Nuove generazioni: Ignoranza a 360 gradi

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"..dove può accadere che certe materie considerate fondamentali sino a un paio di decenni fa siano gradualmente diventate marginali o settoriali o complementari, se non addirittura inutili sul piano professionale.."

ma qui sta il punto (o uno dei punti): non può essere tutto misurato in base alla mera utilità futura sulla professione. Una buona preparazione ha benefici prima di tutto a livello personale, da valore alla persona, fa crescere la persona, può renderla migliore, da le basi e gli stimoli per migliorarsi sempre di più.
Una preparazione approssimativa ti rende capra, ti ingabbia. E il valore della tua personalità, può riflettersi su quelli che saranno i componenti della tua vita, tra i quali c'è ovviamente anche il lavoro.

Altrimenti aboliamo anche i licei, mandiamo tutti solo agli istituti professionali.
a cosa serve il latino? a cosa serve il greco antico? a che serve la divina commedia? a che serve la storia e la filosofia? a che serve lo studio di funzioni?
 
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Non appena in un discorso sulla cultura si introduce il concetto di 'utilità' scatta immediatamente il sermoncino morale: con un automatismo tale che ti ha persino impedito di leggere correttamente quanto ho scritto.

Parlavo di università, non di licei o di scuole secondarie. Ma come è possibile fraintendere? forse l'ora tarda...
Sui licei sono infatti perfettamente d'accordo con te, e sarei anzi contrarissimo a scuole di istruzione secondaria di tipo anglosassone dove gli esami conclusivi sono direttamente finalizzati all'ammissione a specifici corsi universitari, come sarei contrario a ogni proposta di abbreviarne la durata.

Ma ci deve essere un momento in cui dalla cultura generale, dalla formazione dell'individuo in senso ampio, si passa alla formazione professionale. E quest'ultima, non c'è verso, è il compito dell'università.
E mi chiedo se il confondere i due piani non sia appunto una delle cause dell'annacquamento dell'università attuale, a cui si riferiva Oblomov.
 
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ciao Gustaf,
hai ragione, forse mi sono espresso male. non intendevo confondere i due piani e ho inteso benissimo che parlassi di università e non di licei.

mi spiace che tu abbia frainteso il mio discorso per un sermoncino morale.
ma quando tutti i giorni ti trovi di fronte giovani ingegneri che sembrano usciti a fatica da un istituto tecnico professionale piuttosto che da un'università,
quando si presentanto ai colloqui in scarpe da ginnastica, maglietta, e ti parlano come se parlassero con l'impiegato delle poste col quale devi spedire una raccomandata,
quando nel bel mezzo di una importante e complicata sessione di lavoro interrompono all'improvviso per leggere la chat e si entusiasmano per un meme talmente stupido e insulso che non divertirebbe nemmeno un orango,
quando fai affidamento su di loro e all'ultimo momento ti mollano li con scuse, oltre che tarde, da bambino della 5^ elementare,
quando per farsi 80 km di macchina sembra che debbano scalare l'everest,
quando ne trovi uno normalmente affidabile, normalmente responsabile, normalmente disponibile, normalmente concentrato, normalmente educato, ti sembra di aver trovato la perla di Labuan,
certi pensieri, anche se da vecchio trombone, non riesci ad evitarli.

e allora ti chiedi, ma che cacchio sta succedendo? la risposta è semplice: sto diventando vecchio :D:D:D
 
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smith

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A me é capito l'anno scorso che l'amministratore delegato, convocato in riunione perché doveva dare la propria approvazione a investimenti e progetti, fosse invece quasi totalmente concentrato solo sul suo smartphone senza quasi neanche ascoltare i vari quadri che stavano illustrando (anche a lui) gli argomenti.
 
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mi spiace che tu abbia frainteso il mio discorso per un sermoncino morale

Uskebasi,
a volte riesco ad essere più acido di quanto vorrei...
Credo che tu e io abbiamo, in fondo, una visione non dissimile di quello che dipingi come l'infantilismo protratto delle nuove generazioni, con o senza laurea.
La differenza sta, forse, nel fatto che sono molto più anziano e ho ormai pochi rapporti professionali con loro: due motivi che mi portano a essere più indulgente verso il loro modo di atteggiarsi, attribuendolo alle mode, e addirittura verso le loro lacune culturali, illudendomi che l'assenza di profondità sia compensata da versatilità ed estensione.
Ma come te, mi preoccupano la volatilità delle loro convinzioni e dei loro impegni, l'assenza di una vera tempra intellettuale e morale, il loro continuo oscillare fra solipsismo autoreferenziale e conformismo.

Ciascuno di noi fa esperienza una sola volta nella vita del conflitto generazionale anziani/giovani, e quelli passati li conosciamo solo dai libri e, per di più, solo dal punto di vista delle generazioni emergenti. Perciò, come te, non ho strumenti imparziali che mi aiutino a dare un senso al mio disagio.
 
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No Gustaf, ormai siamo arrivati a dire che si stenta a trovare qualcosa che non sia marcio in questo paese.
Pensa che quell'articolo è del 2014, oggi non si presenterebbero neanche quelli con sul groppo la 5° elementare... chi cazzo gliela fa fare, tanto c'è il reddito di cittadinanza. :mda:
 
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Non avevo notato la data. In realtà mi hanno segnalato l’articolo tramite Facebook per evidenziare una cosa forse ancora più bizzarra.
La segnalazione infatti faceva il paio con la notizia, questa sì recente, che per fare il ministro basta invece la terza media. Mi sembra una equa compensazione.
Però in questo caso le nuove generazioni non c’entrano nulla, quindi mi scuso per l’OT.
 
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smith

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Attenzione però a scivolare nel discorso "Per fare il ministro basta la terza media" perchè allora anche per andare a votare, invece, non basterebbero tre lauree e altrettanti master.

I politici sono pescati dalla società, ossia dagli elettori stessi.
Luogo comune e chiacchiera da bar ma, se i politici sono così, vuol dire che gli italiani sono in maggioranza così.
I politici non vengono da Marte.
Per avere una buona politica forse bisognerebbe avere prima una buona società e comunità a livello nazionale.
E, altro luogo comune, come diceva JFK "Chiedetevi piuttosto voi cosa potete fare per il vostro paese".
 
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Ma era una battuta. Al limite si potrebbe dire, visto che la tipa è del 1958, che probabilmente la terza media di allora tiene testa alla laurea odierna, a giudicare fin dove è arrivata la ministra.
Ma anche questa è una battuta.
Comunque, vecchia o nuova, la notizia che per fare il postino ci voglia la laurea è reale e lo dico con tutte le precauzioni necessarie sulla sua veridicità visto che il link riguarda Il Messaggero. :pleasantry:
Ormai è una rincorsa in avanti, ci vuole il master altro che laurea.
 
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smith

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Praticamente un italiano su due non sa la risposta giusta.
 
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Che gli alieni siano tra noi è pacifico, basta guardare la trasmissione di Bonolis... Comunque scherzi a parte si sta creando un vuoto culturale abissale, i giovani conoscono una sorta di presente costituito dagli ultimi 20-30 anni. Tutto ciò che viene prima è collocato in un fumoso passato senza distinzioni di secoli, dove convivono Dante e Garibaldi. Tutto il progresso del pensiero umano svanisce, al pensiero e al lessico del giovane medio bastano Vasco Rossi e Fabio volo, per i più acculturati
Non toccatemi volo che ho letto un po’ dei suoi libri e son stupendi
 
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Il QI medio della popolazione mondiale, che dal dopoguerra alla fine degli anni '90 era sempre aumentato, nell'ultimo ventennio è invece in diminuzione...
È l’inversione dell’effetto Flynn.
Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei paesi più sviluppati. Molte possono essere le cause di questo fenomeno.
Una di queste potrebbe essere l'impoverimento del linguaggio.
Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l'impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso.
La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.
La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell'espressione.
Solo un esempio: eliminare la parola "signorina" (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.
Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.
Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall'incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole.
Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile.
Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
La storia è ricca di esempi e molti libri (Georges Orwell - "1984"; Ray Bradbury - "Fahrenheit 451") hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole.
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole.
Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale?
Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro?
Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto?
Cari genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
Perché in questo sforzo c'è la libertà.
Coloro che affermano la necessità di semplificare l'ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.
Non c'è libertà senza necessità.
Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.
(Christophe Clavé)


Dite la verità. Cm avete leto qst massaggio anke voi avete pensato a qlke ragazzetto ke nn a ancora imparato l'abk.
 
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Il QI medio della popolazione mondiale, che dal dopoguerra alla fine degli anni '90 era sempre aumentato, nell'ultimo ventennio è invece in diminuzione...
[...]
le scarsissime capacità di astrazione concettuale sono state per l'alligatore uno degli ingredienti di uno straordinario successo evolutivo. Dunque potrebbe esserci qualche speranza...
 
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Il QI medio della popolazione mondiale, che dal dopoguerra alla fine degli anni '90 era sempre aumentato, nell'ultimo ventennio è invece in diminuzione...
È l’inversione dell’effetto Flynn.
Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei paesi più sviluppati. Molte possono essere le cause di questo fenomeno.
Una di queste potrebbe essere l'impoverimento del linguaggio.
Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l'impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso.
La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.
La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell'espressione.
Solo un esempio: eliminare la parola "signorina" (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.
Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.
Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall'incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole.
Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile.
Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
La storia è ricca di esempi e molti libri (Georges Orwell - "1984"; Ray Bradbury - "Fahrenheit 451") hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole.
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole.
Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale?
Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro?
Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto?
Cari genitori e insegnanti: facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti. Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
Perché in questo sforzo c'è la libertà.
Coloro che affermano la necessità di semplificare l'ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.
Non c'è libertà senza necessità.
Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.
(Christophe Clavé)


Dite la verità. Cm avete leto qst massaggio anke voi avete pensato a qlke ragazzetto ke nn a ancora imparato l'abk.
Tutto molto vero. E allo stesso tempo molto triste.
 
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