ciao kurtz, bello tutto il post. Quelle tre parole, infinite possibili variabili, contengono la risposta più vera a tutto il thread. Tutte le altre risposte sono commenti ad alcune fra le possibili variabili. Non esiste una "soluzione " unica.. Aggiungo ad esempio che per alcune persone è difficile anche liberarsi dal vizio, uomini e donne. Forse se ne possono liberare momentaneamente..per un certo lasso di tempo, ma poi quello torna prepotente. Ho letto un thread poco fa, mi ha fatta sorridere dopoaver letto questo. E' di un punter che scrive che causa nascita bambino (con fidanzata decennale) dovrà smettere la propria attività di punteraggio. Seguono complimentazioni da parte di tutti gli utenti.... i più lo incoraggiano "vedrai che tornerai fra noi, capita sempre così"... Un forte sentimento, un forte momento di intimità, una fase del rapporto particolarmente intensa...possono forse temporaneamente allontanare alcuni/e dal vizio..un allontanamento non forzato, ma sentito davvero. Ma per quanto? A volte chi si frequenta in questo contesto forse è proprio consapevole della potenza del proprio vizio..e la vede negli occhi dell'altro/a. Quanto durerà? Ovviamente è solo una della infinite possibili variabili
Ciao Petra. Ho letto anch'io quel thread e non ti nascondo che i messaggi che lo hanno seguito, hanno fatto riflettere anche me.
Sono anche stato tentato di rispondere, ma poi ho lasciato perdere perché mi sono reso conto che avrei dato voce a quella che è solo una mia particolarissima visione delle cose e al mio personale modo di reagire ad un certo tipo di stimoli.
La mia idea di fondo è che esiste un dato comune a tutti: le nostre azioni e le nostre scelte di vita partono da un innesco, e quest'innesco è una miscela, con ingredienti di dosaggio variabile, di una gamma, anch'essa variabilmente ampia, di bisogni e delle relative percezioni.
I bisogni sono quelli comuni a tutti, direi in modo quasi biologico. Hanno una natura fisica (nutrizione, piacere fisico, eccetera) o anche emozionale (bisogno di amore, sicurezze eccetera).
Il modo di percepire questi bisogni invece varia, in base ai percorsi di vita che ci formano: c'è chi ha una soglia di sopportazione del dolore molto elevata e chi no. Chi ha necessità di placare certe insicurezze circondandosi di beni materiali (anche superflui), chi attraverso il raggiungimento di posizioni sociali, e così via, e chi invece è indifferente a tutto questo.
In tutto questo, mi torna in mente un passaggio del vangelo (sono credente ma non religioso: lo cito, indipendentemente dalle implicazioni religiose): quello della vedova povera e del ricco che entrano nel tempio e lasciano un'offerta. Gesù dice che il soldino lasciato dalla vedova agli occhi di Dio vale più del soldone lasciato dal ricco, perché il primo è frutto di un sacrificio enormemente maggiore rispetto a quello sostenuto dal ricco.
Trovo che questa parabola distilli un principio giusto, che personalmente, faccio mio: ognuno ha la sua soglia di resistenza ai bisogni e, dal mio punto di vista, non è giudicabile, fino a quando la sua soglia non va ad intaccare la sfera di libertà e di rispetto del prossimo.
Ognuno conosce il proprio, e ognuno ha un diverso percorso che l'ha portato a sviluppare una maggiore resistenza a determinati bisogni e una minore resistenza ad altri.
Si fa presto a dire: "quello/a non ha le palle".
Mi viene in mente un libro che ho amato molto: "La Pelle" di Curzio Malaparte. Si raccontano gli orrori di un'Italia devastata dalla seconda guerra mondiale, dove la dignità degli sconfitti cede ineluttabilmente il passo al bisogno di sopravvivere, anche attraverso condotte estreme.
Il concetto di fondo è: la storia la scrivono i vincitori, ma non si possono giudicare i vinti, se non ponendosi nei loro panni.
Per me è una massima di vita...