Esattamente.Difatti, l'articolo 36 comma 34bis della Legge 248/2006, modificante la Legge 537/1993 (finanziaria 1994) ha stabilito che tutte le prestazioni illecite ed ovviamente anche quelle lecite, devono essere sottoposte a tassazione anche se non registrabili con conseguente modifica dei dettami della Legge 75/1958 "Merlin" anche se solo in ambito fisacale.
Penso di essere stato fin troppo chiaro in questa mia ultima espressione.
ogni corrispettivo, anche derivante da attività illecite, concorre a formare l'imponibile e formula il seguente quesito di diritto: "se, ai sensi delle disposizioni del TUIR e della L. n. 537 del 1993, artt. 14, 4, qualsivoglia corrispettivo, percepito a qualsiasi titolo, ove non espressamente escluso, contribuisce a formare il reddito complessivo del contribuente, sul quale si deve determinare l'imposta dovuta".
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si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'art. 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi".
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La natura dell'attività svolta è rilevante, invece, ai fini dell' IVA, che, in base al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1 "si applica sulle cessioni dei beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio d'imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuale". In base al D.P.R. n. 633, art. 3, comma 1, in esame, "costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratto d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, non fare e di permettere quale ne sia la fonte"; laddove il successivo art. 5, comma 1, specifica che "per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse".
A tale stregua, deve affermarsi l'assoggettabilità ad IVA dell'attività di prostituzione, quando sia autonomamente svolta dal prestatore, con carattere di abitualità: seppur contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalità delle persone come trasgressiva di condivise norme etiche che rifiutano il commercio per danaro del proprio corpo, l'attività predetta non costituisce reato, e consiste, appunto, in una prestazione di servizio verso corrispettivo, inquadrabile nell'ampia previsione contenuta nel secondo periodo del citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 1. La qualificazione della prostituzione in termini di "prestazione di servizi retribuita" risulta, peraltro, già, affermata dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee nella sentenza n. 268 del 20.11.2001, in causa C-268/99, in cui la Corte muovendo dalla giurisprudenza, costante, secondo la quale una prestazione di lavoro subordinato o una prestazione di servizi retribuita dev'essere considerata come attività economica ai sensi dell'art. 2 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 2 CE), purché le attività esercitate siano reali ed effettive e non tali da presentarsi come puramente marginali e accessorie, ha affermato che "la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita", che rientra nella nozione di "attività economiche", demandando al giudice nazionale di "accertare in ciascun caso, alla luce degli elementi di prova che gli sono forniti, se sussistono le condizioni che consentono di ritenere che la prostituzione sia svolta come lavoro autonomo, ossia: senza alcun vincolo di subordinazione per quanto riguarda la scelta di tale attività, le condizioni di lavoro e retributive, sotto la propria responsabilità, e a fronte di una retribuzione che gli sia pagata integralmente e direttamente".
Posto, dunque, che i proventi tratti dalla controricorrente, dall'attività di prostituzione, quale accertata dal giudice del merito, vanno assoggettati ad IVA, deve, qui, ribadirsi in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, quanto sopra si è esposto per l'omologo D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in tema d'imposta sul reddito, e, cioè, che (Cass. n. 8041/2008; 4589/2009, 18081/2010), in presenza di accertamenti bancari, condotti ex art. 51 cit. è onere del contribuente dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione o perché egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perché (cfr. pure Cass. n. 9573/2007, n. 1739/07, n. 28324/07) non sono fiscalmente rilevanti, in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili.
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