ma vi siete mai chiesti perché in Italia si festeggia la festa della donna e non quella dell'uomo ,come in altri paesi?
Secondo me non c'è tanto da dire che, siccome c'è la festa della donna deve esserci anche quella dell'uomo... in realtà non dovrebbe esserci né l'una né l'altra... mi spiego:
all'epoca in cui furono create, certe celebrazioni del ruolo femminile nella società (la festa della mamma) e nel lavoro (la festa della donna) avevano un senso... era un modo (in quel tempo fra i pochi percorribili) per sensibilizzare l'opinione pubblica e l'opinione degli uomini pubblici circa la necessità di avviare un processo di parificazione non soltanto culturale (che ancora oggi è lontano dall'essere compiuto) ma soprattutto giuridico... era quello l'obiettivo principale delle prime organizzazioni femminili.
La parità giuridica è da tempo un fatto acquisito... ma credo sbagli chi pensa di vincere una battaglia culturale continuando sulla linea delle distinzioni, delle differenziazioni, degli antagonismi mascherati.
Non c'è un uomo o una donna cui fanno capo dei diritti: c'è soltanto l'essere umano.
Le leggi ad hoc contro il femminicidio così come molte altre attuazioni (le quote rosa, la preferenza di genere, ecc. ecc.) non fanno altro che acuire le distinzioni quando invece occorrerebbe appianarle e smettere di considerare se una persona sia uomo, donna, trans da un genere o dall'altro e via discorrendo ma prenderla per quel che è: una persona e basta.
Un esempio sciocco? Negli ambienti più sensibili al tema, il femminicidio cambia di nome... è il femicidio... per contrapporre puntigliosamente al prefisso om- un prefisso fer- altrettanto breve... anche se l'origine etimologica della parola omicidio è tutt'altro che condivisa (può derivare da
homicidius /
uccisione di un uomo ma anche da
omicidius /
uccisione di un proprio simile).
Stesso discorso per altre storpiature entrate nell'uso corrente per colpa – perché null'altro che di una colpa si tratta – del linguaggio giornalistico... ministra... a sentirlo o a leggerlo mi vengono sempre i brividi... perché sono cresciuto ritenendo l'uso indifferenziato di un termine sia che si riferisse ad una donna che ad un uomo come il segno massimo dell'uguaglianza fra i generi. Non conta quel che si è, se uomo o donna, ma soltanto quel che si è o – come in questo caso – il ruolo che si ricopre.
Si sarà capito che sogno leggi da cui scompaiano le parole uomo o donna... e ogniqualvolta si prendono provvedimenti per distinguere se un'efferatezza sia compiuta da uno contro l'altra o dall'una contro l'altro penso che stiamo perdendo un altro pezzetto di civiltà, che stiamo facendo un altro passo indietro e nella direzione errata.
Senza dubbio, è vero che la stragrande maggioranza dei delitti con motivazioni affettive/sentimentali (come la maggioranza dei delitti in generale) siano compiuti da uomini ai danni di donne, ma questo è un dato neanche antropologico... è un dato direi genetico... ormonale... fate voi... una predisposizione innata alla violenza che riguarda non l'uomo ma il maschio puro e semplice di ogni famiglia di mammiferi ed oltre. Quell'ammasso multiforme che chiamiamo genericamente
cultura è appunto quanto ci sottrae alle predisposizioni biologiche: è per sommi capi un processo di astrazione... e come tale va perseguito con coerenza.