Pensieri filosofici

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Ovunque c'è profumo di donna
In molte società sciamaniche, se ti rivolgi a un guaritore per problemi di depressione, scoraggiamento, o demotivazione, ti sentirai porre quattro domande:

Quando hai smesso di ballare?
....Non ho mai cominciato ma mi piacerebbe farlo
Quando hai smesso di cantare? ...A 20 anni quando son partito militare
Quando hai smesso di sentirti affascinato dalle storie del mondo?.... Mai
Quando hai smesso di trovare conforto nella dimensione del dolce silenzio?... Lo coltivo, è uno degli aspetti che più mi piace della vita.
:pleasantry:
 
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provincia Milano
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ludwig

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Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi,
altri che lottano un anno e sono più bravi,
ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi,
però ci sono quelli che lottano tutta la vita ed essi sono indispensabili.


Bertold Brecht
 
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ludwig

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I bambini giocano alla guerra,è raro che giochino alla pace perchè gli adulti da sempre fanno la guerra.
Tu fai "pum"e ridi;il soldato spara e un altro uomo non ride più.E la guerra.
C'è un altro gioco da inventare:far sorridere il mondo,non farlo piangere.Pace vuol dire che non a tutti
piace lo stesso gioco,che i tuoi giocattoli piacciono anche agli altri bimbi che spesso non ne hanno,
perchè ne hai troppi tu;che i disegni degli altri bambini non sono dei pasticci;che la tua mamma non è
solo tutta tua;che tutti i bambini sono tuoi amici.
E pace è ancora non avere fame,non avere freddo,non avere paura.


Bertolt Brecht
 
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ludwig

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E faticoso frequentare i bambini,perchè bisogna mettersi al loro livello,abbassarsi,
inclinarsi,curvarsi,farsi piccoli.Però non è questo che più stanca.
E piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi,allungarsi,alzarsi sulla punta dei piedi per non ferirli.


Janusz Korczach
 
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in prevalenza fra Modena e Parma
Noi giovani siamo troppo violenti, magari un po' fuori di testa, ma l'unica cosa che ci differenzia dagli altri: è che loro ragionano col cervello, noi gente pazza ragioniamo col cuore.​
-- Jim Morrison
 
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La vita non ti da' le persone che vuoi, ti da' le persone di cui hai bisogno; per amarti, per odiarti, per formarti, per distruggerti
e per renderti la persona che era destino che fossi.
(Cit. A.E.)
 
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ludwig

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Durante il corteggiamento,nessuno dei due partner è ancora sicuro dell'altro:ciascuno di essi cerca di conquistare l'altro.
Entrambi sono pieni di vitalità,attraenti,interessanti,persino belli,poichè la vitalità rende la persona sempre più bella.
Nessuno dei due ha l'altro;ne consegue che l'energia di ciascuno dei due è rivolta all'essere,vale a dire a cedere all'altro
e a stimolarlo.In seguito al matrimonio,la situazione assai spesso cambia completamente.Il contratto matrimoniale
conferiscea ciascun partner il possesso esclusivo del corpo,dei sentimenti e dell'affetto dell'altro.Non occorre più conquistare
nessuno,perchè l'amore è diventato qualcosa che si ha,una proprietà.I due cessano di compiere lo sforzo di essere amabili
e di produrre amore,e quindi diventano noiosi,e pertanto la loro bellezza scompare.Sono delusi e perplessi.Di solito,ciascuno
dei due cerca nell'altro la causa del mutamento e si sente defraudato.Ciò di cui non si rendono conto è che non sono più le
stesse persone che erano quando si amavano a vicenda,e che l'errore per cui si può avere l'amore li ha condotti a cessare di
amare.Adesso,invece di amarsi a vicenda,spostano l'interesse su ciò che hanno in comune:denaro,rango sociale,figli ecc.
E così accade che,in certi casi,il matrimonio,iniziato sulla base dell'amore,si trasformi in un amichevole possesso,una società
in cui i due egotismi confluiscono in uno solo:quello della famiglia.
 
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Un giorno Febo uscì, e non tornò più. Lo aspettai fino a sera, e scesa la notte corsi per le strade, chiamandolo per nome. Tornai a casa a notte alta, mi buttai sul letto, col viso verso la porta socchiusa.
Ogni tanto mi affacciavo alla finestra, e lo chiamavo a lungo, gridando. All’alba corsi nuovamente per le strade deserte, fra le mute facciate delle case che, sotto il cielo livido, parevano di carta sporca. Non appena si fece giorno, corsi alla prigione municipale dei cani. Entrai in una stanza grigia, dove, chiusi in fetide gabbie, gemevano cani dalla gola ancora segnata dalla stretta del laccio del chiappino. II guardiano mi disse che forse il mio cane era rimasto sotto una macchina o era stato rubato, o buttato a fiume da qualche banda di giovinastri. Mi consigliò di fare il giro dei canai, chi sa che Febo non si trovasse nella bottega di qualche canaio?
Tutta la mattina corsi di canaio in canaio, e finalmente un tosacani, in una botteguccia di Piazza dei Cavalieri, mi domandò se ero stato alla Clinica Veterinaria dell’Università, alla quale i ladri di cani vendono per pochi soldi gli animali destinati alle esperienze cliniche. Corsi all’Università, ma era già passato mezzogiorno, la Clinica Veterinaria era chiusa. Tornai a casa, mi sentivo nel cavo degli occhi un che di freddo, di liscio, mi pareva di aver gli occhi di vetro.
Nel pomeriggio tornai all’Università, entrai nella Clinica Veterinaria. Il cuore mi batteva, non potevo quasi camminare, tanto ero debole e oppresso dall’ansia. Chiesi del medico di guardia, gli dissi il mio nome. II medico, un giovane biondo, miope, dal sorriso stanco, mi accolse cortesemente e mi fissò a lungo prima di rispondermi che avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarmi.
Apri una porta, entrammo in una grande stanza nitida, lucida, dal pavimento di linoleum azzurro. Lungo le pareti erano allineate l’una a fianco dell’altra, come i letti di una clinica per bambini, strane culle in forma di violoncello: in ognuna di quelle culle era disteso sul dorso un cane dal ventre aperto, o dal cranio spaccato, o dal petto spalancato:
Sottili fili di acciaio, avvolti intorno a quella stessa sorta di viti di legno che negli strumenti musicali servono a tender le corde, tenevano aperte le labbra di quelle orrende ferite: si vedeva il cuore nudo pulsare, i polmoni dalle venature dei bronchi simili a rami d’albero, gonfiarsi proprio come fa la chioma di un albero nel respiro del vento, il rosso, lucido fegato contrarsi adagio adagio, lievi fremiti correre sulla polpa bianca e rosea del cervello come in uno specchio appannato, il groviglio degli intestini districarsi pigro come un nodo di serpi all’ uscir dal letargo. E non un gemito usciva dalle bocche socchiuse dei can i crocifissi.
Al nostro entrare tutti i cani avevano rivolto gli occhi verso di noi, fissandoci con uno sguardo implorante, e al tempo stesso pieno di un atroce sospetto: seguivano con gli occhi ogni nostro gesto, ci spiavano le labbra tremando. Immobile in mezzo alla stanza, mi sentivo un sangue gelido salir su per le membra: a poco a poco diventavo di pietra. Non potevo schiuder le labbra, non potevo muovere un passo. Il medico mi appoggiò la mano sul braccio, mi disse: “coraggio”. Quella parola mi sciolse il gelo delle ossa, lentamente mi mossi, mi curvai sulla prima culla. E di mano in mano che progredivo di culla in culla, il sangue mi tornava al viso, il cuore mi si apriva alla speranza. A un tratto, vidi Febo.
Era disteso sul dorso, il ventre aperto, una sonda immersa nel fegato. Mi guardava fisso, e gli occhi aveva pieno di lacrime. Aveva nello sguardo una meravigliosa dolcezza. Non mandava un gemito, respirava lievemente, con la bocca socchiusa, scosso da un tremito orribile. Mi guardava fisso, e un dolore atroce mi scavava il petto. “Febo” dissi a voce bassa. E Febo mi guardava con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Io vidi Cristo in lui, vidi Cristo in lui crocifisso, vidi Cristo che mi guardava con gli occhi pieni di una dolcezza meravigliosa. “Febo” dissi a voce bassa, curvandomi su di lui, accarezzandogli la fronte. Febo mi baciò la mano, e non emise un gemito.
Il medico mi si avvicinò, mi toccò il braccio: “Non potrei interrompere l’esperienza” , disse, “è proibito. Ma per voi… Gli farò una puntura. Non soffrirà”.
Io presi la mano del medico fra le mie mani, e dissi, mentre le lacrime mi rigavano il viso: “Giuratemi che non soffrirà”.
"Si addormenterà per sempre", disse il medico, "vorrei che la mia morte fosse dolce come la sua".
Io dissi: “Chiuderò gli occhi. Non voglio vederlo soffrire. Ma fate presto, fate presto!”.
"Un attimo solo" disse il medico, e si allontanò senza rumore, scivolando sul molle tappeto di linoleum. Andò in fondo alla stanza, apri un armadio.
Io rimasi in piedi davanti a Febo, tremavo orribilmente, le lacrime mi solcavano il viso. Febo mi guardava fisso, e non il più lieve gemito usciva dalla sua bocca, mi guardava fisso con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Anche gli altri cani, distesi sul dorso nelle loro culle, mi guardavano fisso, tutti avevano negli occhi una dolcezza meravigliosa, e non il più lieve gemito usciva delle loro bocche.
A un tratto un grido di spavento mi ruppe il petto: “Perchè questo silenzio?”, gridai, “che è questo silenzio?”.
Era un silenzio orribile. Un silenzio immenso, gelido, morto, un silenzio di neve.
Il medico mi si avvicinò con una siringa in mano: “Prima di operarli”, disse, “gli tagliamo le corde vocali”.
(“La Pelle” di Curzio Malaparte)
 
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ludwig

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Chiudi gli occhi e rilassati...usa la tua immaginazione per riportare alla mente il ricordo di
un episodio della vita in cui sei stato bene,felice e soddisfatto.Rivedi i particolari,senti le
emozioni di quel momento.Cerca di ricordare il tuo stato d'animo...la luce che c'era nei suoi
occhi...la gioia che c'era nel tuo cuore.Se non hai avuto la fortuna di una scopata memorabile,
cerca d'immaginare qualcosa che non è accaduto,ma che vorresti accadesse in futuro.Puoi costruire
nella tua mente la sceneggiatura di un film porno che ti vede protagonista mentre realizzi il
sogno della tua vita.Arricchisci le immagini di particolari eccitanti,usa tutti i tuoi sensi..
osserva cosa c'è vicino a te...tocca..gusta...odora...senti.

Infine,assapora l'emozione che provi...finalmente appagato.



(Metodo Zen per risparmiare qualche centone)

 
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ludwig

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Non confondere mai l'intelletto con l'intelligenza:sono poli opposti.
L'intelletto appartiene alla testa;ti viene insegnato da altri,ti viene imposto.
Devi coltivarlo,è una cosa presa in prestito,una cosa estranea;non è innato.
Invece l'intelligenza è innata...è il tuo stesso essere,la tua stessa natura...sei tu.


Osho
 
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Glenda Cherubino

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La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario. (Albert Einstein)
 
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" Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa. "

D.A.

:wink:
 
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sul lago
Più che vergognarti di confessare la tua ignoranza, vergognati d'insistere in una sciocca discussione che la rivela.
E. j.
 
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