L'ho letto in qualche intervista rilasciata da medici, che si lamentavano del fatto che questo comportamento, oltre a far scarseggiare in pochi giorni i tamponi, ha anche rallentato la disponibilità dei risultati che, per il personale medico, erano di primaria importanza.
Anche a questo si deve il grande numero di tamponi effettuati nei primi giorni. Solo successivamente sono state emanate linee-guida che limitavano l'effettuazione del tampone a casi che presentassero certi requisiti (ad es. polmonite, oppure sintomi lievi ma contatto con zone rosse). Inizialmente queste limitazioni non c'erano o non erano applicate rigidamente.
Osservo inoltre che queste limitazioni non fanno che restringere artificialmente la percezione della diffusione della malattia e dei focolai. Infatti se fai il tampone solo a chi viene da certe zone, otterrai inevitabilmente che tutti i positivi proverranno da quelle zone o avranno avuto contatti con quelle zone, e quindi rafforzerai l'errato convincimento che tutti i casi di contagio sono collegati ai focolai noti. In realtà sono tutti collegati ai focolai noti esattamente perché viene fatto un tampone solo se c'è un collegamento a un focolaio noto (salvo i casi di polmonite da ricovero, voglio sperare). Al paziente 1 inizialmente, pur con diagnosi di polmonite, non era stato fatto il tampone perché non c'era collegamento con un focolaio noto (con la Cina).
Questo modo di procedere è statisticamente insensato, anche se capisco che vi sono vincoli in fatto di possibilità a fare tamponi.
O fai tamponi a tutti i malati con sintomi di polmonite, e allora hai un dato significativo, o fai i tamponi a una popolazione casuale, e allora hai un dato significativo, ma se fai i tamponi selezionando a priori il campione avrai dati che saranno significativi solo all'interno di quel campione, cioè non saranno in alcun modo estensibili alla popolazione in generale.
Allo stesso modo, i casi noti all'estero (dal Brasile alla Germania) appaiono tutti collegati a qualche permanenza nel Nord Italia, ma ciò avviene perché si segue la stessa logica fallata, cioè si fanno tamponi solo a chi presenta la doppia condizione: sintomi E provenienza da Cina o da Nord Italia.
A me pare evidente che il contagio è molto più ampio di quanto appare dalle statistiche ufficiali, il che, intendiamoci, può essere un bene, perché significa che la contagiosità è maggiore di quanto appare e la letalità è minore.
Non erano i tamponi a scarseggiare. I tamponi di fatto sono i "bastoncini di cotton-fioc" con cui prelevano il materiale biologico in gola.
Esagerando un po', di quei bastoncini gli ospedali ne avevano e penso ne abbiano ancora a pacchi volendo. O comunque non ci vuole tanto a reperirli dalle case farmaceutiche.
Il collo di bottiglia è nei centri analisi. In Emilia-Romagna, per esempio, erano inizialmente solo due quelli già pronti per una PCR alla ricerca del DNA del coronavirus. Penso che che ora ne siano stati attivati altrettanti.
Ma il collo di bottiglia rimane.
Tra l'altro, sempre a naso, benchè le procedure di analisi siano ormai automatizzate (da decenni ormai non c'è più un analista con microscopio, provette e reagenti che effettua le analisi una per una ma c'è un macchinario che fa tutto in automatico), comunque la cosa prende un certo tempo. Ogni macchina ha una cadenza massima di campioni che può analizzare in tot tempo. Una volta saturata queste capacità (peraltro in breve tempo perchè l'acquisto delle macchine di un centro analisi non viene certo fatto tarandosi sull'eventualità di un epidemia bensì sulle normali cadenze di screening su una popolazione tendenzialmente sana), ti può presentare anche con 1 milione di campioni raccolti ma, a meno che non fai comparire dal nulla 10, 100, 1000 macchinari in più, non potrai comunque smaltire il "buffer" titanico che tu stesso hai creato.
L'Ospedale di Codogno, poi e per esempio, non penso neanche che avesse le strutture necessarie all'identificazione del coronavirus ma probabilmente ha dovuto inviare il campione in qualche altro centro della lombardia.
E anche per questo che si è poi progressivamente passati alla raccomandazione di effettuare lo screening solo sulle persone sintomatiche previo divieto anche per queste di recarsi di propria sponte presso uno studio medico o un qualsiasi ospedale.
Se ci si ragione un attimo, si può facilmente capire l'insensatezza di lanciare una campagna di screening nazionale su tutta la popolazione presente sul suolo italiano.
Non ci sono i mezzi tecnici per farlo (che non sono però i tamponi).
Piuttosto faccio un paio di considerazioni rivolte a tutti.
E se uno fosse così "scemo" che anche in presenza di tosse e/o febbre continuasse comunque a non contattare le autorità sanitarie ma se ne continuasse a girare impunito?
Sarebbe comunque passibile di reato? In fondo nessuno potrebbe affermare con certezza che lui sia sicuramente positivo.
Altra considerazione: anche io fino a qualche giorno fa ho cercato di affrontare le notizie e la situazione con una certa freddezza, distacco e razionalità ma, allo stato attuale mi sembra più che saggio per tutti i punter astenersi da qualsiasi rapporto, mercenario e non (tranne forse con la propria moglie o compagna).
Chiaro che poi ognuno fa come vuole ma, ripeto, allo stato attuale continuare ad avere rapporti intimi non lo trovo del tutto responsabile.
E badate che lo dico io stesso a malincuore perchè proprio questa settimana è arrivata in tour una delle mie zone che stavo aspettando da un po'.
Poi "mi dispiace" anche per le esercenti ma sarebbe saggio anche da parte loro astenersi.