tu, perché le tue cene vanno in nota spese e non te ne frega un cazzo, di quanto spendi per portarla nei ristorantini più fighi. Lei accettava con spensieratezza la situazione, forse perché aveva capito che non stavo giocando con la mia maggiore disponibilità, solo per fare colpo e scoparla facilmente.
Al contrario, non l’avevo ancora scopata. Mi viene da ridere, ripensandoci oggi. La frequentavo da due mesi almeno, e non era ancora entrata nel mio letto.
Mi ero sempre rifiutato persino di portarla nel mio lussuoso hotel a trentasei piani. Perché non volevo che fosse una delle tante scopate dei miei anni di Parigi. Per quelle c’erano le escort, in grande abbondanza nella capitale francese. Anche senza uscire dall’hotel le trovavo lì, ai vari piani. Una scelta senza confini, che riempiva tutte le notti libere dal lavoro. Ero stato anche in qualche night, per la prima volta nella mia vita. Sì, mi stavo davvero divertendo in quell'anno a Parigi. Ok, escort, ma gran divertimento. Anche perchè il tempo libero dal lavoro era davvero risicato.
Però poi un giorno, senza preavviso, era apparsa lei. Esile, senza quasi seno, forse anche troppo delicata. Con quello sguardo diffidente e dolce, che quando lo incroci, il mondo attorno perde contorni e suoni. Quella che il tuo primo pensiero non è metterla a pecorina, anche se sai che dovrebbe essere sempre quello il primo pensiero. Poi il resto, eventualmente, viene da se.
E lei, quella sera aveva voluto offrire la cena. In un infimo ristorante cinese, da cui uscimmo con un puzzo intriso nella lana dei vestiti invernali, che nemmeno la lavanderia avrebbe potuto dissolvere in un solo lavaggio. Ma ero felice. La sua mano aveva sfiorato la mia, sul muretto del Pont Alexandre III, chiedendomi se volessi passare la notte a casa sua.
Non accadde subito tutto quello che potreste immaginare. Io stesso mi stupii di quanto potessi apparirle timido e impacciato, quasi sul filo di rischiare un cartellino giallo di impotenza. Ma le cose andarono esattamente così. Ci volle molto perché mi passasse ogni timore, ci volle tutta la sua sicura voglia di far l’amore con me, e forse anche il suo simpatico modo di sdrammatizzare, quando disse: “E’ forse colpa del puzzo di pollo fritto, che non vuoi baciarmi?”. Scoppiai a ridere e incrociai i suoi occhi. E nulla potè più fermare il senso di quella notte.
In seguito ce ne furono molte, di notti come quella. Ogni volta che eravamo liberi si fuggiva, insieme, che fosse un albergo della romantica e turistica Mont St.Michel o un disperso agriturismo di campagna o a mangiare ostriche sul bordo di una scogliera, verso Saint Malò. O improvvisando una fuga a Bandol, per una surreale festa con amici africani, che cucinavano carne in enormi pentole, mentre altri suonavano tutta la notte.
Infine riuscii anche ad accettare di portarla qualche notte al mio hotel, che lei iniziò ad amare perché era caldo anche di notte e non doveva accendere la stufetta elettrica per fare la doccia. E aveva un bar, al trentaseiesimo piano, dove la vastità della città sotto di te, diventava complice dei tuoi sogni.
La raggiunsi anche dopo che finì la mia esperienza parigina e lei venne qualche volta da me in Italia. Conobbi sua madre e i suoi fratelli. Le presentai i miei amici. Ci piaceva aspettarci in un aeroporto. E salutarci qualche giorno dopo. Amavamo partire e ritornare, iniziando ad aspettarci nello stesso istante in cui ci lasciavamo. Amavamo, forse troppo, quella strana relazione in cui eravamo tanto per entrambi, senza voler essere qualcosa di definitivo.
Mi ero immaginato molto con lei. Forse anche lei con me. Ma nessuno dei due lo disse mai all’altro. Forse ci eravamo innamorati, e al tempo stesso smarriti, in quel nostro amarci senza progetti e senza promesse. Senza qualcosa di diverso da quello che stavamo vivendo. Nessuno, forse, volle mai modificare una storia così intensa e stravolgente, trasformandola in una realtà diversa da quello che era. Ad essere sincero non saprei dire perché.
Finché un giorno, al telefono, mi disse che sarebbe partita per Hong Kong. Aveva la possibilità di diventare capo ufficio stampa per la sua azienda e non voleva perderla.
Ero in Italia e lei partiva da Parigi. Non riuscimmo ad incontrarci per salutarci in un aeroporto quella volta. Nemmeno per fare l'amore, anche se io, per un attimo, inseguii l'idea di un'altra notte insieme. Che, forse, avrebbe potuto cambiare i nostri destini. Che so, forse avremmo almeno potuto chiederci se davvero volevamo che tutto restasse così com'era stato, senza aggiungere nient'altro alla nostra storia.
Ma non accadde, non lo feci accadere. Accettai quella telefonata come se non potesse andare diversamente e col tempo poi cessarono anche i contatti.
Oggi lei ha i segni del tempo sul volto, ma è ancora molto bella e i suoi occhi sono sempre magnetici come a vent’anni. Sono stato io a cercarla, qualche anno fa, adesso che i social rendono facile la cosa.
Ci sentiamo, di tanto in tanto. Ha un figlio. E due matrimoni sfumati alle spalle. E una vita completamente diversa da quella per cui era partita per Hong Kong.
E io ho una sua foto nella scatola, sul Pont Alexandre III.
ps. c'è anche un'altra foto, che mi riporta ad un'altra storia. Magari la racconto un'altra notte, dovendo tenere anche conto che la durata dei post contempli la lettura durante le cagate mattutine di Bastian.
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