Bellissima analisi, quella di blackmagicpie, per quanto non descrittiva delle motivazioni per il nuovo avatar. Mi ha fatto tornare in mente un interessante tempietto shintoista, del quale avrò modo di parlarvi; tuttavia non ci tengo ad essere un ronin, che come lui ben ricorda in Giappone sono dei samurai sfortunati, per quanto da noi il termine abbia una valenza positiva (e come non rammentare l’ottimo omonimo film, con un algido de Niro? Ma questa è materia per Lafayette).
In effetti ci aveva preso marco2132, lettore fedele. L’avatar è un triscele, simbolo abbastanza diffuso ad indicare le pratiche BDSM.
L’incontro, fugace ma profondo ed assolutamente inusuale con B2, aveva lasciato molti quesiti. Avrebbe avuto un seguito? (Non si può mai dare nulla per scontato in questi ambiti, e…men che meno con le donne!!!!!!). Si sarebbe trattato solo di sesso?
Devo dire che pur nella ristrettezza delle sole tre ore trascorse insieme, avevo percepito grande affinità con questa donna, ed un desiderio che andava ben oltre la mera sessualità. Si, anche i Magnifici Rettori hanno un cuore.
E poi l’intesa sul piano sessuale si era manifestata in tutta la sua pienezza, con una splendida complementarietà Dom /sub.
Nelle settimane successive quell’unico incontro, il desiderio (non di solo sesso) era aumentato vieppiù, tra lunghe e caldissime telefonate ed un filo di comunicazione continuo mai interrrotto. Quale intima, calda, piacevole situazione di poter iniziare una relazione affettiva dichiarando, candidamente e senza reticenze: sono uno che frequenta puttane.
Per quanto io sia sempre molto vigile nel non equivocare tra i miei vari sentimenti, confondendo il desiderio di una sana ed appagante scopata con quello di un desiderio più profondo e totalizzante, percepivo che anche da parte mia nasceva qualcosa di completo (non che ciò non contempli una sessualità a 360 gradi).
I desideri reciprocamente confessati telefonicamente mi avevano indotto a ben predisporre la mia valigia con un discreto corredo BDSM: mi chiedo, senza volerlo poi realmente sapere, cosa caxxo avrà pensato l’addetto dei controlli di sicurezza aeroportuale nell’osservare ai raggi x il contenuto della mia valigia.
Siamo al giorno previsto per rivederci, a 15 giorni dal nostro primo incontro. Desiderio a mille di entrambi. Ovviamente il mio ego si pompa a palla al pensiero che lei si fa un viaggio di tre ore per venire da me, ed è con un mio grande sorriso, ed un suo sorriso misto ad imbarazzo che ci rivediamo in aeroporto, dove è venuta a prendermi.
Il taxy ci porta in hotel, mai operazioni di check in risultarono più interminabili, con una receptionist che impiega dieci minuti a spiegarci dove si trova il primo bar, a che piano c’è il secondo, dov’è la sala colazioni, la prima sala pranzo, la seconda sala pranzo, la palestra, il bagno turco…. Tutte cose che sapevo già benissimo mentre io desideravo solo accostare le mie labbra alle sue, e spegnere per un attimo infinito l’universo tutto.
Per fortuna l’ascensore impiega pochi secondi, altrimenti avremmo iniziato lì….
Entriamo in camera e siamo avvinghiati l’uno all’altra, e per qualche minuto sono solo baci profondi ed abbracci e, da parte mia, la necessità di odorarla profondamente, neanche fossi un cane da tartufo in cerca della pista giusta.
I vestiti volano via, apro il trolley e tiro fuori una benda per gli occhi, che già so essere un suo desiderio, ed una corda con la quale le lego i polsi sopra la testa. Faccio partire una canzone (non una playlist, una sola singola canzone che si ripeterà a ciclo continuo nelle prime due ore). Lei è stesa sul letto, ed inizio a leccarne i corposi e sensibili capezzoli, che si fanno duri come chiodi. Le succhio le tette, ma sono troppo grandi per riuscire a farle entrare del tutto in bocca. Leccandola inizio a scendere, prima il ventre, reso ampio dalla gravidanza (e, incredibile ma vero, mi viene in mente Curvy……..), e proseguo con una circumnavigazione dell’ombelico, fino a scivolare sulle cosce superando la patata, che nel frattempo è già bagnatissima. Risalgo fino a prendermi cura del clitoride, che apprezza i miei tocchi di lingua prima leggeri e poi sempre più profondi…
Ha la fortuna di essere multiorgasmica, e quindi ha già avuto il primo orgasmo mentre, continuando a leccarla, la penetro prima con un dito, poi con il secondo, e così via fino a fistarla senza grandi difficoltà con tutta la mano, venendo ricompensato con ciò che mi soddisfa oltremodo, e cioè uno squirting, per quanto di ridotta portata.
E’ il momento della penetrazione anale, immediata, non mediata da alcunchè, possessiva e perforante più nell’anima che nello sfintere.
Una veloce lubrificazione ed è il turno delle dita… ci fermiamo a quattro, rimandando ad altra data il fisting completo, ma coronando il tutto con una serie di frustate assestate con la cintura dei pantaloni….. ed ognuna è seguita da un ringraziamento per questi doni del suo padrone.
Trascorsa una buona ora e mezza di questi giochi, ci fermiamo, la sbendo e le sciolgo i polsi, godendomi quell’espressione di intimo e profondo godimento che richiama alla mia mente Tina Guo durante l’esecuzione di Time a Praga.
Non ho parafilie particolari, ma quando una donna mi entra dentro, desidero che ciò avvenga in tutti i modi…. E perciò le chiedo di entrare insieme nella vasca da bagno e di offrirmi la sua golden shower. Probabilmente è la sua prima volta (mi devo ricordare di chiederglielo), ma obbedisce anche se incerta. Non le è facile, ma riesce a lasciarsi andare, ed a docciarmi ovunque. Ca va sans dir che i ruoli si invertono, con piacere è lei a ricevere (volto escluso).
Le lascio la scelta di lavarci, vestirci ed andare a cena, o di vestirci così ed andare a cena: la seconda sarebbe molto intima, ma pone l’eventualità di essere olfattivamente sgraditi nel locale dove andremo a mangiare, dunque optiamo per doccia e uscita.
Una passeggiata per il centro, e siamo in un pub, tavolo in un angolo, sala semivuota, cameriera di San Pietroburgo (vera, non rumena di San Pietroburgo, as usual on the street…) che prende i nostri ordinativi.
Le porgo un ovulo, chiedendole di infilarlo profondamente, cosa che esegue immediatamente, come ogni ordine del suo padrone.
Ci vengono servite le bevande, brindisi. Quando la cameriera ci porta da mangiare, un tocco lieve sul telecomando fa partire la vibrazione dell’ovulo, che le soffoca in gola il ‘grazie’ alla cameriera. Sarà una cosa che ripeterò più volte durante la cena, per lo più in momenti imprevedibili. Mangiamo, e prima che la solerte russa ci proponga dolci od altro, le pianto sul tavolo un plug (ricordate la famosa valigia?) chiedendole di andare in bagno e piantarselo dietro: esegue immantinente.
La rimanente parte della cena si consuma con lei che ogni tanto apre le gambe invitandomi a toccarla, ed io che non me lo faccio ripetere due volte, roteandole il plug più volte, con la cameriera che ci tiene d’occhio, e che – a nostro avviso- ha ben capito la situazione, evitando di farci sedere altri commensali nei tavoli limitrofi.
Al di là dei giochi erotici in sé, le cose più belle sono però quelle che ci raccontiamo e confidiamo, guardandoci negli occhi, diretti e trasparenti come non mai.
Usciamo, e la passeggiata prosegue senza ovulo ma con il plug saldamente dentro. Quattro passi per digerire, siamo in pieno centro, ci imbuchiamo in una traversa non trafficata ma neanche desertificata, e senza se e senza ma lo tiro fuori e afferrandola per i capelli le faccio capire che si impone un pompino. E’ incerta, intimorita dalla possibilità di essere vista, almeno quanto io sono eccitato dalla medesima eventualità di essere visti: si, non sono normale (ma l’ho già detto infinite volte).
Ridendo e scherzando torniamo abbracciati in hotel, dove la faccio spogliare e rivestire con una tutina di maglia traforata modello porno modella. Piccolo book fotografico, e concludiamo la serata: la faccio sedere su una sedia molto profonda , posizione dell’incudine. Le lego le gambe all’indietro, contro lo schienale della sedia, e poi anche le mani, sempre all’indietro sullo schienale. Infine (non è una valigia… è la borsa di Mary Poppins versione BDSM) gag ball delle giuste dimensione, ed è totalmente in mio potere: mi inginocchio davanti a lei, e le lecco la patata come non ve ne fosse altra al mondo, ed andasse rispettata come una divinità.
Quando è alquanto eccitata, tiro fuori una piccola candela convessa, e la accendo appoggiandola sulla sua coscia, e riprendo a leccarla. A mano a mano che la cera si scioglie fa il classico pozzetto nella candela, ma se leccandola lei gode ed inizia a tremare, il tremolio fa strabordare la cera bollente lungo la sua coscia… lunghe colate di cera rossa le solcano la zona posteriore delle cosce fin quasi alle natiche.
Quando il dom decide che il gioco è finito, torniamo sul letto, per un ultimo amplesso, dolce, profondo, intimo e liberatorio, al termine del quale esplodo sui suoi seni, spalmando accuratamente tutto come si trattasse della più efficace delle creme idratanti.
Nudi nei corpi, ma ancor più nell’anima, distrutti nell’energia fisica, ma ricaricati in quella mentale, sereni come non mai, ci abbracciamo e baciamo, e parliamo fino a sprofondare tra le braccia di Morfeo, mentre sono le due e mezza di notte.
Alle cinque e mezza sarò svegliato dalle sue carezze, e sarà il più dolce dei risvegli, che culminerà in un festeggiare l’alba che arriva con un amplesso calmo e profondo, mutualmente accettante il dono che ci stiamo facendo. Altro orgasmo, che questa volta irrora dall’ombelico in giù, e relativo trattamento spalmante.
Per voi è solo l’articolato racconto di qualche scopata condita da qualche perversione. Per me l’inizio di una passione profonda.
Ma indubbiamente giunti alla sera di questa seconda giornata, ormai reciprocamente lontana sin dal mattino e divisi anche da tantissimi chilometri, sarà anche per me sessualmente stimolante sentirmi dire che ha deliberatamente scelto di non lavarsi, ed avere ancora su di sé il mio odore, come peraltro io ho ancora sulla mano che l’ha fistata l’odore dei suoi umori.
E nei giorni che passano, non può più esserci sesso, ma una relazione che nel frattempo si fa sempre più profonda, tra amanti consapevoli di non poter essere più di ciò, eppure di potersi dare tantissimo anche così.