Un'esperienza da brivido:
Qualche tempo fa in un altro thread avevo parlato di un’esperienza a dir poco da paura che mi era capitata anni fa e che per fortuna si è risolta al meglio.
Dunque vediamo di ricordare, nell’inverno del 1992 e per i primi mesi del 1993 avevo imbastito una piacevole relazione con una ragazza ungherese che lavorava in un night club della zona. Situazione molto piacevole in quanto oltre che essere una bella ragazza la ricordo per i suoi modi di fare molto dolci e per le scarse pretese nei miei confronti. Figuratevi che si incazzava se andavo a trovarla al locale e che non voleva che spendessi soldi in consumazioni. Tra l’altro viveva in un mini appartamento tutta sola e quindi nel giorno di chiusura del locale per me era festa grande. Gradiva molto cucinare per me e le serate a casa sua erano molto rilassanti, al mattino poi sgattaiolavo via per andare al lavoro e ci ritrovavamo di tanto in tanto a prendere qualcosa al bar o a fare un giro. Come si suol dire ero (quasi) felicemente accasato. Però si sa, queste relazioni sono ad orologeria e così dopo qualche mese di piacevoli sollazzi, la tipa venne mandata a lavorare in altri locali, prima nel profondo nord poi zona Roma e così a parte qualche sporadica telefonata la storia si è estinta così.
Passano i mesi e nell’estate del 1994 me ne vado in ferie per una tournee oltrecortina nella quale toccherò Ungheria, Rep. Slovacca, Polonia e Rep. Ceca.
Il giorno anzi potrei dire il momento in cui rientro a casa senza ancora aver scaricato i bagagli arriva una telefonata e dall’altra parte riconosco subito la sua voce, ciao che bella sorpresa ecc. ecc. e così mi dice di trovarsi in una località balneare sul tirreno e di avere necessità di vedermi. Ok ho ancora qualche giorno di ferie, i bagagli in macchina parto subito sarò li da te in più o meno 2 ore e mezzo. Parto e durante tutto il viaggio mi pregusto questo rendez vous serale ripensando a tutti quei bei momenti trascorsi e a tutto il resto. Insomma arrivo in loco e dopo i baci di saluto iniziamo a passeggiare in spiaggia in un bel pomeriggio inoltrato di agosto e così le racconto della mia ultima vacanza e lei del suo lavoro, anche se stranamente non riuscivo a vedere quella bella luce che conoscevo dei suoi occhi. Così parlando del più e del meno, mi dice che mi ha chiamato perché aveva da dirmi alcune cose. Io scherzando le dico, non è che per caso sono papà? La pillola la hai sempre presa vero? E lei mi conferma che non era assolutamente questo il motivo della sua chiamata e che non ero papà di nessun frugoletto, ma il motivo è un altro. Apre la borsa ne estrae una busta e me la passa invitandomi a leggere. Ora non ci capivo una mazza in quanto scritta in magiaro e quindi del tutto incomprensibile, l’unica cosa che capisco è che si tratta di qualcosa di sanitario poiché i simboli sono universali e aprendo estraggo la lettera contenuta e inizio a cercare di capire. Tra quel magiaro indecifrabile afferro semplicemente una sigla HIV Positive.
Capirete il mio stato in quell’istante, ti crolla il mondo addosso? Inizi ad avere freddo e il sole sembra non scaldare? Ti getti in mare così come ti trovi e ti bevi tutta l’acqua possibile?
Ok, proviamo a reagire. Mi dice che 99% io ne sono fuori in quanto crede di aver contratto la malattia dopo la nostra frequentazione, però ha ritenuto opportuno dirmelo. Bella giornata, non c’è che dire. Ero partito per rispolverare antichi fasti e mi trovo col morale a terra e un certo pensiero in testa. Decido che sarò freddo come un ghiacciolo e quindi cercherò di non massacrarmi almeno la giornata. Mi racconta quindi di come crede che sia capitato e soprattutto con chi, e poi di come si sia accorta che qualcosa non andava le analisi a Budapest e la grande paura. Si è fatta ora di andare a cena, dirigiamo su un ristorante dove pago per il digiuno, ogni portata la sbocconcello, ma lo stomaco è talmente contratto che non ne vuol sapere di ricevere cibo, anche il vino bianco e fresco non ha un granchè di gradimento, terminiamo la cena e la accompagno a casa, ci salutiamo e ripresa la macchina faccio rotta per casa. Ora non so se vi è mai capitato di dover fare 2 ore e mezzo in macchina con un pensiero che ti rimbalza in testa e esplode con il rumore di un martello pneumatico, la bocca secca e tutta una serie di pensieri correlati. Al termine del viaggio di rientro ho maturato una decisione irremovibile. Non mi sottoporrò a nessuna analisi, in quanto se anche stò per morire non voglio rovinarmi quanto mi resta da campare. Sono assolutamente deciso, mai e poi mai. Vada come vada tiro dritto per la mia strada. Bene ho retto 3 giorni da 24 ore, in quanto le tre notti successive non sono riuscito a chiudere occhio e sono sull’orlo di una crisi di nervi. Il quarto giorno chiamo un caro amico del settore e il giorno successivo sono al prelievo del sangue. Alcuni giorni di attesa e poi il verdetto. Mi viene consegnata una busta del tutto anonima e nulla più. Allora nel parla parla dell’epoca si diceva che in caso di positività si veniva subito indirizzati da un primario che provvedeva ad informare e ad illustrare quali dovevano essere i modi da seguire per affrontare la malattia, nel mio caso invece nulla, solo la consegna di questa busta e il ricordare di dover eseguire nuovamente l’analisi dopo almeno 6 mesi. Tutto questo in parte mi dava un po’ di tranquillità, ma chi ha la matematica certezza che il parla parla corrisponde alla realtà? Così come un provetto giocatore di poker inizio a “spillare” la lettera fino all’esito. HIV negativo……………………..sorriso a 64 denti piacevole senso di leggerezza e drink al bar di prima mattina, 40 gradi ingollati come acqua col barista che di sicuro avrà pensato che probabilmente ero appena sfuggito ad una seduta degli alcolisti anonimi, ma chissenefrega ero salvo.
Negli anni ho sempre portato in me il ricordo di questa esperienza ed anche se in alcuni casi non sono stato proprio attento al 100% ho sempre comunque cercato di evitare di ritrovarmi in situazioni simili. Da allora poi sempre usando la cortesia del mio amico che opera nel settore faccio il test una volta all’anno circa, ma ora quando ricevo la lettera la apro con tranquillità olimpica. A volte mi capita di pensare a quella che può essere stata la sorte della mia amica che non ho più risentito e comunque pensare a lei con assoluta dolcezza. L’unica cosa che posso fare è mandarle un bacio ed una carezza sperando che abbia avuto fortuna, chissà.