Per la serie: “le letture edificanti”:
TITOLO: OMISSIS
AUTORE: PUNTER ANONIMO (se vorrà prima o poi si paleserà, intanto vige omertà)
Sono sempre stato molto scettico nei confronti delle pay che scrivono libri. Ho letto certa spazzatura che non perdo nemmeno tempo a commentare. Ma continuo a sperare. Quando un libro sulla prostituzione lo scrive un consumatore, nonché membro di PunterForum, una delle migliori penne che abbiamo (le pay dicono anche miglior pennello), le cose cominciano a farsi più interessanti. Se poi l’autore ha un talento naturale per la scrittura, un’esperienza assidua e pluridecennale, una capacità di analisi e di sintesi lucida e obiettiva, un bagaglio di conoscenze arricchito da tutto quanto qui è stato scritto nel tempo, succede che continuare a leggere diventa un obbligo. Una necessità.
Un po’ come tutte le opere autobiografiche, il romanzo vede la sua genesi a causa della capacità terapeutica della scrittura. Mettere nero su bianco le proprie angosce ha una valenza liberatoria. Inizialmente l’autore tenta di disfarsi del fardello e nel farlo sembra che cerchi di redimersi e di redimere. Nulla di così scontato, non è questo l’intento, non è questo il messaggio. Se tale è la prima impressione, si è fuori strada. È solo l’inizio di un percorso dalla posizione più gravosa.
La struttura narrativa impone innanzitutto di presentare il personaggio, Claudio. Ritengo che l’opera sia stata scritta in un lasso di tempo molto lungo in quanto si apprezzano evoluzioni del pensiero che solitamente necessitano anni per una tale maturazione. Presumo che la stesura sia cominciata in un momento di particolare angoscia. Ne scaturisce un’introduzione molto severa nei riguardi di se stesso ma molto acuta e introspettiva. Induce alla riflessione. La narrativa d’introspezione è uno degli ingredienti più preziosi di questa opera. Tra un paesaggio, un personaggio, una digressione e una camporella, Claudio parla di se stesso e lo fa più che altro pensando. Non e da tutti riuscire a tradurre in parole gli stati d’animo di una psicologia così articolata. È una scrittura talvolta sofferta, tribolata. Si scava nel profondo, in un’oscura cantina, si incede a passi pesanti, in una palude malsana e fetida. Un tale livello di intimità crea un legame indissolubile tra l’autore ed il lettore. L’introspezione è una pratica ardua da affrontare nella stesura, risulta difficile dare forma e anche essenza ad un personaggio. L’autore però è facilitato dal fatto che poco o niente è affidato alla fantasia. Il risultato è un’opera unica che spicca per genialità e genuinità che è sinonimo di veridicità e che quindi conquista la fiducia di chi legge. È come una sorta di rapporto di confidenza che deriva anche alla struttura sinuosa dei periodi, dal lessico sempre appropriato, che avvolge e inebria, dall’essere erotico ma mai esplicito, nè tantomeno volgare. Le vicende sono piacevoli e suscitano curiosità, la trama è densa di aneddoti e colpi di scena. La struttura in capitoli legata a determinati lassi temporali stabilisce ordine nel racconto. L’atmosfera è ovattata e familiare. Si verifica un’immedesimazione tale da determinare la proiezione del lettore nelle vicende narrate. Per quanto variegato possa essere l’universo della prostituzione, è in realtà un mondo molto piccolo fatto da attori tipici da entrambi i lati della barricata, quello dei clienti e quello delle professioniste. C’è un Claudio in ognuno di noi e quindi avviene il miracolo:
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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso.” M. Proust
Un aspetto che però è stato (per ora) trascurato è la descrizione della maschera che l’autore indossa tutti i giorni: nel romanzo parla della sua intimità più segreta, è nudo, senza specificare che all’apparenza egli incarna il prototipo dell’inscalfibile, inossidabile stronzo. Di prima categoria. Dal romanzo trapela, invece, un animo nobile, forse troppo sensibile e perciò severo, non di certo affetto dalla sindrome del missionario, né tantomeno da una scarsa consapevolezza. Forse le riflessioni più pedagogiche (perché c’è tanto da imparare) scaturiscono proprio da un eccesso di consapevolezza che solo un puttaniere di lungo corso, talvolta e non necessariamente, riesce a maturare.
L’opera mi è stata inviata da un utente di questo forum in quanto sono rispondente all’identikit del consumatore medio. Ne ho letto una bozza incompiuta e in anteprima. Si dice che quando a Michelangelo fu chiesto perché avesse distrutto la sua opera, la Deposizione, egli rispose che fu a causa dell'importunità del suo servitore Urbino, che lo spingeva sempre a finirla. Invito l’autore a prendere le distanze da simili follie e a non privarci di quello che può essere un manifesto a tutti gli effetti.
Per quanto sia fortemente tentato, mi guardo bene dal riportare citazioni che possano dare un’idea della qualità sublime della scrittura. Quel romanzo mi è stato spedito in anteprima e l’ho interpretato come un atto di fiducia. Alcuni capitoli li ho riletti tre volte per interiorizzarne i concetti e farli anche un po’ miei. Non me la sento di sbilanciarmi ad esprimere il messaggio che ne ho tratto dalla lettura. Il romanzo è complesso e incompleto, inoltre non mi sento all’altezza. Potrei saltare a conclusioni affrettate. Mi auguro vivamente che veda la luce e che possa essere disponibile per tutti. Sarebbe un vero peccato se un fesso come me fosse l’unico ad averlo letto.
Intanto comincio a fare il petulante: sì, dico a te! Ma quando lo finisci il romanzo?