Altra storia. Anno 1998, lavoravo per una compagnia internazionale che mi spedì per un mesetto a Stoccolma.
Nel giro del lavoro i locali mi raccontavano un po' di gesta del popolo svedese, le sue manie, le sregolatezze, le trasgressioni.
La cosa più mitologica, per loro, era il traghetto notturno Stoccolma-Helsinki del venerdi sera sul quale i fiumi di alcool permettono le avventure più imprevedibili.
Il rito era il seguente: partenza da Stoccolma il venerdi alle 20, bisboccia notturna, bivacco in giro per Helsinki per tutto il sabato, nuovo imbarco alla sera in direzione della Svezia. Domenica di riposo per recuperare tutte le energie prima di rientrare al lavoro il lunedi mattina.
La cosa mi intrigava: andai al porto e comprai i biglietti di andata e ritorno per il successivo fine settimana.
Alla partenza della nave i passeggeri apparivano calmi e tranquilli, cercando i propri posti distribuiti tra poltrone, cuccette e cabine: io mi ero preso una cuccetta in un dormitorio comune (una ventina di posti letto), visto che pensavo (o forse speravo) di non dormire molto.
Appena usciti dal sistema di canali che dal porto conduceva al mare aperto attorno a me salì una strana agitazione, che sulle prime non capivo, finchè l'altoparlante annunciò in 4 o 5 lingue che il duty free era aperto: il negozio si riempì in un istante e cominciarono le vendite di alcoolici in quantità industriale. Non avevo mai visto acquisti di gin, whisky, vodka così compulsivi: le persone uscivano con bustate di bottiglie e con un sorriso stampato in faccia che lasciava presagire una notte molto particolare.
Io, invece, non ero minimamente interessato all'alcool ma cominciavo a perlustrare le varie parti della nave alla ricerca di qualche pulzella da tampinare. Dopo un paio di giri della nave la situazione era sconvolgente: uomini e donne, di qualunque età, che trangugiavano senza limiti litri di superalcolici: eravamo partiti da circa un'ora e mezza e già i ponti cominciavano ad essere pieni di ubriachi intenti a vomitare fuori dal parapetto.
Per un po' maledii l'idea di essermi imbarcato in simile avventura, visto che l'unico scopo dei presenti era collassarsi e stare male.
Ai ponti superiori era presente una piccola discoteca ed una sala casinò, entrambe poco frequentate e forse ancor più tristi di quanto visto in precedenza: uomini panzuti di mezza età accompagnati da ragazzine visibilmente straniere (prevalentemente asiatiche e dai tratti arabeggianti) intente a spillar loro un po' di soldi in cambio di qualche bacetto o qualche tastata sotto la minigonna.
A mezzanotte mi ero totalmente rotto i coglioni: non sapevo come fare ad arrivare fino alle 8 della mattina successiva, quando saremmo arrivati, ed anche il mio posto nel dormitorio era poco praticabile vista l'alta percentuale di ubriachi che vi soggiornava.
L'unico posto dove poter passare la notte era il bar, dove contavo di trovare un tavolino libero e provare a sbarcare la nottata.
Ordinata una birra, mi sedetti ad un tavolino nascosto dietro ad una colonna, fortunatamente lasciato libero, e volgendo lo sguardo verso il televisore che mandava in loop un canale di notizie in lingua svedese.
Poco dopo, mentre mi stavo quasi addormentando, mi sentii bussare su una spalla: girandomi abbastanza scoglionato mi trovai davanti una stanga bionda, avvolta dentro un trench beige che iniziò a parlarmi in russo. Non capendo niente, le chiesi se parlasse inglese: in pratica stava reclamando il suo posto, dicendomi che era andata in bagno ed io, inconsapevolmente, le avevo rubato il tavolo.
Con un po' di diplomazia provai a dirle che, se voleva, c'era posto per tutti e due, e avremmo potuto accomodarci entrambi.
E così fu.
Togliendosi il trench potei ammirare il suo fisico da modella, con pantaloni attillati che fasciavano un culo stratosferico e due tette nelle quali mi sarei fiondato senza remore. Tuttavia il suo atteggiamento scoraggiava ogni mia avanche, visto che si tuffò subito nella lettura di un libro in cirillico senza degnarmi di alcuna attenzione.
Dopo circa una mezz'ora, mi chiese: "hai fame?" invitandomi a prendere qualcosa al self-service. Ci alzammo digendoci verso il bancone dove servivano hot dog, hamburger e patatine fritte: lei si inserì per prima nella corsia e, nell'abbassarsi a prendere il vassoio, mi strusciò il culo sul pacco (ovviamente in tiro). La sua reazione fu dapprima meravigliata, quasi non se lo aspettasse, e poi le scappò da ridere: le chiesi cosa ridesse, e nel suo inglese limitato mi disse che non credeva di fare quell'effetto su di me. Confermai che l'effetto da lei verificato era reale e motivato, e che lei era una donna molto avvenente.
Il suo volto si illuminò, prendemmo i nostri panini e tornammo al tavolo, dove lei cominciò a fare la gatta morta. Poi cominciò a prendere pezzi di carne ed offrirmeli, per poi provare a mettermeli direttemente in bocca, facendosi leccare le dita.
Fra me e me pensai: "se questa non me la trombo, domani me lo taglio!"
L'atmosfera si riscaldò ulteriormente, in quanto anche io cominciai a metterle le mani addosso, a toccarle cosce e fianchi, fin quando non fu palese che dovevamo trovare un posto più intimo. Io non avevo la cabina, lei nemmeno e non avevo idea come risolverla.
Cominciando a vagare per la nave, fin a quando non trovammo una porticina aperta, dove era riposta la bianchera delle cabine: una stanza piena di sacchi colmi di lenzuola piegate e coperte, che pareva fatta proprio per noi.
Ci chiudemmo dentro e cominciammo a dare fuoco alle polveri: la tipa aveva un fisico bestiale, un culo di marmo e due tette sode che stavano su da sole. Pensavo: "io una così non la tromberò mai più, quindi diamoci dentro". E così fu: la ragazza se la godeva senza alcun limite, guidandomi prima alla scopata e poi facendosi leccare ogni centimetro di pelle, per poi ricambiare.
Credo che venni almeno due o tre volte (bei tempi...) e lei forse ancor di più, finchè cominciammo a sentire rumori di persone nei corridoi, visto che stavamo arrivando ad Helsinki.
Ci ricomponemmo, ma i nostri abiti mostravano i segni (e le macchie) del nostro piacere, mentre intorno a noi una moltitudine di zombie si stava risvegliando dai fumi dell'alcool.
Scendemmo dalla nave e ci indirizzammo verso la palazzina del porto, dove lei prese un taxi per la stazione direzione San Pietroburgo, mentre io adocchiai un comodissimo prato sotto ad un albero enorme, dove aspettai dormendo la nave della sera.
Di lei ricordo il nome (Natalya), l'immagine del meraviglioso culo, ed il piacevole ricordo di un'avventura andata oltre le più rosee aspettative.
P.S. il viaggio di ritorno l'ho fatto di nuovo al bar, dove sono rimasto tutta la notte davanti ad una birra ed un paio di hot dog.