racconti e fantasie erotiche

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Passai da quelle parti come facevo d'abitudine. Quei viali, quelle strade, quei marciapiedi erano la mia seconda casa. Anzi, potrei azzardare pure la prima, dopo la mezzanotte almeno. Conoscevo ogni angolo, ogni ciottolo e soprattutto ogni ragazza che frequentava regolarmente quel quartiere. E molte che non lo facevano regolamente. Mi dilettavo a parcheggiare da qualche parte per poi passare in rassegna le presenze. Fare quattro chiacchere. Scopare con quella (o quelle) che quella sera mi attizzavano. Non c'erano mille controlli. Anche tra le lavoratrici c'era rispetto ed il lato malavitoso del loro tirare a campare era molto limitato. Ed isolato da chi faceva, e voleva fare, solo il mestiere. Capitava spesso che, per abitudine o amicizia, si consumasse anche gratuitamente. Fidelizzazione del cliente o customer retention si direbbe al giorno d'oggi. Ebbene sì, erano altri tempi. Migliori? Eravamo tutti più giovani e liberi da impegni sociali quindi certamente migliori. Non che ci sia da piangersi addosso per i tempi moderni. Non mi lamento. Nè rimpiango. Solo ricordo. Appunto, ricordo. Passai da quelle parti come d'abitudine. Parcheggiai nella solita zona dell'ospedale. Al tempo la rotonda che segnava l'inizio della zona di caccia aveva uno sterrato intorno con una pensilina del pullman in alluminio. Non si poteva ancora parcheggiare. L'ampio spazio con bar e stazione dei bus che c'è oggi era solo una lontana chimera. Il primo posto disponibile era lì, in zona ospedale. Scendo dalla macchina e mi metto in cammino proprio verso la rotonda. Subito nel parcheggio dopo il mio noto una macchina ferma con persone a bordo. Conoscendo il posto so già che lì dentro qualcuno stava consumando. E probabilmente conosco anche la ragazza. Ehm, forse è il caso di precisare, io parlo di ragazze perchè per me tali sono ma quel quartiere è frequentato da t-ragazze. Oggi esclusivamente, al tempo lo era per lo più. Ma, mi rendo conto, sto divagando.

Dicevo, probabilmente conosco anche la ragazza che sta consumando ma non voglio di certo disturbare o star lì a guardare (anche se so che a lei farebbe piacere). Continuo per la strada. Percorro un centinaio di metri e sento una portiera aprirsi. "Carlo!" era il mio nome da battaglia. Non urlato ma quasi chiamato sottovoce. Mi giro. Come immaginavo, era lei, Samantha. Mi fa cenno di avvicinarmi. La raggiungo. Baci e abbracci. "Dove scappi senza salutare?". "Non volevo disturbare mentre lavori". "Macchè lavoro! Son qui con Sabrina!" Avevo evitato di guardare dentro la macchina per paura di rovinare la privacy di un avventore ma ora lo faccio:"Oh mamma, ma ti sei comprata la macchina? Ciao dolcezza!" Sorriso a trentacinquemila denti e mi saluta scendendo dall'auto. Era una giornata di metà settimana, non avevano molto lavoro in quei giorni quindi ci si poteva fermare a chiaccherare del più e del meno senza troppi problemi. Conoscevo entrambe da tempo e sapevo essere molto amiche. Avevamo anche scopato più volte insieme. A coppie ma anche in trio. Tra le varie cose che ci si è detti è che erano arrivate delle ragazze nuove. "Di certo ne troverai alcune per tradirci, stronzo!" disse Sam ridendo. "Ma va, lo sai che io sono abitudinario e fedele, non avrò altra donna all'infuori di te!" Altra risata e nel mentre Sam mi prende la mano e se la mette sul pacco. In tiro. "Questa sera non ho ancora scopato, se arriva un cliente potrei anche fare una brutta figura e venire subito. Sabry, che dici se ci scopiamo questo giovane ragazzo prima che ce lo rubino le nuove ragazzine?" Beh, io italianizzo la discussione ma in realtà è avvenuta con accento portoghese/spagnolo/bergamaschizzato. Sabrina mi fa salire in macchina davanti, Samantha dietro ed andiamo in un posto più tranquillo. Una gran scopata a tre. Penso una delle migliori della mia vita. Non entro nei dettagli perchè, in realtà, non è questo l'argomento di cui volevo parlarvi. Era solo per introdurre il contesto. Sfatto come un calzino, le due t-gatte mi riportano in zona di caccia e mi lasciano proprio alla fermata del bus. "Scendi qui e fatti un giro, almeno conosci le nuove" così mi dice Sabrina mentre Samantha:"Tanto per questa sera non ne hai più per tradirci!" E partono altre grasse risate.

Riprendo il cammino. Anche se incerto, vuoto, senza quella spinta della ricerca del coito che normalmente accompagnava quel passeggiare. Perchè alla fine lo scopo era quello. E quella sera avevo già abbondantemente dato. Passeggio partendo dalla rotonda passando dall'ospedale ed arrivando fino alla zona industriale. Saluto tutte le conosciute con le quali non potevo esimermi dal trattenermi qualche minuto. Quella sera il lavoro scarseggiava visto che ho ricevuto inviti (anche gratuiti come il precedente o a prezzo scontato) ad andare a fare un giro insieme. Poi, a quelle con cui avevo più confidenza, rivelavo chi mi aveva accalappiato prima quindi desistevano subito. Quasi tutte le ragazze note erano accompagnate dalle novelle. Ne conobbi almeno sette, quella sera. Varia varietà. Le accomunava l'età piuttosto giovane ma, per il resto, c'era la possibilità di scegliere in base ai propri gusti. Grasse, magre, culone, filiformi, bionde, more, tettute, femminili, androgine ... Chi più ne ha. Ero rimasto colpito da qualcuna in particolare? Sì ma anche no. A quell'età te le saresti fatte tutte, una in fila all'altra, ma nessuna mi colpì particolarmente. Ma passai una piacevole nottata piantando le basi per futuri fruttuosi rapporti. Finiti i giri canonici faccio ritorno verso l'ospedale. Era ora di tornare a casa. Prima di arrivare all'ospedale c'era (e c'è tuttora) un distributore di benzina. Gli passo davanti e dalla parte opposta delle carreggiata vedo una figura che non distinguo bene perchè praticamente al buio. I fari di una macchina la illuminano e noto una pelle particolarmente chiara. Non bianca ma chiara rispetto alla media delle ragazze del posto. Faccio cenno di attraversare la strada ma mi rendo conto che è lei ad attraversare e venire proprio verso di me. Più si avvicina e più rimango fermo. Non so perchè ma quel suo incedere mi ipnotizza. I capelli erano scuri, le arrivavano alle spalle. Era giovane. Aveva un aspetto che ... Non so. Sembrava quasi sospettosa, forse impaurita. Non aveva un incedere spavaldo. Quando raggiunge il marciapiede dal mio lato sono io che le vado incontro ma lei sembra volermi evitare. Non sono mai stato piccolo e minuto quindi posso comprenderla. Già da qualche metro cerco di rompere il ghiaccio con un sorridente "Ciao!". Mi risponde quasi sussurrando. Continuo:"Ciao bella, cosa fai qui tutta sola?" domanda retorica e lei non sa bene cosa rispondere. "Sei appena arrivata?" "Sì, autista mi ha lasciato di là di strada". Per essere una nuova del posto già si fa capire bene in italiano. Non ci sono maestre nei dintorni quindi non avrò trattamenti di favore ma di lei mi colpiscono subito i lineamenti del viso ma, soprattutto, gli occhi. Uno sguardo al momento certamente impaurito, scoprirò che era la prima notte ed era appena arrivata, ma allo stesso tempo dolce e sicuro. Mi innamorai subito del suo sguardo. Beh, visto che eravamo in una situazione di stallo, inizio a mercanteggiare la prestazione. Non ricordo seeravamo già in regime di euro o si era ancora in regime di lire comunque so che ci accordammo per un ventello. "Dove andiamo?" mi disse lei. Non era esperta e gli avevano fatto vedere un posto per andare in macchina ma a piedi? L'ho subito liberata dall'impaccio e le dico che possiamo appartarci dietro il distributore.

Andiamo dietro. Lei è titubante. Non sa bene da che parte iniziare. Meglio, sa da che parte iniziare e cioè dal prendere i soldi ... Ma poi rimane un po' incerta. Le prendo la mano e la metto sul mio pacco e faccio la stessa cosa con la mia. La accarezzo e mi faccio accarezzare. Cerco di avvicinare il viso per testare fin dove poteva arrivare e lei si scosta concedendo solo la guancia. Non mi lamento. Comprendo. Ma la situazione rimane nuovamente in stallo. Non proprio in realtà. Sia io che lei iniziamo ad avere grossi argomenti in mezzo alle gambe. Le chiedo cosa vuole fare e lei mi risponde:"Quello che vuoi tu". Da quelle poche parole è uscito tutto il suo istinto sudamericano che porta all'assecondare il volere del partner alla ricerca della soddisfazione. Quell'istinto che un tempo era presente in molte ragazze sudamericane e che poi con il tempo spariva. Comunque, da quell'invito, ho iniziato con l'invitarla ad abbassarsi per prenderlo in bocca. L'ha fatto senza remore e con buona maestria fin quando non decido di ricambiare il favore. Un uccello di dimensioni degne si era prospettato davanti al mio viso e si è visto che lei apprezzava le mie doti orali anche più di quanto ho apprezzato io le sue. Da lì la situazione si è scaldata a livello impensabile. Quella ragazzina impaurita, timida e quasi impacciata si è rivelata una leonessa. Abbiamo scopato per almeno un'ora e mezza ritrovandoci completamente nudi, con i piedi nudi sull'asfalto. Abbiamo provato diverse posizioni, dalle classiche a quelle meno classiche. Ricordo di essere venuto due volte, la prima mentre mi scopava e la seconda dentro il suo fantastico culetto mentre si dimenava. Lei non cedeva e continuava ad averlo duro, durissimo. L'ultima posizione è stata con lei seduta su una specie di lavandino di pietra ed io che mi impalavo su di lei. Ad un certo punto, avvinghiati, lei mi da alcune spinte più forti ed inizia a digrinare le labbra fino allo sfogo finale che diventa un bacio con la lingua durato diversi secondi mentre sentivo il calore del suo seme dentro di me. Ovviamente nel gommino. Non ci siamo manco rivestiti, ci siamo seduti a terra sfiancati, sfiniti. Ricorderò sempre il suo commento:"Bella l'Italia!". Scoppiai a ridere e pure lei. Non so quanto siamo rimasti lì prima di rivestirci ma, a parte il commento precedente, è stato un lungo momento di silenzio. Mi alzo per primo. Mi ripulisco ed inizio a cercare di sistemare i miei vestiti prima di indossarli. La guardo ancora sfinita a terra. Le porgo la mano per invitarla ad alzarsi e lei accoglie l'invito. Si alza e subito mi abbraccia e mi regala un altro bacio da massima soddisfazione. Limoniamo ancora un po'. Nessuno vuole interrompere quel momento magico. Forse pensando che potrebbe non tornare più. Quattro parole e ci si saluta dopo esserci ricomposti alla bene e meglio.

Ci rivedremo ancora, a partire dalla notte seguente per arrivare a molte altre nei pochi successivi anni in cui lei ha frequentato quei lidi. Ho avuto altre nottate memorabili ma quella "prima" è impossibile da dimenticare. Impossibile che legga. Ed anche se fosse potrebbe non riconoscersi. Ma voglio comunque dirle qualcosa ... Grazie, amica mia. Grazie occhibelli.
 
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Alle cascate del mulino a Saturnia lei ci era già stata, anni prima con amici di Roma e adesso per la nostra vacanza itinerante in Toscana di fine luglio era diventata obiettivo da non mancare. Me ne aveva parlato in toni così entusiastici che non vedevo l ora di arrivarci e provare questo bagno caldo termale in questo ambiente all aperto libero, un po' freak e dove si respirava giovinezza e libertà (e pure fumo di canne) Ci arrivammo nel tardo pomeriggio e ci immergemmo subito nell acqua calda tra gli schiamazzi di varie comitive. Un ora circa e la fame si faceva sentire, cercammo un osteria poco lontana che ci avrebbe fornito anche una camera per la notte. Ricordo ancora tagliatelle al sugo di lepre e un ottimo vino. Per il dopo cene lei aveva già tutto in mente: con il buio le cascate si trasformano in paesaggio Dantesco: fumo che sale dall acqua pare di stare all inferno. Ma inferno non è. Ci avvicinammo al corso d'acqua che precede la cascata, un breve tratto dove immersi, ci stanno due tre persone al massimo, ma devi trovare il punto giusto , un ansa per non farti trascinare dalla corrente. Pila e ascigamano sul bordo e poi giu nell' acqua calda. Immaginavo come sarebbe finita, ma lasciai a lei l iniziativa. E lei fu terribilmente sensuale e irresistibile, ogni suo gesto incredibilmente erotico e coinvolgente, dal togliersi i due pezzi di costume e farsi prendere e baciarmi come poche altre volte. Uno di fronte all altra ci riempimmo di noi. Lo rifacemmo anche in albergo, ma non fu la stessa magia. Lo facemmo altre cento volte, ma mai con quell intensità. Finito il covid e il distanziamento sociale mi piacerebbe tornarci a Saturnia. Lei , che nel frattempo mi ha sposato e non ne vuol più sapere, direbbe certamente che sono matto da legare e che rischierei l infarto. Non mi resta che augurare una notte magica a Saturniaa chi se le puo permettere, alla faccia di questo 2020 da schifo. ?
 
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In uno dei suoi tanti spostamenti (mi pare fosse diretta a Brescia) le scrissi che l’avrei raggiunta al mattino seguente. Lei mi rispose con un messaggio che indicava l’indirizzo esatto del loft che si apprestava a raggiungere. Come con tono di sfida. Del resto c’è chi quelli come me li mette alla porta appena ne sente il “lezzo” e chi invece prova una sorta di stimolo. Come se fosse una competizione, senza sapere esattamente con chi. Le seconde sono solitamente le migliori, quelle curiose, quelle sicure di sé.​

Rimanemmo a chattare per tutto il suo tragitto, ci scrivevamo soltanto, finché non giunse a casa. Era in mezzo al nulla. La trovò vuota ed era troppo stanca e troppo tardi per cercare un market aperto. Mentre si lamentava del fatto che non le avessero lasciato nemmeno un secchio e una pezza, le ordinai la cena. Inserii il suo numero “business” e l’indirizzo che mi aveva dato. Non sapevo nemmeno se fosse giusto. Dovette pensare ad uno scherzo quando un fattorino chiamò il suo topafonino. Invece era una love box di sushi. Aveva la voce rotta dalla gioia nei volcali che mi inviò per ringraziarmi. Per così poco? Ebbene sì.​
Nella sua dolce ingenuità, ricordo che mi disse:​
“Avessi visto come mi guardava il fattorino quando gli ho pure lasciato 5 euro di mancia”. Aspè, ma fai vedere te come gli hai aperto la porta a questo, manda na foto...e grazie al cazzo! Non guardava mica I 5 euro quello!!! ?​
Quando sono andato via, ieri pomeriggio, le ho rimandato il fattorino, stavolta con una confezione di fiocchi di neve di Poppella, dolci, tondi e soffici come il suo décolleté.​

 
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In uno dei suoi tanti spostamenti (mi pare fosse diretta a Brescia) le scrissi che l’avrei raggiunta al mattino seguente. Lei mi rispose con un messaggio che indicava l’indirizzo esatto del loft che si apprestava a raggiungere. Come con tono di sfida. Del resto c’è chi quelli come me li mette alla porta appena ne sente il “lezzo” e chi invece prova una sorta di stimolo. Come se fosse una competizione, senza sapere esattamente con chi. Le seconde sono solitamente le migliori, quelle curiose, quelle sicure di sé.​

Rimanemmo a chattare per tutto il suo tragitto, ci scrivevamo soltanto, finché non giunse a casa. Era in mezzo al nulla. La trovò vuota ed era troppo stanca e troppo tardi per cercare un market aperto. Mentre si lamentava del fatto che non le avessero lasciato nemmeno un secchio e una pezza, le ordinai la cena. Inserii il suo numero “business” e l’indirizzo che mi aveva dato. Non sapevo nemmeno se fosse giusto. Dovette pensare ad uno scherzo quando un fattorino chiamò il suo topafonino. Invece era una love box di sushi. Aveva la voce rotta dalla gioia nei volcali che mi inviò per ringraziarmi. Per così poco? Ebbene sì.​
Nella sua dolce ingenuità, ricordo che mi disse:​
“Avessi visto come mi guardava il fattorino quando gli ho pure lasciato 5 euro di mancia”. Aspè, ma fai vedere te come gli hai aperto la porta a questo, manda na foto...e grazie al cazzo! Non guardava mica I 5 euro quello!!! ?​
Quando sono andato via, ieri pomeriggio, le ho rimandato il fattorino, stavolta con una confezione di fiocchi di neve di Poppella, dolci, tondi e soffici come il suo décolleté.​



Ma,fammi capire una cosa,devo appecorarmi anch'io per avere due poppelle??????
 
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In nome della democrazia e dell’egualitarismo, temo proprio di sì ??
Si proni, si appecori! ?
 
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A proposito di pasticceri napoletani...
Metà anni 90, corso di formazione a Roma, aprile, clima fantastico. Colleghi da tutta Italia, pagati a diaria che vuol dire ognuno si sceglie albergo e ristoranti, se riesci puoi anche risparmiare, di sicuro metti via lo stipendio. Ma io sono single, ho meno di 30anni, scoppio di salute, sono un po' imbranato con le donne, ma sono quei momentidove tutto gira e ti senti immortale. I colleghi sono giovani come me, tempo pochi giorni e si formano i gruppetti, alla sera i trasfertisti si godono ristoranti, cabaret, locali o anche solo una passeggiata nel centro storico. Lei è napoletana, ha 26 anni, si chiama Lucia, a Napoli dice di avere un moroso che dovrà sposare; all inizio é timida, quasi scostante, poi piano piano si scioglie. Il nostro gruppetto serale varia dai 5 agli 8 componenti e ovviamente ci sono tutti i gusti: il rampante che parla solo di lavoro e si sogna megadirettore galattico, il playboy che fa la corte a tutte, il comico sposato che ci fa scoppiare di risate ,la figona che se la tira un po' troppo, la moglie di Voghera che si da alla bella vita senza marito e figli e poi ci sono io, come detto un po' impacciato ma che viene fuori alla distanza. Almeno con Lucia. Scopriamo passioni comuni, prima la musica, Simple Minds, Depeche Mode, poi libri e alla fine i viaggi: sognamo l India, il Messico, le Galapagos. E ci scopriamo vicini di banco, anche al ristorante. Nel primo fine settimana lei torna a casa, a Napoli, io resto a Roma, ma giro da solo, voglio starmene tranquillo e visitare quello che mi piace, lontano dalle rotte turistiche. Ma ripenso a lei, minuta ma con due tette fantastiche, mai una gonna, solo pantaloni ma belli aderenti, anche il lato b attirava l attenzione. E quello che era all inizio uno sguardo severo stava diventando un espressione solare che ben si abbinava al suo accento napoletano. Ma come detto io ero un po' defilato, lontano dai riflettori (Ringostarr da sempre!) nel gruppo non tenevo banco e le mie battute arrivavano sempre troppo tardi. Ma lei mi disse un giorno che avevo un senso dell ironia fantastico, bello perché mai sopra le righe, puntuale, sornione, che faceva pure riflettere. Un pomeriggio alla caffè della tazza d oro , vicino al Pantheon mi disse una cosa tipo: "ma quanto tempo ti ci vuole per provarci con una ragazza?" Forse avrei dovuto buttarmi subito, ma avevo paura, non mi sembrava vero. Aleggiava sinistra anche la figura del fidanzato che di sicuro era un pugile che si allenava a Forcella. Il giorno dopo buttai li: "ma lo sai che non sono mai stato a Napoli?" E lei subito "Orrore e sacrilegio, ci devi venire questo fine settimana e io ti farò da cicerone". Le mie speranze subirono un duro colpo quando mi trovò una bella stanzetta singola in un albergo da amici, io pensavo già di finire a casa sua. Quando lei disse " così ti senti più libero e siamo più comodi" come un fesso non compresi che anche lei voleva essere più libera e lontana da occhi indiscreti. Venerdì sera non successe nulla, lei dal fidanzato io a vagare sul lungomare, ma il giorno dopo mi porto' davvero in giro per la città, orgogliosa e solare più del solito, jeans e polo bianca: per me era uno schianto. Da Scaturchio ( eccolo il pasticcere!) mi fece assaggiare le sfogliatelle e la pastiera. "Alla fine si fa così!", mi disse in mezzo alla strada e succhio' le mie dita che ancora portavano residui di quelle prelibatezze. Solo che io puntai alle sue labbra, e lei si lasciò andare e non fui più Ringostarr ( qualcuno fece una battuta in napoletano che io non capii, ma lei rise di gusto). Il giro fini in albergo con una sessione prima e una dopo cena e insomma me la mangiai tutta, come se davvero fosse la pastiera più buona del mondo. La storia fini li, ci sentimmo ancora, si sposò e si licenzio per un altro lavoro. Oggi ho paura a cercarla su facebook per trovarla sbiadita, ingrassata e paura che lei veda me pure invecchiato male. Mi sono fatto anche spedire una pastiera da Scaturchio anni dopo, ma sarà leggenda metropolitana, però arrivata qui, dopo un viaggio in treno e con l aria di Torino, non aveva proprio il gusto di quella assaggiata là, con Lucia
 
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Berlino, primi anni novanta. Io e tre amici decidiamo di visitarla in un week end lungo. Prenotiamo un albergo e raggiungiamo la meta dopo un lungo viaggio in auto. Va bene il muro caduto, i monumenti, la città in trasformazione, ma scopo quasi principale è tentare di conquistare qualche bellezza locale. La prima sera ci indirizzano in una mega sala discoteca concerti che mi risulta esista ancora, il Metropol. Troviamo gente di tutti i tipi e una buona varietà di musica. I miei amici partono alla ricerca di prede, io sono un po' stanco e un po' imbranato (ma questo lo sapete già) e resto seduto su un divanetto a godermi la musica, le tipe che ballano e un cuba libre. Poi si avvicina una ragazza, ci siamo scambiati pochi sguardi da lontano, e mi chiede se sono tedesco. Quando gli dico che sono italiano sorride e attacca bottone parlando spagnolo: mi racconta che è una studentessa di Granada, qui per imparare la lingua, che adora l'Italia e che i tedeschi pensano solo a ubriacarsi. Me la ritrovo a fianco sul divanetto, io ovviamente sono un po' a disagio ma posso raccontare dei miei viaggi in Spagna e lei ride divertita delle mie disavventure in terra iberica. Si chiama Isabel , dice di avere 21 anni, non è uno schianto ma carina, capelli biondi tinti, viso un po' mascolino ma fisico a posto, il mio amico dice "un discreto telaio". Mi chiede di uscire a prendere un po' d'aria, fa caldo c'è ressa e passa brutta musica:fuori facciamo due passi ma girato l'angolo mi mette la lingua in bocca e mi lascia senza respiro. Io tento di reagire da maschio latino ma lei é già più avanti e la sua mano preme sui miei amichetti li sotto. Quando mi chiede dov' è il mio albergo comincio a temere sia una prostituta o una ladra con complice un lanciatore di giavellotto della Ddr pronto ad infilzarmi come un pollo. Gli dico che l albergo é troppo lontano ma la mia auto é vicina: così mi ritrovo sui sedili dietro con Isabel che attacca i miei jeans e parte con un pompino galattico; fino a quella sera avevo goduto di sesso orale scarso, svogliato della serie "lo faccio ma ne farei a meno" invece lei é avvolgente e famelica, una sanguisuga. Mi scarico in fretta, lei ingoia tutto, soddisfatta e invece del conto mi chiede di rivederci l'indomani.
Ovviamente i miei amici mi sollecitano a non perdere l'occasione, lasciando perdere le paranoie e così 12 ore dopo mi ritrovo davanti a Kranzler, famosa pasticceria berlinese, in attesa di Isabel. E lei arriva, capelli legati, anfibi e un cappottino rosso: mi pare molto più bella della sera prima. Un breve giro per Berlino e poi mi porta a casa sua: ha una stanza di affitto in periferia, la padrona di casa che vive con lei è una vecchia zitella che adora la musica classica italiana e parte con un pippone inarrestabile: Isabel abbozza ma poi la stronca (una frase secca in tedesco che poteva essere "basta nonna che adesso me lo voglio scopare! ".:p E nella sua stanza inizia un giro di giostra fantastico, un salto al chiosco per un panino con i wurstel e poi secondo tempo fino a notte inoltrata. Ad un certo punto, quello dell'orgasmo , mi scappa un "Madre de Dios, Isabel!" e lei riderà pare cchio. Al mattino mi sveglio con l odore di caffè in stanza, una ricca colazione e lei che porta addosso solo una specie di vestaglia scollata corta, senza mutande e reggiseno. Me la scopo seduto sulla sedia, la mia bocca tra le tette e me la ricordo ancora calda e vogliosa ed io che affondavo come un coltello nel burro. Nel pomeriggio faremo ancora un giro nel parco e stavolta sarò io a prenderla da parte, contro un muro di cinta esplorandola con le mani e con la lingua, niente sesso estremo ma volevo andarmene con il suo odore appicciccato addosso. Tempo un mese e tornerò da lei, da solo, per tre giorni ancora, stesso copione di sesso e passione e un cofanetto di cd di musica classica per la vecchia ;). Poi lettere, cartoline, la distanza e il tempo e la storia finisce. Non poteva andare diversamente, nessun rimorso, nessun rimpianto. Solo che ancora oggi, in inverno , mi capita ogni tanto di scorgere sul vagone della metro, studentesse con un cappottino rosso, gli anfibi a volte pure bionde. Allora sorrido e mi scappa sottovoce un "MADRE DE DIOS, ISABEL!".:cool:
 
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attenzione, questo racconto non ha un happy end, siete avvisati.
Raffaella, Raffy per gli amici è la migliore amica di Sabrina, una gran bel pezzo di gnocca che tutti vorrebbero trombare.
Sabrina è alta, bionda, veste bene e in maniera provocante, spigliata, simpatica e pur avendo un bel telaio non se la tira nemmeno tanto; quando la inviti si porta dietro sempre Raffy che pure lei è alta e con un bel fisico, ma veste male, trasandata, con un naso aquilino e un espressione sempre truce, incazzata con il mondo e se le rivolgi la parola ti risponde piccata e acida. E' brava e intelligente, ti tratta con superiorità come fossi un bifolco e quindi nessuno se la fila: a volte la chiamiamo "tappezzeria".
Ovviamente tra maschi si vocifera con cattiveria che sia pure frigida, che non prenda in considerazione nemmeno baci sulle guance e che morirà zitella. In realtà pare che Sabrina un giorno in sua assenza abbia raccontato di lei cose poco gradevoli: un padre che picchia la moglie, un fratello mezzo scemo e l'alcool che scorre a fiumi nella sua casa; (alcolizzati padre, madre e forse pure lei che di nascosto, affonda delusioni e sconforto nei fondi di bottiglia che trova sparsi nell'alloggio).
Estate, toga party stile Animal House in una casa in campagna di un nostro amico nel Monferrato.
Il tasso alcoolico sale rapidamente ma io, dopo una serie di ciucche orribili che mi hanno sconquassato lo stomaco, decido di andarci piano.
Nella confusione e nel deragliamento generale trovo Raffy in giardino, seduta su un ceppo, con un bicchiere in mano, lo sguardo nel vuoto, l'espressione triste (anche stasera nessuno le ha rivolto la parola); siccome la confusione mi sta un po disturbando la invito a farsi un giro fuori con me,
c'è una bella chiesetta su una collina, l'aria è tersa, si vedono le luci sulle colline circostanti.
Accetta e ci incamminiamo, puzza di alcool ma sembra ancora lucida, cammina bene, parla a monosillabi ma con un senso compiuto.
Ci ritroviamo sulla collina, dietro la chiesa, al buio, sull'erba; dato che vorrei evitare le sue folate mi siedo dietro di lei che si lascia andare e appoggia la sua testa sul mio petto. Mi sale un pensiero tinto e mi butto: da dietro le mie mani si fanno strada sotto il suo maglione verde mela e si appoggiano sulle tette, ha un reggiseno di quelli spessi ma dopo due carezze comincio a percepire l'eccitazione dei suoi capezzoli.
Mi arriverà uno schiaffone! E invece lascia fare , senza una parola, immobile; dopo tre minuti armeggio sul gancetto e sfilo la bardatura e finalmente posso palpare con più decisione a piene mani; lei comincia ad ansimare, temo si volti, non so se reggerò ad un bacio al johnnie walker;
Invece si alza , si sfila i jeans e si risiede, solita posizione, appoggia la sua schiena a me ed io rimetto le mani sulle bocce.
Inizia a toccarsi, prima piano, spostando appena le mutande e poi più velocemente; poi prende la mia mano e la avvicina proprio lì dove è gia calda e bagnata. ll mio medio cerca il punto sensibile e si mette in azione, lei gradisce , sento il suo battito crescere il suo respiro farsi affannato.
Non dirà una parola fino alla fine, quando la vedrò sciogliersi e crollare sfinita.
Io non ho mai pensato di trombarla, volevo solo capire se era davvero frigida o nascondeva dietro quello sguardo truce degli istinti repressi pronti ad esplodere alla prima occasione ...
Mi confessò che si masturbava spesso, e riconosceva di essere fredda e incapace di prendere l'iniziativa di fronte ad un ragazzo.
Il suo carattere ostile era la sua corazza, nessun cedimento, asserragliata nel suo fortino, temeva di fare brutte figure e finiva per autoisolarsi.
Con la scusa di bere qualcosa (che genio che ero!) cominciai ad invitarla in birreria, soli io e lei: parlavo solo io, lei apatica scarsi sorrisi.
Poi ci imboscavamo in auto nei posti più assurdi e ripartiva il gioco di lei che si faceva masturbare: le piaceva, anzi capii che usciva solo per quello quando cominciò a presentarsi con intimo provocante, calze a rete, top audaci, scollature vertiginose.
Una sera appena entrata nella mia auto ci tenne a farmi vedere che sotto la minigonna ascellare non portava le mutande: aveva già bevuto per cui saltammo la birreria. Poi dopo tre quattro volte mi chiesi se era il caso di provarci sul serio e l'occasione si presentò con la mia casa libera in un week end. Il copione iniziale praticamente uguale ma poi misi in chiaro che "stasera si tromba"; non disse nulla, si mise in posizione per la missionaria e lasciò fare, senza una parola, senza un bacio, chiudendo pure gli occhi. Non commentai, ma era solo leggermente meglio che scopare una bambola gonfiabile...
Ci vedemmo ancora , stesso copione, ovviamente mai e poi mai avrebbe accennato un pompino, nemmeno coperto. Io facevo il mio compito, mi sentivo soddisfatto, nelle ultime schizzai sulle sue tette magnifiche, ma non sembrò apprezzare.
C'è da dire che in quel periodo trombavo con regolarità la mia fidanzata di allora, quindi forse un po' cinicamente pensavo a divertirmi e, al limite,
mi sentivo tosto facendo godere una povera sfigata. Ma sono sempre stato gentile e non ho mai promesso nulla di più e lei era la prima a dire che andava bene così. una specie di toy boy ecco.
La persi di vista, seppi che trovò marito e mise al mondo due figli. La pensavo felice, finalmente libera di godere con il suo uomo e sentirsi appagata con la sua famiglia. Ma forse certi fantasmi non ti abbandonano mai: solo di recente ho rivisto Sabrina, ed è stata lei a dirmelo:
"Raffy si è suicidata, ti risparmio i particolari, aveva pure due figli".
Quando tra le tante cazzate che sparavo in birreria le citai una frase di Claudio Villa "Vita sei bella, morte fai schifo!" le scappò un sorriso.
voglio ricordarti così Raffy, ovunque tu sia.
(e perdonami se ti ho ricordato proprio qui, su un forum di scopatori seriali, ma prendila con ironia , dai!)
 
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Cronaca di una una giornata estiva.​

Un lampadario di dozzinale modernariato pende dal soffitto illuminando gli ospiti che, seduti in circolo su scomodissime vecchie sedie di legno, attendono in silenzio. La stanza è priva di arredamento e lungo le pareti buie dai vetri delle finestre chiuse si intravvedono gli ultimi attimi di un malinconico tramonto.​
- Buonasera ragazzi, oggi è qui con noi un nostro nuovo amico, vi presento Oblomov. Coraggio Oblomov, saluta i tuoi nuovi amici.​
- Buonasera a tutti, sono Oblomov e non sodomizzo una donna da circa due settimane.​
- Un applauso per il nostro Oblomov. (Applausi). Oblo, raccontaci perché ti sei rivolto a noi.​
Il rumore del telefono mi riporta nel mondo dei vivi, interrompendo quello che si sarebbe sicuramente trasformato in un incubo. Le vibrazioni continuano indefessamente a molestare il mio risveglio e io sono consapevole che quando si va oltre i dieci squilli non può essere che un call center o peggio, mia madre.​
Se non rispondo dopo il terzo squillo mi immagina con la schiuma alla bocca o già nel paginone del quotidiano.​
Titolo.​
"Dramma della solitudine. Stimato cittadino trovato in avanzato stato di decomposizione. I vicini hanno chiamato i vigili del fuoco per l'odore nauseabondo proveniente dal suo appartamento. È stato trovato accasciato sul tavolo di cucina davanti alla sua ultima cena: merluzzo bollito."​
Oggi avevo l'intera giornata libera e mi sarei potuto svegliare molto più tardi. Pazienza. Ho ugualmente cazzeggiato a lungo. Colazione, giornali, libri, tv accesa, tablet, email che arrivano e partono, sono totalmente connesso e allo stesso tempo distaccato da tutto.​
Sì ok, ma che faccio in tutto il giorno? È deciso: tiro fuori il mio lato femminile e mi dedicherò allo shopping in centro.​
Prima di uscire, giusto per non contraddire il sogno, seleziono qualche ragazza che potrebbe essermi utile a fine serata. Mi segno un paio di numeri e ne contatto subito una.​
Mi ricordo che l’avevo già chiamata un paio di volte e mi aveva fatto sempre una buona impressione, sebbene non concedesse il culo. Mi è sembrata una tipetta interessante e così, come spesso misteriosamente mi capita, la richiamo per sentire un po' se ha qualche novità da notificarmi.​
Dopo averle fatto i complimenti per il suo aspetto grazioso e per le foto reali, ribadendo che a foto reali spettano complimenti sinceri, le chiedo se fosse completa.​
Quella mi fa: “Se sei delicato sì”.​
"Oh baby, mica sono Freddy Kruger.”​
La sua risata contagiosa mi leva ogni remora e la avverto che stasera potrei farle visita.​
Tutto contento mi lavo e penso a quanto sia fortunata la ragazzetta a finire nelle mie grinfie, infatti ancora non sa che tutto il mio talento sarà convogliato su di lei e si riverserà attraverso un imbuto immaginario in quel piccolo e concentrico forellino nascosto al centro della mela Pink Lady che ha là dietro.​
Dopo la telefonata raggiungo il centro città.​
Scelgo accuratamente i negozi in relazione alla commessa. Mi diverte gigioneggiare con queste smorfiosette, ho un talento innato nell'entrare in confidenza e sparare cazzate con loro e poi tanto le ribecco tutte nel giro di alcune settimane, ci sarà tempo e modo di sferrare qualche zampata.​
Spicca per simpatia la tipa di una profumeria che pare molto interessata alla mia pelle diafana ed alla sua cura. C'ero già stato qualche settimana fa e mi diede dei buoni consigli. Mi avvertì di andarci piano col sole e suggerì una protezione straordinaria, poiché il mio fenotipo necessita di molta attenzione. Praticamente riuscì a vendermi una specie di preservativo per il corpo in formato spray che mi conserverà albino anche questa estate, perlomeno finché non lo butterò nel cesso.​
Mi piace essere coccolato.​
Più tardi faccio un salto in libreria e mentre giro tra gli scaffali incoccio lo sguardo di una mora talmente abbronzata da sembrare mulatta.​
La cosa va avanti per una decina di minuti e entrambi ci mostriamo furtivamente incuriositi dai reciproci gusti letterari. Va be', lasciamo perdere.​
Ci incontriamo ancora una volta alla cassa e poi sparisce tra la gente.​
Credo di essere ancora turbato dal sogno e incominciano a mulinare nella mia testa pensieri foschi.​
Ecco come può nascere un incontro a pagamento, mi dico, per frustrazione. La prostituta è spesso un tampone posato sopra qualcosa che non va, moglie, solitudine, noia, apatia. D'altra parte se uno fosse felice e appagato andrebbe a puttane? Credo di no, perlomeno a me non succedeva. In questo mio stato atarassico rappresentano una delle poche scosse vitali.​
Certo, ci sono quelli che considerano fare la prostituta il mestiere più normale del mondo e della stessa normalità rivestono queste esperienze. Magari li senti corteggiarle, mandare messaggini di auguri, affezionarsi, invitarle ad uscire, cosa che in altri ambiti lavorativi avviene sicuramente con meno frequenza..​
La prostituta forse è come un grande contenitore. Sei solo e dentro ci metti la solitudine, ti mancano le attenzioni e l'affetto di tua moglie e dentro ci inserisci la tua richiesta, ti mancano emozioni e dentro ficchiamo anche quelle.​
Una creatura plastica che si deforma a tuo piacimento. E poi ci sono i perversi e gli annoiati che dentro hanno un gomitolo aggrovigliato di sensazioni e che non sperano certo di curarsi con una prostituta ma che vanno semplicemente per sfogarsi con oggettini sessuali, antistress da un’oretta. Chissà, mi chiedo, se l’esigenza sessuale sia sempre predominante.​
Dopo la vista della moracciona e il ricordo del sogno inizia a formarsi nella mia testolina l'immagine sfocata di qualcosa di rotondo.​
Lentamente ne riesco a scorgere i dettagli: una linea di separazione centrale, nel mezzo una leggera apertura circolare appena accennata e più giù un'altra apertura meglio delineata.​
Ma... forse... sì, sembra lui, certo che è lui. È un culo.​
Qualche ora prima avevo selezionato dei culi da chiamare solamente in caso di emergenza e quella emergenza si sta manifestando in maniera prematura.​
Sono già mezzo eccitato e non so nemmeno perché. Mi viene la smania di chiamare una di queste tipe proprio in quel momento, in una via centrale piena di turisti e concittadini al pascolo.​
Mi infilo in un vicolo leggermente meno affollato e poi nella rientranza di un portone, cercando un po' di riparo dalle orecchie della folla.​
Compongo il numero e col cellulare quasi interamente ficcato in bocca cerco di scoprire velocemente le notizie più importanti, anzi la più importante.​
Bofonchio le solite cose, ingobbito davanti al portone con la gente che quasi mi sfiora. Se avessi il bavero alzato potrei passare per un agente segreto o un cospiratore, ma solamente per l'atteggiamento perché in realtà ho la convinzione che il contenuto della telefonata sia noto a tutti, pure alla famigliola di tedeschi che mi guarda spaventata allontanando da me le due bambine biondissime.​
La chiamata durerebbe poco più di un minuto, ma la tipa dal bel culo all'altro capo non capisce cosa dico e io non capisco lei. Non faccio caso all'indirizzo e alla tariffa che in quel momento non mi interessano. Aspetto febbricitante l'unica informazione utile.​
Snocciola le prestazioni ma non sento bene o forse non la menziona, fatto sta che Lui non c'è. Le chiedo se può ripetere ma capisco meno di prima, la sua voce adolescenziale è timida e non aiuta. Inoltre con l'italiano non se la cava bene.​
Vado un po' sullo specifico: "Fai anche l'anale?"​
"Che?"​
"Fai anche l'anale?" Ripeto.​
"Coooome?" Risponde un po' alterata.​
"A-NNAA-LLEE!" Sbotto.​
Esagero coi decibel in una specie di delirio da Trisomia 21.​
La strada diventa improvvisamente un fermo immagine e avverto gli sguardi della gente dirigersi verso di me in slow motion.​
Scappo perdendomi tra la folla della via centrale, col telefonino ancora ficcato in bocca e continuando quella conversazione delirante.​
"Ah cuuulo!" Dice allungando le U come una liberazione. "Sì certo, lo faccio." Ride.​
Ora di cena, appuntamento in centro. Ficco le buste in macchina e mi dirigo verso una simpatico locale, indeciso se mangiare all'aperto o no. Mentre scelgo il tavolo vedo arrivare la tipa della libreria con due amiche. Mi riconosce e lancia un sorriso così bianco che pare accecarmi, rispondo al sorriso e con un cenno della testa ci salutiamo.​
Lei sta fuori mentre io preferisco un tavolo all'interno. La vedrò volteggiare verso la toilette un paio di volte.​
Finalmente seduti a tavola, si parte con le ordinazioni.​
Trascorrono una decina di minuti e lo vedo subito, laggiù nell’entrata del locale che si guarda intorno. Immobile, con un sorriso beota e una finta aria sperduta. In realtà sa benissimo dove dirigersi.​
Si avvicina Rosario, un venditore di rose.​
Ecco, ci siamo mi dico.​
Come al solito tra tutti i tavoli presenti sceglie il mio, che era pure defilato. Non so perché ma questi qua li attraggo tutti come un magnete.​
La stessa cosa infatti mi capita in spiaggia. Per quanto possa essere affollata, già da 300 metri lo sguardo del venditore ambulante si incrocia col mio, nonostante ci separino file di ombrelloni e decine di esseri umani. Il tipo, appena mi nota, solitamente si fa largo a spallate tra la gente, trascinando l'immensa mole di mercanzia che si porta sulla schiena, poi sfiancato si inginocchia come un Cristo davanti a me, quasi abbattuto. Sparpaglia la sua roba nei venti metri circostanti e inizia a mostrarmela.​
Si parte dai capellini. Ce l'ho già, rispondo paziente e sollevando gli occhi al cielo glielo indico sopra la mia testa.​
Passa ai racchettoni, ma gli spiego che rappresento l'emblema della pigrizia e che non mi ci vedo più a rincorrere una pallina e a decapitare vecchietti nel bagnasciuga. Ho già dato.​
Non si arrende.​
Arriva la volta dei teli da mare che occuperanno lo spazio di un campo da calcio e venti minuti per ripiegarli.​
Poi si passa ai portachiavi, me ne avvicina uno sotto l'occhio destro e mi acceca con una luce fortissima. Poi tira fuori un polpo di plastica e un porcellino, pure questi portachiavi e si mette a far grugnire il porcellino.​
Tutta la spiaggia si gode la scena e io non riesco a mandarlo via. Dopo un po' mi giro di spalle e continuo a prendere il sole non curandomi di lui.​
Quel che sarà, sarà mi dico. Per fortuna dopo un po' se ne va, lanciandomi una macumba al volo.​
Stessa cosa capitava con le massaggiatrici cinesi, quelle dalla cantilena Maaaasagio Taaaatuagio. Per fortuna il covid adesso le tiene lontane.​
Il venditore di rose, chiamato in gergo Rosario, invece gioca tipicamente sporco.​
Ti si para davanti quando sei in compagnia di qualche donna, fidanzata, amante madre, sorella, zia o nipotina per lui è del tutto indifferente, e il suo sguardo sorridente e mellifluo ti pone davanti a un dilemma. Comunque vada la figura di merda con la tipa è assicurata, ma a quello là che cazzo gliene frega.​
Con uno venni a parole malamente. Si mise a cantare Rose rosse per te a volume stentoreo davanti a tutti e io non avevo voglia di comprare le sue rose per la tipa al tavolo con me.​
Quello continuava a cantare il ritornello all'infinito, infilando il suo mazzo di fiori puzzolenti sotto i nostri nasi e sopra i nostri piatti. Non c'era verso, dovetti essere brusco per provare a mandarlo via, ma quello mica si arrendeva. Nel mentre infatti la ragazza si sganasciava dalle risate per la scena assurda e ovviamente Rosario pensava di risultare simpaticissimo e che le risate fossero dovute al suo savoir-faire, ma vaglielo a spiegare.​
Con questo di oggi invece taglio corto, gli dico di darmi una sola rosa, la più bella e che gliela avrei pagata 10 Euro. Roba che se mi becca con la luna storta per la stessa cifra gli porto via l'intero mazzo e un pompino dalla moglie.​
Tutto contento se ne va omaggiandomi di una riverenza di una ventina di secondi, degna di un vassallo al cospetto di Carlo Magno.​
Ovviamente mi prendeva per il culo.​
Un gesto stupido ed esagerato. Se ne stava piegato davanti a me coi suoi ridicoli calzoni larghissimi, dal cavallo che quasi strisciava in terra, provocando i risolini di tutto il ristorante. Tranne quello del mio tavolo che esplode invece in una risata fragorosa, sconquassando il sottoscritto con pacche sulle spalle alla Cannavacciuolo.​
Comunque una riverenza dal sapore medievale eseguita da un tipo con una tunica amaranto non è così frequente.​
Sbrigata la pratica Rosario, la cena continua in letizia.​
Tra il primo e il secondo sento arrivare una raffica di messaggi sul putcell.​
Lo cerco frugando nello zaino che ormai mi porto appresso.​
La follia del covid e le mie perversioni mi obbligano, soprattutto durante le uscite notturne, ad armarmi di zaino da campeggio. Dentro ci ficco di tutto. Mascherina, guanti in lattice ormai riciclati in guanti da fisting, ovviamente mai usati. Disinfettante e lubrificante scaduto nel 2018 ma che non ho il coraggio di buttare. E mica lo immaginavo che anche i lubrificanti scadessero.​
A proposito, l'accoppiata Amuchina/Gel Durex mi ha omaggiato di una splendida gaffe poi diventata gag principale del mio repertorio social mondano. Durante una delle prime cene in ristorante post lockdown, frugando dentro lo zaino al posto dell'amuchina ho estratto ed offerto ai commensali la versione mignon del Gel Durex, posizionandolo eretto tra gli antipasti.​
Poi, ancora dentro lo zaino, preservativi scaduti a febbraio 2020, un piccolo asciugamano, salviette umidificate, fazzoletti e una sequenza di Chupa Chups originariamente destinati al derriere di qualche sventurata e che ormai, al chiuso dello zaino e con questo caldo africano, si sono fusi l'uno con l'altro generando un minaccioso maglio deforme che terrorizzerebbe anche la più perversa delle Dark Room gay di San Francisco.​
Tra tutto questo casino trovo finalmente il putcell e vedo la notifica dei messaggi.​
E’ la brasiliana di cui parlai qua, ormai istruita a dovere. Dopo la riluttanza dei primi tempi le foto sono diventate sempre più piccanti e dettagliate. Sa indubbiamente come circuirmi ed ormai ha perfezionato la tecnica.​
Sono tre, quattro foto.​
Mi guardo circospetto ai lati e soprattutto alle spalle per verificare che nessuno possa osservare. Poi apro la prima foto ed esplodo di gioia.​
"ANDIAMO A BERLINO, BEPPE!"​
"ANDIAMO A BERLINOOO!"​
Urlo la mia felicità come se fossi contemporaneamente Bergomi e Caressa, alzandomi in piedi e agitando il telefonino, infischiandomene se dalla mia bocca si sparge sulla tavola un intero boccone di fritto misto del golfo.​
Termino di mangiare in un'ora e poi levo il disturbo, deliziandomi per un'ultima volta del sorriso spietato e dello sguardo di bragia della bella moracciona.​
Ho ancora il tempo di bere due drink in compagnia e sopprimere un rutto nel bicchiere che per poco non mi esplode in mano, poi il pensiero delle foto e della tipa del ristorante mi fa chiudere tutti i discorsi in un nanosecondo: devo scopare.​
Alla fine sarà una scopata free, di quelle che si fanno nel mondo normale, per intenderci. Neanche tanto malvagia a dire il vero, ma mancava quell'adrenalina che cerco e spesso trovo nei rapporti a pagamento.​
Farò in tempo a scusarmi con le precettate, con particolare riguardo per la tipa delle foto. Il nostro accordo prevede infatti il dovere di raggiungerla in caso di foto eloquente.​
Il testo del messaggio: "Cara, scusami ma oggi ho un impegno con un'amica, credo di non riuscire a raggiungerti e non sai quanto mi dispiaccia. Forse sono uno dei pochi imbecilli che preferisce una scopata a pagamento ad una gratuita. Magari provo più tardi."​
 
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PUPIPAOLO
PUPIPAOLO ha commentato
Devo smetterla di leggere i tuoi post sul lavoro .... devo veramente smetterla !!
 
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Siamo a metà anni ottanta, a luglio mi ero diplomato, una breve vacanza con i miei amici in liguria e ad agosto ero a casa a scrivere e spedire curriculum nella speranza di trovare un lavoro e rendermi finalmente indipendente dai miei genitori. Risposi anche ad un annuncio di un "azienda seria che cercava personale da inquadrare nella propria rete di vendita". Un breve colloquio dove mi veniva descritto un impiego "dinamico e ricco di prospettive" e poi via per una settimana di affiancamento con un capo venditore. Si partiva al mattino da Torino con una specie di Fiorino: il capo, un vecchio marpione quarantenne, una giovane allieva già inquadrata a cui il capo dedicava mille attenzioni e due reclute in affiancamento, io e Beppe anche lui fresco di diploma. Si arrivava in un paesino di provincia, il capo si sceglieva un bel bar come base e venivamo sguinzagliati lungo le vie del paese a suonare campanelli; ebbene si, si trattava di vendere enciclopedie a domicilio, in comode rate per almeno 5 anni. (Qualcuno della mia generezione ricorderà). Dopo un paio di giorni di affiancamento con il boss, che ci illustrava tutte le tecniche per agganciare i compratori, dissolvere i loro dubbi, vantare pregi di una megaenciclopedia che in realtà avrebbe preso polvere per i prossimi 20 anni nei salotti degli sfortunati acquirenti, venimmo lanciati allo sbaraglio ognuno per conto suo a tentare di convincere i malcapitati. Ovviamente tante porte in faccia, tanti "non mi interessa", "ne ho già una", ma se i risultati erano scarsi o nulli quell' esperienza di circa un mese mi aiutò a sbloccarmi dalla timidezza, imparai a ribattere alle contestazioni, ad essere paziente e persuasivo e soprattutto a non arrendermi. Un po' mi facevano pena e lo trovavo anche ingiusto: si riusciva a vendere l enciclopedia più facilmente a persone di bassa cultura, che forse speravano di colmare le proprie lacune o a quelle con dei figli un po' asini, in realtà gli spillavamo soldi tutti i mesi, magari in un bilancio familiare già precario. Feci tanti incontri curiosi, strani, anche inquietanti, una strana umanità di provincia per me che ero sempre stato cittadino, mi sentivo anche superiore a loro o così volevamo farmi sentire, dovevo essere furbo, scaltro e spietato per essere un buon venditore. E mentre il capo continuava a tessere la sua tela per conquistarsi la ragazza, io e Beppe battevamo le strade più polverose e i vicoli più disastrati di questi paesini, a volte pregando al citofono per avere solo un bicchiere d 'acqua. Poi un pomeriggio finii in una bella strada di villette basse , eravamo dalle parti di Biella, il tenore di vita era decisamente alto e infatti non ci considerava nessuno, men che meno per le nostre enciclopedie, suonai come al solito e aspettai, nessuna risposta, stavo per andarmene quando sentii una voce femminile: "un attimo arrivo". Dietro la porta si presentò una signora sui 40, bionda, capelli ricci, ma in accappatoio: io rimasi molto in imbarazzo, chiesi scusa, spiegai chi ero e cosa vendevo e rifeci il gesto di allontanarmi ma lei sorrise per un attimo e mi disse di entrare: " fa caldo, ti offro almeno un po' d'acqua, vieni". Ovviamente dell'enciclopedia non le importava una sega, ma aveva voglia di conversare, nel frattempo si era cambiata, un bel vestito a fiori che lasciava intravedere forme discrete e due belle gambe sulle quali cadevano spesso i miei occhi. Lei se ne accorse e mentre mi raccontava del marito chirurgo sempre in giro per convegni cominciò un provocarmi un po': le mani a toccarsi i capelli e il collo, gambe che cambiavano posizione nell 'accavalarsi, qualche sbuffo dal caldo e sistemata di vestito, alla fine anche un inchinarsi verso il tappeto, alla ricerca del nulla ma per mostrarmi le tette, di buon volume e ancora sode. Il massimo dell erotismo arrivò quando preso il suo bicchiere gelato e lo appoggiò proprio sotto il collo, per rifrescarsi: vidi una gocciolina scendere lenta in mezzo ai seni e poi più giù, dove non osavo immaginare ma dove avrei voluto esserci io.
Fece un respiro profondo, io grondavo di sudore, ma non prese l iniziativa ed io, imbranato com' ero, non riuscivo nemmeno a muovere un dito; quindi se volete un finale di sesso sfrenato, con la milf annoiata che decide di tramortire un giovanotto di 19 anni a colpi di pompini, posizioni acrobatiche, daty e 69 e finire con un cim colossale da far tremare le ginocchia, dovete immaginarvelo e sognarvelo da soli (come feci io del resto, nei giorni a venire, ammazzandomi di seghe). Lei forse si accontento' di giocare un po' come la gatta con il topo, magari si masturbo fino al rientro del marito a cui riservo' un trattamento speciale, insomma fate voi, con la fantasia tutto é possibile. Mi congedo' dopo un mezzora con gli altri che si chiedevano dov' ero finito, ma io risposi con un laconico "cliente difficile". Dopo pochi giorni la mia esperienza di venditore di enciclopedie finì: un azienda aveva letto il mio curriculum e voleva un colloquio, mi avrebbe
trattenuto a se come una matrigna per i successivi 30 anni, ma questa é un altra storia. La verità é che in queste lunghe settimane di smart working é capitato un paio di volte che suonassero alla porta per propormi il solito cambio di fornitore di energia elettrica, gas, operatore telefonico, una volta era pure una ragazza carina, buone forme, bel sorriso, anche un po' sudata: avrei dovuto dirle "vieni che ti offro almeno un bicchiere d' acqua" e magari andarmi a mettere l'accappatoio, chissà come sarebbe andata a finire... (con la moglie che torna a casa prima del tempo, come minimo...:eek:)
 
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Il primo bacio di Lei.

Non so bene come ci sia arrivata, ripensandoci. Credo per accontentare la richieste di qualche ometto del momento, in effetti.
la trovai per caso su un social per incontri, di quelli dove in realtà ti iscrivi per far sesso ma sei autorizzato a sbandierare solo l’esigenza di una amicizia...solo che per me l’intento era un tantino diverso..e tutt’altro che ortodosso, generava già in me un turbinio di emozioni non paragonabili a nessuna tra quelle consentite ad una signorina per bene e a modo. Andai avanti nelle mie ricerche e non mi fermai fino a che non trovai un volto dolce , femminile, intenso... che mi scrutava dal suo profilo Con i suoi occhioni grandi e chiari.. il cell mi guardava perplesso, come a dire..sei sicura che lo vuoi fare davvero? Vado avanti, certo. Le scrivo . Non so bene cosa dirle ne il perché. Non so cosa provare alle sue domande curiose e discrete, non so neppure il perché acconsentii a fissare una sera per un nostro desiderato quanto improbabile appuntamento ...Me la trovai di fronte ancora più bella che nelle foto, un viso veramente bellissimo, femminile, dolce e sensuale. Be scrutai le fattezze, riuscii ad intravvedere rotondità dolci e scolpite perfettamente, un seno prosperoso ma armonico, tutto di lei trasmetteva sensualità..
lei diresse le fila delle discussioni trovando accordi per entrambe, mi accompagnò per mano verso il Nostro tavolo, aprendo un sentiero che mi avrebbe portato a trovarla seduta di fronte a me. A cena...del vino, un buon calice di rosso e carne. Al sangue, come piace a me. E a lei, che aveva il mio sorriso e le mie labbra morbide. Che ammiccava birichina quando si incominciava a parlare dei nostri uomini e di sesso. l’imbarazzo iniziale si dissolse in guance rosse e sguardi Complici...incominciava a farsi strada in me il desiderio di sapere come il suo corpo, morbido e femminile, si sarebbe mosso accanto a quello di un uomo,, come la forma dei suoi seni si sarebbe modificata alla spinta ripetuta di un uomo desideroso di possederla..e il pensiero mio si spinse sfacciato anche a immaginarne i suoi sapori, la consistenza della sua pelle..il suono della sua voce eccitata... terminata la cena non avrei saputo proprio come concludere gli ultimi momenti assieme, un po’ come la difficoltà in cui si trova un adolescente sotto casa della morosina al primo bacio..e lei un po’ candidamente è un po’ con malcelata eccitazione mi propose di salire assieme in auto..Non sapevo onestamente cosa provare, andavo incontro a qualcosa di assolutamente sconosciuto, nessuna sensazione poteva essere paragonabile a quella che provai quando me la trovai ad un centimetro dalla mia bocca. Una donna. Le labbra di una donna. Morbide. Bellissime, dolci...e perfette...tonde, sensuali..la sua lingua ad accarezzare la mia, a ricordarmi che la dolcezza è di un erotismo unico quando diventa fuoco..e il nostro ventre cominciava a scaldarsi, così come i nostri sensi e le nostre voglie..
 
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A.A.A.A. Abbacinante Squillo Sentimentale



Sin da piccolo sono sempre stato curioso e questa cosa mi ha arricchito molto ma a volte mi ha cacciato anche in molti pasticci.

Prima dell’avvento della rete e di tutto quello che ci ruota intorno ero un divoratore di carta stampata, lo sono tutt'ora almeno per quanto riguarda i libri anche se per questioni legate al mio lavoro, credo di essere stato tra i primi a dotarmi di un ebook reader quando ancora in Italia non esistevano. Da allora ne ho cambiati diversi, l’ultimo modello l’ho sul comodino sotto una pila di libri cartacei, ogni tanto mi ricordo di ricaricarlo, lasciando poi che si scarichi da solo…

Una delle mie letture preferite erano i quotidiani, ogni giorno ne leggevo almeno due o tre. Di uno in particolare mi fissavo a leggere tutte le pagine senza tralasciarne una riga a parte gli interminabili elenchi delle quotazioni di borsa. Leggevo tutto, le previsioni del tempo, la pagina degli spettacoli con le loro recensioni, gli annunci mortuari e gli annunci di ricerca del personale ed economici sono sempre state tra le mie preferite.

Dopo i morti, il lavoro e il business poi si arrivava al sesso.

Si perché tra le tante cose che ormai Internet ha fatto sparire dai giornali trovavi anche quelli che una volta finivano sotto l’occhiello di “Annunci Personali”, un modo gentile per definire gli annunci delle prostitute, oggi elegantemente chiamate escort.


A.A.A.A Abbacinante Accompagnatrice…

Gli annunci iniziavano quasi tutti così, seguivano due o tre righe standard, nessun riferimento piccante o sfacciatamente volgare, tanto meno fotografie a gambe o chiappe larghe.

Il massimo tollerato che potevi leggere erano aggettivi come “Esotica” che doveva bastarti a immaginare chissà quali stravaganti pratiche erotiche, per poi magari scoprire che la signora dalla carnagione un po’ olivastra che si fingeva spagnola era in realtà nata e cresciuta a Soverato. Si perché anche le mode del sesso a pagamento cambiano, una volta andavano di moda le straniere invece oggi è esattamente il contrario, sarà merito della globalizzazione e di un ritorno al sovranismo nazionalpopolare? Mah non l’ho mai capito.

Un'altra parola che si ripeteva spesso e che nella mia ingenuità di allora mi colpiva sempre era “Completa”…, boh ma che significa mi chiedevo…, perché alle altre che non lo specificano manca qualcosa?, che so manca un braccio, una gamba, un occhio?

Per fortuna conoscevo uno molto più grande di me, quasi un secondo padre, che al giornale aveva iniziato a lavorarci vent’anni prima. Ricordo ancora la prima volta che da bambino misi piede nel reparto linotype, vidi quella fila interminabile di macchine il rumore infernale delle tastiere, il calore dei crogioli l’odore del piombo fuso e le righe piene di parole in rilievo ancora calde che prendevano vita e si allineavano come tanti ordinati soldatini sui vassoi per finire poi su grandi tavoli per essere affidate alle abili e veloci dita degli impaginatori mentre il proto come un falco alle loro spalle aspettava la bozza da passare subito ai correttori seduti ai loro tavoli in attesa con la solita sigaretta accesa in bocca. Ricordo che pensai che quello e solo quello era il mestiere che volevo fare da grande.

“Teo”, mi fa il Luigi…
“Completa significa che se paghi ti dà il davanti ed anche el dedré…, t’è capì…?”

“Ah…” gli faccio io stupito. Sì perché ai tempi certe cose non mi passavano neanche per la mente. Ricordo che in quel periodo un giorno mentre facevo l’amore con la mia ragazza del tempo, sentendola urlare improvvisamente, mi accorsi che per sbaglio avevo sbagliato buco, mi scusai e me ne vergognai per un mese.
“Senti Luigi ma perché tutti gli annunci inizia con A.A.A.A., che significa?”
“Ma niente. Ha iniziato una per far finire il suo annuncio in cima alla pagina che è pubblicato in ordine alfabetico. Poi dopo poco tutte lo hanno copiato ed ora per finire in cima alla lista oltre all'annuncio ti tocca pagare pure un extra. All'inizio le mazzette ce le prendevamo noi, poi qualche zabetta ha fatto la spia e adesso si becca tutto il giornale…”

Passano gli anni.

Sono in treno con il mio solito giornale. Ora ho molto meno tempo, scorro rapidamente i titoli delle prime pagine, raramente riesco a spingermi oltre, quel giorno per qualche strana sensazione di quelle che non sai spiegarti, mi torna la curiosità dopo tanto tempo, di leggere gli annunci personali.

A.A.A.A "Nuovissima", "Completissima", “Italianissima”, "Troissima".

Sorrido. In fondo, penso, non è cambiato molto. Sto per passare ad altro quando con la coda dell’occhio leggo un annuncio dal titolo in corsivo neretto:

A.A.A.A Abbacinante Squillo Sentimentale…

Spalanco gli occhi e rileggo più volte, penso: ma che significa?
Purtroppo il Luigi a cui chiedere non c’è più, che se l’è portato via il cancro, dicono per tutti i vapori di piombo che s’è respirato al giornale.

Devo saperne assolutamente di più!

Prendo il cellulare e la chiamo, numero occupato, vado avanti per mezz'ora. Acciderbolina ma quanto è impegnata sta tipa? Mi sa che lavora un casino. Dopo un bel po’ di tentativi mi risponde una donna, dalla voce, sembra giovane, ha un leggero accento romano.

“Scusi, telefonavo per l’annuncio sul giornale. E’ lei la Squillo Sentimentale?”
“Si sono io…”
“No vede, è che mi ha incuriosito e vorrei saperne di più…”
“Cosa vuole sapere? Cosa faccio? Il costo del servizio? A cosa è interessato esattamente?”
“Guardi mi chiamo Prometeo, sono un giornalista, scrivo per una testata che non so se conosce, si chiama Rolling Stone e stiamo proprio preparando un servizio sulla prostituzione che dovrebbe uscire il mese prossimo, così mi chiedevo se posso passare a intervistarla.”

Ammetto che non è stato semplicissimo convincerla, per riuscirci ho dovuto lavorarmela un po’ e richiamarla più volte per rassicurarla sulle mie buone intenzioni, alla fine ci mettiamo d’accordo per il pomeriggio seguente.

Arrivo puntualissimo all'ndirizzo che mi ha dato.
Una bella villetta in stile neo medioevale con anche un bel giardino in una zona nord di Milano. Ironia della sorte una volta quello era il villaggio dei giornalisti con le sue eclettiche ville dei primi del novecento
Suono al videocitofono, il cancello si apre e dopo pochi passi, al portoncino d’ingresso mi appare una signora sui quarant'anni minuta, la classica donna della porta accanto, capelli corti biondo cenere, un paio di jeans una semplice camicetta gialla e un paio di sneakers ai piedi.

Piacevole nel suo complesso, penso, anche se probabilmente anzi sicuramente non è il tipo di femmina che noti o per cui ti volteresti incontrandola per strada.

“Entri…, parliamo in cucina se non le dispiace, stavo pulendo della verdura”, mi dice…

Così mi ritrovo seduto su uno sgabello accanto a un piano di lavoro posto al centro di un’ampia e luminosa cucina. Tiro fuori il mio registratore e inizio a farle le prime domande sul suo annuncio mentre la osservo pulire dei fagiolini con le sue dita lunghe e curate…

“Tutto è iniziato, qualche anno fa, quando ho scoperto che mio marito mi tradiva con una donna che aveva conosciuto per lavoro. All’inizio ci sono rimasta davvero male, è stato un vero fulmine a ciel sereno, perché davvero mi sembrava andasse tutto bene. Si ok, forse il sesso non era più quello di una volta ma dopo vent'anni e due figli pensavo fosse normale…”
“E poi cosa è successo?”
“E’ successo che non ho detto nulla, ho fatto finta di nulla. Ho solo cercato di capire il perché, da sola senza chiedere spiegazioni. All’inizio ho pensato che fosse un problema di comunicazione e così abbiamo parlato e parlato e parlato ma non è cambiato nulla. Allora ho pensato che il problema fosse il sesso. Così abbiamo fatto sesso e sesso e sesso, fino a sfinirci ma anche quello non è servito a nulla!”

“Si ma…Non vedo questo cosa c’entri con…”

“C’entra c’entra. Perché vede alla fine di tutta questa ricerca, di questo pellegrinaggio, di questo sbattere la testa contro il muro per capire, per trovare e avere una spiegazione plausibile e che fosse per me accettabile, ho capito una cosa semplicissima, che l’amore era volato via e non sarebbe più tornato indietro. Era successo e basta! Darsi o voler dare la colpa a qualcuno per aver lasciato la porta della gabbietta aperta, o cercare una causa non aveva alcun senso. Quell'uccellino ormai era volato via.”

“Si ok. Mi perdoni ma continuo a non capire…”

“Non c’è molto da capire. Mio marito dopo qualche mese se n’è andato, anche se ufficialmente siamo ancora sposati. Alla fine mi auguro abbia rincorso e trovato un nuovo amore, io invece sono rimasta da sola, i figli ormai sono abbastanza grandi per studiare lontano e vengono a casa solo qualche weekend e per le feste. Dopo un po’ ho anche iniziato a frequentare altri uomini, ma non so… Dopo poche settimane o qualche mese, c’era sempre qualcosa che non andava, qualcosa che mancava, che non era come volevo o immaginavo che dovesse essere e succedere. Allora un giorno mi sono detta: perché questo qualcosa che ormai hai imparato così bene a conoscere e a delineare nei sogni dentro di te, non te lo inventi e poi lo vendi a tutti quelli che come te ne sentono il bisogno, anche se solo per poche ore?”

A quel punto la donna che avevo davanti aveva tutta la mia attenzione.

“Certo lo ammetto, non è stato facile all'inizio, i primi incontri spesso non sono andati come pensavo, ci sono stati molti fraintendimenti con alcuni clienti ma devo dire quasi tutti per colpa mia. Poi col tempo ho avuto la conferma dell’esistenza di tanti uomini che cercano carezze e baci. Uomini che sognano di poter semplicemente chiudere gli occhi e abbandonare il proprio respiro i propri pensieri e silenzi tra le braccia di una donna. Cullare per pochi istanti, ore, o per una notte intera il sogno di un amore, l’illusione di non essere più così soli, di avere accanto a sé qualcuno che ti vuole bene per come sei. Ecco io vendendomi, voglio essere e sono per gli uomini che mi cercano, tutto questo”.

Nel sentirla ammetto di essermi commosso. Non riuscivo neanche bene a capire cosa dirle.

Mi sentivo triste e malinconico per lei che scegliendo di fare quello strano mestiere sembrava essersi arresa, chiudendo per sempre la porta all'amore, o invece ero io che sbagliavo ed era esattamente il contrario. In realtà quella donna nella sofferenza aveva trovato un modo d’amare e di essere amata forse più vero di tanti altri?

Scrutai con attenzione il suo viso e quello che vidi fu solo un’espressione di radiosa serenità.

Come uscii da quella casa, cancellai il nastro della registrazione. Al mio direttore poco dopo avrei raccontato che mi avevano dato buca e un indirizzo falso.

Sono ormai passati tanti, tanti anni e ancora in certe notti mi capita spesso di pensare a Lei.

Ancora mi chiedo se quel giorno in quella villetta di Milano, avevo incontrato la più diabolica delle puttane, o solo una semplice donna che nonostante tutto non poteva fare a meno di credere ancora nell'amore.


Prometeo
 
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Caramelle…




Perché a volte, accettare caramelle da uno sconosciuto, non è peccato.


Tiziana 49 anni, un marito e due figli ormai ventenni, da qualche tempo si svegliava provando una strana inquietudine che riaffiorava puntualmente durante il giorno.
Eppure aveva sempre trovato soddisfacente la sua vita e quando ripensava al tempo trascorso i momenti di luce sovrastavano abbondantemente fin quasi a dissolverli i rari momenti d’ombra.

All’inizio aveva dato la colpa ai sintomi via via, sempre più evidenti della menopausa ma c’era anche altro. C’erano giorni in cui guardandosi la mattina allo specchio non si riconosceva più. Non che si vedesse così invecchiata, Tiziana era ancora una donna molto bella e curata, semplicemente c’era qualcosa nell'espressione del suo viso, un’ombra invisibile a tutti, tranne che a lei che vedeva ingrandirsi ogni giorno insieme ad un velo di ansia e malinconia.

Ad un tratto la cognizione del tempo che passa a cui non aveva fatto mai caso era cambiata e tutto le sembrava corresse troppo in fretta.
I giorni, le settimane i mesi volavano via senza lasciare niente di importante da ricordare. In alcuni momenti Tiziana arrivava a concentrarsi sul suono della sua voce o sull’acuto ticchettio dei suoi tacchi camminando per strada, solo per avere la conferma di essere reale e non un fantasma.

Le sue giornate da diverso tempo passavano tutte una uguale all'altra.

Ogni mattina dal lunedì al venerdì e qualche volta anche al sabato lavorava nella segreteria scolastica di un liceo di Milano molto importante, poi tornava a casa, si riposava, sistemava un po’ la casa, leggeva, guardava un po’ di tv, faceva qualche telefonata alle amiche o ai suoi anziani genitori ed era già ora di mettersi in cucina per preparare la cena.
Prima che i due figli si trasferissero lontano da casa, per seguire gli studi universitari, era tutto molto diverso. Per casa c’era sempre un bel movimento di ragazzi e allegria, a volte si litigava ma almeno ci si sentiva vivi. Anche in cucina non si divertiva più.

A Tiziana cucinare era sempre piaciuto. Le piaceva improvvisare ma anche sfidare la sua abilità su ricette molto complesse. Oltre ad essere abbonata ad un paio di riviste di cucina gourmet, aveva anche frequentato due o tre corsi di cucina in una importante scuola di Milano, dove le era capitato di incontrare persone famose come quella volta in cui si ritrovò ai fornelli a friggere frittelle di carnevale, fianco a fianco con David e Victoria Beckham ai tempi in cui giocava nel Milan.

Adesso cucinare per se stessa e il marito non le dava più nessuna soddisfazione, a parte che lui era un uomo molto abitudinario e poco propenso alle novità. Nonostante fossero passati diversi anni, non riusciva ancora a dimenticare e perdonargli quella volta in cui ai suoi mini soufflé di verdure con fonduta di reblochon e su cui aveva lavorato per ore, preferì una semplice michetta col salame.
Lui era così, non lo faceva per cattiveria, era semplicemente un uomo quadrato, molto diverso da quando lo aveva conosciuto e le aveva fatto una corte serrata portandola in posti romantici in giro per il mondo e per lei ogni sera inventava storie fantastiche.

Ecco, forse un pizzico di fantasia e imprevedibilità nella sua vita era la cosa che più le mancava. Non che lui non fosse attento e devoto. A volte ancora riusciva a stupirla quando ad esempio tornava a casa da uno dei suoi viaggi portando con se proprio quelle scarpe o quel vestito, che Tiziana aveva visto nella vetrina di un negozio o su quella rivista di moda e che segretamente aveva desiderato.
A parte questo, lei era arrivata alla conclusione che suo marito sembrava talmente soddisfatto della sua vita da non sentire il benché minimo bisogno di cambiare niente, come se non esistesse nulla di nuovo che valesse la fatica di essere provato.

Tiziana da qualche mese, aveva scoperto un piacevole passatempo.
Tutto era iniziato un pomeriggio durante le festività natalizie.
In quel periodo la presenza dei due figli a casa la rendeva molto felice.
Un giorno parlando con il più piccolo accennò con un velo di tristezza al fatto che presto li avrebbe nuovamente visti partire, lasciandola di nuovo sola. Lorenzo oltre a rincuorarla ebbe l’idea di scaricare sul nuovo cellulare che le avevano regalato, un po’ di app con cui avrebbe potuto messaggiarli, telefonare e video chiamare quando voleva, e qualche giochino di quelli da giocare in rete da soli o sfidando altri giocatori.

Tiziana che non era mai stata molto tecnologica e fino ad allora si era sempre accontentata di telefonare con il suo vecchio ma affidabile Nokia. Ci mise un po’ a capire tutto ma nel giro di poche ore, grazie alla pazienza del figlio, riuscì a imparare quello che le serviva per iniziare a muoversi con una certa autonomia.

Quel pomeriggio le aveva fatto particolarmente piacere il modo con cui Lorenzo, le avesse spiegato di come la rete potesse essere anche pericolosa, di come fosse meglio evitare di fornire ad estranei dati personali, di come evitare di cliccare su pagine e annunci che promettevano vincite milionarie. In qualche modo le era sembrato di tornare bambina e di dover imparare tutto da capo, ma questa volta con uno dei suoi figli nel ruolo del genitore attento e premuroso.

Tra tutti i giochi che Lorenzo le aveva scaricato, il suo preferito era un gioco di parole che prevedeva di gareggiare con un'altra persona di cui vedeva apparire solo il nome o un nick e che consisteva nel trovare il maggior numero di parole nascoste in uno schema pieno di lettere che sembravano messe lì a casaccio.

Da qualche tempo le era sembrato di notare che appena si collegava a quella app per giocare, nel pomeriggio ma soprattutto alla sera, mentre era sul divano a guardare qualche film col marito, film che di solito sceglieva lui e che lei finiva per guardare con la coda dell’occhio, si ritrovava a sfidare più volte lo stesso giocatore “Luca”.
Tiziana era davvero diventata brava. Ormai erano in pochi quelli che riuscivano a batterla, Luca era uno di quelli, anche se a volte aveva avuto l’impressione che in alcune partite l’avesse fatta vincere di proposito.

Una sera mentre tutto scorreva placidamente come sempre, suo marito era intento a guardare il solito film di spionaggio e ammazzatine e lei giocava a parole intrecciate, nella parte inferiore dello schermo le si aprì un piccola finestrella con un messaggio:

- Luca chiede se può mandarti un messaggio.
Per accettare premi SI. Per negare premi NO.


Tiziana rimase stupita. Ormai aveva fatto una discreta pratica con le app di messaggistica che usava regolarmente per tenersi in contatto con i suoi figli e con qualche amica, ma che quella applicazione di gioco si potesse anche usare per inviare e ricevere messaggi proprio non lo sapeva.

La finestra con il messaggio intanto continuava a lampeggiare.
Le sembrava di avere in mano al posto del telefono il lampeggiante impazzito di una ambulanza. Forse fu solo per spegnerlo e farlo smettere che premette quasi senza pensare uno dei due tasti.

Il tasto SI.

***

Tiziana, ha fretta di tornare a casa è in ritardo. Di solito non lo è mai.
Di solito non ha imprevisti e a casa non c’è niente o nessuno che l’aspetti.
Tutto oggi sembra cospirare contro di lei.
Quell'ultima comunicazione che il dirigente scolastico le aveva chiesto di inviare mentre era già pronta per uscire.
Il traffico più intenso del solito, i semafori che al suo arrivo diventavano tutti rossi.
L’ascensore fuori servizio e le chiavi di casa che non si trovano nella borsetta.

E’ appena entrata, giusto il tempo di richiudersi la porta a chiave alle spalle e fare qualche passo verso il corridoio che il telefono comincia a lampeggiare.
Tiziana è confusa. E’ la prima volta e non sa cosa aspettarsi a dire il vero non sa neppure come e perché ha accettato la proposta di Luca.

Luca che non ha mai visto.
Luca che ha 26 anni e frequenta il Politecnico a pochi chilometri da casa sua.
Luca che quando lei preme il tasto verde sul telefono, è già nudo.
Luca appoggiato alla tastiera del letto, con gli addominali e i pettorali che sembrano disegnati a carboncino.
Luca con i capelli lunghi e gli occhi grandi e neri.
Luca con quel lieve accenno di barba su un viso ancora da ragazzo.
Luca con il cazzo grosso e duro già da uomo fatto.

Tiziana che indossa ancora gli abiti dell’ufficio.
Tiziana che si è sistemata sul divano del soggiorno con una luce soffusa alle spalle Tiziana che la camera da letto non le sembrava appropriata
Tiziana un po’ in controluce per mitigare e nascondere i segni del tempo.

Luca è una parete verde acqua, con foto e poster appesi.
Luca è lenzuola stropicciate colorate a fumetti.
Tiziana è una parete bianco panna, anonima.
Tiziana è un divano in alcantara e una litografia di Mondrian alle sue spalle.

Non servono parole o istruzioni.

Tiziana si toglie la giacca e si sbottona lentamente la camicetta.
Luca la guarda, afferra il cazzo e inizia a masturbarsi.
Tiziana arrossisce imbarazzata, sente che è così ma non può vedersi, l’unica cosa che vede e a cui pensa è il lento e ipnotico movimento della mano di Luca che sale e scende su quella grossa asta di carne. La pelle che si tende e si ritira scoprendo il glande bagnato, lucido e di un rosa più carico quasi porpora.
Tiziana che sposta lo sguardo negli occhi di lui.

Luca e i suoi occhi neri, intensi, con la stessa luce di un cucciolo curioso, bramoso di placare la fame. Un cucciolo che cerca il capezzolo della madre da succhiare.
Luca che ha le unghie delle dita smangiucchiate ma polsi larghi e forti da uomo.

Tiziana si è aperta la camicia, con la mano solleva i seni liberandoli dalla loro prigione. Lentamente. Prima uno e poi l’altro.
Tiziana ha giurato che il seno sarà l'unica cosa che mostrerà a Luca.
Tiziana e i suoi seni grandi e tondi ancora belli. Seni nudi, dalla pelle diafana e le areole in rilievo dal tono ambrato che diventa sempre più scuro avvicinandosi ai capezzoli sempre più duri.
Tiziana che non resiste alla voglia di stringerli forte tra indice e pollice.

Luca la guarda toccarsi. Ferma la mano poi riprende a masturbarsi più forte.

Tiziana non prova più alcun imbarazzo. Si sente leggera in testa e liquida tra le gambe.
Se solo lui ora le parlasse, potrebbe chiederle qualsiasi cosa.
Tiziana è stupita, curiosa e grata di poter assistere a quella evoluzione.
La metamorfosi di un ragazzo che per lei si trasforma in uomo.


Luca ora è un uomo che sta ansimando
Luca che respira sempre più velocemente
Luca che abbassa stupito lo sguardo sul suo cazzo pulsante.
Luca che chiude gli occhi mentre schizzi potenti di sborra gli disegnano il petto.
Luca che si abbandona. Il cazzo ancora duro in primissimo piano e il torace che si alza e si abbassa in cerca di un equilibrio a fare da sfondo.
Luca che si risolleva e poi passa una mano aperta sulla testa per sistemarsi i capelli.


Luca che è ritornato ragazzo.
Luca che guarda grato Tiziana e le regala il suo sorriso più bello.
Tiziana che è ritornata ragazza.
Tiziana che guarda grata Luca e gli regala il suo sorriso più bello.


Tiziana e Luca che nell’attimo di quel sorriso,
provano lo stesso pensiero, lo stesso desiderio:

voglia di caramelle…


Prometeo
 
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Café Au Lait


Ammetto che quello strano annuncio pubblicato tra la marea di proposte di ogni tipo corredate delle solite fotografie, (false), di donne giovanissime e bellissime in pose ginecologiche e scritte in un italiano stentato privo di originalità e fantasia, mi aveva colpito. Oltre a passare decisamente inosservato, sembrava ad una lettura poco attenta fuori luogo, un errore insomma. Solo poche righe con la promessa di un semplice caffè e un indirizzo mail da contattare, con la richiesta di inviare un breve racconto erotico. Non più di tre cartelle, di circa 1800 battute l’una, specificando addirittura il font da utilizzare “Times New Roman”, il corpo del carattere “11”, l’interlinea da due punti tipografici da utilizzare, le battute per riga “55” e infine le righe per pagina “33”.

Questo semplicemente per raccontarvi come iniziò il nostro rapporto epistolare che dopo qualche premessa tecnica, (sapete quanto sia preciso su certe cose), come ad esempio stabilire con esattezza se l’autrice dell’annuncio preferisse che utilizzassi per la composizione il sistema Ditot francese o quello tedesco, andò avanti con reciproca soddisfazione qualche settimana, senza che nessuno dei due avanzasse il desiderio di andare oltre.

Almeno fino a quel giorno…




Milano, un primo pomeriggio di un giorno di Giugno.

Una via, anzi quasi un vicolo lastricato del centro, in zona Missori, una di quelle vie discrete, che nascondono piccoli tesori fatti di palazzi d’epoca, dai lussureggianti e segreti giardini interni. Arrivato al civico premo al citofono il numero che mi è stato indicato.
Dopo un'attesa che mi sembra interminabile, sento lo scatto della serratura e apro la porticina che sembra ritagliata per dei nani se paragonata alla grandezza e magnificenza del portone.

Certo che a volte te le vai proprio a cercare, mi dico…, supero alcuni gradini di marmo e raggiungo una porta socchiusa. Finisce che è tutto uno scherzo, anzi sicuramente lo è, anche se le istruzioni erano, anzi da quel che vedo, sono così precise e dettagliate.
Entro con decisione quasi ad esorcizzare quel po’ di timore che chiunque dotato di un minimo di buon senso dovrebbe avere, perché va bene rischiare ma fino a un certo punto, e magari trovarsi qualcuno nascosto dietro la porta che vuole farti uno scherzo di cattivo gusto non è mai stato il massimo delle mie aspirazioni.

Mi ritrovo in un grande ingresso dal soffitto di una altezza di diversi metri e una bellissima luce soffusa che proviene da un grande lucernario ottagonale formato da piastrelle di vetro colorato in stile liberty che raffigurano qualcosa, anche se non capisco bene cosa.
Nel centro dell’atrio dal pavimento a mosaico, c’è anche una piccola fontana, in bronzo, con delle ninfe che danzano tra leggeri zampilli d’acqua.

Mi chiudo alle spalle la porta da cui sono entrato.

Seguo con assoluta precisione le istruzioni, avanzo nell'ingresso tenendomi sulla destra rispetto alla grande scalinata che sale al piano superiore sorretta da alcune colonne finemente cesellate e prendo un corridoio che dal punto in cui ero prima non potevo vedere.

E’ tutto come avevo immaginato, o meglio, la realtà va ben oltre l’immaginazione, sembra di stare in una casa museo di metà ottocento, avete presente il Poldi Pezzoli?, ecco la stessa cosa, come gli stucchi i quadri, gli arazzi ed alcune vetrinette contenenti ceramiche e piccoli oggetti di ogni tipo che accompagnano i miei passi per questo lungo corridoio che sembra non finire mai e su cui si aprono numerose stanze. Tutta la casa profuma di buono, non so dirvi esattamente di quale essenza, ma dev'essere qualcosa di leggermente speziato, che ha a che fare con il sandalo o con il tè, perché la mia mente mi riporta subito al Giappone.

Sono talmente rapito da luogo e atmosfera, che quasi mi dimentico il motivo per cui sono lì. Me lo ricorda la targhetta “Servizio” posta su una porta più piccola delle altre situata alla fine del corridoio. Entro chiudendola alle mie spalle cercando di ricordarmi le istruzioni ricevute e pensando che forse avrei dovuto stamparle e portarle con me.

Mi guardo intorno, tutto corrisponde alla descrizione, mi chino e mi slaccio le scarpe, le sfilo insieme alle calze e le ripongo nella scarpiera che mi è stata indicata. Poi mi tolgo la giacca, mi allento la cravatta, sbottono la camicia, i polsini, mi tolgo i gemelli, apro la cintura dei pantaloni, slaccio i bottoni, tolgo l’orologio e infine ripongo ogni oggetto e indumento in ordine perfetto in un antico guardaroba a muro in legno intarsiato.
Prima di sfilarmi i boxer mi guardo allo specchio per darmi un’ultima occhiata. Da quel che ho intuito la mia ospite è molto esigente, dopo averli tolti, controllo che anche lì sotto sia tutto a posto come mi ha chiesto.

Esco dalla piccola stanza di servizio completamente nudo e mi incammino lungo il corridoio seguendo le indicazioni verso una porta poco più in là. Come da istruzioni mi ritrovo in grande cucina.
Su un piccolo tavolino di servizio c’è la divisa che devo indossare.

Oddio, parlare di divisa forse è un po’ un’esagerazione, il tutto si riassume in un corto e stretto grembiulino bianco di lino semitrasparente traforato e ricamato da legarmi alla vita che mi copre giusto giusto il pacco e poco altro, ed un paio di ballerine di lacca nera con una specie di fiocco piatto sulla punta, da mettere ai piedi.

Vicino ai fornelli, una moka di porcellana già pronta.

Sul tavolo, un grande vassoio in argento appena lucidato con tutto il necessaire: piattino tazzina, lattiera, zuccheriera, cacao, cucchiaini, tutto in pregiata e delicatissima ceramica di Sevrés decorata con motivi floreali ed oro zecchino, alcuni tovagliolini di lino e per finire un paio di piattini contenenti dei biscottini ricoperti di cioccolato ed alcune piccolissime brioches.
Mentre attendo il gorgoglio familiare del caffè, penso, per la prima volta da quando sono entrato, alla donna che mi sta aspettando lì, da qualche parte in quella casa e sì…, ammetto che alcune immagini richiamate dalla mia fantasia hanno visto come effetto quasi istantaneo il sollevarsi del mio cazzo e del grembiulino e sta cosa, penso…, non va per niente bene, almeno secondo quelli che erano gli accordi stabiliti.

Che poi non so se per voi è lo stesso, ma quando ti viene duro in certe situazioni, più pensi a come metterlo a cuccia e peggio è! Che faccio?, ho pensato, nell'attesa del caffè mi butto in un lavoretto di mano rilassante?, e se poi se ne accorge, sai che figura, e se magari tra poco mi servisse pronto e arzillo?, oppure lo prendo in mano tipo capitone e lo sbatto forte sul tavolo di marmo della cucina per stordirlo?

Fortunatamente forse per la tensione ai primi gorgoglii del caffè, la situazione si è risolta senza spargimento di sangue o altri liquidi, così, messa la moka fumante sul vassoio mi sono incamminato nel corridoio, col mio bel grembiulino e quelle due specie di babbucce ai piedi per arrivare al salottino dove ero atteso.

Superate altre stanze e dopo aver percorso una altro piccolo corridoio, finalmente…, (queste maledette ballerine mi vanno strette), arrivo a destinazione.

La mia padrona di casa è morbidamente adagiata di fianco su una dormeuse imbottita in pelle bordeaux Chesterfield. Con un braccio si regge il mento mentre con l’altro mi fa cenno di entrare ed avvicinarmi senza parlare.
Nel fare i pochi metri che ci separano non riesco a fare a meno di restare incantato per la bellezza di questo boudoir, il soffitto affrescato, gli stucchi, il camino in pregiato marmo rosa di Verona, le pareti con specchi e cornici dorate e poi la luce…, si perché tutto il lato della stanza da cui Lei mi sta osservando è composto da una serie di porte finestre che si affacciano su un bellissimo giardino.

Lei è esattamente come si era descritta.

Morbidi capelli biondi che le ricadono su un lato, carnagione bianchissima, occhi color nocciola con piccole pagliuzze versi nell’iride, (qui mi devo fidare perché sono controluce e non riesco a vederli bene), indossa una semplice camicetta bianco panna e una gonna scura, orecchini e collana di perle che sottolinea un seno alto e sodo e soprattutto due gambe lunghissime e perfette nelle loro calze appena velate.

Non so come fa…, cioè io in quella posizione oltre a restare bloccato, sembrerei un pagliaccio, Lei al contrario sembra, anzi è del tutto a suo agio, mi ricorda una bionda Elizabeth Taylor nei panni di Cleopatra. Questa donna non più giovanissima anche se dimostra meno dei suoi 45 anni, è’ l’immagine perfetta della femminilità, della seduzione, della bellezza o almeno questo è l’unico pensiero che in quel momento mi frulla in testa e non solo lì.

Sono in piedi a poco più di un metro da Lei reggendo il vassoio con entrambe le mani, Lei mi osserva attentamente dalla testa ai piedi soffermandosi mi pare qualche secondo più del dovuto sul grembiulino che inizia a sollevarsi. Poi con la solita mano, mi fa cenno di girarmi lentamente, io eseguo e mi sembra di sentire i suoi occhi indugiare ancora sulle mie spalle larghe sul mio sedere e poi più giù sulle mie gambe muscolose.

Un suo leggero colpo di tosse è il segnale che posso girarmi e servire il caffè.
Avvicino alla dormeuse un piccolo tavolino su cui appoggio il vassoio e le verso il caffè.
Con la leggerezza ed abilità di un equilibrista, rimanendo semi sdraiata eccola bere il suo caffè, niente zucchero, solo qualche goccia di latte e un sottilissimo velo di cacao.

Ha mani curatissime, le dita lunghe e sottili e unghie smaltate di un rosa pallido dello stesso colore delle labbra. Sembra così concentrata nell'eseguire quei piccoli gesti così misurati e perfetti da pensare che abbia fatto questo tutta la vita e che probabilmente, se in quel momento mi fossi messo a saltellare su una gamba per la stanza non mi avrebbe visto.

Io invece la guardavo, eccome se la guardavo. Ci si può innamorare perdutamente di una donna mai vista prima in pochi minuti?, sentirsi così frastornati da avere paura e sentirsi felici, provare tenerezza ed allo stesso tempo la voglia di strapparle i vestiti di dosso per scoparla sul parquet della stanza per poterla avere e morire dentro di lei?

Mentre ci penso, Lei posa la tazzina e si avvicina un biscottino alla bocca. Dischiude appena le labbra mostrando per un attimo i denti bianchi e regolari ed un lampo di lingua, solo che questa volta lo fa cercando il mio sguardo e penso…, va bene tutto però…, se lo fai una volta magari riesco a controllarmi ma al terzo biscottino che ti lecchi e sbaciucchi in quel modo!!!

Con la mano mi fa cenno di avvicinarmi, di più…, ancora un po’ di più.
Ora ho il cazzo del tutto fuori controllo a pochi centimetri dalla sua bocca.

Solleva il grembiulino di lino, lo afferra alla base ne scopre completamente il glande, lucido e già umido. Lo annusa, sembra soddisfatta. Con la punta della lingua indugia sul suo piccolo occhio e intanto lo stringe più forte, poi continuando ad accarezzarlo lo stringe appena con le labbra per poi subito dopo allontanarsi un po’ per soffiarci delicatamente sulla punta.

Io osservo in silenzio e immobile come nei patti e…, godo.

Che poi ad essere sincero di pompini in vita mia credo di averne ricevuto ben più di qualcuno, ma non so…, sarà questa strana situazione, sarà Lei e il modo con cui mi guarda o il suo tocco oppure ancora questo contrasto pazzesco, mistico ed osceno, tra la donna sofisticata dal viso angelico e quasi algido e questa perfetta liturgia di adorazione di cui il mio cazzo è il bambinello. Una situazione che mi manda ai matti e al tempo stesso mi commuove. Mi commuove a tal punto da indurre a liberarmi, dopo brevi e quasi dolorosi spasmi, in una serie quasi interminabile di schizzi bianchi di lacrime calde. Mi commuove come la sua abilità fatta di assoluta sincerità, semplicità e naturalezza che ho provato mentre cancellava dal mio corpo ogni traccia del mio orgasmo.

Lei ora mi guarda, in un modo che mi sembra un po’ diverso, decisamente più intenso quasi come se stesse formulando un qualche tipo di valutazione. Chissà cosa sta pensando?, di solito sono bravo a intuire i pensieri delle donne, ma questa volta credo che la cosa rimarrà per sempre un mistero.

Con la solita mano, mi fa cenno di abbassarmi.
Avvicino le mie labbra alle sue, Lei indugia un attimo, mi sorride, poi accostando la bocca vicino al mio orecchio mi sussurra:

“Ora può andare. Resta inteso che l’aspetto stasera per servirmi la cena!!!”


Prometeo


Ps. Fatto! Il racconto è finito! Esattamente come mi ha chiesto Lei: tre cartelle da trentatre righe di cinquantacinque battute ciascuna.

Che dite? Le piacerà abbastanza da convincerla a darmela?
 
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Preparativi



La luce di un tramonto autunnale, filtra calda e dorata attraverso la porta finestra della nostra camera da letto affacciata sul grande giardino.
Elena è in piedi davanti al tavolo da toilette, è appena uscita dal bagno coperta da un leggero accappatoio in microfibra.
Si spazzola i lunghi capelli biondi.

Si siede, accavalla le lunghe gambe, l’accappatoio scivola dalle sue spalle e la scopre.
E’ il momento della crema profumata per il corpo.
Mi eccita tantissimo guardarla mentre lo fa. Il modo con cui si passa le mani sulla pelle, indugiando su alcune parti per evidenziarne la bellezza, come le caviglie e i piedi, e la loro carica erotica, come l’interno coscia, l’inguine o le punte dei seni che diventano scure e dure come chiodi.

Subito dopo è il momento del viso e del trucco.

Nel mentre, ho scelto per lei il coordinato intimo da farle indossare.
Reggiseno e perizoma ouvert impreziositi da piccoli gioielli con reggicalze in pendant.
Mi siedo su una poltroncina accanto alla porta finestra, per poterla osservare meglio.

La luce dorata indugia in un’ultima carezza sulle forme del suo corpo che non sono più quelle che aveva quando l’ho conosciuta ma che in questa sua rinnovata morbidezza oggi trovo ancora più belle e sensuali. Sono completamente rapito, perso nella sua bellezza e nella perfezione dei suoi gesti nel vestirsi.

- Tesoro, sei ancora qui? Vai a vestirti! Lo sai che non mi piace arrivare in ritardo.
- Amore tranquilla, ho già tutto pronto. Mi bastano dieci minuti.
- Allora, invece che star lì seduto a far niente, vieni qui ad aiutarmi.


Dio, come l’adoro quando mi maltratta e mi ordina cosa fare.
Le arrivo alle spalle silenzioso e l’aiuto a infilarsi e a chiudere l’abito da sera che le lascia scoperte buona parte delle spalle e della schiena.

Le sistemo i capelli e nel farlo non riesco a resistere ad avvicinarmi per annusarle la piega del collo. Poi mentre lei finisce con gli ultimi piccoli ritocchi al trucco e si infila orecchini e gioielli, mi inginocchio per infilarle le scarpe approfittandone per indugiare ad accarezzarle i piedi. Risalgo lungo le gambe per sistemare delle piccole imperfezioni delle calze arrivando a toccare la pelle liscia delle sue cosce.

- Smettila di toccarmi!
- Scusa Amore…
- Lo sai che quando mi preparo sono sempre nervosa, che non voglio mi tocchi, quante volte te l’ho detto?
- Si hai ragione tesoro, non lo faccio più, promesso.

Quando mi sgrida così, giuro che mi eccito da impazzire.
Ora è meglio che vado a vestirmi se non vogliamo arrivare in ritardo.

Il viaggio questa volta è stato abbastanza breve.
La villa ottocentesca è immersa in un grande parco e circondata da un grande muro di cinta. Un lungo viale d’ingresso ci ha portato alla suo ingresso fiocamente illuminato.

Il suono dei suoi tacchi che salgono svelti la scalinata ci accompagna al portoncino che si dischiude davanti a noi, rompe il silenzio della meravigliosa notte che sta per iniziare.

- Puoi andare ora…
- Va bene amore. Un bacio?
- Vedremo, ma non ora. Lo sai che vuole essere solo lui a sbavarmi la bocca di rosso.
- Si scusa. Hai ragione. Allora Vado?
- Si vai e non aspettarmi alzato come l’ultima volta.

Farò molto tardi…



Prometeo



PS.
Mi servirà tutto il caffè del thermos che mi sono portato per scaldarmi e restare ben sveglio a guardarli di nascosto sino al mattino, dalle finestre del terrazzo che si affacciano sul salone della musica.
Si perché, dopo che Elena avrà suonato per lui Tchaikovsky, la voglio guardare mentre il suo nuovo amante leggerà le sue cosce aperte, sbattendola forte sul pianoforte, come fossero uno spartito.
 
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Una storia sbagliata?

Nell'anno che ha preceduto il lockdown ho frequentato per alcuni incontri un gruppo di "autoaiuto" sui rapporti genitori/figli adolescenti: quelle riunioni in cui ci siede in tondo, si raccontano i propri problemi ed insieme agli altri e ad un moderatore (psicologo) si cercano delle risposte e/o soluzioni. Io ci ho sempre creduto poco, ma un collega disperato con la figlia anoressica mi ha sfiancato con gli inviti e le insistenze e alla fine ho deciso di partecipare. Molte donne e madri disperate, soli tre maschietti (ho poi capito che lo scopo di tanto stressarmi era di bilanciare le presenze ed i ruoli, ma vabbè, mi sono messo in gioco). Naturalmente il covid travolge gli incontri di persona e i tentativi su meet falliscono (da casa diventa difficile parlare liberamente). Poco male, penso io e l'esperienza finisce nel dimenticatoio. Poi un giorno ricevo un messaggio su whattsup da una di quelle madri disperate, Paola, che invece di raccontarmi delle figlie, si lamenta della solitudine, dell'impossibilità di spostarsi, di andare al ristorante etc etc. Mi invita ad una passeggiata in un parco cittadino, ha bisogno di vedere qualcuno di persona, in carne ed ossa. Accetto e trascorro un paio d ore con una donna separata da anni, con due figlie molto introverse e piene di complessi, molti interessi e pochi amici ed una solitudine profonda, quasi disperata. Cominciamo a vederci, cambiando parco, sempre in città. Ci confidiamo, raccontiamo la nostra vita, i nostri progetti e le nostre speranze per il futuro. Ci scambiamo regali e al primo sblocco riusciamo a fare una gita in montagna con tanto di pranzo al ristorante. Una sera mi invita a cena a casa sua, le figlie sono dal padre. Mi presento col vino, lei ha preparato due piatti interessanti, la cena scorre piacevolmente senza discorsi troppo tristi, anzi, ogni tanto ci scappa una risata.
Lei ha voluto abbandonare il suo stile casual e me la ritrovo truccata, con una maglia scollata a V ed una gonna stretta su calze nere. Fisicamente non aveva ancora attirato la mia attenzione, ma stavolta sì. Finiamo sul divano con un amaro. Le accarezzo le gambe, la bacio sul collo, le prendo le mani. Ci scappa anche qualche bacio, molto casto, ma lei resta bloccata, indecisa e alla fine si ritira con una frase tipica: "ma cosa stiamo facendo?" . Io decido di non forzare, non è il mio stile, ed in fondo devo riflettere anch'io su tutta questa situazione e a dove mi potrà portare. Gli incontri si diradano, senza ammetterlo siamo entrambi avvolti dalla confusione e dall' incertezza. Arriva la primavera e una domenica pomeriggio la porto poco fuori città, un luogo poco conosciuto e misterioso. Passeggiamo nel parco ed io realizzo definitivamente il mio pensiero: per noi non c è futuro, eravamo come due naufraghi solitari, ma siamo troppo diversi per avere un progetto comune.
Potremmo essere amanti, ma qualcosa ci frena, manca una scintilla o chissà cosa. In auto , nel parcheggio isolato, faccio lo sfrontato e la bacio in bocca; poi le mie mani fanno il resto ed esplorano il suo corpo, arrivando a palparle i seni sotto la camicia leggera, accarezzarle il collo e i capelli. Lei lascia fare, ma mi sembra passiva, inerme. Con i suoi jeans stretti diventa difficile andare oltre e propongo di andare a casa sua, ma lei declina con uno strano "meglio di no". Sulla via del ritorno il suo imbarazzo ha invaso l'abitacolo, io non sono pentito, semmai sollevato: ho avuto la conferma che é una storia senza senso e pure senza sesso e non vale la pena andare avanti. Come una folgorazione mi sono ricordato che non ho mai sopportato le persone indecise e lei oggi mi ha confermato con i suoi silenzi e i suoi non so che è meglio lasciar perdere. E di un amicizia così, dove ci scarichiamo a vicenda le paranoie e gli stress quotidiani non ne è proprio bisogno.
Faticherà a capirlo nei mesi seguenti, continuando un tira e molla davvero deprecabile tra messaggi, mail e telefonate.
Ho temuto anche di essere finito tra le mani di una stalker, poi per fortuna con tanta pazienza, molta educazione e risolutezza la questione si è chiusa. Non è un racconto erotico, non lo é diventato, ma un racconto di vita vera vissuta tra il 2019 ed i giorni nostri.
Unica morale, che vale per il sottoscritto: per il sesso meglio le pay!
Ed il solito motto: Chiamo, vado, entro, trombo, pago, ciao!

Ps se fuori posto cestinate pure.
 
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@Ringostarr buongiorno ? lèggendo la storia sono pervasa da un senso di inquietudine interiore che da vostro ( permettimi di usare il plurale perché sembra uno stato comune ad entrambi i protagonisti della storia ) diventa mio... mi è capitato raramente di frequentare persone con le quali non si accendeva nessun fuocherello, escluse ovviamente amicizie.. la passione è il sale della vita, e io tendo ad aggiungere sempre un po’ di sapore, l’insipido non mi riesce di digerirlo..a volte invidio un po’ chi riesce a vivere con meno sapore, chi si accontenta dei toni grigi. Chi vive in una confort zone neanche troppo confortevole ma almeno sicura.
Magari in un’altra vita. In questa mi abbuffo di saporite scorpacciate ( che poi bilancio con qualche giorno di dieta ferrea )
Nb a onor del vero, Oggi sono in treno con un abitino di cotone lungo fino ai ginocchi senza reggiseno e senza mutandine. Quando si parla di consapevolezza .?
(E l’ho detto anche perché volevo accendere un po’ questo scritto, un po’ grigio?)
 
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